Regola n.24: ripara al danno


Baciarlo regalava una sensazione indescrivibile: era come nuotare nelle profonditΓ  del mare. Ogni bacio sprofondava dentro ad un altro bacio, senza fine, sempre piΓΉ a fondo, mentre la superficie si allontanava e la luce del sole diventava un cerchio dorato in lontananza, nascosto dall'oscuritΓ  informe dell'acqua. Quell'oscuritΓ  mi attraeva. Mi spingeva a lasciarmi cadere fino ad affogare, dimenticando che creature come me potevano respirare perchΓ©... PerchΓ© era semplicemente bello perdere ogni consapevolezza e certezza.Β 

Abbandonarsi a qualcosa di piΓΉ grande di te, smettere di pensare con la logica, allontanando tutte le responsabilitΓ  anche solo per un istante. Quello fra me e il Falco perΓ² fu molto piΓΉ di un singolo attimo. Il tempo si bruciΓ² e consumΓ² veloce come lo stoppino di un fiammifero ed io ne persi la totale cognizione, mentre scivolavo fra le sue braccia e mi avvinghiavo a lui, avvinto dal calore e attratto da ogni cosa di lui.

Notte e giorno si mescolarono finché le forze non mi abbandonarono, al punto da farmi perdere i sensi. Quando mi risvegliai, il bagliore violento del sole che penetrava fra le tende di lino mi ferì gli occhi. Strizzai le palpebre, strofinando la lingua impastata contro al palato asciutto. 

Per un attimo credetti di essere ancora nella mia camera da letto, avvolto dai veli del baldacchino tondeggiante e dal profumo del gelsomino. Poi mi resi conto che avevo la guancia schiacciata contro un elaborato tappeto orientale, la cui trama mi era rimasta stampata sulla pelle. Sobbalzai e il dolore che mi attanagliava le membra mi fece ricordare all'improvviso tutto quanto.

Io e il Falco avevamo fatto... Oh spiriti animali.Β 

Con un lamento basso, mi misi a sedere e il didietro protestò abbastanza da farmi pentire di essermi mosso. «Maledizione...» mugolai, massaggiandomi il fondoschiena e appoggiandomi contro al muro. Non avevo memoria dell'esatto momento in cui ci eravamo spostati, ma sapevo che avevamo lasciato l'oasi e trovato riparo dentro ad una piccola torre di vedetta edificata nella sabbia. Era abbandonata da tempo, perciò nessuno poteva trovarci lì. 

Non c'erano mobili, solo tappeti e finestre riparate da candide tende sdrucite. Mi bastΓ² un'occhiata distratta perchΓ© mi ricordassi tutti i punti di quella stanza in cui il Falco mi aveva preso senza pietΓ  e senza esitazione. Mi coprii la bocca fra le mani, avvampando, per l'imbarazzo ma anche per lo shock.Β 

Ovviamente, del criminale non ce n'era nemmeno l'ombra. Sembrava che si muovesse solo al calar del sole, come ogni losca figura che si rispetti, adagiata nelle tenebre e in tutti i suoi misteri. Tuttavia, aveva lasciato sul tappeto accanto a me un sacchetto di iuta riempito di litchi e di corbezzoli, una borraccia di pelle piena d'acqua, vestiti ben ripiegati e un biglietto.

La vista della frutta mi fece brontolare violentemente lo stomaco. Tracannai l'acqua fino all'ultima goccia e mi ingozzai di tutto il cibo che mi era stato portato. I corbezzoli avevano la polpa dolce e carnosa e i litchi erano zuccherini e acquosi abbastanza da dissetarmi. Alla fine, mi leccai le dita appiccicose e misi mano al biglietto, srotolando la pergamena chiusa da quello che sembrava una striscia di stoffa nera.Β 

Dalla carta fuoriuscì una piuma color pece screziata di grigio, che sollevai fra le dita per qualche secondo con un'espressione fin troppo assorta ed imbambolata - aveva il suo profumo - prima di scuotere la testa e concentrarmi sul testo. Riconoscevo la calligrafia: l'avevo già vista in quel biglietto che mi aveva attirato sino al Formicaio. Stavolta c'erano più di un paio di righe, però. 

βπΏπ‘œ π‘Žπ‘£π‘’π‘£π‘œ π‘‘π‘’π‘‘π‘‘π‘œ π‘β„Žπ‘’ π‘™π‘Ž π‘π‘Ÿπ‘œπ‘ π‘ π‘–π‘šπ‘Ž π‘£π‘œπ‘™π‘‘π‘Ž π‘β„Žπ‘’ 𝑐𝑖 π‘ π‘Žπ‘Ÿπ‘’π‘šπ‘šπ‘œ 𝑣𝑖𝑠𝑑𝑖 𝑑𝑖 π‘Žπ‘£π‘Ÿπ‘’π‘– π‘Žπ‘£π‘’π‘‘π‘œ... π‘€π‘Žπ‘›π‘‘π‘’π‘›π‘”π‘œ π‘ π‘’π‘šπ‘π‘Ÿπ‘’ 𝑙𝑒 π‘šπ‘–π‘’ π‘π‘Ÿπ‘œπ‘šπ‘’π‘ π‘ π‘’.❞ Alzai gli occhi al cielo, cercando di non sentire il calore ruggire sulle guance, e continuai a leggere. ❝𝐼𝑛 π‘œπ‘”π‘›π‘– π‘π‘Žπ‘ π‘œ, π‘ π‘œ π‘β„Žπ‘’ 𝑑𝑒 π‘™π‘œ π‘ π‘‘π‘Žπ‘– π‘β„Žπ‘–π‘’π‘‘π‘’π‘›π‘‘π‘œ. π΄π‘π‘π‘–π‘Žπ‘šπ‘œ π‘π‘Žπ‘ π‘ π‘Žπ‘‘π‘œ π‘‘π‘Ÿπ‘’ π‘”π‘–π‘œπ‘Ÿπ‘›π‘– π‘–π‘›π‘ π‘–π‘’π‘šπ‘’ π‘Ž π‘ π‘π‘Žπ‘ π‘ π‘Žπ‘Ÿπ‘π‘’π‘™π‘Ž 𝑛𝑒𝑙 π‘šπ‘–π‘”π‘™π‘–π‘œπ‘Ÿπ‘’ 𝑑𝑒𝑖 π‘šπ‘œπ‘‘π‘–.❞

Β«Tre giorni?!Β» urlai, con la voce che rimbombava nel silenzio di quella mattina assolata. Tre giorni col Falco mentre nessuno sapeva dov'ero finito. Tre giorni senza sapere il destino delle mie guardie, sebbene immaginassi che non fosse sopravvissuto nessuno. Tre giorni che erano piΓΉ che sufficienti per avere una gravidanza. All'improvviso mi pentii di aver mangiato tutto: mi veniva da vomitare per lo sbigottimento.Β Β 

βπ‘†π‘œπ‘›π‘œ 𝑑𝑒𝑑𝑑𝑖 π‘π‘œπ‘›π‘£π‘–π‘›π‘‘π‘– π‘β„Žπ‘’ 𝑑𝑒 π‘ π‘–π‘Ž π‘ π‘‘π‘Žπ‘‘π‘œ π‘Ÿπ‘Žπ‘π‘–π‘‘π‘œ, π‘π‘’π‘Ÿπ‘π‘–π‘œΜ€ 𝑖 π‘‘π‘’π‘œπ‘– π‘Žπ‘šπ‘–π‘π‘– π΄π‘™π‘β„Žπ‘Ž π‘ π‘œπ‘›π‘œ π‘Ž π‘π‘Žπ‘π‘π‘–π‘Ž 𝑒 𝑠𝑖 π‘ π‘‘π‘Žπ‘›π‘›π‘œ π‘‘π‘–π‘Ÿπ‘–π‘”π‘’π‘›π‘‘π‘œ π‘Ž π΅π‘’π‘˜β„Žπ‘Žπ‘Ÿπ‘Ž. 𝑇𝑖 π‘‘π‘Ÿπ‘œπ‘£π‘’π‘Ÿπ‘Žπ‘›π‘›π‘œ π‘šπ‘œπ‘™π‘‘π‘œ π‘π‘Ÿπ‘’π‘ π‘‘π‘œ 𝑛𝑒𝑙 π‘‘π‘Ÿπ‘Žπ‘”π‘–π‘‘π‘‘π‘œ, 𝑑𝑖 π‘π‘œπ‘›π‘£π‘–π‘’π‘›π‘’ π‘ π‘π‘Ÿπ‘–π‘”π‘Žπ‘Ÿπ‘‘π‘–. 𝐷𝑖̀ π‘π‘’π‘Ÿπ‘’ π‘β„Žπ‘’ π‘ π‘œπ‘›π‘œ π‘ π‘‘π‘Žπ‘‘π‘œ π‘–π‘œ π‘Ž π‘ π‘Žπ‘™π‘£π‘Žπ‘Ÿπ‘‘π‘– π‘‘π‘Ž 𝑒𝑛 π‘Žπ‘‘π‘‘π‘Žπ‘π‘π‘œ 𝑒 π‘β„Žπ‘’ 𝑠𝑒𝑖 π‘ π‘π‘Žπ‘π‘π‘Žπ‘‘π‘œ, π‘›π‘Žπ‘ π‘π‘œπ‘›π‘‘π‘’π‘›π‘‘π‘œπ‘‘π‘– π‘›π‘’π‘™π‘™π‘Ž π‘‘π‘œπ‘Ÿπ‘Ÿπ‘’ 𝑑𝑖 π‘£π‘’π‘‘π‘’π‘‘π‘‘π‘Ž. π·π‘’π‘π‘–π‘‘π‘œ π‘β„Žπ‘’ π‘šπ‘– π‘’π‘™π‘’π‘”π‘”π‘’π‘Ÿπ‘Žπ‘›π‘›π‘œ π‘Ž π‘’π‘Ÿπ‘œπ‘’ π‘‘π‘’π‘™π‘™π‘Ž π‘π‘Žπ‘‘π‘Ÿπ‘–π‘Ž, π‘šπ‘Ž π‘Žπ‘™π‘šπ‘’π‘›π‘œ π‘šπ‘’π‘‘π‘‘π‘’π‘Ÿπ‘Žπ‘– π‘Ž π‘‘π‘Žπ‘π‘’π‘Ÿπ‘’ 𝑒𝑛 π‘π‘œ' 𝑑𝑖 π‘‘π‘œπ‘šπ‘Žπ‘›π‘‘π‘’. 𝐸 𝑛𝑒 π‘ π‘π‘Žπ‘‘π‘’π‘›π‘’π‘Ÿπ‘Žπ‘– π‘Žπ‘™π‘‘π‘Ÿπ‘’, π‘šπ‘Ž π‘Ž π‘žπ‘’π‘’π‘™π‘™π‘œ 𝑐𝑖 π‘π‘’π‘›π‘ π‘’π‘Ÿπ‘ŽΜ€ π‘™π‘Ž π‘‘π‘’π‘Ž π‘‘π‘’π‘ π‘‘π‘œπ‘™π‘–π‘›π‘Ž π‘‘π‘Ž π‘ π‘’π‘šπ‘π‘™π‘–π‘π‘–π‘œπ‘‘π‘‘π‘œ.

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Accartocciai la pergamena fino a renderla una pallina di carta, con la faccia paonazza e il cuore che batteva a mille contro il petto.Β Β«Quel viscido uccellaccio...Β» Se socchiudevo gli occhi, ancora avevo l'impressione di sentirlo dire "ma tu sei il mio Omega". Suo, di certo, non lo ero. Ma nemmeno lui era mio, anche se una parte insita di me aveva la chiara percezione che fosse il mio Alpha. C'era qualcosa di profondamente sbagliato in quella sensazione.

Eppure, non riuscivo a contenere il senso di trionfo nell'aver scoperto il suo nome. Β«Zakhar...Β» sussurrai, facendomelo scivolare sulla lingua come una caramella dal gusto inaspettato. Il battito accelerΓ², oppure fu solo un'impressione dettata dal caldo.

In ogni caso, Zakhar aveva ragione. L'ultima cosa di cui avevo bisogno, con tutti i guai che giΓ  stavo passando, era che seΒ ne aggiungesse un altro: una gravidanza? Un bambino? Con il Falco?Β  La guerra sarebbe stato uno scenario quasi pacifico. Si sarebbe scatenata come minimo l'Apocalisse. Dovevo evitare a tutti i costi di rimanere gravido. E, visto che erano passati giΓ  tre giorni, l'unico modo che avevo per scongiurare quel casino era la malasorte.

Non si trattava dello stesso principio degli inibitori o della pillola del giorno dopo, ma di una vera e propria droga. Un portento della medicina moderna, ma assolutamente illegale. Bastava assumerla entro una settimana dal rapporto sessuale e qualsiasi rischio di avere un bambino veniva cancellato. Secondo alcuni si chiamava malasorte proprio perchΓ© lo scongiurava, quel fato avverso. Secondo altri, perchΓ© gli effetti collaterali erano terribili, specialmente sul corpo piΓΉ debole di un omega.Β Β 

Ma non avevo altra scelta, giusto? Dovevo solo capire chi mi avrebbe aiutato in quell'infausta impresa.

⚜⚜⚜


Il trottare dei cavalli fu il segnale per capire che erano arrivati gli Alpha. O almeno, così credevo.

Barcollai fra gli alberi dell'oasi, camminando come un tritone che non ha mai avuto un paio di gambe e sta appena imparando a fare i primi passi. Ogni falcata provocava una fitta acuta al mio povero deretano. Mi ero lavato, sperando di cancellare ogni rimasuglio dell'odore del Falco, e indossavo i vestiti che lui mi aveva lasciato. Erano decisamente troppo grandi, ma almeno i pantaloni avevano una coulisse con cui stringerli in vita.Β 

Mentre attendevo, a mente fredda, riflettei su quanto successo: perchΓ© Zakhar e i suoi alleati avevano fermato gli uomini che volevano uccidermi? Se il Falco era stato mandato da qualcuno a rapirmi, quella fatidica notte in cui c'eravamo incontrati per la prima volta, allora perchΓ© aveva detto ai suoi soci di torturare i miei attentatori? Che cosa sperava di sapere da loro?Β 

Strano. C'era qualcosa che non tornava.

Il filo dei miei pensieri si spezzΓ² quando uno stallone superΓ² la curva di un'insenatura rocciosa. Mi preparai ad assumere una postura regale - quanto meno, dignitosamente accettabile - aspettandomi di vedere tutti quegli uomini potenti al mio cospetto. Invece, una donna trafelata dallo sbarazzino taglio nocciola, in armatura leggera, galoppava veloce verso di me.Β 

Β«Ymir!Β» sussultai in un grido strozzato, correndo verso di lei. SmontΓ² dal cavallo e mi corse incontro, abbracciandomi forte, quasi non ci vedessimo da una vita intera.Β 

«Grazie agli spiriti! Stai bene!» 

Β«Ahia- mi stai facendo male...Β» soffocai, schiacciato nella sua stretta portentosa. AllentΓ² subito la presa, poggiandomi le mani sulle spalle e tirandosi indietro per guardarmi meglio. L'espressione stravolta dalla preoccupazione si stava pian piano distendendo.Β 

Β«Appena ho saputo che eri stato rapito, ho detto a quei bastardi delle guardie di palazzo che se non mi dicevano dov'eri diretto, li avrei perseguitati fino all'Inferno!Β» SchioccΓ² la lingua.Β Β«Mai sottovalutare le minacce di un'Alpha arrabbiata.Β» disse, serissima. Mi lasciai andare ad una risata liberatoria.

«E' così bello vederti! Scusa, scusami per tutto, se quel giorno non fossi uscito senza permesso...» ansimai, poggiando la guancia sul suo petto come un bambino penitente. 

Β«Non Γ¨ colpa tua. La Regina credeva di poterti nascondere un segreto grosso quanto il Formicaio per sempre, ma era impossibile farlo. Il mio licenziamento Γ¨ stato solo un modo per esprimere la sua frustrazione.Β» ScrollΓ² le spalle, arresa.Β Β«E poi, Γ¨ vero che non sono riuscita completamente a proteggerti.Β» ammise, amaramente.Β 

Β«Non Γ¨ vero! Tu sei stata la mia scorta piΓΉ fedele e piΓΉ importante!Β» strepitai.

Β«Anche l'unica, in effetti.Β» ridacchiΓ² con dolcezza, accarezzandomi i ricciolini.Β Β«Bambino, che cos'Γ¨ questo odore che ti sento addosso?Β» CorrugΓ² la fronte, mentre io mi irrigidivo e lei dilatava le narici.Β Β«Odore di... Alpha.Β» StrabuzzΓ² gli occhi, abbassandomi il colletto della camicia per rivelare i molti succhiotti che il Falco aveva lasciato. Me li coprii velocemente con la mano, sobbalzando indietro.Β Β«Per tutti i sacrosanti spiriti animali! Che cosa ti hanno fatto?!Β»

Β«Eh?Β» Caddi dalle nuvole.

Β«Chi ti ha fatto violenza?! Vado ad ucciderlo!Β» I suoi occhi lampeggiarono di furia. Subito le presi le mani, accarezzandole i pugni stretti.

Β«No, Ymir. N-non... Ecco... Non Γ¨ stata una violenza...Β» ammisi, avvampando di vergogna, sollevato dal fatto che la mia pelle scura celasse almeno un poco quel rossore e quei segni, prove infallibili di ciΓ² che avevo fatto. Tutta l'oasi era piena del nostro odore, in effetti. Il mio e quello di Zakhar, che ci eravamo mescolati in quel piccolo paradiso nascosto come degli amanti clandestini. Ma non lo eravamo affatto.Β 

Eravamo nemici. Io ero l'acqua e lui era aria. Io ero la corona e la legge e lui era l'incarnazione di chi le regole le sovvertiva tutte.Β Β«Ho fatto una cosa di cui non ero del tutto cosciente... Mentre ero in calore, sai...Β» biascicai, preferendo arrecare tutta la colpa al calore. Le strinsi un braccio, forte.Β Β«Mi devi aiutare.Β» sussurrai, con uno sguardo pieno di supplica.Β 

Improvvisamente, iniziammo ad udire il trotto numeroso di cavalli, che si stava avvicinando. Ymir strinse le labbra fino a farsele sbiancare. Poi, mi attirΓ² a sΓ© e mi si strusciΓ² addosso.Β Β«Che stai facendo?!Β» gracidai.Β 

«Copro tutto col mio odore, accidenti a te!» 

Fece appena in tempo. Alla testa di un numeroso drappello di guardie, in groppa a destrieri dalla criniera lucida, c'erano tutti e sei i miei pretendenti, a loro modo vestiti per il combattimento. Ymir mi lasciΓ² andare, limitandosi a circondarmi le spalle con un braccio, protettiva.

«Principe Okoro, siamo lieti di vedervi sano e salvo.» esordì Lorence, sistemandosi meglio il monocolo davanti ad un occhio verde. Smontarono tutti insieme e si inchinarono, compresi i due principi del gruppo, perfino Rajat l'aveva fatto. 

Β«Siete ferito?Β» continuΓ² Akia, corrugando la fronte con una certa preoccupazione, mentre io scuotevo la testa. Nessuno sembrΓ² accorgersi dell'odore che aveva percepito Ymir.Β 

Β«Di chi sssono quei vessstiti?Β» intervenne Shun, facendo saettare la lingua biforcuta fra i denti mentre notava che indossavo abiti troppo grandi. Era sempre troppo perspicace, quel serpente.Β 

Β«Di mio marito.Β» rispose prontamente Ymir.Β Β«Non potevo certo lasciare che il principe vestisse gli stessi abiti da tre giorni. Un po' di dignitΓ , su!Β» Repressi un moto di enorme gratitudine e sollievo ed annuii.Β 

Β«Il principe riuscirebbe ad essere bello come una rosa in ogni caso...Β» mi vezzeggiΓ² il duca Thiago, facendomi l'occhiolino. Arrossii, distogliendo lo sguardo.Β 

Rajat sospirΓ² rumorosamente.Β Β«Be', piazzatelo su un cavallo. Sono ore che siamo in viaggio. Datevi tutti una mossa e torniamo a Samarcanda. Gli farete il terzo grado quando saremo a palazzo.Β»

Β«Il principe verrΓ  con me.Β» sembrΓ² decidere Akia, galoppando un po' piΓΉ avanti.Β 

«Ah sì? E su quali basi dovrebbe venire con voi e non con me?» riprese il principe Rajat, alzando imperioso il mento.  «Solo perché venite dalla stessa tribù della Regina Jelani? Ah! Oserei chiamarlo nepotismo.» sbuffò. 

Β«No, ma ero promesso al principe molto prima di voi.Β» rispose l'altro, mantenendo la calma con una fierezza ineccepibile.Β 

Β Β«Io in realtΓ  pensavo di andare con Ymir.Β» intervenni, infilandomi nella conversazione, prima che tutti e sei iniziassero a litigarmi come una bambola da tirare da ogni estremitΓ , che avrebbe finito per stracciarsi in tanti pezzi.Β 

Β«Non sono d'accordo.Β» Si fece davanti JΓΆrvar, che fino ad allora era rimasto in silenzio. Il sole gli faceva scintillare i capelli biondo platino in maniera tutt'altro che eterea, piuttosto intensa e pericolosa, come il bagliore sul pelo di un lupo bianco. Cosa che lui era. Β«La vostra scorta vi conosce abbastanza bene da dover avere l'onore di coprirvi le spalle. Lasciate che lei faccia il suo lavoro.Β» TirΓ² le briglie del cavallo, avvicinandosi a me.Β Β«Posso starvi vicino e proteggervi col mio corpo, se serve. PerciΓ², se vi fidate, viaggiate con me.Β» AllungΓ² la mano, il palmo aperto nella mia direzione.

Dopo un istante di esitazione, la afferrai. Gli bastΓ² un movimento possente delle braccia per issarmi sulla sella dietro di sΓ©, molto, molto vicino. Poi iniziammo a percorrere il sentiero a ritroso: ogni passo del cavallo era una fitta in mezzo alle natiche. Sussultavo ad ogni fosso e soffocavo un gemito mordendomi le labbra.Β 

Il biondo si voltò da sopra ad una spalla per lanciarmi uno sguardo serio e attento. «C'è qualcosa che non va?» Scossi con forza la testa. «Allora sarebbe meglio non emettere questi versi.» Irrigidì la mascella. «Sono fin troppo seducenti.» Quindi si voltò di spalle, continuando a cavalcare mentre io cercavo di soffocare ogni mio singulto, imbarazzato.

Quando raggiungemmo il Palazzo d'Estate era ormai buio. Per fortuna, scelsero di lasciarmi riposare prima di mettermi sotto torchio con le domande. Ma rilassarmi non era fra i miei piani. Ymir era riuscita a farmi recapitare la malasorte, spacciandola per un inibitore particolare, e nel buio confortante della mia camera da letto quella minacciosa pillolina nera mi guardava dal palmo della mano.

Β«Forza, Taye.Β» mi dissi, avvicinandola alle labbra.Β Β«Ripara al danno che hai combinato.Β» Me la cacciai in bocca e deglutii.Β 

Passai il resto della notte ad agonizzare e a vomitare anche l'anima, maledicendo il nome del Falco.Β 






⚜⚜⚜
*N D A*


Hola!
La storia (fino a ieri) ha raggiunto il primo posto nella classifica delle omegaverse! Oh my gosh, non so di cosa si Γ¨ drogato Watty, ma grazie a tutti! Sappiate che, quando concluderΓ² la storyline di Taye, la storia non finirΓ  perchΓ© proseguirΓ² con quella di Taro e quella di Tamsin, i due fratelli del nostro protagonista. Ho parecchie cose in mente... In ogni caso, spero che fino ad ora vi stia piacendo! Grazie a tutti quelli che stanno seguendo <3
Alla prossimaΒ ~Β Β 



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