Capitolo 2: Del presente

Non si è mai fatto influenzare prima, sull'outfit da indossare in occasione di un appuntamento. Eppure quel pomeriggio soltanto lui sa che ha impiegato ben due ore alla ricerca di capi che incontrassero il gusto di Levi, affondando le mani persino nelle magliette estive del cambio di stagione, per poi ricevere un sonoro scappellotto da Carla per la confusione. Le ha promesso che avrebbe rimesso tutto in ordine, appena fosse tornato a casa, per poi chiudere di fretta la porta e scendere rapidamente le scale, un'euforia travolgente a fasciargli lo stomaco. Alla fine ha optato per una giacca di ecopelle ed una Ralph Lauren bianca con lo scollo circolare, jeans neri sportivi e sneakers bianche.

Ed ora che si trova davanti al bar, collocato poco distante dalla dimora di Levi, non può fare a meno di chiedersi dove sia finito. Eppure non è tipo da ritardi, Levi Ackerman, lo sa bene, perché fra i due, quello affetto da ritardo cronico, è sempre stato unicamente lui. Il cellulare gli vibra fra le mani, e fa appello ad una qualsiasi divinità esistente, pur di veder comparire sul blocco schermo dell'Iphone la notifica di Levi, il suo numero salvato sotto nome e cognome.

Ma che diamine vuole Mikasa?, si ritrova invece a pensare, roteando gli occhi e rispondendo a quel messaggio minatorio: "Ti aspetto giovedì a casa, solito orario. Caffè e sigaretta, e mi dici passo per passo tutto quello che ti sta passando per la testa, maledetto!"

Si ritrova a digitare freneticamente in risposta, mentre la rimbecca dicendo che "Passo per passo cosa mi sta passando, è una ripetizione. Menomale che hai studiato lettere moderne! Sine ho capito, giovedì da te. Abbi fede." conclude, ma Mikasa è online nella chat, e subito compare un altro messaggio, ed Eren non può trattenersi dall'aggrottare la fronte mentre legge ad alta voce -Avere fede in te è una delle cose più-

-Improbabili da fare.- completa una terza voce, ed Eren si desta immediatamente dai pensieri che gli affollano la mente, liquidando Mikasa col tasto di blocco ed infilando il cellulare in tasca, mentre sfoggia un sorriso sincero.

-Finalmente sei arrivato, non ricordavo fossi così ritardatario.- lo canzona, facendogli cenno con la mano di superarlo per entrare nel locale, lì dove dei tavolini bianchi in ferro battuto sono circondati da un paio di sedie del medesimo colore, scrostate dalla vernice in alcuni punti. Sulle loro teste, due ombrelloni filtrano i raggi solari e, nonostante sia abituale di quel bar, ritrovarsi lì, in sua compagnia, fa riaffiorare un nuovo ricordo: quello di quando Levi, pallido com'è, si scottò la nuca per essere stato troppo tempo esposto ad uno spicchio di luce.

-Diciamo che mentre stavo uscendo di casa, mia madre abbia ben pensato di fermarmi per portare il cane a spasso.- dice, scuotendo il capo fintamente rabbuiato mentre si siede.

-Oh, ora si spiega tutto, allora. Mi sembrava veramente troppo strano.-

-Certe abitudini sono dure a morire.-

Si guardano a lungo, ed Eren non riconosce l'entità dell'emozione che sta provando Levi, mentre tira l'angolo della bocca sottile e solleva un sopracciglio. Ciononostante, riconosce benissimo quella della sua, e scalpita impaziente sotto il tavolino, prima di incrociare le caviglie: entusiasmo. Si è aperta una voragine alla base del suo stomaco, e neppure il caffè macchiato che ordina è in grado di sopperire a quella sensazione euforica.

-Come ad esempio l'abbronzatura che ti facesti proprio in quella posizione.- si indica il collo, e Levi sobbalza sul posto, guardandosi alle spalle prima di trascinare con uno stridio la sedia e spostarsi dalla traiettoria del sole dispettoso.

Lo osserva, Eren, con quel fare provocatorio che gli si addice alla perfezione, un ghigno sul viso che, però, viene spianato nel momento stesso in cui Levi formula atono –Allora, a cosa devo questo caffè?-

A bocca asciutta e con un prepotente fastidio crescente nel petto, Eren si ritrova a dover fare i conti con quella spietata sincerità di Levi, una schiettezza che è difficile da trovare in altre persone e che, francamente, aveva completamente rimosso. Forse avrebbe dovuto essere l'unica cosa da ricordare, in quel pentolone di memorie, invece di estrarne soltanto le più inutili. Tranne quella, che approda nella sua mente senza alcuna apparente motivazione, dilaga a macchia d'olio, ed è salda nella sua presa.

-Ricordi i pomeriggi d'estate in Piazza del Plebiscito?-
È quasi un sussurro il suo, lo sguardo è addolcito dalla malinconia al ricordo del cielo rosato, il sole che si spegneva piano, senza fretta, alle spalle del Palazzo Reale. Era bella, la Napoli di quei giorni, chiassosa nei suoi ritmi frenetici, meno in quei pomeriggi trascorsi sui gradini di marmo bianco, gelidi come il ghiaccio, ed una pizza al portafoglio stretta fra le mani.

-A te piaceva molto, quel posto.- risponde con lo stesso tono, neanche si trattasse di un segreto inconfessabile custodito a lungo. O forse sì, d'altronde Eren mai avrebbe sognato che a distanza di sei anni ne avrebbe parlato con qualcuno all'infuori di Mikasa ed Armin. E invece ora è lì, nel bar in cui ristoravano di consueto, con la nostalgia a velargli gli occhi, a parlare di lui, con lui.

A me piacevi tu, in quel posto, pensa, ma non lo dice.

Appoggia il volto alla mano chiusa a pugno, si perde a guardarlo, e Levi fa lo stesso, neppure stesse fruendo della medesima pellicola cinematografica, una di quelle vecchie, incollate male e che si muovono un po' a scatti. Lo ricorda così, il ragazzino Ackerman che inseriva la cuffietta nel suo orecchio, che lo portava sul suo grembo e lo baciava per ore intere, finché Kuchel non lo chiamava per l'ora di cena. Tanto non finivano mai lì, le giornate per loro: Levi era in grado di prendere l'iniziativa di volerlo vedere ancora dopo cena, ed ecco che Eren lo ritrovava sotto casa sua, un po' sudato per i venti minuti di camminata che distanziavano le loro dimore, ma pronto a riprendere da dove si erano interrotti.

-E tu amavi la pizza al portafoglio.-

-E quella fritta, con i cicoli! È stata la prima cosa che ho mangiato quando sono tornato.-

Eren ride di gusto, l'allegria che coinvolge l'intero corpo, fino a fargli brillare gli occhi. -Immaginavo, hai sempre preferito quella fritta.-

Ecco, si guardano di nuovo, ma 'sta volta Eren ha i gomiti sul tavolo per guadagnare inconsapevolmente più vicinanza e, quando Levi riprende la parola, è proprio quella posizione che ha assunto a metterlo in maggiore difficoltà.

-Perché questo incontro?-

Si lascia andare nuovamente contro lo schienale freddo della sedia, e rivolge lo sguardo sui due anelli d'argento che porta, l'uno che raffigura un serpente, l'altro incredibilmente semplice, eppure estremamente significativo. Non l'ha mai tolto, da quando Levi gliel'ha regalato per il loro primo anniversario. E come erano felici, quel giorno, quando si erano opposti al mal tempo andando al parco lo stesso, godendo del silenzio che l'aveva avvolto come una patina per baciarsi piano, senza dover essere esposti ad occhi indiscreti, il panorama della città rannuvolata a far loro da sfondo.

-Perché volevo offrirti una proposta.- dice con fare serioso, ora riconducendo gli occhi nei suoi. Ciò che ottiene in risposta è un misto di tensione e curiosità, e tenta di soffocare con tutto se stesso quel moto di imbarazzo che sta iniziando ad accaldargli la nuca.

-Dimmi pure.-

-Io e te non abbiamo mai fatto sesso.-

Lo stupore è ben visibile sul viso di Levi, un cipiglio confuso mentre scuote lievemente il capo. -Credo di non aver capito dove vuoi andare a parare.-

Eren potrebbe decisamente alzarsi in quel momento, scusarsi per l'infima boccaccia che dà voce alla sua riprovevole testa e congedarsi di corsa, racimolando quel briciolo di dignità che ancora gli resta; ma no, decide di restare inchiodato alla sedia, per quanto l'espressione vergognosa che ha assunto la dica lunga su quanto sia realmente un ragazzo senza peli sulla lingua.

-Non ci trovo nulla di male, se è quello che invece ti stai domandando.-

Sbuffa una risata incredula, Levi, gesticolando con le mani mentre si sistema meglio sulla sedia. -Aspetta, aspetta, aspetta, ricapitolando: ci siamo visti ieri per mera casualità, e tu ora mi stai proponendo una simil scopamicizia? E perché dovrei accettare?-

Gli affari stanno giungendo a termine, quando Eren intreccia le mani dinanzi a sé e china il volto in avanti, sciorinando un sorrisetto malizioso. -Perché a beneficiarne siamo in due, no?- 

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top