19. Se esce testa

Il sangue mi stava ribollendo nelle vene come lava incandescente.
Sentii il bisogno di allontanarmi da quella cazzo di palestra il più velocemente possibile, ficcandomi le cazzo di mani in tasca ed inspirando veleno al posto di ossigeno.

Tamaki Senpai dei miei cazzo di coglioni.

Sentii ogni centimetro del mio corpo fremere dalla rabbia, la vista offuscata. In quel momento ebbi la voglia di far saltare in aria l'intera scuola.
Mi allontanai a passo spedito, diretto verso la pineta, rimboccandomi le maniche della fottuta camicia nera.

Avevo la mente troppo offuscata per pensare alle motivazioni di quella rabbia incontrollabile che prese irrimediabilmente possesso di me.
L'unica cosa che in quel momento avevo in mente, era la schifosissima mano di Eijiro piazzata sul braccio di quell'avanzo, e nulla più.

Il mio passo accelerò frenetico verso la pineta. Avrei buttato giù ogni singolo, dannatissimo albero.

La nitroglicerina era oramai un odore perpetuo nelle mie narici, e non riuscii a percepire altro.

Tamaki.

Quel cazzo di fottuto, merdoso Tamaki.

Sentii un leggero ticchettio alle mie spalle, ma lo ignorai bellamente, un po' come tutto quello che non fosse rabbia pura proveniente dal centro del mio stomaco.

"E porca paletta!" sentii cinguettare nervosamente sempre dalle retrovie, ma questa volta mi voltai prontamente, come un cane rabbioso pronto ad azzannare la preda.

Un'imprecazione, una garanzia.

Nel bel mezzo della via c'era la cazzo di Kirby, intenta a sfilarsi la seconda scarpa con il tacco a spillo, bella come l'avevo lasciata alla festa, solo un po' più sudata.
Aveva i piedi scalzi a contatto col terreno, e correva goffa verso di me tentando di tenere il vestito pomposo alzato da terra.

"Bakugo-kun! Aspetta, diamine!" urlò ancora, costringendomi ad arrestare la mia camminata verso la distruzione completa della pineta della scuola.

"Non è il momento, faccia tonda." ringhiai cupo, riprendendo a passo spedito verso la mia unica e familiare valvola di sfogo: la violenza assoluta.

"Invece è proprio questo il momento!" squittì quella ancora, piovendo miracolosamente di fronte a me. Aveva attivato il cazzo di fastidiosissimo quirk.

Aveva il fiatone, le guance arrossate, e lo sguardo accigliato, quello che metteva su ogni volta si preoccupasse per qualcuno.

Razza di illusa.

"Ho detto che non è il momento." ribadii secco, scandendo per bene ogni parola.

Se non si fosse levata di mezzo l'avrei asfaltata con la prima delle potenti esplosioni che mi stavano ustionando le mani in quel momento.

"E io ho detto che è proprio questo il momento!" continuò lei, impettita e dura come il cazzo di muro.

I miei nervi non ressero la risposta.
Mi avvicinai pericolosamente al suo volto, con un vortice di rabbia in crescendo al centro del mio cervello, e lo sguardo assottigliato tipico dell'ultimo, ultimissimo, avvertimento.

"Uraraka, levati immediatamente da qui, altrimenti ti ammazzo".

Vidi il suo mento cedere in preda a frenetici tremolii.
Le sue guance tonde si arrossarono ancora di più, e giurai che per qualche secondo avesse addirittura smesso di respirare.

Hai esagerato, Katsuki.

Quella piccola testa di cazzo però non indietreggiò. Rimase nella stessa identica posizione, e mi piantò gli iridi accusatori addosso, lanciando sul mio umore incendiato qualcosa che somigliò irrimediabilmente ad una secchiata d'acqua gelata.

"A-adesso la smetti di fare la belva della savana e mi ascolti".

Il balbettio tradì la sua finta e ostentatissima sicurezza, eppure non ebbi il coraggio, chissà per quale cazzo di motivo, di ammazzarla sul serio come avevo promesso a me stesso di fare.

"Nessuno mi dice quello che cazzo devo fare, hai capito bene?"

Quella gonfiò il petto, inspirando profondamente e tenendo gli occhi piantati sui miei.
Non ricevetti risposta.

"Allora, ti levi dal cazzo, Faccia Tonda?"

"No."
Sputò la risposta con una fermezza irremovibile, quasi come se davvero, per raggiungere la pineta, avessi dovuto passare sul suo stramaledetto cadavere.

"Dammi un solo motivo per non farti saltare in aria in questo preciso momento." sussurrai digrignando i denti ed indirizzandole il più scuro dei miei ultimatum, e forse anche il più serio di sempre.

"Perché sembra che io ti voglia bene più di quanto tu non ne voglia a te stesso, Bakugo-kun, mi spieghi che stai combinando, accipicchia?!"

Le sue parole furono taglienti come rasoi. A farmi male però fu la sua calma, la sua totale freddezza nei confronti delle mie minacce, quasi come se fosse stata sicura che non avrei osato torcerle un solo fottuto capello.

"Come osi insinuare qualcosa sui miei sentimenti?! Chi cazzo te lo ha chiesto?"
Il suo tentativo fu benzina sul fuoco.

"Bakugo-kun, te lo ripeto, cosa stai combinando?"

"Sto andando a far saltare in aria qualcosa, levati dai piedi, porca troia, prima che ti faccia del male!" urlai al massimo dell'esasperazione, colmo d'ira, rovente come un vulcano pronto ad esplodere.

"Chi ti ha fatto arrabbiare?"
Continuava ad essere fottutamente calma.

"Non sono cazzi tuoi" ringhiai ancora, tentando di evitarla per proseguire verso la pineta.

Lei si piazzò nuovamente di fronte a me, poggiando entrambe le dita paffute sul mio petto.
"Respira, Bakugo".

"Non toccarmi, cazzo!"

"Res-pi-ra".

Soltanto in quel momento mi resi conto della poca aria in circolo all'interno del mio organismo. Inspirai profondamente, affamato di ossigeno, arrabbiato più che mai.

"Lentamente".

"Faccio il cazzo che mi pare".

"Sssh". mi zittì lei, respirando profondamente nel tentativo che io scegliessi di imitarla.
Involontariamente, però, lo feci.
Ricominciai a sentire il sangue scorrere, e la vista tornò a far parte dei miei cinque sensi.
Ripresi lentamente il controllo sul mio corpo.

"Va meglio?"

Annuii freddo, prendendo più seriamente la stracazzata del respiro e continuando a concedermi un po' di ossigeno.

Sentii le dita di Faccia tonda lasciare finalmente il mio petto.
Aprendo gli occhi la vidi intenta a infilarsi nuovamente le scarpe ai piedi.

"Sei più tranquillo ora?"

"Meh".

La piccoletta mi puntò nuovamente le iridi addosso.
"Cosa è successo, me lo dici adesso?"

"Non sono cazzi tuoi", ribadii ficcandomi le dita un po' meno roventi in tasca e congelandola con lo sguardo. Detestavo ripetere sempre le stesse cose.

Lei mi rivolse un sorriso sereno, facendo una giravolta su sé stessa per esibire il vestito che le avevo fatto lasciare davanti alla porta da Kirishima.

"Hai compiuto un miracolo, sai?" squittì, abbassando il tono della voce e spostando le pieghe dell'abito come se fosse stato un tesoro prezioso.

"Di che cazzo parli adesso?"

"Hai reso la peggiore delle sguattere una bellissima principessa." farfugliò imbarazzata.

Rimasi interdetto di fronte a quella affermazione.

Che cazzo dovrei dirle ora?

"Non hai bisogno di un bel vestito per sentirti bella, razza di racchia. Lo saresti anche con una busta di piscio addosso".

La ragazza arrossì, scoppiando in una fragorosa risata di fronte alla mia risposta.

"Bakugo-kun, mi hai regalato la serata più bella della mia vita." asserì con gli occhi brillanti, quasi quanto quelli di Kirishima di fronte alla distesa di lucciole.

"E perché cazzo sei qui adesso?"

"Perché è il mio turno".

È impazzita.

"Il tuo turno?"

"Di essere una buona amica".

Rimasi impalato di fronte a quelle parole.

Amica?
Io non ho amici.

Bakugo Katsuki viaggia da solo.

Quella fece dietrofront, incamminandosi lenta verso la palestra.

"Dunque, mi riaccompagni?"

"Non ci torno là dentro."

"D'accordo, mi accompagni però?"

Belva ostinata.
Non riuscii a dirle no.

La seguii contrariato, rimanendo a pochi passi da lei.

"Ti restituirò tutti i soldi del vestito Bakugo, te lo prometto." sussurrò avanzando lenta, troppo per i miei gusti.

"Scordatelo." grugnii secco.

'Un regalo è un regalo', bofonchiava sempre quella befana di mia madre. Quel giorno mi resi conto del significato di quelle parole.

"Un regalo è un regalo." recitai metodico, portando gli occhi al cielo al pensiero della fottuta befana e dei suoi inutili insegnamenti.

Rimanemmo in silenzio a lungo prima di raggiungere l'entrata della sala.

La racchia sarebbe entrata per raggiungere lo smidollato, ed io sarei tornato alla pineta per raderla al suolo. Probabilmente non tutta, ma avevo ancora in circolo la rabbia necessaria per abbatterne la metà.

La ragazza però, anziché portare le chiappe in quella cazzo di palestra e abbandonarmi a sfogare le mie frustrazioni da solo, come il cazzo di lupo solitario che ero, rimase impalata al mio fianco.

Portò una mano alla smielata corona di fiori color glicine che le adornava i capelli, e ne staccò uno, il più bello.
Lo portò delicatamente all'interno del taschino della mia giacca, rivolgendomi un caldo sorriso, il secondo di quella sera.

"Va' da lui".

Sentii il mio petto perdere un cazzo di battito.
Sapevo benissimo a chi si stesse riferendo, ogni parte di me lo sapeva, ogni dannato centimetro del mio corpo avrebbe potuto urlarlo a squarciagola in qualsiasi cazzo di lingua.

"Di che cosa stai parlando, Comparsa di Merda?"

Quella soffocò un timido risolino, per poi tornare a guardarmi.

"Ho detto, va' da lui."

"Io non ci torno là dentro, cosa non ti è chiaro?! Poi non so a chi diamine ti stia riferendo, Faccia Tonda".

La ragazza fece spallucce, tentando sempre di soffocare le risatine di fronte al mio improvviso rossore, che credevo di aver mascherato alla perfezione.

"Bakugo-kun, l'amore è un treno che passa una sola volta nella vita. Se fossi in te salirei."

Amore?

Treno?

È impazzita.

"Tu sei un caso psichiatrico, Faccia Tonda, te l'ho già detto?"

Quella continuò a sghignazzare.

"Il giorno in cui te ne renderai conto sarà troppo tardi." asserì tornando stranamente seria.

"Rendermi conto di cosa?"

"Non spetta a me dirtelo".

"Ma allora che diavolo vuoi da me?"
Non stavo capendo un emerito cazzo della sua fottuta retorica.

"Bakugo-kun, muoviti e vai a divertirti con chi preferisci, va meglio con queste parole?"

Quella cazzo di Strega sapeva benissimo con quale persona avrei scelto di divertirmi. L'unica che andasse davvero bene per me, l'unica che avrei riconosciuto anche in mezzo ad un milione di altre persone.

"C'è una testa di cazzo che non sopporto là dentro." ringhiai stringendo i pugni, evitando di citare nome e cognome del problema, del fottuto Tamaki.

"Beh, stagli alla larga allora. Non so a chi ti riferisca nello specifico, ma sono tutti dentro. Kaminari con Jirou, Todoroki che ripara le sculture insieme a Momo, i due Senpai Tamaki e Mirio che ballano a perdifiato, e, oh, Ida-kun che si sbaciucchia con una della sezione di supporto! E poi c'è Kirishima che si sta ingozzando di frittelle, e non ci crederai, ma Sero se la sta spassando con Nejire-Senpai! Insomma ci sarà qualcuno che sopporti, no?"

Era furba.
Era dannatamente furba.
Ci misi qualche anno per comprendere la sua manovra, ma allora abboccai all'amo come un fottuto pesce deficiente.

Un giro di parole immenso, per comunicarmi tutto ciò che avevo bisogno di sentire.

Eijiro era da solo, lontano da Tamaki. Le carte erano ancora tutte sul tavolo. Ed io ero lì, impalato come un coglione di fronte all'entrata, con una bollente rabbia addosso, la mente messa a soqquadro da Faccia Tonda, ed un dannatissimo fiore color turchese nel taschino della giacca.

Non capii un emerito cazzo del suo stravagante discorso sul treno, sull'amore, e sulle occasioni perse; me lo feci perciò scivolare addosso, anziché custodirlo come un fottuto tesoro.

"Beh, Bakugo-kun, non posso di certo costringerti ad entrare. Io però adesso devo andare, Deku mi starà cercando!" cinguettò la scaltra bestia di Satana, indirizzandomi un altro sorriso, fiero e soddisfatto della sua stramaledettissima opera, quasi come se avesse saputo per certo che avrei portato il mio culo lì dentro di nuovo.

"Spero di rivederti tra poco!" esclamò ancora, tornando a far battere i tacchi a spillo sulle mattonelle dell'entrata, e sparendo all'interno della rumorosa sala, dopo avermi accennato un saluto con le dita paffute.

Dannata Faccia Tonda.

Rimasi impietrito per qualche secondo, a fare i conti con la mia rabbia e con le decisioni difficili da prendere.

Non azzardarti a tornare là dentro.

Infilai una mano nella tasca dei pantaloni, estraendo una moneta che conoscevo molto bene. La utilizzavo sempre nei miei momenti più complicati. Spesso mi aveva salvato da qualche noiosa frittura di coglioni.

"Se esce testa torno alla pineta".

Ed ovviamente uscì la cazzo di croce.




Avevo i nervi a fior di pelle mentre marciavo come un soldato incazzato verso il centro della palestra. Mi piantai di fianco al tavolo, cercando di studiare la situazione e recuperare la calma.

Faccia Tonda aveva ragione, all'occhio infatti mi saltarono subito i due Senpai, goffi e disgustosi, intenti a ballare come se non avessero mai aspettato altro da tutta la vita.
La sola vista del corvino mi diede il voltastomaco.

Mi costrinsi a distogliere lo sguardo, per evitare un'altra scenata, per evitare un'altra volta di lacerarmi i polmoni inutilmente a causa di Comparse del Cazzo di cui non mi era mai importato nulla.

Tra la folla ammassata di corpi, distinsi chiaramente quelli del Corvo e della fottuta Ranocchia, appollaiati in un angolo della palestra, nella penombra. Il ragazzo le stava circondando le spalle con un braccio, gesticolando animatamente con l'altro. A primo impatto sembrarono nel bel mezzo di una divertente conversazione, alla quale non ero interessato per un cazzo di niente.

I miei occhi si misero alla ricerca soltanto di una persona, che grazie al cielo trovai immediatamente, catturato dal color rosso cremisi che tanto detestavo.

Eijiro era lì. Bello, bello come il cazzo di maledettissimo sole.
Aveva il culo appoggiato sulla scalinata, e si stava ficcando in bocca il terzo salatino consecutivo, stringendo nella mano libera un bicchiere mezzo vuoto.

Presi un profondo respiro e mi avvicinai.

Per un attimo puntò gli occhi rossi su di me, distogliendo però immediatamente lo sguardo, e tornando a trangugiare i MIEI fottuti salatini come se non mi avesse visto.

"Oi" bofonchiai avanzando l'ultimo passo, guardandolo dall'alto al basso, oramai a pochi centimetri da lui.

Rimase seduto, non mi degnò di uno sguardo.
Quell'azione accese in me un sentimento sconosciuto, che feci fatica ad identificare.

Riprovai.
"Oi, Kirishima".

Ancora niente. Soltanto i suoi denti che masticavano i miei manicaretti.

Ti sta ignorando.

Il filo conduttore tra i miei pensieri e la mia cazzo di bocca funzionò come sempre alla meraviglia.

"Mi stai ignorando, Capelli di Merda?"

Quello continuò per la sua strada, riempiendosi la bocca con altro cibo, dopo aver tirato un lungo sorso
al drink che stringeva tra le mani.

Mi chinai sulle ginocchia, raggiungendo la sua esatta altezza, ed intrappolandolo nel mio sguardo, dal quale tentò quasi disperatamente di fuggire.

"Tu. Mi stai ignorando?" ripetei, stranamente calmo.

Quello aggrottò le sopracciglia, parlando con la bocca ancora piena.
"Fì."

La risposta affermativa mi diede un'immediata scossa. Fui pervaso dal senso di assoluta confusione.

Perché cazzo mi stava ignorando?

L'hai ferito, Katsuki. Di nuovo.

"Perché cazzo mi ignori?" continuai, in attesa di una conferma, senza smettere di spiattellargli direttamente in faccia ciò che pensavo, senza alcun filtro.

Quello però voltò il capo, indirizzando le sue parole ad una scultura di ghiaccio poco distante da lui, raffigurante un aborto senza orecchie a quattro zampe.

"Lo fenti anche tu quefsto fastidiofo ronzio, Fido?"

Terribilmente infantile.
E terribilmente offeso.

Non lo avevo mai visto comportarsi così nei miei confronti. Mai la minima ostilità era trapelata dai suoi gesti, nemmeno quando, forse, me la sarei addirittura meritata.

In quel momento mi balenò però un'idea per la testa. Forse più un'evidenza che un'idea, ma erano solo dettagli.

"Kirishima, sei ubriaco?"

Quello abbozzò un sorrisetto soddisfatto, ingollando il malloppo di cibo e muovendo l'indice a destra e sinistra in segno di dissenso.
"Nessun cuore infranto stasera!" esclamò ridacchiando.

È decisamente ubriaco.

Mi venne quasi da ridere nel vederlo lì, seduto su uno scalino come un bambino, con una mano piena di cibo e un sorrisetto tanto innocente quanto malinconico.

La malinconia nei suoi occhi stava davvero di merda.

La treccia che decorava i suoi capelli mi regalò un fascio di brividi lungo la spina dorsale.
Era vestito di tutto punto, con una camicia talmente attillata che avrei potuto contare ogni singolo dannatissimo pettorale.
Le bretelle mettevano in risalto le spalle larghe e imponenti, che in quel momento squadrai indisturbato.

È fottutamente..

Ubriaco.

Allungai una mano verso di lui.

"Vieni." sussurrai titubante, prevedendo la sua ferma presa di posizione.

Quello infatti scosse il capo.
"No, Katsuki, non puoi sempre trattarmi come ti pare, cazzo".

Touché. Aveva ragione su tutti i fronti.

Tentai di trovare le parole per giustificare il mio comportamento di poco tempo prima, ma non uscì niente dalla mia bocca. Rimasi lì, appollaiato davanti a lui, in cerca di qualcosa da dire.

"Sei proprio un bambino." bofonchiai amaro, arrampicandomi sullo specchio degli insulti, il migliore, a mio modesto parere.

"Almeno sono trasparente. Tu invece mi incasini il cervello." rispose aggrottando le sopracciglia e riattaccando le labbra alla cannuccia.

Touché di nuovo.
Aveva un gran bel modo di accendere in me i sensi di colpa. Eppure mai pensai di incasinargli addirittura il cervello. Sempre messo che lo avesse.

"Hai intenzione di fare il sacco di merda su quelle cazzo si scale tutta la sera?" domandai nel tentativo di provocarlo.

"Vorrei divertirmi." rispose lui ignorando le mie punzecchiate e mettendo su un momentaneo broncio, che pizzicò in me la remotissima corda della tenerezza.

Puntai gli occhi sui suoi, sentendomi in qualche modo responsabile del suo cazzo di umore, per chissà quale cazzo di motivo.

"Come vorresti divertirti?" chiesi inarcando un sopracciglio e raccogliendo tutta la mia pazienza. Scoprii di averne più di quanto immaginassi.

Quello puntò lentamente il dito, indicando due sagome che riuscii a distinguere solo dopo un po'.

Rimasi disgustato di fronte all'immagine del maledetto nano viola, seduto sulla spalla di Shoji, intento a staccarsi le rivoltanti palle dalla testa, per poi lanciarle violentemente contro le sculture di ghiaccio del Bastardo Diviso a Metà. Quei due coglioni si divertivano a vedere le facce esasperate di Momosecchia e del Bastardo, che correvano come due delinquenti inseguiti dalla Polizia per riparare ogni loro danno.

Per un momento, l'ombra di esaurimento nervoso negli occhi di TodoMerda fece ghignare persino me.

Mi voltai sospirando nuovamente verso Eijiro, che aveva oramai finito il suo drink.

"Ehm, c'è un altro modo in cui vorresti divertirti?" domandai scuotendo il capo in segno di assoluto dissenso.

Quello ridacchiò in risposta, evidentemente approfittando della mia calma e del mio senso di colpa davanti al suo comportamento dannatamente infantile, ma dannatamente efficace.
Con quel cazzo di dito, che, giuro, avrei voluto staccare a morsi come un cane rabbioso, indicò Merdeku e Faccia Tonda, al centro esatto della pista, mentre ballavano come rincoglioniti davanti agli occhi di tutti.

Un senso di vergogna mi pervase completamente al solo pensiero di doverli imitare.

"Piuttosto mi recido un coglione." bofonchiai fissandolo diritto negli occhi.

Non ebbi nessun riscontro emotivo da parte sua. Alzò le spalle e mi sorrise di nuovo, per poi tornare a fissare l'osceno cane senza orecchie e senza dignità realizzato dal Bastardo a Metà.

Niente insistenza.
Niente risposta.

Che cazzo gli prende?

Iniziai a tentare di riordinare i pensieri e le priorità.
A che punto dell'elenco stava la mia reputazione? E a quale si trovava la felicità di Capelli di Merda?

Non farlo.

Presi un profondo respiro.

Non puoi farlo.

Davanti agli occhi lucidi a causa dell'alcol del rosso, mi alzai.
Gli porsi nuovamente una mano, stavolta nel modo meno brusco possibile, in quello più gentile che conoscevo, in quello che avrebbe dovuto somigliare ad una genuina scusa, in quello che avrebbe potuto regalargli una felice serata e niente più.

"B-balliamo".

Che cazzo fai, Katsuki, balbetti?!

Vidi le sue pupille dilatarsi, e la bocca spalancarsi fino a formare una grande O. Mai lo avevo visto così stupito.

"Dici sul serio?"

"Muoviti prima che cambi idea." ringhiai a basso tono, senza ritrarre la mano.

Il rosso l'afferrò, facendosi aiutare ad alzarsi. Una volta in piedi barcollò leggermente, aggrappandosi al mio braccio nel tentativo di non crollare a terra.

Mi rivolse un sorriso, un sorriso vero, uno di quelli ai quali ero abituato. Sprizzava felicità da tutti i pori.
E forse sarebbe un azzardo dire che la sua gioia era dannatamente contagiosa, ma in qualche modo anche io, nel vederlo felice, mi rasserenai.

Mi incamminai verso il centro esatto della pista, con Eijiro al mio fianco e una sensazione di fastidio costante proveniente dalla bocca dello stomaco.

Che cazzo hai fatto, Katsuki?!

Forse disintegrare le statue del Bastardo a Metà come le due inutili Comparse sarebbe stato più semplice, in effetti, ed anche più dignitoso.

Sentii una certa resistenza bloccarmi dal raggiungere il centro della sala, dove stavano ballando Faccia Tonda e MerDeku.
Mi voltai verso Eijiro, che piantò i suoi occhi sui miei e i piedi per terra.
"Non lì." sussurrò serio.
Inarcai un sopracciglio, spaesato, spazientito, ma allo stesso tempo curioso.

"Dove allora, dannazione?"

"Con gli altri." farfugliò, spostando lo sguardo verso i soliti 3 decerebrati, che sapevo benissimo dove fossero.

Sempre meglio che al centro della sala, d'altra parte.

Mentre attraversavo per la forse decima volta, insieme a Kirishima, quella dannata palestra, maledii me stesso per aver rimesso piede in quel posto di merda e i miei antenati per non avermi fermato.

"Cazzo Bro, ci sei anche tu allora!" urlò il fulminato non appena mi vide, sbattendomi sfacciatamente una mano sulla spalla ed interrompendo la sua stravagante danza con Orecchie di Buddha.

Notai immediatamente gli occhi severi dell'Aliena, che mi squadrò torva, per chissà quale cazzo di motivo.

"Ce ne hai messo a raggiungerci!" aggiunse Sero, con un piatto colmo di salatini in mano, i MIEI salatini.

"Forza, vieni a ballare con noi!" aggiunse il fottuto Pikachu, trascinando me e Capelli di Merda nella mischia, nella fottuta, sudicissima mischia.

Kirishima non se lo fece ripetere due volte. Iniziò a ballare a ritmo di musica, senza mollare nemmeno per un secondo la presa sul mio braccio.

Mi soffermai a guardarlo per qualche secondo.
Seppur brillo, sapeva davvero muoversi.

Lui era lì, davanti a me, a pochi centimetri dal mio corpo, e per un attimo non riuscii a vedere nient'altro che lui, soltanto lui.
Splendeva più delle fottutissime luci.

Il suo sorriso smagliante, i canini da squalo, lo scollo della camicia, e le braccia muscolose che ondeggiavano a tempo mi ipnotizzarono, e in un attimo mi ritrovai a ballare insieme al gruppo di coglioni, dimenticando tutto il resto, dimenticando me stesso.

Andammo avanti per un po', e nemmeno mi resi conto di tutto il tempo che trascorse.
Nella mia testa c'era soltanto Eijiro, con le sue bretelle nere, felice come un bambino, sexy come non avevo mai visto nessuno in tutta la mia fottuta vita.

Spesso i nostri sguardi si incrociarono, ma tra di noi corse soltanto tanta complicità. Nessun imbarazzo, nessun rancore. Per una sera scegliemmo di divertirci sul serio e di non pensare al contorno.
Proprio così, il resto era soltanto un contorno sfocato.

A un tratto la musica assordante e ritmata cambiò repentinamente, rallentando e lasciando posto ad una smielata melodia, a mio avviso decisamente raccapricciante.

Sbirciai l'orario sullo schermo del telefono: la mezzanotte era oramai passata da un pezzo.
Tutti gli studenti si fermarono. Un velo di imbarazzo scese silenzioso sulla palestra.

Un lento.
Quello trasmesso all'interno della sala dalle potenti casse gentilmente prestate da Yaoyoricca era un puro, schifosissimo lento.

Sbuffai seccato.

Questo è davvero troppo.

Ma non era mai davvero troppo, quando si trattava di Capelli di Merda.

Mi avvicinai lievemente a lui, squadrandolo attentamente. Per un momento non seppi che cazzo fare, fino a che punto spingermi con la mia delirante accondiscendenza.

Il rosso si guardò intorno, ravvedendosi attentamente dall'incrociare i miei occhi.
Sembrò in un qual modo risentito nel vedere i compagni unirsi per ballare. I canini appuntiti andarono a pingere lievemente il suo labbro inferiore.

"Vado a prendere una boccata d'aria." sussurrò di punto in bianco a pochi centimetri dal mio orecchio, allontanandosi verso la porta sul retro, e tradendo con quella fuga ogni mia cazzo di aspettativa.

Lascialo andare.

Come un cazzo di cane randagio mi ritrovai però a seguirlo, uscendo dalla porta posteriore della palestra, affacciata su uno spiazzo pieno di ciottoli, ramoscelli caduti dagli alberi più alti, e infima desolazione.

Kirishima era lì, appoggiato sul muretto in pietra che definiva le aiuole dentro le quali si ergevano gli alberi.
La luce della luna illuminava i suoi zigomi appuntiti e la fronte madida di sudore.

Il casino della sala non era scomparso del tutto, ma poteva dirsi decisamente diminuito.

"Capelli di Merda, perché cazzo sei uscito?" domandai andando dritto al sodo, trascinandolo via dai suoi pensieri e facendolo sobbalzare dalla paura.

Dopo qualche secondo rispose.
"Non amo i lenti. Inoltre sono stanco, voglio riposare per un paio di minuti."

Stava mentendo. Kirishima era per me un libro aperto, ed io avrei saputo leggere ogni suo singolo stato d'animo, ogni singolo capitolo di quel maledetto manoscritto rosso cremisi.

Era scappato da quella sala per chissà quale cazzo di motivo.

Virile proprio per un cazzo di niente.

Mi piazzai di fronte a lui, squadrandolo dall'alto al basso. Aveva addosso di nuovo quella malinconia che tanto detestavo vedergli dipinta sul viso.

Katsuki, non lo fare.

Ed invece, lo feci.

Senza nessuna esitazione, il mio corpo prese il sopravvento.

Con delicatezza, prestando attenzione a non romperlo, sfilai dal taschino della giacca il piccolo fiore turchese che mi aveva affidato Faccia Tonda poche ore prima. La mia mano tremava appena, ma cercai con tutte le forze di non darlo a vedere a Capelli di Merda.

Che cazzo fai, tremi adesso?

Perché lo stai facendo?

Ma i miei gesti non ne vollero sapere di ragioni o motivazioni. Il perché delle mie azioni era un problema che avrei affrontato soltanto in seguito, lontano da lui, dalla sua malinconia, e dall'inspiegabile desiderio di vederlo a qualunque costo sorridere.

Adagiai lentamente il fiore dietro all'orecchio sinistro di Kirishima, porgendogli con cautela la mano libera, per la terza volta in quella stramaledetta notte.

L'odore di nitroglicerina era talmente intenso che ero sicuro fosse arrivato fino all'interno della sala.

Le pozze cremisi del petardo ubriaco si fecero sempre più grandi, fisse e incredule su di me, e per un attimo giurai di essermici irrimediabilmente perso dentro.
Le sue gote erano rosse come i suoi capelli, forse per il caldo, l'ebbrezza, o addirittura l'imbarazzo.

"Non te lo chiederò una quarta volta, razza di idiota." ringhiai serio. La mia dignità era oramai andata al diavolo insieme alla mia reputazione, ma per lo meno non avevo balbettato.

Le dita affusolate e ruvide di Kirishima, improvvisamente, si mossero, cogliendo di sorpresa persino me. Evitarono la mia mano, ed andarono repentine a stringere la punta della mia cravatta rossa, tirandola appena e facendomi sussultare in avanti, verso il suo viso. Nel suo sguardo assottigliato lessi una punta di malizia, che poche volte, o addirittura mai, vidi incastrata in quegli occhi grandi da eterno bambino.

"Cosa non mi chiederai, Katsuki?"

Cercai di reggere il suo sguardo. Per la prima volta in tutta la mia cazzo di vita, fu veramente difficile. Deglutii lentamente, cercando di non tremare sotto l'effetto del potente e gelido brivido che mi percorse l'intera schiena.

"Di alzare il culo e ballare." risposi a denti stretti. Oramai non potevo più tirarmi indietro.

Le dita di Eijiro si spostarono finalmente dalla cravatta alla mia mano tesa.
Si alzò lento, arrivando ad un centimetro dal mio viso.

"E tu saresti addirittura capace di ballare?"

Mi stava ancora provocando.

Dannato bastardo.

Con rabbia e foga strinsi la sua mano ruvida, portando la mia sul fianco pronunciato di Red Riot. Il suo corpo apparve gelido al contatto. Soltanto poco tempo dopo mi accorsi di essere io quello sull'esatto punto di prendere fuoco.

Le sue braccia mi contornarono le spalle, decise, forti, sicure.
Il ragazzo a pochi centimetri dal mio corpo, dal mio viso, in quel momento, lo riconobbi a stento.

Così sicuro e virile.

Iniziai a muovermi sulle note rimbombanti della canzone che suonava all'interno della sala, ed Eijiro seguì diligente ogni mio passo. I nostri corpi erano vicinissimi, e lo furono sempre di più, sempre di più, fino al contatto.
Il mio petto contro il suo.
Riuscivo a sentire il battito del suo cuore.

Capelli di Merda mi osservò a lungo, ed io feci altrettanto con lui, con la sua treccia striminzita e il fiore che portava tra i capelli.

La distanza tra noi era oramai nulla, e la nostra danza lenta, la più difficile di tutta la mia cazzo di vita.

Il viso di Kirishima scivolò lento verso il basso, andandosi ad adagiare leggero sulla mia spalla. Lo sentii tirare un lungo, leggero sospiro, ed io lo lasciai silenziosamente fare.
Non riuscii a fare a meno di stringerlo a me un po' di più.

Nessuno dei due ebbe il coraggio di proferire parola. L'odore di nitroglicerina era oramai insopportabile, ed in quel momento avrei potuto far saltare in aria l'intera scuola se non mi fossi controllato a dovere.

Per la mente continuavano a frullarmi domande lecite e fastidiose.

Cosa stai facendo?

Ma soprattutto:

Perché lo stai facendo?

Ma io le ignorai, le ignorai con arroganza, e strinsi più forte a me il corpo muscoloso di Kirishima, continuando a ballare sulle note della musica impercettibile, e del battito del suo cuore.

Improvvisamente, sentii un rumore provenire da Capelli di Merda. Per un momento fui colto dallo sconcerto. Cominciò a tremolare in modo ambiguo, e ci misi un po' a rendermi conto che quel coglione stava sghignazzando, nascondendo l'evidenza nell'incavo tra il mio collo e la mia spalla.

"Cosa cazzo c'è da ridere, deficiente?"

"Sei davvero buffo".

Buffo?

Il Re delle Esplosioni Mortali, buffo?!

Tirai un profondo sospiro, cercando invano di mantenere la calma. Un solo passo falso e l'intera scuola sarebbe esplosa.

"E tu sei ancora ubriaco." bofonchiai in risposta, costatando che Capelli di Merda non aveva ancora smaltito nemmeno la metà dell'alcol ingerito.

Dentro di me, nel profondo, il suo viso arrossato suscitò qualcosa di vagamente somigliante alla genuina tenerezza.

Quello sghignazzò ancora di più.
Dopo qualche secondo però si fermò, ritornando serio.
Lo vidi chiudere lentamente gli occhi, con il naso appuntito poggiato sulla mia clavicola.

Stai esagerando, Katsuki.

Io sapevo di non doverlo fare.
Sapevo che tutto quello era sbagliato.
Sapevo che non era per me.
Sapevo che avrei dovuto rinunciarci in partenza.

Ma in quel preciso istante, soltanto in quel fottuto frangente, il resto del cazzo di mondo non importava più.

C'eravamo soltanto io e Capelli di Merda, all'angolo di uno striminzito e marcio cortile, appoggiati l'uno all'altro, senza dire una parola, a fare i conti con i nostri pensieri.

In quel momento però, nei miei, non c'era nessun eroe numero uno, nessun All Might striminzito a causa mia, nessuna faccia pallida di Shigaraki, nessun senso di colpa, nessuna rabbia, niente di tutto ciò. Soltanto io e lui.

Mi volli rifugiare in quel fittizio benessere soltanto per un po', soltanto per un poco.

All'improvviso arrivai addirittura a pensare di meritare in fondo quel riposo mentale, quello stato di assoluta serenità che mi pervase. Sapevo che sarebbe andato tutto bene, che nulla avrebbe potuto scalfirmi. Ero forte, ma soprattutto, ero protetto.

Nelle mie narici premeva l'odore di nitroglicerina, misto a foglie di pino e muschio bianco.
Poggiai d'istinto la testa su quella di Kirishima e lo imitai, chiudendo gli occhi.

Involontariamente, mi accorsi di star stringendo il corpo muscoloso del ragazzo a me più del dovuto. Eppure non mi mossi. Continuai a muovere i lenti passe e a godermi i miei pochi minuti di tranquillità.

Mai nella vita mi ero sentito così.

Andammo avanti per minuti, forse ore, e nessuno dei due osò cambiare registro. Avrei potuto continuare per tutta la notte, addirittura per sempre.
Fu però Eijiro a fare il primo passo.

"Ehi, Baku.." sussurrò parlando contro il mio petto, quasi dispiaciuto all'idea di interrompere quel momento.

"Mh?"

"La canzone è finita da un pezzo. Forse dovremmo rientrare, si staranno chiedendo dove siamo finiti".

Ed aveva ragione. Il lento aveva smesso di suonare da un bel po', ed il solito assordante frastuono aveva ripreso a scuotere l'interno della sala.

Alzai lentamente il capo, e Kirishima fece lo stesso, interrompendo il contatto e distanziandosi da me una volta per tutte. Lessi un po' di imbarazzo nei suoi movimenti, ma cercai di non dare troppo peso alla cosa.

Quel distacco mi regalò una scossa di brividi, e per un attimo sentii l'aria mancarmi nei polmoni.

Ancora un po'.

Mi diedi un violento schiaffo mentale. Che cosa cazzo mi stava frullando per la mente?

Eijiro era lì, davanti a me, rosso in viso, con la camicia stropicciata ed un sorriso smagliante piantato in faccia.

Senza dire una parola, poi, si mosse.

Lo Seguii con lo sguardo, si diresse verso l'entrata della palestra.
Prima di varcare la soglia, si voltò verso di me.
"Vieni?"

Ed io gli fui immediatamente dietro, come un cazzo di cane.

Non appena ci ricongiungemmo alla squadra di decerebrati, fummo assaliti dalle domande.

"Ma dove diamine eravate finiti?!" chiese Pikachu curioso.

"Avevo bisogno di sedermi un po' " tagliò corto Kirishima, per una volta anticipandomi.

Da quando aveva imparato a mentire?

Riprendemmo il nostro ballo sfrenato e ridicolo insieme agli altri, e restammo lì fino a quando la musica cominciò ad abbassarsi, le prime persone ad andar via, e le luci a spegnersi.

Chi per un motivo e chi per l'altro si congedò, e rimanemmo soltanto noi e qualche altra Comparsa, che probabilmente nemmeno conoscevo.

"Capelli di Merda, io ho sonno." bofonchiai irritato, tentando di alzare la voce e farmi sentire dal rosso nonostante la musica.

Quello fece OK con le dita, rivolgendomi un altro sorriso ed affiancandosi a me, finalmente pronto a lasciare quella cazzo di palestra.

Lentamente rientrammo insieme nei dormitori, entrambi troppi stanchi e spettinati per proferire parola.

Una volta di fronte alla porta di Eijiro mi bloccai, attendendo che entrasse, con le mani ficcate nelle tasche e lo scazzo di chi ha soltanto voglia di cacciarsi finalmente nel letto dopo una lunga giornata di rotture di coglioni.

Quello ci mise un po' ad aprire. Rovistò per bene in tutte le tasche alla ricerca della chiave. Impiegò qualche secondo a centrare la serratura, ed io ghignai di fronte ai suoi strascichi di persistente ubriacatura.

Finalmente riuscì nell'impresa, ma indugiò qualche secondo prima di entrare.

"Grazie, Katsuki." sussurrò a denti stretti, più serio che mai.

Alzai le spalle, ribattendo con un grugnito, senza capire la reale motivazione dei suoi ringraziamenti.

Quello entrò, lasciando la porta spalancata alle sue spalle ed andandosi a sedere sul bordo del letto, che oramai conoscevo fin troppo bene. Mi rivolse un'occhiata confusa e lontana, quasi come se si fosse aspettato che lo seguissi fin dentro.

Comunque lo assecondai, chiudendomi la porta alle spalle ed aspettando di sentire che cosa diamine avesse da dirmi.

Con un gesto disordinato si liberò dalle scarpe eleganti e nere, lasciandole con noncuranza stese sul pavimento. Provai un profondo senso di fastidio, detestavo il disordine.

Mi sentii immediatamente fuori posto. Per quale cazzo di motivo ero entrato nella sua stanza?

Quello si resse nuovamente in piedi, sfilandosi le bretelle e lasciando cadere anche quelle per terra.

Sentii improvvisamente la gola secca ed il sangue cominciare a scorrere veloce nelle vene.

Iniziò a tentare di sbottonarsi la camicia, con scarsi risultati. Impiegò qualche minuto ad armeggiare con i bottoni, ma completamente invano.

Colto da un impeto di carità, mi avvicinai titubante, con un sopracciglio alzato, prestandogli un po' della mia lucidità ed iniziando ad aiutarlo.

Primo bottone.

La nitroglicerina, oramai così familiare.

Secondo bottone.

Il battito accelerato, la gola asciutta, il respiro pesante.

Terzo bottone.

Caldo. Esageratamente caldo.
La mia mano, sempre così sicura, iniziò ad indugiare.

Quarto bottone.

La sua pelle chiara ed i pettorali erano al centro esatto del mio campo visivo. Tutte le mie attenzioni erano focalizzate su quei centimetri di epidermide, che divorai con gli occhi.

Ebbi per un momento, un solo momento, paura di non riuscire a sbottonare quello dopo.

Deglutii

Quinto bottone.

E la camicia finalmente si aprì.
Avevo già visto Kirishima a petto nudo, più di un milione di volte forse, ma mai così.
Non lo era mai stato soltanto per me.

Sentivo le tempie pulsare. Alzai lo sguardo sul decerebrato. Aveva le gote rosse, gli occhi spalancati, colmi di un sentimento che non riuscii a leggere. Per un momento giurai di non averlo nemmeno sentito respirare.

Non si mosse, nemmeno di un millimetro.

Allora, incapace di fermarmi, continuai lentamente, ostentando la solita sicurezza che in realtà si stava sgretolando sotto le mie ginocchia molli.

Sfilai via la sua camicia, mantenendo le mie dita in contatto con la sua pelle, passando in rassegna con i polpastrelli le sue clavicole, poi le spalle, le braccia, le mani, ed infine le dita. Esplorai lentamente ogni angolo della sua pelle con la punta degli indici per quel breve istante.

Sentii il mio corpo intero scaldarsi più del dovuto, ed in me si fece largo un istinto, quasi irrefrenabile, che continuava ad urlarmi di non fermarmi lì, di andare avanti.

Avanti dove?

Fino a che punto ti spingerai con questa stronzata, Katsuki?

Avevo il fiato corto, ed i miei pantaloni per un momento parvero decisamente molto più stretti del solito.

Cercai di calmarmi, muovendo un veloce passo indietro, e ritrovandomi a piegare meticolosamente quella dannata camicia, riponendola nell'armadio di Capelli di Merda, che intanto rimase lì impalato, con gli occhi grandi puntati sul pavimento.

Adocchiai stropicciato in un angolo dell'armadio il suo pigiama. Lo afferrai stizzito, con ancora molte difficoltà ad allontanare dalla mente l'immagine del suo fisico scolpito ad un palmo dal mio naso, dalle mie dita, dalle mie labbra, dalla mia lingua.

Ritornai verso di lui, squadrandolo lentamente.

"Siediti." ordinai, e lui ubbidì, senza nemmeno incrociare il mio sguardo.

Mi avvicinai ancora, piegandomi sulle ginocchia ed armeggiando con la cerniera dei suoi pantaloni.

Non azzardarti a guardare.

Ed infatti, fortunatamente non lo feci.
Con gesto disinvolto li sfilai, abbandonandoli per un po' sul pavimento.

Il sudore mi stava imperlando la fronte.

L'occhio mi cadde sulle marcate fossette che segnavano i suoi fianchi, sulle cicatrici che decoravano il suo corpo così massiccio, così armonioso.

Non guardarlo.

Ma alla fine, guardai.
Soltanto per un attimo.
Soltanto il tempo necessario ad accorgermi che i miei pantaloni divennero ancora più stretti di prima.

Con delicatezza iniziai ad infilargli la maglia rossa del pigiama, cacciando via dalla testa l'immagine del suo fisico marmoreo di fronte al mio viso.
Passai infine ai pantaloncini, mettendo un decisivo punto a quella lenta agonia che mise in moto dentro me non pochi assurdi pensieri.

"Perché lo fai?" domandò a quel punto, alzando finalmente lo sguardo su di me e recuperando la lingua che perse per strada per qualche minuto.

"Perché a stento ti reggi in piedi".

Mi sedetti al suo fianco, respirando profondamente, ed iniziando a slegare i suoi capelli, sciogliendoli lentamente.
Mi dava un certo senso di pace affondare le dita in quella chioma folta e rossa, rossa come il fuoco.

Capelli di Merda mi rivolse solo a quel punto un sorriso, uno dei suoi, smagliante e sincero, con i canini appuntiti che spiccavano bianchi.

Sfilai lentamente il fiore che aveva ancora incastrato dietro all'orecchio, per poi rigirarmelo tra le dita.

"Lascialo pure lì." asserì lui, indicando il comodino con un dito. Mi piegai al suo volere, senza però capire come mai non lo avesse voluto buttare.

Non volli rimanere in quella stanza un minuto di più. Alzai dunque i tacchi e feci per andarmene.

La sua voce però mi bloccò.

"Io non ti capisco, Baku." sussurrò.
Quel deficiente era ancora sotto l'effetto dell'alcol. Non avrebbe mai affrontato me in quel modo da sobrio, lo conoscevo.

Ficcai una mano nella tasca dei pantaloni, estraendo per la seconda volta la piccola moneta.

Se esce testa non rispondo.

Ed ovviamente uscì croce, di nuovo.

"Nemmeno io, Kirishima".

Quello rimase confuso dalla mia risposta.

"Ma tu cosa pensi di me?" Incalzò, mantenendo basso il tono.

Rimasi in silenzio.

"Insomma, mi vedi solo come un fastidio o sono importante nella tua vita, Bakugo?" domandò ancora, con la voce tremolante sulle ultime sillabe.

Con quella cazzo di moneta in mano, decisi di lanciare di nuovo.

Se esce testa non rispondo.

Eppure il destino aveva deciso di rimettermi in mano con prepotenza le mie responsabilità.

Croce.

Io però non avevo risposta per quelle dannate, fastidiose domande.

"Sei un rompicazzo, Eijiro, un rompicazzo e basta." conclusi secco, sperando di placare così i suoi dubbi.

"Anche tu, dannazione." ringhiò invece lui a denti stretti, più serio che mai, troppo per i miei gusti.

La rabbia tornò prepotente a farmi formicolare le mani. Voltai lo sguardo indietro, piantandogli gli occhi addosso.

"Se sei infastidito dalla mia fottuta presenza, puoi sempre rivolgerti al cazzo di Tamaki di merda." sibilai assottigliando lo sguardo.

"Che cosa diamine c'entra adesso Tamaki-Senpai?!" vidi ulteriore confusione farsi spazio all'interno degli occhi lucidi e grandi.

Mi accorsi soltanto in quel momento di aver parlato troppo.

Colto da un impeto d'ira feci dietrofront, piazzandomi a pochi centimetri dal viso di Capelli di Merda e afferrando il colletto della sua maglia.

"Tu." ringhiai.

"Io?!" sobbalzò lui ancora più confuso.

"Adesso ti metti a letto e ne parliamo quando sarai sobrio."  conclusi secco.

"Ma io sono sobrio, bro!" protestò quello animatamente.

"No, Kirishima, non lo sei." asserii sbuffando e risedendomi ad un angolo del suo letto.

Da quando ero diventato il suo fottuto babysitter?

"Mettiti a dormire ora, Eijiro." ordinai serio.

Quello sembrò risentito, ma ubbidì. Lentamente si distese, poggiando però la sua cazzo di testa sulle mie ginocchia.

"Ti sembro un cazzo di cuscino?!" ringhiai secco.

Lui però mi sorrise, con gli occhi chiusi e la nuca premuta sulle gambe.

"Dannazione." bofonchiai, tradito però dalla mia fottutissima mano, che si infilò lieve tra i suoi capelli, iniziando ad accarezzare la testa di quel seccatore bastardo, che non osò smettere di sorridere.

Lo osservai, minuto dopo minuto, bello come il sole, scivolare lentamente nel sonno.

All'improvviso, il mio istinto mi suggerì cosa dire.
Quello che non avevo mai detto, quello che lui forse si meritava di sentire.

Tanto domani nemmeno se lo ricorderà.

"Scusami." sussurrai calmo, tenendo le dita incastrate tra i suoi capelli ed il viso fisso sulla cicatrice che gli attraversava la palpebra.

La sua mano si alzò lentamente a mezz'aria in risposta. Si piazzò goffa sulla mia faccia, cercando a tastoni la mia guancia. Una volta che la raggiunse, l'accarezzò con tutti i polpastrelli, uno per uno.

Un brivido rovente come l'Inferno mi percorse la schiena.

Subito dopo ritrasse la mano ruvida, appoggiando anche quella sulla mia gamba, e finalmente addormentandosi.

Questo terremoto mi manda a puttane il cervello.

Lo osservai ancora mentre respirava lentamente, così sereno.

Quali diamine di fili stava muovendo nella mia testa?
Perché Capelli di Merda era riuscito a farmi mettere in dubbio ogni cosa?

Chi ero davvero io?

Che cosa stracazzo volevo?

Incasinato fino al midollo, decisi di affidarmi un'altra volta alla moneta del cazzo. Relegare al destino le decisioni difficili avrebbe potuto causarmi una vera e propria dipendenza.

Se esce testa non ci penso.

E fortunatamente, per la prima volta in quella sera, uscì la fottuta testa.

Accantonai dunque i pensieri e sbuffai.
D'altra parte, chi ero io per mettermi contro a quel Bastardo del destino?

Io volevo essere il numero uno degli eroi, punto e basta.
Il resto era solo contorno.

Soltanto che il fottuto contorno stava in quel momento beatamente dormendo sulle mie gambe, accoccolato come un cucciolo indifeso.

Il destino aveva deciso che avrei potuto anche non pensarci.

Ma forse ero oramai troppo immerso in quel guaio per permettermi il lusso di non pensarci.

Rassegnato appoggiai stanco la testa alla testata del letto, sfilandomi via le scarpe con un gesto, e lasciandole cadere a fianco a quelle di Eijiro.

Con la punta delle dita sbottonai la camicia stretta, decidendo che per quella notte avrei potuto anche dormire un po' più scomodo del solito.

"Baku, mi viene da vomitare" sussurrò all'improvviso il decerebrato nel bel mezzo del sonno.

"Osa solo provarci e ti ficco un pugno in bocca".

"Ma poi non posso dirti che ti voglio bene".

Silenzio.

Un brivido mi percorse ogni centimetro di epidermide. Sentii la gola secca, il sudore freddo, per l'ennesima, fottutissima volta quella sera.

Anche io te ne voglio.

"Dormi, coglione".

Eppure, il coglione sorrise.

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