Capitolo III

Attorno a sé Hermione vide le fiamme di un intenso verde smeraldo, attivate dalla manciata di Polvere Volante che aveva gettato nel camino, lambire il suo corpo senza arrecarle danno. Pronunciò la sua destinazione sillabandola accuratamente: «Ministero della Magia», e giunse nel vasto atrio per l'ingresso dei dipendenti. Le dimensioni dell'ambiente le sembravano ancora più imponenti siccome la statua eretta quando il Ministero era guidato da Pius O' Tusoe, e di fatto controllato da Voldemort, era stata rimossa, lasciando uno spazio temporaneamente vuoto perché erano ancora in corso nella comunità magica le discussioni sul monumento da erigere in sostituzione. Perlomeno era grata di non trovarsi dinanzi, al principio e al termine di ogni giornata lavorativa, l'immagine ignobile di un mago e una strega troneggianti sui Babbani ai loro piedi, che l'aveva riempita di orrore a prima vista, durante la ricerca degli Horcrux con Harry e Ron.

«Ron, tu non mi ascolti mai. Anche adesso che sono qui a parlarti di noi con il cuore in mano, senti le mie parole, ma la tua testa è altrove. Sono meno interessante di assaggiare Crostatine Canarine o Mou Mollelingua?»

Nonostante la sgradita sensazione dello stomaco stretto in una morsa, si era sforzata di consumare la sua colazione solitaria quel mattino, nella casa in cui echeggiava un silenzio reboante, ripromettendosi di avere riguardo almeno del suo corpo, malgrado l'instabile presente delle sue emozioni.

«Non ti preoccupi di come sto, di cosa provo, se mi sveglio ancora la notte per gli incubi o trasalisco alla vista di un cappuccio nero per strada. Questa guerra l'abbiamo vissuta insieme, ma ne sono uscita da sola. La tua insensibilità mi ferisce più di un Maleficio. Eppure io invece ti sono stata accanto nel momento più duro, dopo Fred.»

Si prese un attimo per osservare intorno a sé il consueto spettacolo che accoglieva ogni visitatore del Ministero: maghi e streghe che camminavano con passi affrettati verso la vigilanza, per l'identificazione e i controlli previsti dalle procedure di sicurezza, prima di proseguire spediti verso la loro destinazione. Convenevoli, disposizioni e reprimende scambiati tra dipendenti costituivano un vociare indistinto che cresceva d'intensità a ogni nuovo arrivo e lei, diventata ormai parte integrante di quel quadro affollato, non ne era nemmeno più colpita.

«La tua indifferenza gela ogni mia premura. Ci ho provato così a lungo, ma ne ottengo solo la consapevolezza di non riuscire neanche a scalfirti.»

Ricambiò la stretta di mano di un collega e lo ringraziò per l'apprezzamento mostrato riguardo il suo operato contro le pratiche discriminatorie nella comunità magica perché, le disse, anche i suoi genitori non erano maghi.

«Io non mi sento compresa, supportata, stimata. Non c'è equità in questa relazione. Non posso più impegnarmi da sola.»

Un promemoria volante sfrecciò vicino a lei, in un'inafferrabile scia viola, mentre avanzava verso gli ascensori.

«Come posso ancora starti accanto, se schivi ogni mio avvicinamento?»

Ne individuò uno libero, augurò il buongiorno ai dipendenti che vi entrarono con lei e scese al nono livello per recarsi a consegnare all'Indicibile di turno i fascicoli riservati relativi all'ultima inchiesta che aveva portato a termine, che dal suo Ufficio diventava di competenza dell'Ufficio Misteri.

«Ronald, tra noi è finita.»

Poi ritornò al suo piano e alla sua quotidianità.

***

Hermione riempì le lunghe ore e le eterne giornate successive delle abitudini a cui si era aggrappata e del silenzio che ottenne evitando tutte le persone a lei care. Avrebbe potuto definirla una monotonia grigia, ma quello divenne il colore più acceso che vide, nello sguardo di Draco Malfoy, che l'aveva scrutata al di là delle consuetudini con cui si era fatta ombra.

«Granger, stai bene?»

«Sì», annuì con prontezza. «Tu?», ricambiò l'interessamento per un automatismo che derivava solo dall'educazione.

Lui studiò più attentamente il suo viso, stringendo le palpebre. «Se fossi deliziato da chiacchiere vuote, mi intratterrei con mia madre e le sue amiche per il tè.»

La risposta di Hermione fu la prima risata da giorni, nei quali si era sottratta a ogni conversazione che andasse oltre i convenevoli, e percepì quel suono cristallino, ma ancora fiacco, come se fosse un verso estraneo.

«Li ho letti i giornali, sei un argomento popolare. Perciò, stai bene?», ripeté, con un interesse che pareva assolutamente autentico.

Hermione era fuggita da ogni cosa che potesse rammentarle quanto si era appena concluso nella sua vita, che fossero i pettegolezzi nei quotidiani e nelle riviste a cui era abbonata oppure gli amici comuni genuinamente preoccupati. Ma scoprì in quell'istante che non avvertiva alcun male nell'udire porre lo stesso quesito da Draco Malfoy, il quale semplicemente non era stato testimone dell'inizio di ciò a cui lei aveva messo fine. Decise che nei giorni successivi avrebbe provato a non evitare lui, tanto per cominciare, e avrebbe ritrovato la serenità per ricominciare a restituire l'affetto dei suoi amici con autentica partecipazione.

«Starò bene», rispose, e ne era convinta.

***

«Per quanto cupa e triste, non puoi stare peggio che dopo l'attacco di un Dissennatore, perciò prendi del cioccolato.» Draco rimarcò il punto porgendole la mano nella quale teneva l'incarto di una Cioccorana.

«Non sono di umore cupo», ribatté con scarsa convinzione.

Lui si limitò a inarcare un sopracciglio, in risposta.

Hermione piegò le labbra in su in maniera innaturale, determinata a contraddirlo. «Soddisfatto?»

Malfoy scosse la testa, divertito. «Non particolarmente.»

«E poi, non mangio molto cioccolato. I miei genitori mi hanno sempre raccomandato di non esagerare con i dolcetti, perché sono dentisti», spiegò.

«Scusa?»

«Lavorano come dentisti.» Hermione si affrettò a chiarire, davanti al suo sguardo comprensibilmente perplesso. «Come i Medimaghi, si prendono cura della salute delle persone. Nello specifico si occupano di denti, utilizzando diversi strumenti e luci...» Non sapeva come meglio illustrare cosa facessero i suoi a una persona che non aveva mai avuto alcuna familiarità con il mondo dei Babbani.

«Sembra inquietante», commentò, ma non pareva che avesse del tutto inteso di cosa si trattasse, infatti.

Hermione rise. «Lo è anche per la maggior parte dei Babbani, in effetti.» Poi allungò la mano per prendere la Cioccorana che lui le aveva offerto. Strappò l'involucro e fu svelta nel metterla in bocca, prima che il dolce scappasse via saltellando. Lo ringraziò e gli porse la figurina che aveva trovato all'interno, senza guardare quale mago o strega celebre raffigurasse. «Le collezioni?», domandò. «Io non ho mai iniziato.»

«Ovvio. Da bambino ero arrivato ad averle quasi tutte, ora non saprei dove siano finite.» Prese la figurina che lei aveva trovato, la guardò e prese a sogghignare. «Sul serio?»

Hermione gli rivolse un'occhiata interrogativa.

«Sei nelle figurine delle Cioccorane?» Draco giustificò la sua reazione stupita.

«Oh, sì.» Si avvicinò al braccio dell'uomo fino quasi a percepirne il calore, sotto i vestiti, per sporgersi a osservare la figurina che lui teneva nel palmo. «Non mi ero ancora mai vista, è una cosa recente. E come ho detto, non mangio molta cioccolata», raccontò con tono leggero.

«Essere in una figurina è sempre stato il mio sogno d'infanzia!», protestò lui, scuotendo la testa, con un'espressione comicamente incredula, mentre leggeva la breve descrizione che accompagnava la sua immagine. Subito dopo, questa sparì.

«Sono già fuggita!», Hermione ridacchiò.

Draco si voltò per guardarla in viso e, quando parlò, la sua voce si era fatta più roca: «No, per fortuna no.» Era scomparso invece l'ingiustificato livore e l'assurdo disgusto adolescenziali, da parte di lui, demoliti a forza di discorsi nuovi.

La strega abbassò gli occhi e intuì di essere arrossita. «Poteva anche andarti peggio: avrei potuto regalarti la figurina di Harry», disse, sicura di evocare una sua risposta scandalizzata, che l'avrebbe distolta dalla tensione che aveva accumulato, in un punto incerto del suo petto.

«Per Merlino, no!»

***

Hermione aprì la porta del suo ufficio con aria moderatamente indispettita per l'interruzione.

«Buon pomeriggio, Granger. Fammi entrare, per favore, non è moralmente corretto da parte tua tenere per te l'unico posto silenzioso di tutto il chiassosissimo Ministero.»

Draco parlò con un cipiglio di perfetta indignazione, al quale lei replicò ridacchiando dei suoi fastidi. «Hai provato con Silencio

«Praticare la magia su colleghi inermi? Perfido! Geniale.»

«Io disapprovo, ma immaginavo avresti apprezzato il suggerimento.» Poi aggiunse: «Mi dispiace, ma non posso proprio ospitarti al momento, sto lavorando.»

«E va bene. Ma potrei tornarci più spesso», la avvertì. «Mi piace questa quiete», sorrise. Avrebbe voluto prolungarla in ogni istante in cui era distante dai suoi occhi – limpidi, mai più sospettosi, fresca brezza nel clima opprimente che il suo cognome si trascinava dietro.

«Quando vuoi.»

***

«Qual era la tua fiaba preferita da bambino?»

Sfioravano con la vista e con il tatto le pergamene fittamente scritte che Hermione aveva dispiegato sulla sua scrivania, seduti l'uno accanto all'altra, le spalle prossime a toccarsi. Lei gli stava illustrando il piano dell'opera, le nuove traduzioni dei racconti di Beda il Bardo che aveva realizzato, seguite dai commenti privati del professor Silente che aveva accuratamente selezionato e verificato. Lui la ascoltava, concentrato non solo sulle sue parole.

«Mi affascinava l'astuzia di Baba Raba e la sua abilità di Animagus. E naturalmente ero assolutamente deliziato dal finale in cui lei riesce a prevalere sullo sciocco re Babbano e sul ciarlatano alla sua corte.»

«Naturalmente», sottolineò Hermione.

Malfoy la guardò con un'espressione neutra. «Granger, io sono cresciuto così.»

«Lo so. L'ho sempre saputo», riconobbe lei. «Ma per fortuna nulla è immutabile e siamo infinitamente più malleabili della pietra.»

«Ci sto provando.» Draco pronunciò quelle parole a mezza voce, contemplando nel mentre solo i molteplici caratteri di inchiostro nero. Avrebbe voluto che lei scorgesse ogni suo sforzo, nel disegno intricato che erano i suoi gesti.

La mano di Hermione si mosse con un fruscio sulla carta ruvida per posarsi sulla sua. «Lo vedo, ora.»

Draco si voltò a scrutarla per un istante infinito, nel quale lei trattenne il fiato, improvvisamente del tutto consapevole della effimera prossimità dei loro corpi. Fu lei a distogliere lo sguardo, cominciando a raccogliere tutte le pagine e a riordinarle meccanicamente.

«Penso che, dopo un'ultima revisione, questo volume sia pronto per arrivare in libreria», concluse Hermione, soddisfatta.

***

Il Ghirigoro era gremito di maghi e streghe, eccitati e rumorosi, seduti nelle sedie disposte ordinatamente nella sala e in piedi addossati agli scaffali pieni fino al soffitto, richiamati dalla presentazione della nuova traduzione de Le Fiabe di Beda il Bardo a opera della famosa Hermione Granger. Il libro era in mostra in vetrina in un espositore dorato, come indubbio nuovo best seller, con sommo gaudio della proprietaria della libreria, che era già andata a congratularsi con l'autrice di quello che aveva definito un successo assicurato. Hermione l'aveva ringraziata brevemente per i complimenti e poi si era costretta a inspirare profondamente per tentare di placare l'agitazione che l'aveva colta alla vista della folla giunta a Diagon Alley solo per lei. Si era fatta coraggio ricordando ogni misurata parola di elogio contenuta nella lettera ricevuta il giorno prima dalla Preside McGranitt, con cui la Professoressa aveva risposto al volume speditole in anteprima, assieme alle carte di appunti del Professor Silente da restituire agli Archivi di Hogwarts.

Quando entrò nell'ambiente preparato per l'evento immaginò di trovarsi di nuovo a scuola durante gli esami di fine anno, con il pubblico come severo giudice: lo affrontò con la stessa determinazione, cominciando a parlare, dopo essersi accomodata al suo posto. Dibatté dell'esigenza di una nuova traduzione dalle rune delle fiabe, dell'autorevole commento aggiunto a ognuna, di tutto il lavoro che l'aveva impegnata in quei mesi. Quando ritenne di essere più tranquilla si permise di scrutare tra la folla: individuò Harry in prima fila, che la supportava con un sorriso affettuoso, accanto a sua moglie Ginny – come si aspettava, l'unica chioma rosso Weasley presente. Vide colleghi del Ministero, amici, conoscenti, sconosciuti richiamati solo dalla sua celebrità e Draco Malfoy che la fissava imperturbabile. Per un attimo infinitesimale non seppe quale parola infilare in successione, quindi tornò a concentrarsi solo sul suo discorso, guardando tutti e nessuno. Ultimò la presentazione, soddisfacendo le domande nate dalla curiosità dei lettori, grata che fossero inerenti al tema dell'incontro e non si addentrassero ineducatamente nella sua vita privata, a lungo chiacchierata settimane prima. Salutò tutti coloro che le si avvicinarono, strinse mani ed elargì sorrisi e infine, solo quando il negozio era ormai nuovamente poco frequentato e tutti i partecipanti usciti, si diresse verso l'uomo che l'aveva attesa in disparte per tutto il tempo.

Malfoy la guardò fisso in viso, mentre lei camminava verso di lui, e si complimentò per il suo intervento brillante a bassa voce, quando lei fu a una distanza tale da essere l'unica a sentirlo.

«Grazie per essere venuto», gli sorrise timidamente.

Lui rispose solo con un cenno del capo, mentre i suoi occhi grigi si attardavano a rimirare le sue labbra. Poi la sua mano si allungò incerta verso il suo braccio, lasciandole la possibilità di ritirarlo in ogni momento. Hermione non lo fece e, quando lui lo afferrò e la tirò con sé in un unico movimento tra due stretti scaffali in ombra, non oppose alcuna resistenza. Lui spinse le sue labbra sulle sue con l'urgenza che si leggeva nel suo sguardo torbido. La baciò tra l'odore di pergamena nuova e inchiostro secco, scrivendole sulla bocca il suo desiderio, addossandola a un ripiano colmo di tomi di ogni foggia, stringendola a sé con una mano sulla sua schiena e una tra i suoi capelli confusi. Hermione realizzò di aver ricambiato il suo bacio con lo stesso trasporto e la stessa irruenza, stringendogli possessivamente il viso tra le mani, aprendo istintivamente la bocca in risposta alla sua lingua che le carezzava le labbra, solo nell'attimo in cui lui si staccò da lei per parlarle.

«Andiamo via», la pregò. Rimarcò la sua richiesta baciandola di nuovo, più teneramente, centellinando il bisogno che le aveva mostrato per concederle i secondi necessari a elaborare una replica, senza tuttavia farsi neanche un centimetro più distante, imponendole il suo profumo e il suo respiro.

La strega gli posò un palmo sul petto, spingendolo dolcemente, e lui si allontanò subito quel che bastava per poterla vedere in volto. Quindi lei annuì semplicemente, affannata, lo prese per mano e si Smaterializzò con lui.

Lo condusse nel suo soggiorno e lui si guardò sommariamente in giro per identificare l'ambiente nuovo in cui si trovava, poi il sopraggiungere della consapevolezza che lei si fosse fidata al punto da invitarlo in casa propria lo infiammò, se possibile, ancora di più. Si tuffò sulla sua bocca e la prese tra le braccia, portandola a inarcare lievemente la colonna per assecondare il suo impeto ed esacerbare la prossimità dei loro corpi. Una mano di Malfoy strinse e stropicciò il tessuto leggero della camicia che lei aveva scelto quella mattina per sentirsi più sicura di sé, con un aspetto professionale davanti allo specchio, a dispetto della stravagante moda dei maghi; lui non ne stava avendo cura, avvertiva la stoffa sottile come un intralcio, la tirò fuori dai pantaloni per poter saggiare il calore della pelle del suo addome e imprimere le dita nella carne cedevole del suo fianco. Hermione fu percorsa da un brivido, che lui lesse come un incoraggiamento a raggiungere il primo bottone e poi i successivi e toglierle l'indumento, che lasciò cadere con noncuranza sul pavimento.

Si sottrasse alla sua occhiata bramosa mostrandogli la schiena quasi del tutto denudata e dirigendosi verso la camera da letto, certa che lui l'avrebbe seguita. Si fermò quando le sue ginocchia toccarono il materasso e lui fu immediatamente dietro di lei, ad aprire la chiusura del reggiseno e a scostarle i capelli dal lato destro del collo, dove posò lievi baci e delicate carezze. Si prestò con abbandono al suo tocco, alzando un braccio all'indietro per infilare le dita nella sua chioma bionda, mentre il basso ventre di lui premuto contro di sé le indicava quanto coinvolgente fosse il desiderio in lui. La donna palesò lo stesso, girandosi e sbottonando i pantaloni che lui indossava, facendoli scivolare sulle gambe tornite. Il mago la agevolò chinandosi a rimuovere anche le scarpe e, nel riportarsi alla sua altezza, si soffermò sulla pelle di lei, sul petto a malapena coperto. Prima che le sue dita raggiungessero le spalline del reggiseno per toglierglielo del tutto, lei gli aprì rapidamente la camicia, rivelando la muscolatura tesa del suo addome e l'incavo perfetto alla base della gola dove si apprestò a imprimere un bacio, mentre raggiungeva i lembi del capo di vestiario per farglielo scendere lungo le braccia. Ma l'uomo la distolse dal suo proposito prendendole le mani e poi affrettandosi a correggere la sua reazione brusca con un bacio che non lo era affatto. Fu nello smarrimento della deliziosa distrazione delle loro lingue che si muovevano insieme che Hermione realizzò che poteva esserci un solo brutto motivo per il quale lui poteva non volere scoprire le braccia. Quindi si interruppe e sollevò le palpebre per guardarlo sicura, mentre poneva una mano sul cotone che celava il suo avambraccio sinistro. Lui seppe che aveva capito la ragione della sua ritrosia e si abbandonò con un sospiro dimesso al suo tocco, con il quale lei finalmente lo svestì. Hermione non poté impedirsi di correre con gli occhi sul Marchio Nero che deturpava l'epidermide pallida. Le sue dita si posarono sul candore macchiato da quel disegno oscuro, tracciandone delicatamente i contorni sbiaditi, studiandone l'odiato significato. Probabilmente il ragazzo, per compiacere le aspirazioni con cui gli adulti della sua vita l'avevano cresciuto, l'aveva voluto, o aveva creduto di volerlo, ma l'uomo davanti a lei si era ravveduto e ne comprendeva l'assoluto senso di schiavitù e crudeltà che rappresentava. Quindi, conscia come non mai dello sguardo incerto di lui su di sé, che le urlava silenziosamente il suo bisogno di essere accettato, persino da una come lei, o soprattutto, lo baciò sulla bocca muta, mentre ancora il suo palmo percepiva il calore del suo arto, a placare la tensione accumulata in quel simbolo, e gli sussurrò direttamente sulle labbra dischiuse: «Non c'è niente di sporco in te.»

Quella frase animò il suo volto di trionfo e i suoi lombi di urgenza. Finirono immediatamente distesi sul letto, su cui lui l'aveva spinta con poca grazia.

«Stai bene?», le chiese, preoccupato di averle fatto male con quel movimento disattento.

"Li ho letti i giornali, sei un argomento popolare. Perciò, stai bene?"

"Starò bene."

Hermione sorrise noncurante e ritornò tra le sue braccia dove, finalmente, sentiva di stare bene.

Restò sdraiata sul dorso, con lui sopra di lei, mentre si dedicavano a baciarsi e a rimuoversi a vicenda gli indumenti che ancora portavano, con imprecisa impetuosità.

Lui fece per voltarla, ma la strega non intendeva sottrarsi al suo sguardo, offuscato dalla passione che i loro corpi condividevano reciprocamente. «No, guardami», gli disse. «Io sono ancora la stessa Sanguespo-...»

La bocca di Draco si affrettò sulla sua per interrompere le sue parole, assaporandone a lungo la morbidezza, quindi percorse con ponderata calma ogni curva del suo seno, provocandole sospiri di struggente attesa, prima di bisbigliare sul cuore che batteva agitato: «Non c'è niente di sporco in te.»

Le provò ulteriormente che non aveva alcuna remora a unirsi a lei, preparandola con tocchi studiati e minuziosi tra le gambe. Quando alzò la testa, fissandola intensamente, lei vi notò solo puro desiderio e un'ombra di qualcos'altro che non seppe distinguere. Fu sempre mostrandole il suo viso vivido di cupidigia che scivolò in lei. Hermione lo tirò più vicino a sé, nel muoversi con lui, scoprendo che in quel posto anche la sua anima traboccante di curiosità e di interrogativi trovava ristoro.








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Note:
Harry, Ron e Hermione vedono la statua "La magia è potere" nell'atrio del Ministero della Magia quando vi si recano per recuperare il medaglione di Serpeverde che era in possesso di Dolores Humbridge. La statua rappresentava un mago e una strega seduti su troni fatti di corpi di Babbani, perciò mi sembra molto probabile che sia stata rimossa dopo la morte di Voldemort, anche se non mi risulta che J.K. Rowling si sia mai pronunciata sulla questione.
Le Crostatine Canarine e le Mou Mollelingua, che Hermione cita nella discussione con Ron, sono due dei prodotti venduti nel negozio Tiri Vispi Weasley.
"Cupa e triste" è un piccolo omaggio a Meredith Grey, protagonista di Grey's Anatomy.
Il fatto che Hermione Granger sia stata aggiunta alle figurine di maghi e streghe celebri nelle Cioccorane, così come Harry e Ron, è stato rivelato da J.K. Rowling successivamente alla fine della saga.
Quando nella fanfiction gli viene chiesto quale fosse la sua fiaba preferita, Draco cita Baba Raba e il Ceppo Ghignante e il suo finale; anche questa, come le fiabe citate nei capitoli precedenti, si può leggere in Le Fiabe di Beda il Bardo.
Riguardo al Marchio Nero sul braccio di Draco, che ho descritto come sbiadito: nei ricordi di Severus Piton visti nel Pensatoio in Harry Potter e i Doni della Morte, questi racconta ad Albus Silente come, durante la nuova ascesa di Voldemort, il suo Marchio e quello di Igor Karkaroff stiano diventando più scuri, segno del fatto che il Signore Oscuro sta riacquistando le forze. Perciò, dopo la guerra, con la sua morte, ho considerato verosimile che fosse ormai sbiadito, ma sempre indelebile.

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