Regola n.34: dimentica tutti gli altri
«...ye?»
Non ci potevo ancora credere. Inoko e Zakhar cenavano insieme come se se la intendessero da chissà quanto tempo, mentre io non ne sapevo niente. Mio cugino era addirittura sposato, eppure si permetteva di accettare gli inviti di una guardia di corte. Che, in questo caso, era il criminale peggiore del regno. Un assassino, un ladro, un rapitore, un voltagabbana bugiardo. Non sapevo nemmeno io perché me la stessi prendendo tanto. Eppure, non riuscivo a fare altrimenti.
«Principe Taye?» ripeté Akia, mentre chiudeva la porta dei suoi appartamenti alle nostre spalle e poi mi cingeva la vita fra i fianchi, accarezzandomi la pelle sopra l'orlo dei pantaloni che scendevano morbidi e si chiudevano con uno sbuffo intorno alle caviglie. La ruvidità delle sue dita mi solleticò il corpo e mi riportò alla realtà.
Giusto: non solo il Leone aveva vinto la sfida e gli spettava una notte al mio fianco, ma io l'avevo provocato mettendo in chiaro la mia intenzione di "divertirmi" con lui. La rabbia che mi infiammava le guance, dopo aver visto il Falco insieme ad un altro Omega, adesso si trasformò in agitazione, vergogna ma anche adrenalina. Era giusto che me la spassassi anche io.
Zakhar avrebbe messo le mani addosso ad Inoko come aveva fatto tante volte con me? Possibile che fosse così viscido, bastardo e meschino? Quanto contava il nostro legame di compagni nei suoi trastulli? Ed era giusto che fossi così nervoso, così geloso, pur sapendo che lui fosse l'ultimo Alpha al quale io potessi concedermi?
«Mmmhh.» mormorai un verso in risposta, decidendo di mettere a tacere tutti quegli stupidi pensieri per concentrarmi sull'uomo avvenente che mi stava stringendo a sé in quel preciso momento. L'odore dei feromoni del Leone mi aiutava a sciogliermi, ma lui notò comunque una certa distrazione e riluttanza in me, così ammorbidì la presa sul mio corpo e mi trascinò per mano, fino a raggiungere una credenza piena di alcolici.
«Vorreste bere un bicchiere insieme a me?» propose, prendendo una bottiglia piena di liquido trasparente che intuii fosse tutt'altro che acqua. Mi morsi il labbro inferiore: sapevo che non era una buona idea, il mio corpo non reggeva bene l'alcol, ma il pensiero che l'ebrezza mettesse a tacere quel groviglio di fastidiose fantasie era invitante. E poi, mi avrebbe aiutato a sciogliermi senza rimanere troppo sulle spine, perciò annuii.
Di solito ero un tipo più responsabile di così, ma oggi non m'importava. Al diavolo tutto quanto.
«Sarebbe un piacere.» dissi, accomodandomi su una poltrona imbottita vicino alla finestra aperta, da cui spirava un piacevole profumo di gelsomino notturno. Lui sorrise, mettendomi fra le mani un calice a coppa che riempì, senza remore, fino all'orlo.
«Allora, alla nostra salute, principe.» augurò, sedendosi al mio fianco, le gambe che toccavano le mie e il chiarore di poche candele, posate sul tavolino fra le nostre poltroncine, che gli brillava sulle perline fra i lunghi dread. Chissà cosa stava facendo Zakhar in quel momento... Via dalla mia testa! Avevo detto che ci saremmo divertiti e avrei mantenuto la promessa.
«Alla nostra.» esclamai, vuotando la coppa in un sol colpo. Fu al terzo, o forse al quarto bicchiere che mi ritrovai sulle ginocchia di Akia, non sapendo nemmeno come ci fossi finito, ma con la testa leggera e frizzante e un mezzo risolino liberatorio sulle labbra.
Le sue mani mi accarezzavano le cosce e le sue labbra vagavano sul mio collo, facendomi venire qualche brivido. Se fossero state altre labbra, i miei sarebbero stati molto più che semplici brividi. Scacciai rapidamente il pensiero vuotando un altro bicchiere, con l'alcol che mi bruciava sulla lingua e mi faceva diventare più audace.
«Se fossimo sposati, potremmo avere molte sere come queste.» mormorò l'Alpha, le mani posate ora sulle mie spalle per massaggiarle lentamente, sciogliendo ogni mio nervo teso. Socchiusi gli occhi, abbandonandomi completamente a quel piacere e alla leggerezza dovuta alle bollicine.
Forse aveva ragione. Forse avrei dovuto sposare lui: non sarebbe stato più facile?
Non riuscivo a pensare lucidamente, in quel momento. Riuscivo solo a figurarmi nella testa l'immagine di Zakhar che toccava il corpo di Inoko, ma era una visione sfocata, una rabbia passeggera, che veniva inghiottita dall'oblio dell'ubriachezza e dal movimento delle dita di Akia, che toccava punti particolarmente piacevoli. «Nnhg...»
Mi girai a guardarlo, i miei occhi ambrati in quelli color cioccolato altrui. Per un attimo, immaginai che fossero eterocromatici, azzurri e viola, dal taglio intenso e ferino, e non mi ritrassi neppure quando mi mise le mani sulle guance e attirò il mio viso più vicino al suo.
Mi baciò. Le sue labbra erano carnose, tanto da essere quasi oscene, calde e prepotenti. Spinse la lingua ed io schiusi le labbra, avvinghiandogli una mano sull'orlo della camicia di lino un po' aperta sulla gola.
Non stavo facendo niente di sbagliato, ma avevo l'impressione di non essere al posto giusto, con la persona giusta. Misi a tacere le mie incertezze: ogni bacio di Akia era una vendetta ai baci che il Falco avrebbe potuto dare a mio cugino. Erano entrambi venuti a cenare nella stessa sala dove sapevano ci fossimo anche noi. Zakhar aveva invitato Inoko, perciò era stato lui ad orchestrare quell'intrigo: per infastidirmi, distrarmi, forse per semplice divertimento. Era un Alpha perfido, in fondo.
Peggio per lui.
Lasciai che il Leone mi sollevasse per le cosce e, con le braccia avvinghiate intorno al suo collo, gli permisi di adagiarmi sul suo letto, fra lenzuola di seta e cuscini a motivi etnici. La sua bocca era ovunque ma avevo la pelle talmente bollente, per via dell'ubriacatura, che quasi non ne percepivo il passaggio. Il suo bacino spinse contro di me e, stavolta, sentii chiaramente la sua durezza premere fra le mie cosce.
Affondai le dita contro il materasso, quasi volessi impedirmi di fuggire e al tempo stesso di non fremere più forte: il mio corpo da Omega bramava il tocco di un Alpha, non importava chi fosse. Ma riconosceva un intruso, delle carezze estranee.
Ero un controsenso, un ossimoro vivente: lo volevo ma al tempo stesso non lo volevo. Un po' come Zakhar, che desideravo ma sapevo di non poter desiderare. Adesso, non bramavo davvero le attenzioni di Akia, ma era ciò che mi serviva in questo preciso momento.
Perché solo fra le sue braccia potevo dimenticare il fatto che, sicuramente, il Falco stesse stringendo Inoko proprio nello stesso istante. E allora, al diavolo. Mi sarei concesso ad Akia e a chiunque volessi: non c'era nessun motivo al mondo per cui dovessi restare fedele a Zakhar. Non gli dovevo niente. Né lui lo doveva a me, ricordai.
Inarcai il bacino come un invito e mi abbandonai ad un gemito lascivo quando il Leone fece scivolare la mano dentro i miei pantaloni, abbassando l'orlo fino ai fianchi. Si tenne in equilibrio sopra di me con un braccio, per non schiacciarmi, ma con la mano libera fece collidere le nostre durezze.
«Aahh!» ansimai, godendo del contatto fra la nostra carne calda: il suo membro duro strusciò contro il mio e le dita di lui strofinarono insieme le virilità, prima lentamente, poi sempre più velocemente. Chiusi gli occhi, boccheggiando, con i fianchi che si muovevano da soli e i pantaloni che scendevano sempre più in basso.
Arricciai le dita dei piedi e affondai fra i cuscini, gli occhi chiusi e la testa gettata all'indietro, finché non raggiunsi l'amplesso qualche attimo prima di lui, sporcando la sua mano ma riuscendo miracolosamente ad evitare i nostri vestiti.
«Solo gli spiriti sanno quanto vi desidero...» sospirò, con la voce resa profonda dal desiderio e accelerata dall'orgasmo appena raggiunto. Gli appoggiai una mano sul petto nudo, un gesto inconscio, quasi inconvulso. L'avevo fatto senza pensarci, per fermarlo: non potevo andare oltre. C'era una soglia invalicabile che non potevo superare. Non importava quanto mandassi al diavolo le fantasie nella mia testa.
«No, non lo farò.» mi confermò, appoggiandomi le labbra sulla fronte e sistemandosi al mio fianco, un braccio intorno al mio corpo per farmi riposare sopra di lui. «Sarebbe irrispettoso per gli altri partecipanti.» Sì, come se lui potesse spazzarli via tutti in una sola notte. Mi corrucciai un po': non sarebbe stato più irrispettoso per me, prendermi senza il mio consenso? Zakhar non faceva mai nulla che volessi, nonostante fosse un criminale.
«Buonanotte, Akia...» sussurrai soltanto, mettendomi comodo su un fianco, la faccia appoggiata su un suo pettorale caldo, scuro e scolpito e gli occhi già chiusi, nella speranza di riuscire ad addormentarmi presto.
«Buonanotte, principe Taye.» rispose, spegnendo le candele prima di rinvigorire la presa intorno al mio corpo. Il buio era calato nella stanza e l'unica fonte di luce erano i raggi lunari che filtravano fra le tende. Cercai di regolarizzare il respiro e, con gli occhi chiusi, di abituarmi alla presenza al mio fianco e abbassare le difese fino a prendere sonno.
Eppure, il tempo passava, i minuti scorrevano interminabili ed io stringevo i pugni intorno alle lenzuola, in trepidante attesa. Soltanto quando fui sicuro che l'Alpha si fosse addormentato, sgusciai fuori dalle sue braccia, con la stessa abilità di un pesce che scappa dalla rete di un pescatore. Era una fortuna che l'ebrezza fosse quasi del tutto passata, altrimenti sarebbe stata un'unione fatale con la mia goffaggine.
Sapevo che fosse una pessima idea allontanarmi da lui, per tutta una serie di motivi. Stavo sfuggendo alla promessa di passare una notte intera insieme ad Akia. Inoltre, cosa ancora più importante, stavo per girare nel palazzo senza scorta. C'era sempre qualcuno dietro alla mia porta, anche di notte, pronto ad accompagnarmi ovunque, anche nel caso dovessi andare a mangiucchiare qualcosa nelle cucine per uno spuntino notturno.
Non stavolta: non era previsto che ci fossero guardie intorno a me, non con un Alpha così forte a proteggermi. Ma non m'importava. Nessuno immaginava che fossi tanto sciocco da abbandonare le braccia del Leone per tornarmene da solo nella mia stanza, nemmeno il mio aspirante assassino.
Con il fiato sospeso, girai lentamente la chiave per non farne sentire lo scatto e piegai di lato la maniglia della porta. Quando la aprii, fui attento a non farla cigolare e dopo, in punta di piedi, uscii dalla camera.
I corridoi non erano mai spenti, c'erano sempre delle candele infilate nelle nicchie dentro alle pareti o nelle elaborate lanterne di ferro battuto, appese a dondolare dal soffitto. Gli arazzi pieni di ghirigori brillavano di luce nuova e il mio cuore batteva ad un ritmo serrato, come se fosse consapevole che stessi facendo qualcosa di irragionevole, mentre camminavo svelto ma silenzioso verso i miei appartamenti.
Proprio quando superai la svolta del corridoio, una figura avvolta nel nero si separò dalla posizione immobile contro al muro e mi afferrò dalle spalle, un braccio intorno al ventre ed uno premuto sulla bocca, tenendomi forte la faccia. Sobbalzai, gridando contro il palmo che mi soffocava e scalciando come un pazzo.
Poi, però, il mio corpo si calmò e si abbandonò a quella stretta. Aveva riconosciuto, ancor prima di me, chi fosse la persona che mi aveva appena catturato. Ne aveva compreso il tocco perché lo bramava ogni giorno.
«Sapevo che non avresti resistito un'intera notte.» bisbigliò Zakhar, curvo sul mio corpo, le labbra posate sul lobo dell'orecchio e quella voce suadente che mi scivolava nei canali uditivi come una colata di miele. «Ti conosco troppo bene.» Il mio cuore fece una capriola dentro al petto, ma io mi intestardii: gli afferrai il polso per allontanare la sua mano dalla mia bocca.
«Che ci fai qui? Non dovresti essere con Inoko?» borbottai, ma senza girarmi a guardarlo, ancora con la schiena contro al suo petto e gli occhi fissi sul tappeto di fronte a noi. Non volevo leggere nei suoi occhi la risposta e capire che ci era rimasto fino ad ora, a fare qualsiasi tipo di cosa. Da quelle più audaci a quelle più semplici. Era l'idea di condividerlo a farmi innervosire: il Falco era sempre stato il mio segreto. Il mio Alpha.
Rise sommessamente. «Sembri piuttosto interessato. Che cosa faresti per conoscere i dettagli?» mi provocò.
Sentii la rabbia montare all'improvviso e mi voltai ad affrontarlo, a denti stretti. «Abbassa la cresta! Ricordati che sei solo un criminale che in questo palazzo sta mentendo a tutti!» sibilai, serrando i pugni. In brevi mosse, mi ritrovai intrappolato fra il muro e il Falco, il suo corpo premuto contro il mio.
«A te non mento mai. Ma sembra che questo non basti.» scandì, scrutandomi dritto negli occhi. Sentivo il suo corpo spingere sul mio e i suoi feromoni mescolarsi ai miei plasmandosi fino a raggiungere l'odore perfetto. Mi stordiva.
«Non basti per cosa?» Deglutii.
«Com'è stato vedermi con quel tuo orrendo cugino?» cambiò argomento, piegando le labbra in un sorriso sbilenco. «Piacevole come quando vedo te spalmato su uno dei tuoi corteggiatori, eh?» disse, ironico. Rimasi tanto sorpreso da non riuscire a spiccicare parola. «Hai addosso l'odore del seme di quel Leone. Mi fa venire voglia di strapparti i vestiti e fotterti finché non lo cancello.»
Aveva una voce calma, tanto calma da far paura, ma aveva sbattuto un pugno contro la parete, proprio accanto al mio corpo. Avvampai, di vergogna e colpevolezza, ancora una volta sommerso da quella sensazione di sbagliato. Ma avvampai anche di desiderio, mentre nella mia testa risuonava un "allora fallo".
Cercai di evitare il suo sguardo, ma divenne impossibile, quando allineò i nostri volti e mi baciò con tanta foga e tanto desiderio da poter incendiare l'intero palazzo.
Mi strinsi a lui, una gamba a circondargli l'anca e un braccio intorno alla nuca, stretto al punto che fra di noi non avrebbe potuto passare nemmeno un filo di vento. Con così tanto trasporto che sembrava non avessi aspettato altro per tutta la giornata.
Mi baciò e mi baciò e ancora e ancora. Con le mani a scompigliarmi i capelli e i denti a mordermi le labbra, fino a farle diventare gonfie. Ormai gli avevo circondato il bacino con le cosce e la lussuria esplose ferocemente fra di noi, che eravamo ancora in mezzo al corridoio, tanto da sentir premere la sua erezione fra i glutei. Afferrò il tessuto dei pantaloni e lo strattonò, rompendolo fin quando non riuscì a denudarmi del tutto.
Con una mano sola, si aprì i pantaloni e spinse il suo membro indurito fra le mie natiche in uno strofinare serrato, possessivo, lubrificando la mia apertura con le prime gocce del suo seme, che palesavano solo in parte la sua eccitazione.
«Dimentica tutti gli altri.» ringhiò, fra un bacio e l'altro, con le mani sulle natiche a tenerle separate, mentre io soffocavo i gemiti contro la pressione degli incisivi. «Dimenticali.»
A quel punto, avrebbe potuto chiedermi letteralmente qualsiasi cosa. Zakhar era ben peggiore di tutti i bicchieri d'alcol che avevo sorseggiato in quella serata. Avevo una dipendenza folle per lui...
Ed era l'unico che avessi bisogno di dimenticare. Ma come potevo farlo, se era il mio destino?
⚜⚜⚜
*N D A*
Hola!
Scusate immensamente il ritardo! Ovviamente non mi sono dimenticata dell'aggiornamento di mercoledì, ma ho avuto talmente tante cose da fare in settimana che non sono riuscita ad aggiornare neanche di notte ç-ç non me ne vogliate, per lo meno sono riuscita a postare oggi!
Col prossimo mercoledì si ritorna alla norma. Alla prossima <3
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