Capitolo 5

Il giorno dopo, a scuola, Sophia aveva paura di incontrare Carl, solo per ciò che era accaduto il giorno prima; eppure sapeva che doveva parlargli, prima o poi, non aveva intenzione di arrivare a sabato sera in quei rapporti con lui.
"Perché non mi hai richiamata ieri sera?" Chiese Alisia avvicinandosi, non appena Sophia ebbe aperto il suo armadietto.
"Buongiorno anche a te, Aly." Ribattè ironizzando; era abituata al fatto che, se c'era qualcosa che voleva chiederle, la prima cosa che avrebbe fatto l'amica sarebbe stata quella di fare la domanda, e nient altro.
"Sì, sì, buongiorno anche a te, Sophy. Allora, perché non mi hai richiamata?" Ripetè, mentre l'amica richiudeva l'armadietto.
"Ero troppo scioccata per parlare con chiunque ieri sera." Le rispose, stringendosi il libro al petto.
"Perché? Cosa può esserci di peggio di come ti sei comportata con Carl?"
"Ah ah ah, sei molto divertente." Sophia si girò irritata per andarsene; ma venne fermata dall'amica che, tra le risate, l'aveva afferrata per un braccio e fatta voltare di nuovo verso di lei.
"Scusa, forse ho un po' esagerato." Ammise, smettendo di ridere. "Allora? Che cosa è successo che non mi hai più richiamata, ieri?"
"Mio papà mi ha detto che i Grimes verranno a mangiare da noi, sabato sera." Rispose finalmente, mentre Alisia spalancava la bocca per la sorpresa.
"Cosa?!" Esclamò incredula, sorridendo. "Forse le mie ipotesi si avvereranno!" Alzò le mani al cielo, come se fosse appena uscita vittoriosa da una competizione.
"Ma smettila." Ribattè Sophia, dando un colpo sulla spalla all'amica.
"Sophia." Una voce maschile la richiamò, la provenienza era alla sua destra. Si voltò, ritrovandosi di fronte Carl; il sorriso scomparve dalle sue labbre, sostituito da un morderle nervoso.
"Ciao Carl." Lo salutò, stringendo ulteriormente le braccia intorno al libro; quel ragazzo le faceva sempre quell'effetto, come uno stimolo nervoso ogni volta che c'era la sua presenza.
"Piacere Carl, io sono Alisia, la sua migliore amica." Si intromise Alisia, prima indicandosi e poi facendo segno verso Sophia. "Ora, se non vi dispiace, dovrei andare, o farò tardi a lezione." Non permise a nessuno di dire niente, fece l'occhiolino all'amica e si allontanò, girandosi solo una volta per salutarli con un gesto della mano.
"Scusala, a volte si comporta in modo un po' strano." Si scusò la ragazza al posto dell'amica.
"Sembra simpatica, credo." Commentò il ragazzo, con una piccola risata. "Senti Sophia, volevo dirti una cosa." Riuscì ad attirare l'attenzione della ragazza che girò lo sguardo dall'amica al ragazzo, tamburellandosi con le dita sulle braccia e facendogli segno che lo stava ascoltando. "Volevo scusarmi per come mi sono comportato ieri, forse sono stato un po' brusco."
Sophia non seppe cosa dire all'inizio, quindi abbassò lo sguardo, indirizzandolo verso il pavimento; lo rialzò pochi secondi dopo, con un sorriso abbozzato sul viso. "Tranquillo, non dovevo farti una domanda del genere, sono stata poco sensibile." Ammise la ragazza, facendogli segno di seguirla. "Vieni, andiamo in classe intanto, così oggi non arriverai in ritardo."
Si incamminarono verso l'aula, lei facendo strada davanti, lui, rimanendo qualche passo indietro, la seguiva in silenzio. Rimasero così fin quando non si sedettero ai loro posti e lei non resistette più alla tentazione di chiedergli: "Lo sai che tu e la tua famiglia verrete a cenare dalla mia, sabato?"
Carl rimase all'inizio in silenzio, finendo di tirare fuori tutto il necessario, dopodichè la guardò negli occhi, nessuna emozione traspirava, e rispose: "Sì, me l'ha detto ieri mio padre."
"Rick si chiama, giusto?" Domandò conferma lei, mentre il ragazzo la guardava incredulo, annuendo.
"Me l'ha detto mio padre che si chiama così, tranquillo." Cercò di rassicurarlo Sophia, notando che si stava agitando. "Lavorano inseme e si sono messi a parlare ieri, per questo mio padre ha offerto una cena a casa nostra al tuo." Tentò di ironizzare, sorridendo in modo gentile.
"Si chiama Jimmy Greese tuo padre, giusto?" Chiese Carl, appoggiando un gomito sul banco e voltando il busto verso la ragazza.
"Oh sì, è lui, anche se preferisce Jim." Rispose Sophia, portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
"E tua madre? Come si chiama?" Domandò lui, mentre la ragazza cominciava a torturarsi le dita; si sentiva nervosa, perché sapeva benissimo che, se avesse riproposto la stessa domanda a lui, avrebbe potuto rovinare tutto. Carl posò una mano sopra quelle di Sophia, cercando di farla smettere.
"Non devi essere agitata, cercherò di non risponderti male come ieri." Disse il ragazzo, intuendo quale fosse la causa del suo nervosismo. "Basta che non mi chiedi niente sulla benda sull'occhio o sul perché indossi sempre il cappello."
Lei annuì, rispondendo alla precedente domanda del ragazzo mentre lui ritirava la mano: "Mia madre si chiama Mary, la tua invece?" Lo vide irrigidirsi come il giorno prima, per questo si affrettò a mettere le mani avanti e a scusarsi, prima che si arrabbiasse: "Scusa scusa, non volevo, puoi non rispondere."
"No, è solo che..." Cominciò lui, distogliendo per qualche attimo lo sguardo mentre rispondeva. "Mia madre è morta cinque anni fa, si chiamava Lori." Carl strinse forte gli occhi, ricacciando indietro le lacrime che avevano minacciato di uscire, pungendogli gli occhi come mille aghi.
"Mi dispiace, non avrei dovuto chiedertelo; oddio, quanto sono stupida." Sophia si avvicinò al ragazzo, strofinandogli una mano sulla schiena nel tentativo di consolarlo un po'; lui abbozzò un sorriso, provando a tranquillizzarla: "Tranquilla, tu non potevi saperlo e io non ti ho detto che non potevi chiedermelo. Ora -mio padre- sta con Michonne, è una donna fantastica e meravigliosa, è come una seconda madre per me." Terminò raddrizzandosi meglio.
A Sophia venne in mente la donna con la pelle scura come il mogano che aveva visto quella domenica pomeriggio, intuendo che, con molta probabilità, era lei Michonne.
"Sono contenta che tu abbia deciso di parlare con me, alla fine." Gli confidò la ragazza, sorridendogli. "Mi dispiace di averti fatto arrabbiare ieri, mi ero solo... Spaventata, ecco." Si scusò, guardando i propri quaderni.
"Non devi scusarti, non potevi sapere." Disse Carl, sorridendole veramente per la prima volta da quando si erano conosciuti il giorno prima; ma quel momento durò poco, dato che il suo viso tornò quasi subito apatico, senza emozioni.
La campanella suonò, segno che la prima ora di lezione, stava per iniziare.

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