Capitolo 3: Di passioni
La casa di Eren è esattamente come se la ricordava, ma rientrarvi a distanza di sei anni, fa un suo certo effetto. Il pavimento è ancora in parquet, il divano di pelle beige è sempre lo stesso, con la poltrona bordeaux di fianco ad esso e la sala da pranzo alle spalle del salotto, col tavolo circolare di legno cerato e le quattro sedie dallo schienale intarsiato. Sono talmente vecchie che una volta, per il mero sfizio di fare i preliminari su una di esse, Eren si è lasciato andare contro la spalliera, piegandola all'inverosimile per la tensione dell'orgasmo, finché non ha ceduto sotto il suo peso.
È rimasto tutto come Levi ha sperato; persino il quadro in corridoio raffigurante una ragazza seminuda che si copre il seno in un gesto elegante, un regalo che Carla e Grisha hanno ricevuto al loro matrimonio. Levi conosce ogni particolare di quella casa, anche che la scrivania nello studio, se si fa leva sui gomiti, cede perché la struttura di ferro che la regge risale a ventidue anni prima, quando i signori Jaeger si sono trasferiti lì alla nascita di Eren; e che l'ampio specchio nel bagno centrale riporta un graffio vistoso in un angolo, fatto da Eren quando era soltanto un bambino, con la spada laser di Star Wars.
Ed immagina, spera che anche la sua camera sia rimasta uguale, ma il suo desiderio si spegne nello stesso momento in cui, invece di ritrovare quelle pareti azzurrine che richiamano ancora l'infanzia, le innumerevoli foto di quando era piccolo e le cornici bianche di plastica, si trova di fronte a delle pareti tortora, un letto da una piazza a mezzo dalla trapunta color sabbia, due grandi picoglass in cui sono incorniciate le foto dei suoi viaggi, delle persone che conosce da sempre e che ha incontrato poi. Incredibilmente, intravede in una foto di gruppo persino se stesso, la mano intrecciata con quella di Eren ed i volti ridenti, la pelle più scura per il sole asfissiante di quell'estate torrida.
-Che c'è?- chiede allora Eren, un velo di imbarazzo sulle gote ed una mano artigliata al bordo della t-shirt, impaziente, sebbene vergognoso, di consumare l'amplesso tanto desiderato.
-Nulla.- liquida in fretta Levi, avvicinandosi a lui quel tanto per afferrargli la mano, intimandolo a lasciare la presa per cedergli il controllo. Inclina il capo e si avvicina alle sue labbra, e vede le palpebre di Eren calare in quel momento, le spalle rilassarsi al suo tocco. Sospira nella sua bocca quando Levi gli accarezza i fianchi da sotto la t-shirt, i palmi caldi che risalgono sulle coste, sulle scapole, fino a tracciare la colonna vertebrale.
Le viscere gli si attorcigliano violentemente mentre il bacio viene approfondito dal castano, che insinua le dita nelle ciocche carbone per strattonarle all'indietro e restituirgli quel potere di cui l'ha defraudato pocanzi, le anche che si scontrano, le labbra che si cercano senza sosta. È Levi che lo spinge sul letto per le spalle, sollevandosi la maglietta e gettandola in un angolo indefinito della camera, e le pupille di Eren si dilatano visibilmente dinanzi ai tonici fasci di muscoli che gli avvolgono il busto.
-Cazzo, ma quando l'hai tirato su un fisico così?-
Levi ride di gusto, sedendosi poi sul suo bacino, mentre lo spoglia della maglietta. -Come se fossi l'unico.- ribatte, le mani che gli accarezzano i pettorali, i capezzoli turgidi, fino all'addome e al ventre, dove sbottona la patta dei jeans.
Ha toccato centinaia di volte Eren in quel modo, baciando, mordendo e succhiando ogni lembo di pelle che avesse a disposizione, pur di farlo godere appieno, ma mai valicando il perentorio "No", che seguiva il suo "Ren, facciamo l'amore?". E anche se Eren non lo ammetteva ad alta voce, lo sapevano entrambi che la causa di quella sottile sfiducia fosse data dal fatto che litigassero di continuo, finché, a distanza di un anno e mezzo, la domanda "Perché stiamo ancora insieme?" di Levi, era sorta spontanea.
Non gli è mai importato che Eren non gli si volesse concedere, ma ora, ora che non hanno nessun sentimento da coltivare insieme, se non la libido che sta guidando i loro corpi impazienti, il permesso di poterlo prendere gli sembra quasi un insulto. Perché lo sa, che stanno calpestando le macerie del loro amore in nome del Dio Sesso, e la cosa peggiore è che a lui va bene così. Si convince che, fintanto che quell'amore seppellito non risorge, allora è tutto sotto controllo, e può lasciarsi andare a quel corpo che ha anelato per mesi, prima e dopo che si fidanzassero.
-Sono già pronto.- sospira Eren, inarcandosi per farsi denudare, ora il membro svettante a vista ed i capelli spettinati sul cuscino, le labbra tumide di baci.
-Che cosa?- domanda Levi, la mente offuscata dall'eccitazione crescente, mentre si cala a lasciare un bacio sul suo sesso, poi una lappata densa su tutta la lunghezza, fino a convergere sul glande brillante di umori, nuovi ricordi che riaffiorano al gusto del suo sapore sulla lingua. Eren intreccia le dita con le ciocche più lunghe sopra l'undercut, e lo sollecita ad approfondire quel contatto per godere di più, ancora.
-Mi sono preparato sotto la doccia.-
Levi solleva di scatto il capo, si guardano a lungo, un sorrisetto impertinente sulla bocca del giovane, e non può fare a meno di pensare che non amarlo sia l'unico, pietoso modo per prenderlo fisicamente. Si fa quasi pena, ma si ripete che la scelta è stata condivisa, perché tanto non cambierà niente. Sono passati sei anni, la nostra possibilità l'abbiamo avuta. Acquista senso compiuto quel pensiero mentre gli tira jeans e boxer fino alle caviglie, levandogli scarpe e calzini e facendo lo stesso con se stesso.
Poi, Eren si aggrappa alle sue braccia e divarica le gambe, deliziosamente osceno e sensuale come non è mai stato, e Levi percepisce chiaramente il sangue martellargli nelle tempie al ritmo frenetico dei battiti del cuore.
-Come lo vuoi fare?-
-Levi,- inizia il ragazzo, allungandosi verso di lui per farlo ricadere sul letto, riappropriandosi della bocca arrossata e gonfia di baci. -stacca il cervello e scopami.- conclude, incrociando le caviglie a mezz'aria e spingendo i talloni sui suoi glutei.
-Così?-
Eren annuisce deciso, carezzandogli il volto, mordendogli il labbro. -Proprio così.-
E sia, pensa, prima di indossare il profilattico e affondare lentamente nelle pareti già preparate e bollenti, che gli strozzano il respiro e gli fanno sbarrare gli occhi. È strano, fare sesso con Eren, perché equivale ad eliminare tutte le aspettative che aveva creato da ragazzino, quando un atto del genere aveva potuto soltanto immaginarlo, fantasticandovi in segreto. Invece ora è nel suo corpo, e alla prima stoccata ne seguono altre più rapide, perché Eren è sempre così maledettamente impaziente, i testicoli che schioccano contro il suo podice ed i respiri veloci, singhiozzanti.
L'amplesso dura ben poco, entrambi troppo eccitati per poterlo far perdurare oltre: il castano si inarca mentre gli graffia le scapole, e Levi cavalca l'onda dell'orgasmo finché, satollo anch'egli di tutte quelle strabilianti sensazioni, viene copiosamente nel preservativo, tremando finché non si è riversato completamente. Fuoriesce dalla sua apertura e si stende affaticato al suo fianco, il petto madido di sudore che si solleva velocemente ed un'espressione soddisfatta sul volto.
-Non male.- spira Eren, guadagnandosi un "Che?" di Levi, rabbuiato per l'allusione alla sua mediocre performance. Ma, quando fa per voltarsi verso di lui, le iridi di Eren luccicano di divertimento, mentre ride giulivo. -Dai, dai, è tutta questione di pratica.-
-Ma guardalo.- sghignazza complice, pizzicandogli il fianco.
Si osservano, il corvino col capo sulla trapunta chiara, Eren con i gomiti puntellati sul materasso. Vorrebbe, Eren, baciarlo di nuovo, ma percepisce quella volontà come qualcosa che potrebbe stonare nel contesto in cui si trovano. Va oltre il sesso l'effusione che desidera, ed è per questo che si punisce restando fermo, limitandosi a sorridere al ragazzo che snuda i denti a sua volta. È incredibilmente giusta la sua presenza in quella camera, lo capisce soltanto quando nota il contrasto fra le sue ciocche scure e le coperte chiare, quando percepisce leggerezza in petto, la vergogna dissolta nell'aria tiepida che accarezza i loro corpi. Non si toccano, però va bene così.
Anche solo il suo sguardo riesce a farlo sentire a suo agio, ed Eren non chiede altro: sentirsi giusto. Capirsi. Con Levi è semplice come respirare, e per una volta non vuole condannarsi come colui che ha disfatto un rapporto che aveva valide basi per essere duraturo. Quel pomeriggio no, va bene così. Sono diversi, sono cresciuti, persino quella camera è cambiata, ed è ospite di due persone differenti. Se lo dice e se lo ripete fino alla nausea, anche quando Levi allunga il collo per baciargli la spalla, senza chiedere nulla in cambio.
Poi alza un dito al cielo, facendo roteare il polso. -Ho visto che hai...-
-Oh, sì, ne avevo abbastanza di quella camera da poppante, onestamente.- Solleva lo sguardo, per lasciarlo scivolare sulle pareti tortora, sui diversi disegni appesi con dello scotch di fortuna, fino ad arrivare ai picoglass.
-Sei migliorato moltissimo, Eren. Quella pantera è incredibile.- dice affascinato Levi, ora sollevandosi sulla schiena, senza distogliere lo sguardo da essa. -Carboncino?-
Ridacchia appena l'artista, sollevandosi a sua volta ed incrociando le gambe a mo' di indiano. -Esattamente. Lo sai che è il mio stile.-
Sono tante, le cose che sai di me.
Le iridi cerulee sono perse in un punto impreciso del letto, vittima di un imbarazzo che, quando si tratta di rievocare momenti passati, non riesce a zittire. Ma Levi sa come mitigarlo, perché ben presto gli accarezza la nuca in un tocco fugace, catturando la sua attenzione. -Sei sempre stato incredibilmente talentuoso.-
Sorride incerto, Eren, perché neanche a ventidue anni ha imparato a incassare decentemente un complimento; quindi scrolla le spalle, e si arriccia una ciocca con l'indice. -Credo che il concetto di talento sia piuttosto relativo. È come se nella mia testa esistessero due tipi di accezione: il talento in assoluto ed il talento in rapporto agli altri, ma è difficile da spiegare...-
-Provaci.- lo incita incuriosito Levi, sedendosi di fronte a lui ed incrociando a sua volta le gambe, le ginocchia che si sfiorano.
Eren pare titubare dinnanzi a quella richiesta, ma 'sta volta mantiene lo sguardo per imprimere nella memoria del giovane ciò che gli sta per dire.
-Ecco, vedi, una persona si definisce talentuosa quando ha delle capacità più sviluppate in una determinata sezione mentale, capacità creative, organizzative, imprenditoriali e così via. Ora,- gesticola con enfasi, e Levi è rapito dal suo discorso, incapace di distogliere gli occhi da lui. -prendi il talento creativo: un inetto in arte può considerare strabiliante l'opera di uno scultore emergente perché lui non sarebbe mai in grado di replicare la stessa cosa; ma se confronti quel talento grezzo con altri più sviluppati di lui, allora il tutto si ridimensiona.-
-E quale sarebbe la soluzione che proponi per questo enigma?-
-Bisognerebbe trovare un equilibrio fra le due cose. Credersi un talento in assoluto può comportare superbia, arroganza, poca predisposizione ad imparare dagli altri. Nel secondo caso, invece, screditandosi come individuo talentuoso si può finire con l'essere eccessivamente autocritici, col demoralizzarsi fino a smettere di produrre qualsiasi forma d'arte perché considerata infima.-
Levi inclina il capo, assottigliando gli occhi per riflettere su ciò che ha ascoltato, due dita a stringere il mento ed il gomito appoggiato al ginocchio nudo. -Hai una concezione piuttosto ambigua di talento e creatività.-
-Perché molti considerano la creatività come una dote innata, io invece ritengo che sia uno strumento fondamentale per la riorganizzazione delle nostre conoscenze. Il talento sta nel rendere inedita la ricostruzione di ciò che hai appreso inconsapevolmente, no?-
Il ragazzo scuote il capo, stregato dalle sue parole, semplicemente incredulo. E se prima credeva che Eren fosse cresciuto, si sbagliava: non è soltanto maturato fisiologicamente, ma ha subito una crescita personale incredibile, che ben dista dalla mera maturità.
-Fattelo dire: sei veramente una persona assurda.-
Ed è allora che Eren sfoggia un sorriso genuino, il primo dei molti che lo incanterà nelle settimane a venire. -Assurdo è qualcosa che non capisci, io invece credo che tu mi capisca perfettamente.-
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