Regola n.42: le regole le faccio io


Il tocco ruvido e calloso di Zakhar mi accarezzò la nuca con una dolcezza inaspettata. «Forza.» sussurrò, tenendomi i ricci nel pugno, mentre io prendevo un altro paio di respiri e poi sentivo di nuovo lo stomaco contrarsi con violenza.

Mi curvai ancora in avanti e vomitai, stringendo forte le dita intorno all'orlo di porcellana del mio vaso da notte. Lo spasmo mi fece tremare forte, ma il Falco mi tratteneva fra le sue mani e mi accarezzava le spalle in maniera tranquillizzante. 

«Mai più... stupido Alpha...» ansimai, pulendomi le labbra col dorso della mano e appoggiando la fronte imperlata di sudore contro il bordo freddo del vaso. Con la coda dell'occhio, lo vidi sorridere con aria malevola, come se trovasse tutto molto divertente. 

«Sai, ho sentito dire che hanno inventato una specie di guanto in gomma di caucciù che può essere indossato sul pene.» esordì, senza smettere di mostrare l'espressione di chi ne sapeva una più del diavolo. «La prossima volta potremmo tentare, invece di farti subire tutto questo...» Gli occhi eterocromatici  mi scandagliarono dall'alto in basso, intendendo la mia brutta cera con "tutto questo".

«Ho detto: mai... bleargh!-» Un'altra scarica mi fece piegare sulla tazza per vomitare l'anima, fin quando non rimase dentro di me proprio più nulla e non restò altro che bile a graffiarmi la gola.

«Riprendi fiato.» mi consigliò il corvino, le dita aperte che scorrevano fra i miei riccioli come una spazzola, disseminando lenti brividi di piacere, che calmavano almeno un po' il mio malessere generale. Mi ritrassi dal vaso da notte e, col naso libero dalla puzza di vomito, presi un profondo respiro per ripulirmi i polmoni.

Mi chiesi come facesse Zakhar a non avere la nausea, visto che i suoi sensi erano più sviluppati di miei. Ancora respirando, lo osservai di sottecchi: mi guardava con attenzione e una malcelata premura sotto alla maschera da eterno antagonista criminale. Sembrava che ci tenesse davvero a me. «Va meglio?»

Annuii e lasciai che mi aiutasse a rimettermi in piedi, accompagnandomi fino ad una ciotola piena d'acqua fresca. Mi pulii la bocca, mi sciacquai la faccia e mi lavai i denti con stecche di liquirizia, masticando foglie di menta per scacciare definitivamente l'acre sapore di vomito. Alla fine, lasciammo il bagno e ci sistemammo entrambi sul mio letto. 

Zakhar si sedette con la schiena contro la testiera, lasciandomi appoggiare il viso sulle sue gambe. Mi tamponava la fronte con un panno pieno di ghiaccio, senza smettere di accarezzarmi i capelli. Era davvero un palliativo per i miei disturbi: i crampi alla pancia si erano calmati, il martellante mal di testa era diminuito, così come le vertigini. Anche il sangue dal naso aveva smesso di uscire fuori e, pian piano, riacquistavo colorito. 

«Odio la malasorte. La odio. Preferisco rimanere gravido, piuttosto che prendere quella robaccia ancora una volta.» ansimai, stropicciandomi gli occhi con i pugni chiusi. Avevamo passato troppo tempo a sollazzarci nelle prigioni sotterranee, per colpa del mio calore, perciò era diventato troppo tardi per prendere una pillola del giorno dopo. «Abortire fa schifo.»

«Ma è necessario, molte volte.» rispose il Falco, curvando il viso per guardarmi. Smise di tamponarmi la fronte per percorrere con la punta delle dita, callose, rovinate da chissà quanti combattimenti, la curva delle mie sopracciglia. «Ed è anche un bel privilegio. Pensa a tutti quegli Omega che non possono permettersi di comprare la malasorte, o di sottoporsi ad un'operazione. O quelli che sono costretti a dare alla luce un bambino che non vogliono.» 

Quanti Omega venivano usati come macchine per procreare? Era peggio, molto peggio delle bestie: in fondo gli spiriti animali erano venerati e rispettati, al contrario degli Omega come me. Chissà quante cose orribili come quelle succedevano nel Formicaio, cose che io non ero ancora riuscito a fermare.

«Hai ragione. E' una fortuna che Ymir sia riuscita a procurarmi le pillole di malasorte. Dubito che mia madre sarebbe stata d'accordo... Probabilmente mi avrebbe costretto a dare alla luce un bambino e poi l'avrebbe dato via, chissà a chi.» Strinsi le labbra. «Mi manca la mia vecchia scorta. E' stata cacciata, nonostante tutto quello che ha fatto per me.» Si era sottoposta ad un grosso rischio, passandomi sotto banco il veleno per abortire. 

Sapevo che, se ne avesse avuto l'occasione, mi sarebbe stata vicino, almeno dopo aver preso la malasorte per la prima volta. Invece avevo dovuto affrontare tutto da solo. Adesso, almeno, c'era Zakhar con me. «Grazie... Per essermi vicino. Non avrei potuto affrontare gli effetti collaterali della malasorte da solo, non anche stavolta.» sussurrai, con sincerità. 

L'Alpha mi sorrise, alzando il sopracciglio. «Lo sai, abbiamo fatto sesso in due. E anche se alla mia specie di solito non piace prendersi le proprie responsabilità, io cerco di farlo. La maggior parte delle volte.»

Mi misi a ridere. «Tu? Il fuorilegge responsabile?» Continuai a ridacchiare, mentre lui rideva con me. 

«Ho promesso a qualcuno di diventarlo, tempo fa, perciò eccomi qui.» disse, esaurendo la risata, per guardare con un fare assorto - nostalgico quasi - verso il davanzale del mio balcone. Sorprendente. Non aveva mai parlato di lui, prima d'ora, e custodii quella confidenza come se fosse un regalo inaspettato. 

«E' per questo che mi stai proteggendo e aiutando?» domandai, curioso. «Per la promessa che hai fatto?» Chissà chi era questo qualcuno. Che fosse un vecchio amante? Il mio cuore sperava proprio di no. 

Uno sbuffo di risata, esalato dalle narici e a labbra strette, interruppe il corso dei miei pensieri. «Devo rinominarti "principe dei curiosi?"» sogghignò, scuotendo la testa per liquidare l'argomento. «Comunque, adesso che stai meglio, devo parlarti della conversazione che ho avuto stamattina con tua madre, mentre dormivi.»

Mi drizzai a sedere, allontanandomi dalle sue gambe per affrontarlo faccia a faccia. Aveva un'espressione troppo seria, quasi infastidita. «Che succede?» Non ci avevano scoperto, vero? Il cuore iniziò a galoppare per il panico. «Hanno scoperto chi mi ha drogato il cibo con le pillole per indurre il calore?» Magari si trattava di una notizia positiva.

«No, non lo sanno.» Si strinse nelle spalle. «Piuttosto, la Regina ha parlato con gli Alpha che si sono ritrovati coinvolti nel caos del banchetto. Credo che abbia risolto privatamente con tuo zio, abbiamo parlato invece dei tuoi corteggiatori.» 

Sgranai gli occhi, sentendo la speranza montare dentro di me. «Oh spiriti. La gara di corteggiamento è saltata? E' tutto finito? Non sposerò nessuno?!» parlai a raffica. «Mia madre li costringerà a lasciare il regno dopo avermi dato tutte le loro scuse??»

Zakhar contrasse la mascella, con un'espressione inaspettatamente infastidita. «No, Taye. Affatto.» Il mio buon umore si sgonfiò come un pallone bucato. «Non sono stati loro a scusarsi.» Fece una pausa. «E' stata tua madre... Tua madre si è scusata con loro per quello che è successo e li ha pregati di chiudere un occhio sulla faccenda, promettendo in cambio di lasciarti passare una giornata con ognuno di loro.»

«CHE COSA?!» Saltai giù dal letto per alzarmi in piedi, furioso, ignorando la vertigine che mi colse. «Ma non ha nessun senso! Sono stato io ad essere drogato e assalito dalla maggior parte di loro. Sarebbero stati pronti ad aggredirmi e... e... violentarmi. Non è possibile! Non è giusto! Sono... sono io la parte lesa!»

«Lo so.» Il Falco sospirò. «Però è quello che succede la maggior parte delle volte, quando qualcuno viene aggredito, molestato o... stuprato. Si biasima la vittima e si giustifica l'aggressore. "E' colpa sua, non doveva vestirsi così. Non doveva sorridere. Non doveva ricambiare lo sguardo."» ripeté, come se conoscesse quel copione a memoria, mentre stringeva i pugni, rabbioso. «E' molto più facile credere ad un Alpha o un Beta che ad un Omega, non importa che si neghi l'evidenza.»

«No.» Lacrime di collera e frustrazione mi scorrevano sulle guance, mentre camminavo sui tappeti della mia stanza e stringevo i pugni fino a ficcarmi le unghie nei palmi. «Non succederà stavolta. Non permetterò ancora a mia madre di farmi questo.» Digrignai i denti, prendendo la mia decisione. Guardai negli occhi la mia anima gemella. «Zakhar, devi fare qualcosa per me.»


⚜⚜


La mattina seguente, camminavo ad ampie falcate sotto ai candidi padiglioni del palazzo, affiancato da Zakhar e da un paio di guardie che ci seguivano diversi passi più indietro. Con indosso un abbigliamento per nulla festoso, sobrio e serio, mi sentivo abbastanza pronto ad affrontare l'assemblea e ad andare contro ad ogni regola mai creata sino ad ora. 

Il giorno prima, avevo chiesto al Falco di organizzare un incontro con i miei sei contendenti. Stamattina erano stati chiamati a raccolta e, proprio adesso, mi aspettavano in una fra le tante sale riunioni del castello. Non avevo smaltito del tutto gli effetti della malasorte e sentivo la colazione ballare dallo stomaco alla gola: stavo solo pregando di non vomitare per l'angoscia, mentre ripetevo il mio discorso.

Il Falco non poteva toccarmi in nessun modo, visto che avevamo gli occhi delle guardie puntati addosso, ma percepivo la sua presenza come il conforto che mi serviva. Prima di superare le doppie porte scure, intagliate con elaborati dettagli dorati, il mio Compagno mi rivolse uno sguardo d'incoraggiamento e un cenno del capo. Era fiducioso. Io un po' meno.

Presi un profondo respiro e spalancai le porte.

Sei individui alzarono la testa all'unisono. I potenti, splendidi Alpha che avevo avuto modo di conoscere nei mesi precedenti, erano raccolti intorno al tavolo, già seduti e con una caraffa di limonata alla menta in mezzo a loro, che una serva aveva lasciato. Si alzarono in piedi ed insieme si inchinarono, come da formalità.

«Lasciateci soli.» esordii verso i servi e le guardie, che chinarono il capo per congedarsi e poi sgattaiolarono silenziosi fuori dalla stanza, finché non rimasero solo i sei, e poi io insieme a Zakhar. Qualcuno fece per parlare, ma io lo interruppi prontamente alzando la mano. «Buongiorno a tutti. Grazie per essere venuti.» 

«Questo ed altro per voi, dolce principe Taye.» sciorinò il Duca, con i suoi soliti modi eccessivamente adulatori e maliziosi. 

«Parlateci. Siamo preoccupati e curiosi di sentirvi esprimere dopo quanto successo.» aggiunse Akia, con affabile sincerità. Il Lupo Bianco mi rivolse uno sguardo penetrante, intrecciando le dita sul tavolo, senza dire una parola. 

«Cercherò di essere breve: non m'interessa che accordi avete preso con mia madre. Apprezzo gli uomini capaci di assumersi le proprie responsabilità.» ripresi a parlare. Zakhar era posizionato dietro di me, perciò non potevo vederlo, ma sapevo - sentivo - che avesse sorriso all'ultima frase. «E so bene che non è vostra la colpa se il mio cibo è stato drogato durante il banchetto. Ci stiamo impegnando per trovare il responsabile. Tuttavia, ammetto che mi sarei aspettato un maggior contegno da parte di tutti voi uomini illustri.» 

La maggior parte dei sei, interpellata, si mosse irrequieta sulla propria sedia. «Presumo non sia semplice mantenere la calma davanti ad un Omega in calore, ciò non giustifica l'orrore che avreste potuto scatenare se la mia scorta e le guardie reali non vi avessero fermato.» continuai, stringendo le palpebre in uno sguardo duro, severo. 

«Dove volete arrivare?» intervenne il principe Shun, intuendo ci fosse una ragione dietro quell'assemblea e quel discorso.

«Lo capirete presto.» Mi schiarii la voce. «Comprendete di non potermi biasimare se non sono d'accordo su quanto mia madre vi ha detto. Non devo a nessuno di voi delle scuse. Anzi, sono pronto a fare un passo indietro sul corteggiamento, perché non potrei accettare di avere un compagno incapace di farmi sentire al sicuro.» Potevo mandare tutto all'aria: me ne infischiavo delle conseguenze. «Eppure, sono disposto a chiudere un occhio e a perdonare il vostro increscioso comportamento, ad una condizione.»

Silenzio di tomba. Tutti gli Alpha in quella stanza pendevano dalle mie labbra e non aspettavano che sentirmi parlare. 

«Mettete a disposizione la vostra forza combattiva per partecipare ad un'imboscata nel Formicaio.» esclamai. Fu come sganciare una bomba. Vidi le espressioni mutare in un crescendo di sorpresa, perplessità, sgomento, incredulità.

«Con tutto il rispetto, principe, ma dubito fortemente che la Regina sarà d'accordo con la vostra... fantasiosa iniziativa.» rispose Sir Lorence, raddrizzandosi il monocolo dorato davanti all'occhio, con un atteggiamento quasi stizzito. Potevo sentire le virgolette immaginarie intorno alla parola fantasiosa

Strinsi i denti. «Come ho già detto, l'opinione di mia madre nella faccenda è del tutto marginale. Sono io il principe ereditario e, che lo vogliate o no, sono io che deciderò chi si siederà sul trono. E sono sempre io che esigo vi facciate perdonare. Perciò, stavolta le regole le faccio io.» tuonai, sbattendo il pugno contro il tavolo, perentorio. Ero stanco che mi trattassero come una bambolina manovrata da mia madre. 

«Mi sembra ragionevole.» rispose Jörvar, dopo un lungo momento di silenzio generale. Tutti lo guardarono male, a parte Akia, che si strinse nelle spalle e poi annuì.

«Entro questa settimana si effettuerà l'attacco nel Formicaio. Vi verrà comunicata la data precisa al momento propizio. Fino ad allora, vi ordino di tenere per voi la faccenda.» informai.

«E se qualcuno di noi rifiuta di partecipare?» domandò il principe Rajat, con un'espressione irritata, come se le mie condizioni non gli piacessero molto. 

«Può considerarsi ufficialmente fuori dal corteggiamento reale.» minacciai, senza giri di parole. «Grazie per la vostra attenzione. La seduta è sciolta.» Non aspettai di sentire ulteriori domande, incertezze o saluti. Mi voltai ed uscii in fretta dalla sala assemblee, seguito dal Falco. Fu un vero sollievo lasciare la stanza: la pressione dei loro feromoni, insieme al peso dei loro sguardi, era difficile da sostenere.

Mi appoggiai contro la parete dei due corridoi successivi, riprendendo fiato. Avevo ostentato così tanta sicurezza, ma mi tremavano ancora le ginocchia. Soltanto dopo un po' mi resi conto che Zakhar stava sorridendo. 

«Perché fai quella faccia?» borbottai, pensando si stesse prendendo gioco di me. 

Il suo sorriso si allargò ancor di più. «Che c'è? Non posso essere fiero del mio futuro re?» La spontaneità e la bellezza di quelle parole mi lasciarono senza fiato. Avvampai e nascosi un sorriso premendo la mano sulle labbra. 

Era fiero di me. Anzi, credeva in me come sovrano, come sovrano che faceva e dettava le leggi, non come il consorte. Credeva in me come qualcuno capace di stare al potere, nonostante fossi un Omega... C'era qualcosa di davvero speciale in ciò che aveva appena detto e il mio cuore non smetteva di battere. 

Fu per quello che mi guardai intorno e, assicuratomi che non ci fosse nessuno nei paraggi, lo tirai per il bavero della blusa nera e lo baciai. Sgranò gli occhi, sorpreso per un breve secondo, ma poi mi avvolse la vita fra le braccia e ricambiò appassionatamente il bacio. 

Eravamo talmente assorbiti l'uno nell'altro che nessuno dei due si rese conto che, in verità, dalla curva del corridoio, qualcuno ci aveva visto. 







⚜⚜

*N D A*

Hola a tutti!
Ebbene sì, un aggiornamento notturno, ma in fondo ora è già mercoledì! Ammetto che in questa storia non aggiungo molto le note d'autrice, ma stavolta apro questo spazietto per ringraziarvi di tutto il supporto che state dando a "A Tale of Falcon and Merman", fra voti e letture, non me lo aspettavo proprio! Spero che vi stia piacendo, perché ormai l'annuncio è doveroso: non siamo troppo lontani dal nostro finale... Stimo una conclusione verso la fine dell'estate (circa)!
Come promesso, non mancheranno le storie degli altri fratelli e qualche miniplot secondario, poi aprirò un sondaggio per capire se continuare nello stesso libro o se crearne diversi. L'importante è andare avanti e non bloccare l'afflusso d'ispirazione!
Grazie a tutti per star seguendo la storia, alla prossima <3

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