2. I miracoli della cioccolata
Un tonfo sordo mi fece sussultare, strappandomi violentemente via dalle braccia di Morfeo. Proveniva dalla camera di Bakugo, quella di fianco alla mia. Quell'esagitato aveva appena sfracellato un'altra sveglia contro il muro, ci avrei scommesso.
Sbuffai e tentai invano di rimettermi a dormire.
Felice lunedì mattina anche a te, Bakugo.
Lanciai un'occhiata fugace alla sveglia: le 6:15. Ancora troppo presto per me.
Mi strinsi forte il cuscino al petto e chiusi gli occhi. Ogni singolo muscolo del mio corpo era indolenzito. Le ultime settimane di allenamento alla UA avrebbero ridotto uno straccio persino All Might in persona nel fior fiore della sua carriera.
Sospirai nuovamente. La nuova vita ai dormitori non era poi così male. Certo, erano tutti un po' in tensione dalla faccenda di Kamino, ma come biasimarli? Ero sicuro che le cose sarebbero tornate lentamente al proprio posto, senza la necessità di forzare troppo la mano.
Mi scostai una ciocca di capelli rossi dal viso. Di lì a poco avrei dovuto tingerli di nuovo, stavano iniziando a scolorire.
Volsi lo sguardo al gigantesco e logoro poster di Crimson Riot appeso sopra alla scrivania. Quanti anni aveva ormai? 10? 15? Eppure mi piaceva ancora così tanto. Mi ricordava quali fossero i miei obiettivi.
Per un momento ripensai alla mia vecchia camera. Lo stesso poster appiccicato con dello scotch al retro della porta, la morbida ed oramai fuori moda moquette magenta, la persiana scassata che mi costrinse a vivere per anni illuminato dai soliti quattro deboli raggi di sole che riuscivano stoicamente a penetrare nella mia stanza buia. Nessuno l'avrebbe mai più riparata.
Ripercorsi a memoria tutte le pareti di casa.
Ripensai all'odore del legno, alle foglie dell' acero rosso in giardino che si poggiavano sul mio davanzale in autunno. Le vetrate grandi in sala ed il sorriso a 32 denti di Mina la prima volta che le vide. "Caspita, ma sono più alte di me!"
L'insistente gracidio delle rane fino a notte fonda, la solitudine dei pomeriggi spesi a fissare il soffitto, il tappeto del bagno macchiato di tinta rossa, il casino e la polvere dentro a quel maledetto sgabuzzino, ed infine, il silenzio.
Rabbrividii.
Quel tremendo, fitto, lugubre, insostenibile silenzio.
Mi scrollai violentemente di dosso quei pensieri. "Il passato è passato!" sussurrai a me stesso balzando fuori dal letto. Non c'era oramai più verso di riprendere sonno.
Il rimuginio, d'altra parte, non era per niente virile.
Pensai a chi potesse essere già sveglio a quell'ora. Il mio sguardo cadde automaticamente sul muro comunicante con la camera di Katsuki. Scacciai immediatamente quell'idea dalla testa.
No, non romperai le palle a Bakugo, cercai di autoimpormi con convinzione. Evidentemente non fui abbastanza rigido con me stesso, perché è esattamente quello che feci.
Il tempo fuori urlava tempesta, e fu proprio la minaccia di un temporale imminente a farmi venire in mente l'unica cosa che avrebbe potuto tirare su il morale a chiunque: cioccolata calda!
Mi diedi una sistemata alla bell'e meglio e corsi a rotta di collo fuori dai dormitori, con ancora i capelli che mi ricadevano sulla fronte e la vecchia tuta della UA indossata, dalla troppa fretta, al contrario.
Arrivai al convenience store di fianco alla scuola. Erano quasi le sette, perciò avrei dovuto sbrigarmi. Afferrai al volo un cestino e ne approfittai per ficcarci dentro tutte le cose che mi sarebbero servite quella settimana. Tinta per capelli, gel per capelli, lacca per capelli, balsamo per capelli, quanto diamine spendevo per per i capelli? Sorrisi e continuai a fare la spesa. Presi il necessario per riempire l'intera palestra della UA di cioccolata calda e mi avviai verso la cassa.
Nonostante l'ora c'era già coda: avevo ben quattro persone davanti. Le parole che Bakugo pronunciò la settimana precedente, quando lo accompagnai lì a comprare un paio di cuffiette, mi rimbalzarono improvvisamente in mente: "Quel vecchio fallito di merda, se non si muove, lo faccio esplodere!"
"Bro, abbassa la voce, potrebbe sentirti!" Lo ripresi io trattenendo un risolino. La verità è che mi divertiva terribilmente vederlo dare in escandescenza.
Bakugo assottigliò lo sguardo in risposta, smettendo di sbraitare. Wow, ci ero davvero riuscito con così poco? Respirò a fondo. Forse contò fino a dieci. Undici. Dodici. Tredi- "E che senta pure! Non ho mica tutto il giorn-" gli tappai la bocca con una mano, ovviamente indurita grazie all'aiuto del mio quirk. Diverse volte, dimenticandomi di farlo, ricevetti qualche dentata come ringraziamento, perciò presi l'abitudine di attivarlo ogni qualvolta avessi tentato di placare i bollenti spiriti di quella testa calda.
Eppure a quel punto non riuscii più a rimproverarlo. Al contrario, incapace di trattenermi, scoppiai a ridere, lasciando Bakugo a fissarmi, come se fossi stato io ad aver attirato l'attenzione di tutto il supermercato e non le sue imprecazioni, con un sopracciglio alzato e la bocca inaspettatamente, o finalmente, chiusa.
Risi nuovamente al solo ricordo. Su una mensola vicina alla cassa erano esposte alcune sveglie colorate. Alzai gli occhi al cielo e agguantai quella rossa, lasciandola poi cadere nel cestino con tutti i miei acquisti. "Chissà quanto durerai in mano a quell'incosciente." sussurrai all'oggetto, un po' dispiaciuto all'idea di rivederlo in mille pezzi di lì a qualche giorno.
Ci pensò il tempo a bastonare con ironia il mio scetticismo. Quella sveglia non avrebbe mai smesso di funzionare.
Tornai al dormitorio in tempo record. Erano le 6:53 ed io mi incamminavo verso la cucina, godendomi l'atmosfera di pace che l'anticipo creava. Una cosa nuova, per me, l'anticipo, dal momento in cui vivevo la mia esistenza rimbalzando da un ritardo all'altro.
Iniziai a preparare litri e litri di cioccolata calda, una delle pochissime cose che sapevo fare; la cucina non era proprio il mio forte.
Mentre concentravo al massimo le mie doti culinarie nel tentativo di non bruciare tutto, sentii dei passi pesanti alle mie spalle, mi voltai, e vidi sbucare un perfettamente tirato a lucido Iida dalle porte della cucina, fresco come una rosa.
"Buongiorno, Kirishima!"
Ricambiai il saluto con un sorriso e lui si avvicinò di più a me per capire cosa stessi combinando, poggiandomi una mano sulla spalla.
"Come mai sei già sveglio? Di solito a quest'ora non trovo mai nessuno!" esclamò pacato, puntando gli occhi sul mio pentolone. Iida aveva la bestiale forza di buttarsi giù dal letto ogni santa mattina all'alba per controllare che tutto fosse in ordine nel dormitorio. Un po' lo invidiavo, era così motivato, così virile.
"Beh, ecco.." tentai di spiegare, ma fui subito interrotto. "Non vorrai mica berla tutta, vero, Kirishima? È troppa per te, potrebbe venirti un gran mal di pancia."
Sorrisi di nuovo. "Veramente avevo intenzione di portarne una tazza a tutti. Ti andrebbe di aiutarmi?"
Ma non feci in tempo a finire di parlare che il rappresentante era già corso a preparare vassoi, zucchero e bicchieri per tutti, con una luce negli occhi che finalmente rividi brillare dopo tanto tempo.
Ho sempre pensato che la cioccolata potesse far miracoli.
Ci dividemmo i dormitori. Iida quello delle ragazze ed io quello dei ragazzi. Partimmo entrambi con un vassoio colmo di tazze in mano. Se le mie fossero arrivate tutte integre a destinazione ci sarebbe stato da urlare al miracolo. Bussai con il piede indurito alle porte di tutti quanti, consegnando cioccolata fumante ad ogni compagno. Ci fu chi rimase sorpreso, chi mi guardò con gratitudine e chi, ancora in piena fase rem, non si rese nemmeno conto dell'accaduto, prese la tazza e tornò beatamente a dormire.
Alla fine rimase soltanto una stanza.
Con l'ultima tazza in mano bussai alla porta di Bakugo. Rimasi cinque minuti ad aspettare, ma nessuno venne ad aprire.
Sapevi che sarebbe andata così.
Inutile, non avrebbe risposto.
"E tu chi cazzo sei?"
La sua inconfondibile voce.
Mi voltai sorridendo, trovandomi di fronte un Katsuki tutto sudato, probabilmente di ritorno da una sessione di jogging. Ecco perché si alzava sempre così presto.
È dannatamente virile.
Ero ancora impalato di fronte alla sua porta.
Non era la prima volta che mi vedeva con i capelli liberi dal gel, eppure finse di non riconoscermi.
Che razza di adorabile pagliaccio.
Gli porsi la cioccolata, esclamando "Per te, Bakubro!"
Lui inclinò la testa, mugugnando un "Hm?"
"Ne ho preparata una tazza per tutti."
Ignorò la mia offerta e mi squadrò dalla testa ai piedi.
"Sei conciato come uno squilibrato." mi disse, facendo forse riferimento alla felpa della tuta al contrario, che ovviamente notai soltanto in quel momento.
Ops.
Rimasi con la mano allungata verso di lui. Insomma, che ci voleva a prendere una semplicissima tazza?
Bakugo, il Signore delle Esplosioni Mortali, il temerario, il protagonista indiscusso in un mondo di sole comparse completamente in difficoltà di fronte ad una piccolissima, striminzita, misera gentilezza.
"Non ti piace?" domandai a quel punto, senza ancora ritrarre la mano con la tazza.
"Da' qua."
Finalmente la prese.
Sorrisi inevitabilmente. Non solo nemmeno una goccia di cioccolata era caduta quella mattina nel corridoio dei dormitori, ma addirittura anche Katsuki l'aveva accettata.
Non l'avrebbe mai bevuta di fronte a me, perciò indietreggiai, pronto a tornare nella mia camera. Sapevo che Bakugo necessitava dei suoi spazi.
"Capelli di Merda, l'hai zuccherata?"
Ci pensai su un attimo.
"No. Ero convinto ti piacesse amara."
E ci avevo fottutamente azzeccato. Non avrebbe potuto più rifiutarla.
Aprì la porta della sua stanza e fece per entrare, quando mi ricordai improvvisamente della sveglia che avevo messo nella tasca dei pantaloni.
"Ah, Katsuki!"
Essere chiamato per nome lo irrigidì appena, me ne accorsi subito dal modo in cui raddrizzò la schiena. Voltò lo sguardo nuovamente verso di me, quasi seccato.
Gli lanciai il piccolo oggetto, che prese al volo ed esaminò velocemente.
"Cerca di non rompere anche questa." dissi ridendo e poggiando il lato della testa al muro che separava le nostre due porte.
Silenzio.
Decisi allora di facilitare le cose, congedandomi con un cenno della mano e rientrando nella mia stanza. Bakugo rimase lì immobile, congelato a fare i conti con la sua coscienza e, non con una, ma con ben due gentilezze. Non mi sarei aspettato nessun ringraziamento da parte sua e a me stava davvero bene così. Aveva un modo tutto suo di esprimere odio ed affetto, io l'avevo capito. Quello che non avevo capito però era quale dei due sentimenti provasse effettivamente nei miei confronti.
Mi richiusi la porta alle spalle alzando gli occhi e, con ancora il vassoio vuoto in mano, mi sedetti a letto. Sospirai: avrei dovuto prepararmi per andare a lezione.
Feci per alzarmi, ma un lieve, flebilissimo suono proveniente dal solito muro catturò la mia attenzione.
Due miseri ticchettii, niente di più. Il battito di due nocche sulla parete.
Sgranai gli occhi incredulo.
Mi stava dicendo grazie.
Allora è proprio vero che la cioccolata compie miracoli.
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