Capitolo IV

«Conti di occupare abusivamente casa mia e il mio letto ancora per molto?»

«Ti sei già stancata di me dopo qualche settimana?»

«Non ti sto cacciando. Però, anche se io non ho bei ricordi legati a Villa Malfoy, mi pare di rammentarla sufficientemente spaziosa da accogliere anche te. Perché necessiti della mia ospitalità?»

«Non voglio riportare a galla quei ricordi...»

«E poi mi devi spiegare come mai abiti ancora con i tuoi genitori! Qualsiasi giovane adulto inglese, mago o babbano, va a vivere da solo alla nostra età.»

«Un qualsiasi giovane adulto inglese non dispone di un elegante maniero in campagna, provvisto di ogni comodità e sufficientemente spazioso, come hai appena sottolineato.»

«Perciò ritorniamo allo stesso punto: che cosa ci fai qui da me?»

«La scorsa notte mi sei sembrata piuttosto entusiasta di quello che ti sto facendo.»

«No, intendo... cosa stiamo facendo?»

Si guardavano negli occhi, sdraiati su un fianco, una coperta adagiata sui loro corpi svestiti, una guancia sul cuscino. Draco allungò una mano per scostarle un riccio dal viso, ma non la ritirò, lasciandola sulla sua gota, illuminata dall'alba che invadeva la stanza, foriera di promesse di luce impalpabile.

«Per quel che mi riguarda, negli ultimi tempi semplicemente ciò che desidero, ciò che mi fa stare in pace con me stesso. Sono troppo egoista per rinunciarvi.»

«Non voglio che vi rinunci.»

«Non lo farò. Hermione, tu mi fai bene in un modo che non so nemmeno esprimere.»

La donna si fece più vicina a lui, fino a che i loro nasi furono sul punto di sfiorarsi, fino a che un altro movimento l'avrebbe portata sulla sua bocca. «Ti amo.»

Fu lui ad accorciare ulteriormente le distanze e il bacio che si scambiarono aveva la dolcezza tiepida di una giornata di sole dopo un rigido inverno. Le loro labbra si toccarono su parole di miele, amabile incastro di bocche schiuse, aperte quando la via per ogni altra ostilità era sbarrata.

Lei aveva ancora le palpebre abbassate quando le rispose, in un sussurro appena udibile, che non avrebbe compreso se fosse stata, contro ogni sua volontà, poco più lontana: «Anch'io ti amo.»

Hermione gli sorrise, radiosa. Draco comprese che, in fondo, sapeva come esprimerlo.

In seguito i loro baci non ebbero più niente della lieve calura primaverile, ma furono fuoco rovente che bruciò ogni ritrosia. Malfoy le fu addosso nel breve secondo che lei impiegò per distendersi supina e le sue labbra non le lasciarono alcun istante di tregua, baciando e mordendo e leccando ogni angolo della sua bocca, e le sue mani non le offrirono nessun momento di pausa, carezzando e vezzeggiando e stuzzicando ogni punto del suo petto.

Erano già nudi e lui non poteva esserne più grato, per evidenziare anche con il corpo quello che le sue parole spesso riluttanti rappresentavano in maniera imperfetta. Attento a non pesarle addosso, accese di desiderio la sua pelle con tocchi deferenti, riguardosi di ogni singola reazione non verbale strappata alla sua voce: un verso deliziato dalle lusinghe delle sue mosse impavide, un fioco gemito per il pollice che titillava la punta di un seno, il respiro spezzato quando un dito umido fu tra le sue cosce. Draco vi si attardò, determinato a non concederle remore nella conquista della sua eccitazione, esasperando ogni sua sensazione, fino al punto in cui lei avrebbe supplicato di smettere o non farlo mai.

La donna si beò di quelle attenzioni e nella sua mente il piacere fisico era misto a quello puramente emotivo derivante dalla piena consapevolezza dei loro reciproci sentimenti: naufragava nel suo tocco e ne fu pienamente sommersa quando lui lo accelerò, mare in tempesta e zattera salvifica, onde che la avvolsero da capo a piedi, calde. Non sopravvisse quasi nulla di emozionale nell'istante agognato di liberazione a cui lui la condusse, guidandola con una mano a un appagamento del tutto viscerale.

In quel frangente il grigio dei suoi occhi le diede contezza del modo estatico in cui lui si godeva la sua reazione, mostrando le sfaccettature di un diamante sporcato, più scuro della nebbia che le avvolgeva ancora le membra. Hermione emerse d'improvviso dalle sue avviluppanti spire, nell'osservarlo tenere per un secondo il labbro inferiore tra i denti; sentendo di volergli dimostrare altrettanto trasporto, posò i palmi sul suo torace, spingendolo debolmente. Lui si ritrasse e lei lo guidò perché si sdraiasse sulla schiena, quindi gli si posizionò a cavalcioni, raggiungendo una prossimità dei loro bacini che valse un suo mugugno compiaciuto. C'era un tenue chiarore proveniente dall'esterno e animava di ombre e luci il suo viso spigoloso, affascinato dalla sua iniziativa – una statua di pietra che vegliava un tempio davanti al quale lei si sarebbe piegata con una riverenza profonda e profana. La strega percorse con le labbra il suo busto e scese verso l'inguine, seguendo il disegno della sua lieve peluria, lasciando sulla sua cute fremente una scia appassionata di baci roventi. Nel dargli piacere, si lasciò condurre dai suoi mormorii di impudico apprezzamento e dalla mano che lui azzardò tra i suoi capelli, non del tutto cosciente di muoverla al ritmo lussurioso del suo abbandono. Continuò a inseguire quella cadenza voluttuosa fino a che lui la fermò con un gesto gentile, facendole capire che non intendeva finire in quella maniera.

Perciò lei si spostò per sistemarsi su di lui, accogliendolo dentro di sé, prendendosi un attimo per centellinare l'irresistibile consapevolezza di non poter essere fisicamente più vicini di così. Scivolò su di lui, donandogli il suo calore, ritraendosi e avanzando per andare incontro alla sua audace passione. Si narrarono vicendevolmente, in ciascun affondo licenzioso, un frammento di quel sentimento che era il colpo di scena nel mezzo della trama di due libri distinti di una stessa collana: il finale del paragrafo fu presto scritto, per entrambi, e aveva il colore di occhi negli occhi e il sapore di bocche congiunte. Non una virgola fuori posto interruppe quello scambio perfetto. Hermione si accasciò sul suo torace, solleticandolo impercettibilmente con una folta coperta di ricci intricati; lui le passò un palmo morbido lungo la schiena e lei voltò il capo per posargli un bacio tenerissimo all'altezza del cuore.

Fu Draco a rompere il silenzio placido che aveva fatto seguito a quello sfoggio di membra smaniose di contatto, rimarcando l'assoluto benessere del momento. «Sai che ora potrai costringermi solo con una Maledizione Senza Perdono a lasciare questo luogo, vero?»

«Tu puoi anche decidere di farne a meno, io sto per prepararmi per andare a lavoro», rispose la donna, ligia al dovere, pur non accennando ancora a muoversi, la voce ridotta a un sussurro ovattato.

«Dannato Ministero!», brontolò l'uomo con lo stesso tono roco, scuotendo la testa. «Troverò un'altra occasione in cui tenerti qui.»

Hermione ridacchiò, per niente preoccupata e, invero, incantata dalla sua attraente minaccia.

***

Il rumore insistente di un gufo contro la finestra della camera li ridestò dalla pigra lentezza di una domenica mattina, libera da impegni professionali, trascorsa oziando a letto. Hermione sbuffò platealmente per l'esigenza di dover liberarsi, a malincuore, dal caldo abbraccio di Draco, tuttavia non poteva ignorare la corrispondenza.

«Se non ti ostinassi a rifiutare di prendere un elfo domestico, avresti chi si occupa di recuperare la posta per te e portartela quando hai voglia di leggerla, invece di abbandonarmi tra le tue lenzuola», insinuò l'uomo, con un sorriso mellifluo, mentre lei gli sfuggiva dalle mani pronte a trattenerla.

«Farò finta di non aver sentito», disse lei, per non iniziare neanche un dibattito che non sarebbe giunto da nessuna parte, nell'immediato. Avrebbe avuto tempo, in futuro, per persuaderlo della bontà delle sue argomentazioni.

Indossò una vestaglia leggera e raggiunse l'animale, che attese con insistenza di ricevere del cibo prima di volare via, per prendere la busta che aveva portato. Non vi erano indicati mittente né destinatario e ne dedusse che non fosse una comunicazione formale o ufficiale, a dispetto della carta pregevole in cui era racchiusa. La aprì e vi diede una scorsa; non impiegò molto per rendersi conto che il volatile era arrivato a casa sua in cerca di qualcun altro e solo pochi istanti di più per avere un'idea piuttosto precisa del suo contenuto e dirigere di conseguenza uno sguardo di accusa verso l'uomo che riposava, placidamente, sul suo cuscino.

«Non è mia. È per te, da parte di tuo padre.»

A Draco bastarono il suo volto cupo e quelle poche parole dal tono fattosi d'improvviso freddo per comprendere. Si mise a sedere di scatto, con un'espressione di cautela rispetto alla sua reazione e di orrore per il banale malinteso che le aveva messo tra le mani una missiva non indirizzata a lei.

«Vuoi che te la legga?», propose Hermione, con fare ostile.

«Non ce n'è bisogno», rispose impassibile lui. Neanche un muscolo fremeva, per non lasciare andare i suoi timori, ma era un'immobilità affettata, che celava il suo tumulto interiore.

«Allora vuoi darmi una giustificazione?», sbottò lei, alzando la voce.

«Hermione, cosa pensi di aver capito?», indagò con prudenza le conclusioni che lei aveva tratto, incerto su quanto avesse scritto suo padre.

«Cosa penso di aver capito? Mi sembra tutto piuttosto chiaro: tuo padre chiede letteralmente quando conti di riscuotere il tuo favore da me! Dovresti esserti già stancato della mia compagnia a questo punto, quindi che stavi aspettando per carpirmi le informazioni che ti occorrono per lui? Ti sei avvicinato a me, sei stato sorprendentemente cordiale, sei stato persino a letto con me, e tutto per recuperare la Giratempo di Nott per conto di tuo padre? Non posso credere di essermi fidata.» La voce di Hermione si ruppe sull'ultima sillaba della sua sfuriata: alle parole aspre che gli aveva riversato contro era seguita la dolorosa constatazione della sua ingenuità. Posò la lettera e si girò verso il vetro per dargli le spalle e nascondere alla sua vista gli occhi inumiditi: il cielo di Londra, sullo sfondo del suo umore, era lugubre di nubi minacciose di pioggia.

Draco l'aveva lasciata parlare, ma intuire le sue lacrime ingiuste era più di quanto riuscisse a sopportare. Si alzò per raggiungerla, incurante della sua nudità, e allungò un braccio per farla voltare: non puntava a chiarire con lei senza guardarla in viso, per quanto ciò irretisse la sua naturale codardia. Hermione doveva sincerarsi della sua onestà.

«Non mi sono avvicinato a te, all'inizio, se non per chiedere scusa per gli anni passati, come ti ho detto da subito. Non ho mai pianificato questo», indicò con un cenno del capo le lenzuola disordinate, «per un secondo fine.»

«Lucius Malfoy sembra pensarla diversamente», replicò prontamente lei, incrociando le braccia al petto, per risolutezza o per il freddo. Draco avrebbe voluto che i suoi brividi sprofondassero tra i loro corpi allacciati, tuttavia restò immobile.

«Sì», ammise, «lui complottava per appropriarsi della Giratempo illegale che è stata confiscata a Nott dopo il suo arresto. Anni fa il padre di Theodore si è vantato con lui di possederne una e mio padre non riesce a resistere al fascino di un potente oggetto magico», prese a spiegare. «Ma i suoi sono vaneggiamenti di un vecchio nostalgico, non è mai stata mia intenzione aiutarlo. Ho recuperato per lui le copie dei documenti del Wizengamot in cui si attesta che la Giratempo è passata in custodia all'Ufficio Misteri dopo la conclusione delle indagini, quindi è di fatto irrecuperabile dal luogo più protetto del Ministero, e lo capirà anche lui.»

«Lo so, ce l'ho portata io stessa», rifletté la strega. «E tu eri a conoscenza del fatto che ho lavorato al caso di Nott!»

«L'ho saputo da mio padre, che nonostante tutto è ancora in contatto con alcuni dipendenti influenti del Ministero. Perciò, quando tu hai avuto bisogno della sua lettera a Silente per il libro, non ho dovuto affatto faticare per indurlo a concederti il permesso di usarla: ha visto l'occasione per far sentire te in debito e per farmi avvicinare a te, così che potessi fare leva su questo per ciò che desiderava. Ma, credimi, per me non è mai stato così, ogni mia interazione con te è stata assolutamente disinteressata. E poi sai bene che non ti ho mai chiesto niente di Nott.» Gli occhi grigi, fissi nei suoi, davano risalto alla sua confessione: erano limpidi e chiarissimi, senza sotterfugi a velarli. Draco non si proponeva solo di farle vedere la logica della sua versione dei fatti, ma anche ispirarle l'irrazionalità propria delle percezioni.

«Allora perché non me ne hai parlato prima e ho dovuto scoprirlo da un messaggio che ho aperto per sbaglio?»

«Non avrebbe giovato alla mia immagine, avresti faticato a credere che io non volessi davvero assecondare mio padre: guarda quanti secondi ti sono bastati per saltare a conclusioni affrettate. Ti sei già sforzata parecchio per superare ogni diffidenza verso di me, comprensibilmente.» Cercò di non mostrarsi ferito, perché non ne aveva alcun diritto: considerati i loro trascorsi, non meritava di essere ripagato con fiducia incondizionata, come lei meritava di essere ripagata con ogni mezzo possibile per gli stessi motivi.

«E non hai ragione di biasimarmi, vista la maniera in cui tuo padre ti ha insegnato a trattarmi.» Hermione piegò le labbra in una smorfia triste.

Draco incassò il colpo, ma non indietreggiò sotto il peso della sua occhiata greve. Indubbiamente, suo padre non meritava di essere ripagato in alcun modo per una minuscola concessione da parte sua, a fronte di anni di angherie. «Sono stanco di vivere nella sua ombra ed eseguire senza fiatare i progetti che ha per me. Lui è mio padre, ma io non sono lui.»

«E questo?» Guardò il letto disfatto, come aveva fatto lui poco prima. «Non era il suo progetto per te?»

«No. Lo sai, te l'ho detto.» Protese una mano verso la sua guancia.

Tu mi fai bene, in un modo che non so nemmeno esprimere.

«Come posso essere certa che sia così?» Inclinò il viso verso il suo palmo aperto.

«Non ti ho mentito.» La sfiorò con una carezza di impalpabile dolcezza.

Anch'io ti amo.

Hermione inspirò profondamente, chiudendo le palpebre, per tentare di schiarire la confusione nella sua mente e ritrovare il filo coerente dei suoi pensieri: averlo così vicino non le dava spazio per ragionare sulle sue rivelazioni. Nonostante l'istintiva delusione, lui rappresentava ancora un'irresistibile distrazione: era così allettante arrendersi alla tentazione di perdonarlo senza indugio per la sua omissione e persuadersi del fatto che non avesse mai voluto compiere un'azione sbagliata.

«Esci da casa mia.»

Draco non si mosse, continuando a guardarla implorante, pregandola di fidarsi e non allontanarlo per un inganno mai avvenuto.

«Esci», ripeté con calma, mitigando il tono. Non voleva suonare brusca, a dispetto del significato delle sue parole.

Draco parlò con urgenza, per porre un freno alla risoluzione di lei: «Ti sto spiegando che noi due non esistiamo per una cospirazione di Lucius Malfoy. Neanche nei suoi peggiori incubi avrebbe immaginato l'idea di suo figlio con una Nata Babbana, è riuscito solo a chiedermi di avvicinarmi a te quel che bastava per i suoi scopi, ma tra me e te ci sono sempre stato solo io.»

«Va bene», lo interruppe conciliante. «Però, per favore, ora lasciami sola.»

Hermione pensò che qualcosa nella sua espressione combattuta dovette convincerlo, perché si accinse a raccogliere i suoi indumenti e a indossarli sbrigativamente, nel più scomodo silenzio. Quindi si avvicinò nuovamente a lei e con dita leggere indugiò brevemente su un suo braccio nudo, inspirando bruscamente, tenendo il capo chino. Subito dopo averle ritratte, si Smaterializzò, scomparendo con un sonoro rumore pari al trambusto frenetico del suo cuore.

***

Harry Potter era un marito fedele, un padre affettuoso, ma, ancor prima di ciò, in ordine cronologico, un amico leale. Si premurò di tenere quest'ultima verità bene a mente, intanto che ascoltava Hermione sfogarsi circa gli ultimi sviluppi della sua relazione con Draco Malfoy. Non si sarebbe mai arrogato il diritto di dirle cosa fare della propria vita sentimentale, proprio a lei, che sembrava avere sempre così salda la presa sui propri piani. Alcune settimane prima, apprendendo dell'inizio di tale frequentazione, si era permesso quantomeno un'espressione di sorpresa, che aveva poi accompagnato con il suo incondizionato sostegno – perché è quello che fanno gli amici –, sperando che non si rivelasse in seguito mal riposto. Era quello che aveva infine temuto, accogliendo sulla soglia di casa l'amica e il suo sguardo inquieto, prima che lei cominciasse a illustrarne le ragioni, rappresentate da una missiva di Lucius Malfoy al figlio.

«Hermione, si risolve tutto in una sola domanda: tu vuoi credergli?»

«Fino a quella lettera non ho avuto ragione di dubitare della sua sincerità», ammise lei con un sospiro.

«Perciò cosa ti frena dall'essere con lui ora, invece di trascorrere il pomeriggio con me? Non che mi dispiaccia, chiaro», le sorrise.

Hermione ricambiò, poi si imbronciò nuovamente. «Quel foglio scritto. Harry, conosci il valore che do alle parole su carta.»

«Ed è maggiore di quanto hai pensato di lui e provato con lui nel tempo passato insieme?»

Lei rimase in silenzio, mentre ponderava il quesito, e abbassò gli occhi verso un bracciolo della poltrona in cui si era accomodata. Aveva pensato di lui che anche la vecchia pietra poteva essere spezzata da un materiale più duro e aveva provato con lui la coinvolgente facilità di nuove interazioni, costruite su quelle schegge, che non graffiavano più. Lui le aveva raccolte solo per farle da parte o per impiegarle in tocchi gentili e misurati, che non le erano mai parsi artefatti, ma guidati solo dalla spontaneità di riscoprirsi insieme.

«Hermione», continuò il giovane Auror, «io ti ho vista negli ultimi mesi con Ron e tu non stavi più bene in quel rapporto. Siete i miei migliori amici e vorrò sempre bene a entrambi, però non funzionavate più come coppia. Al contrario, mi sei sembrata serena ultimamente e, per quanto trovi incredibile ammetterlo, il merito è anche di Draco Malfoy, e devi trovare la tua felicità in chi desideri. Perciò, dimmi, mentiva quando ti faceva stare così? Perché se la tua risposta è sì, vado a cercarlo immediatamente, e con la bacchetta in mano!»

La donna finalmente rise, liberandosi dell'aura di dubbio che ammantava la sua mente, perché sapeva per certo con chi voleva provare a inseguire quella felicità. «Non ce ne sarà bisogno. Innanzitutto perché so difendermi da sola, e poi perché Draco non mi ha raggirata. Non è possibile che fosse tutto un inganno», constatò, scuotendo la testa, la voce ferma, il tono di assoluta convinzione. Non poteva esistere attore così bravo, quando al calare della sera si abbassava anche ogni maschera indossata in pubblico, quando a essere spogliati non erano solo i corpi. «Avevo solo necessità di un momento di più per capirlo da me.»

Harry fu rassicurato dal nuovo corso dei suoi pensieri. «A quanto pare le persone possono maturare», riconobbe. Non le avrebbe dato modo di intendere il frammento di scetticismo che ancora scalfiva i suoi, consapevole che solo il futuro gli avrebbe potuto provare di essere completamente nel torto. Se l'amica aveva intenzione di dare una possibilità a quel futuro, lui l'avrebbe colta accanto a lei – anche a costo di testimoniarlo davanti a un altare, se si fosse arrivati a tanto.

«Draco sì», rispose semplicemente.

«Io ho notato qualcosa in lui, quando ho seguito i processi dei Mangiamorte. Altrimenti pensi che avrei permesso che ai Malfoy fosse risparmiata una condanna ad Azkaban?», le confidò. Non gliel'aveva mai detto, non aveva mai ipotizzato che un giorno le sarebbe importato.

Hermione annuì. «È una persona diversa oggi. Con me, soprattutto.»

Harry si schiarì la voce e parlò rivolgendo lo sguardo imbarazzato verso la parete chiara, sulla quale erano appese foto magiche della sua famiglia: «Sarà meglio per lui.»

«Oh, Harry», si mise in piedi per farsi accanto a lui e stringerlo a sé, «grazie per essermi stato vicino e per essermi amico sempre.»

«Sempre», confermò lui impacciato, riversando in quell'abbraccio l'affetto immutato negli anni. Era nato quando avevano affrontato un Troll, era sempre lì quando se l'erano vista con i Mangiamorte e con Voldemort persino, minacce ben più grandi del semplice Draco Malfoy.

Quando si separarono, la strega restò seduta al suo fianco sul divano del salotto di casa Potter, scostando, per farsi spazio, un Boccino di peluche che doveva essere di James.

«Mi domando se sarai ancora così sorridente dopo aver saputo della proposta a cui mi ha accennato oggi il Ministro.»

Hermione aggrottò le sopracciglia: «Cosa intendi?»

«Si è pensato di realizzare per l'Atrio del Ministero un monumento in memoria dei caduti della Seconda Guerra Magica e il Ministro vorrebbe che fossimo noi tre a inaugurarlo. E so bene che non ti piace essere al centro dell'attenzione», ridacchiò il mago.

«Infatti! Dobbiamo proprio?», scherzò, con tono lamentoso.

«Sono gli onori che derivano dal salvare il Mondo Magico», Harry stette al gioco.

Hermione pensò alla faccia che avrebbe avuto Draco quando avrebbe sentito dell'ennesima celebrazione delle sue gesta, covando segretamente una gelosia infantile, lui che non aveva mai fatto mistero di apprezzare di essere oggetto di premure e omaggi.

Essere in una figurina è sempre stato il mio sogno d'infanzia!

Contava sul fatto che non sarebbe mancato all'evento in questione, spettatore silenzioso nella folla, applaudendo il coraggio delle azioni che le erano valse tali pubblici riconoscimenti. Lei li avrebbe accettati con umile orgoglio, certa anche del fiero appoggio e dell'approvazione di lui, del tutto insperata anni prima.

I tuoi successi da allora dimostrano la vittoria del merito sull'eredità.

E, in ultima analisi, ci avrebbe pensato lei a cancellare con i suoi baci ogni suo faceto tentativo di protesta.

«Ma, tranquilla, ci vorranno ancora settimane per l'approvazione del progetto definitivo, la sua realizzazione e l'organizzazione della cerimonia di inaugurazione: avrai tutto il tempo per abituarti all'idea.»

Avrebbe adorato l'idea.








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Note:
La Giratempo posseduta illegalmente da Nott esiste in Harry Potter e la Maledizione dell'Erede e ho pensato che Lucius potesse esserne venuto a conoscenza da lui, ipotizzando un rapporto almeno di stretta conoscenza, tra due famiglie di Purosangue e di Mangiamorte. A differenza dell'opera teatrale, io non ho mai voluto che fosse utilizzata: non amo affatto il tema dei viaggi nel tempo e le distorsioni del passato, perciò in questa storia è finita al sicuro in custodia all'Ufficio Misteri.
Il gufo dei Malfoy che porta la lettera di Lucius per Draco, che Hermione non riconosce, si aspetta insistentemente del cibo da lei perché lei stessa gliene aveva offerto un po' in occasione del loro primo incontro, nel secondo capitolo, e si sa come sono gli animali con chi li ricompensa con qualcosa di buono da mangiare.
Non sono sicura che nel Mondo Magico i gufi possano consegnare delle lettere su cui non è indicato mittente o destinatario, come nella lettera di Lucius per Draco in questo capitolo: mi sono permessa di immaginare che riuscissero a farlo per messaggi informali, tra due maghi che si conoscono bene e si scrivono spesso, come parenti e amici stretti.
La questione della statua nell'Atrio del Ministero della Magia è citata nel terzo capitolo e non mi è sembrato improbabile che il Ministro potesse ipotizzare un omaggio del genere verso Harry, Hermione e Ron, visto il loro contributo nella Seconda Guerra Magica.

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