PROLOGO
Fuoco.
Esplosioni, spari, sangue, dolore.
Il dolore dipinto sul viso dei membri del branco.
Confusione.
Non sapevo che succedeva, tutti urlavano, correvano e prendevano in braccio i cuccioli per mettersi in salvo.
Le scene andavano a rallentatore.
La paura divenne palpabile.
«I Cacciatori!» urlavano tutti.
Una parola, mille significati, che però non mi portava a nessun chiarimento.
Ed ecco che si presentarono davanti ai miei occhi.
La mamma più bella e dolce di questo mondo; il suo nome era Allyson, ed era seguita da mio padre, Douglas,
altrettanto amorevole.
La gioia nel vederli mi riempì il cuore. Erano le mie ancore di salvezza, coloro che avrebbero sistemato tutto.
Ma c'era una cosa che non avevo notato, data la mia ingenuità.
Anche sui loro volti c'era l'incarnazione del terrore.
La paura di una persona che sa cosa sta succedendo, che può comprendere quanto è grave la situazione, ma che non può fare nulla per porre un fine al massacro.
«Maddy!» urlò mia madre.
Mi corse incontro ma lei, come mio padre, non riuscirono nemmeno a percorrere metà della strada.
Uno sparo. Un urlo. Una fontana di sangue scarlatto macchiò il tappeto di foglie che coprivano il suolo del bosco in cui ci trovavamo.
Il cielo era scuro, le stelle e la luna erano l'unica fonte di luce di quel momento.
Luce che illuminò i miei genitori, trafitti a morte da un proiettile, cadere a terra.
Morti.
Con gli occhi spalancati, mi stavano guardando, e sulla loro bocca, nel loro ultimo respiro, la stentata pronuncia di un nome.
Il mio.
Mi misi a piangere, non potendo fare nulla; sapevo camminare, sì, ma ero incapace di muovermi.
I ricordi sono sbiaditi, avevo solo due anni da poco compiuti.
È tutto confuso come una sorta di incubo.
Una figura scura affonda un pugnale d'argento sul corpo senza vita di mio padre, straziandolo e deturpandolo, per poi passare su mia madre, dato che il proiettile non l'aveva ancora uccisa.
Il pugnale le squarciò la gola, ponendo fine alla sua vita facendola soffocare nel suo stesso sangue.
L'uomo alzò lo sguardo, i suoi occhi bianchi brillavano nella notte, e si fissarono sui miei, appannati dalle lacrime.
Ma qualcuno trafisse l'uomo da dietro, aprendogli la schiena con gli artigli.
L'uomo cadde, e morì tra le convulsioni, e i rantoli del dolore causati dalle lacerazioni subite.
Colui che mi salvò la vita in quel momento fu mio fratello, Nathan. Al tempo aveva solamente dieci anni.
I suoi capelli erano spettinati, le sue guance colorate, le zanne scoperte e gli occhi gialli brillanti erano iniettati di sangue.
Così come la sua mano, artefice della morte dell'assassino dei nostri genitori.
Mi corse incontro, mi prese in braccio e scappò, seguendo la direzione degli altri del branco.
Io mi girai per l'ultima volta, l'ultima volta che riuscii a guardare i visi amichevoli dei miei genitori, che ormai giacevano, accanto al loro assassino, in una pozza di sangue scuro.
La scena divenne buia. I miei ricordi finirono lì.
Mi svegliai di colpo, consapevole che era stato solo un brutto sogno.
Mi capitava spesso di sognare la morte atroce dei miei genitori, avvenuta quindici anni fa.
Non sapevo distinguere se era solo un incubo o un ricordo, dato che mio fratello si rifiutava categoricamente di dirmi cosa era successo.
Li sognavo specialmente quando ero agitata per qualcosa, e quel giorno ero terribilmente stressata.
Si sarebbe compiuta la Scelta, e l'esito mi terrorizzava.
Era una competizione fra i diciassettenni del branco, serviva solo per decidere il ruolo che avremmo intrapreso una volta compiuta la maggiore età.
Mio fratello Nathan era un Guerriero e mi sarebbe davvero piaciuto diventare come lui.
I Guerrieri correvano liberi tutto il giorno, setacciavano i contorni del bosco dove il branco si era stabilizzato e tenevano lontani gli Huma, anche conosciuti come umani.
Esseri inquietanti e spregevoli, l'unica cosa di cui ero certa risiedeva nella colpa del brutale assassinio dei miei genitori.
Inoltre i Guerrieri erano, come indicava il nome, coloro incaricati di proteggerci dai vari nemici, Huma o branchi avversari.
Le altre categorie in cui si poteva essere assegnati erano i Cercatori, coloro che si occupavano del cibo e dell'acqua e si assicuravano di cacciare per tutti, per non farci morire di fame.
Oppure i Guaritori. Solitamente sia i Guerrieri che i Cercatori, una volta divenuti troppo anziani per compiere i loro mestieri, adatti solo a giovani licantropi energici, diventavano Guaritori, era un'arte più sobria che tutti, se adeguatamente addestrati, erano in grado di fare. Consisteva nel curare, medicare ed evitare che i giovani licantropi, soprattutto Guerrieri, morissero a causa di ferite provocate per esempio in battaglia. Avevamo tutti, in quanto lupi mannari, la capacità di autoguarirci ma purtroppo a volte non era sufficiente.
Fino a diciassette anni, all'interno del branco, si entrava automaticamente nel gruppo dei Guardiani, incaricati di vegliare e crescere i Cuccioli più piccoli.
Il punto era che, all'interno del nostro branco, uomini e donne erano uguali, anche se pensavo che le donne fossero migliori in tutto e per tutto, ma era solo la mia modesta opinione.
Quindi, secondo questa logica, una donna oltre ad essere madre poteva essere Guerriera o Cercatrice e ciò le toglieva diverso tempo, che non avrebbe potuto dedicare ai propri figli.
Quindi i Cuccioli li crescevano gli altri, i più grandi. Io ne sono un esempio.
Non era male, anche se a volte mi facevano impazzire.
Quando piangevano o facevano i capricci mi facevano arrabbiare, motivo principale per cui non avevo intenzione di diventare madre, ma soprattutto perché non avrei mai voluto che i miei figli crescessero da soli, come era successo a me.
Non davo la colpa ai miei genitori per essere morti, questo era ovvio, ma era brutto crescere da soli, senza una figura materna o paterna di riferimento.
Ho avuto solo Nathan, mio fratello maggiore, che stimavo e ammiravo molto. Tenevo a lui più di quanto potessi tenere a me stessa, ma non era come avere un padre. Dopo la loro morte era sempre stato distante ma aveva fatto del suo meglio con me. E lo apprezzavo. Era vero che a badare a noi c'erano dei Guardiani ma, prima dei suoi diciassette anni, lui era con me e ascoltavo solo lui.
Quando ebbe raggiunto l'età adatta per mettersi alla prova nella Scelta, io avevo solo nove anni e, essendo stato nominato Guerriero, sono cresciuta da sola.
Lo vedevo solo la mattina presto e la sera tardi, durante tutto il resto del giorno era fuori con gli altri Guerrieri.
Nathan mi amava molto, di questo ne ero certa, eppure mi dava la costante sensazione di sapere qualcosa che io ignoravo e il terribile presentimento del suo tentativo di proteggermi nel non rivelarmi nulla.
Non sapevo di cosa si trattava, ma ero certa che potesse riguardare i nostri defunti genitori. Sapevo che era a conoscenza di qualcosa di cui io ero all'oscuro, sapevo anche che lui si ricordava perfettamente com'era andata mentre io, avendo solo due anni, mi ricordavo molto poco e comunque, non ero sicura se quello che sognavo erano ricordi, avvenimenti accaduti realmente o incubi, partoriti dalla mia mente solo per torturarmi.
Ma dopo anni di incessanti suppliche decisi di arrendermi, a quanto pareva il destino, anche conosciuto come Nathan, non aveva piacere di rivelarmi la verità.
Erano passati quindici anni, ricordavo solo i nomi e i visi sfocati dei miei cari, quindi, di per sè, non era una perdita troppo dolorosa.
Certo, vedere gli altri miei coetanei essere accuditi e viziati dai propri genitori era stato duro, ma questo mi aveva permesso di crescere più forte, più guerriera e più temeraria.
Non sapevo se era un bene o un male, ma a questo punto...non mi importava.
Mi alzai dalla tana improvvisata in cui mi ero accoccolata, ancora con il respiro pesante per l'incubo appena terminato.
Non conoscevo la posizione esatta del luogo in cui ci trovavamo, perché eravamo un branco nomade. Non avevamo una dimora stabile. Vagavamo nei boschi, alla ricerca di selvaggina e corsi d'acqua, il più lontano possibile dagli Huma. La nostra sopravvivenza era garantita solo dal fatto che gli umani non sapevano nulla della nostra esistenza. Se lo avessero saputo, non lo avrebbero accettato e sarebbe finita male.
D'altronde le persone hanno paura di quel che non comprendono e di conseguenza cercano di eliminare la fonte del male.
Respirai a pieni polmoni l'aria fresca di natura del mattino appena raggiunto. La luce, con i bagliori lucenti dell'alba, illuminava gli alberi e le foglie, e la rugiada brillava come un tappeto di specchi, dando al tutto un qualcosa di magico.
Riordinai le coperte, ricavate con le pelli degli animali e procurate dai Cercatori e le piegai, sistemandole vicino a quelle di mio fratello, già vuote.
Quando ci stanziavamo in un luogo nuovo di un bosco ci accampavamo, sistemandoci in cerchio, in una zona più ristretta possibile. Al centro ponevamo gli anziani, le donne incinta e i Cuccioli, mentre man mano che si raggiungeva l'esterno c'erano i licantropi altamente addestrati al combattimento. Non occupavamo una zona troppo vasta, cosa che andava a nostro vantaggio, ma solo lo stretto necessario che poi sarebbe risultato più semplice da difendere in caso di attacco. Non restavamo in uno stesso posto per più di un mese, e quando ci spostavamo viaggiavamo per giorni. I malati o i più anziani spesso non ce la facevano e perivano a metà strada, ma era inevitabile. Gli Huma si sarebbero insospettiti se non avessimo fatto così, alla fine qualcuno di loro avrebbe notato la nostra presenza.
Non eravamo un branco particolarmente numeroso, eravamo stati dimezzati quindici anni fa, dopo l'attacco dei Cacciatori, gli Huma, e per paura ci eravamo diretti verso la parte opposta del globo, viaggiando per mesi. Molti non ce la fecero, morendo nella fuga, mentre quelli che sopravvissero, i più giovani ma non solo, fondarono le radici di un nuovo branco, quello che ora conosciamo.
L'ultima volta che ci avevano contati eravamo un centinaio, ma quasi ogni giorno qualcuno nasceva e qualcuno moriva quindi bene o male eravamo sempre su quel numero.
Sospirai, guardando la tana vuota di Nathan.
Guardai come ero vestita, indossavo un leggero completo di pelle, abbinato ad un paio di scarpe da ginnastica, come le chiamavano gli Huma.
Altra cosa che facevano i Guerrieri era quella di saccheggiare i villaggi, ma non quelli troppo vicini al nostro accampamento, confodendosi fra gli umani. Infatti, la maggior parte delle cose che possedevamo era frutto di questi furti. Odiavo gli Huma per natura, ma ero allo stesso tempo curiosa di vederli da vicino sapendo che, esteticamente erano uguali a noi, solo più deboli e più inclini alla morte. Mi incuriosiva lo stesso vederli con i miei occhi.
Feci una corsetta sul posto, per riscaldarmi e poi, inspirando nuovamente a pieni polmoni aria fresca, corsi verso il centro del branco, per mangiare un boccone, per cercare Drake, il mio migliore amico, e salutare Nat, sperando non fosse ancora partito con gli altri, ma soprattutto, per andare incontro al mio destino.
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SPAZIO AUTRICE
Ciao!
Bene, ci riprovo!
Come potete vedere i nomi dei personaggi e la storia in generale sono simili, ma grazie all'aiuto di 91Cross questo libro sarà il più preciso possibile, senza errori grammaticali o incongruenze.
Spero vi appassioni come quello vecchio e anche di più, anche se avete letto la versione precedente vi consiglio, se avete piacere, di rileggerla. Dato che più o meno la storia é la stessa ma diverse cose cambieranno.
Spero di riuscire a intraprendere (di nuovo) questo viaggio con voi e divertirmi come già mi era successo.
Tengo moltissimo a questa storia, d'altronde é con questo pseudo libro che il mio percorso su Wattpad é iniziato, per questo é come la mia piccola bambina e curarla al meglio é una cosa a cui tengo.
La curerò con più attenzione e spero che voi, come me, ne sarete soddisfatti.
Fatemi sapere se questo miglioramento vi piace con un commento e, come sempre, non dimenticate di far brillare una stellina!☆
Se la scuola mi darà un secondo di respiro aggiornerò anche la trama al più presto.
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