Capitolo 1

La sveglia suonava mentre la stanza si trovava ancora al buio a causa delle tende chiuse; Sophia si strofinò gli occhi con i dorsi delle mani, sentendo il suo organismo protestare per l'orario troppo presto, perchè non ancora abituato. Si alzò a sedere pigramente, per poi gettare le gambe giù dal letto; i movimenti erano lenti e il velo di stanchezza che ancora l'avvolgeva non era di grande aiuto. Percepì il freddo del pavimento sotto i piedi quando li ebbe poggiati a terra, sentendo un brivido percorrerle il corpo. Si fece forza e finalmente riuscì ad alzarsi in piedi, avvicinarsi alla cassettiera e trovare qualcosa da indossare per il primo giorno di scuola: non era una ragazza che prestava attenzioni ai vestiti che metteva, ma cercava almeno di essere presentabile e non mischiare colori improponibili; alla fine trovò una semplice maglia grigio scuro -su cui avrebbe messo, mentre usciva, una felpa-, accompagnata da un paio di jeans neri. Li buttò sul letto, per poi dirigersi verso il bagno lungo il corridoio, per sciacquarsi il viso e cercare di svegliarsi un pochettino, scacciando così il velo di sonno che le appannava i pensieri. Forse la sua pesantezza però, le avrebbe fatto da amica, dato che da il giorno prima i suoi pensieri erano invasi dal misterioso ragazzo visto alla finestra. Quando il suo occhio di un azzurro-grigio si era posato su Sophia, le era sembrato come se l'avesse penetrata fin nel profondo, leggendola come un libro aperto. L'altro occhio, quello bendato, aveva molto probabilmente provato a nasconderlo con un ciuffo lungo, ma i bordi della fasciatura si notavano lo stesso; sembrava stufo e stanco di tutto, cresciuto troppo velocemente in un mondo che lo aveva obbligato. La mente le fu invasa da questi pensieri durante tutte le sue azioni, da quando uscì dal bagno e si vestì, alla colazione e i saluti da parte dei genitori per un buon rientro a scuola; dal tragitto casa-scuola a piedi fino al raggiungimento del proprio armadietto, quando a distrarla fu solo il saluto e la presenza allegra della sua migliore amica.
"Hey Sophy, aspettavo una tua telefonata ieri." La salutò la ragazza mentre l'abbracciava, aggrottando le sopracciglia quando ebbe visto la faccia pensierosa dell'amica. "A che stai pensando?" Le chiese un po' turbata.
"È solo che..." Cominciò Sophia, un po' titubante; le raccontava sempre tutto quello che le accadeva, era come una sorella gemella per lei, non riusciva a mentirle o nasconderle qualcosa, perché lei capiva sempre. Infatti iniziò, dicendo: "Sophy, sai che non puoi mentirmi." Le si avvicinò, cercando il suo sguardo e poggiandole una mano sulla spalla. "Che c'è che non va?"
"Un ragazzo." Disse alla fine Sophia, prendendo i libri che le servivano e stringendoseli al petto, facendosi anche un po' male allo sterno, ma utilizzandoli come scudi dall'eccitazione dell'amica, convinta che si trattasse di problemi d'amore.
"Non farti strane idee però," la avvertì in anticipo, mettendo una mano avanti come a comunicarle di frenare l'entusiasmo. "non mi sono innamorata, è solo che... Hai presente la casa vicino alla mia? Quella in vendita?" Alisia annuì, curiosa di cosa le stava dicendo. "Quella che nessuno vuole?"
"Esatto, proprio quella," confermò l'altra ragazza, continuando a parlare. "Il fatto è che qualcuno l'ha voluta, a quanto pare, e ci si è trasferito lì ieri. È una piccola famiglia -credo che sia composta da tre persone- e c'è un ragazzo. È, come dire, misterioso: sembrava che con uno sguardo si tuffasse dentro la mia anima e poi tornasse in superficie, per infine tornare alla sua vita normale." Fece un respiro, accorgendosi che stava parlando senza prendere ossigeno. "Non so perché, ma ha qualcosa di particolare, che mi attrae, capisci?"
"Vuoi sapere di più su di lui, è chiaro." Dedusse alla fine l'amica, guardandola con un sorriso. "Si chiama curiosità."
"Esatto," Le confermò. "ma lui sembra irraggiungibile, come se volesse vivere nelle ombre, nascondersi dal mondo, ferito e spaventato."
"Quanto siamo poetiche oggi, eh?" Ironizzò Alisia, facendo ridere anche Sophia.
"Ma smettila, che ti sentiresti anche tu così!" Sophia le diede un colpo amichevole sul braccio, continuando a ridere.
Le due amiche dovettero separarsi tra le risate, sovrastate per un attimo dal suono acuto della campanella, che segnava l'inizio della prima ora di lezione. Sophia si incamminò nella direzione opposta ad Alisia, salutando un paio di persone con visi familiari mentre arrivava a destinazione. Entrò in classe e prese il primo banco vuoto, sistemando i libri ed un album che portava quasi sempre con sè, in cui disegnava e scriveva, indipendentemente se fosse brava o no; tanto, oltre alla sua migliore amica, non mostrava niente a nessuno per la vergogna e l'imbarazzo. Il professore arrivò cinque minuti dopo il suono della campanella, salutando tutti gli alunni e cominciando a parlare. Come ogni anno li avvertì di studiare ed impegnarsi al massimo, soprattutto perchè era l'ultimo anno e sarebbero servite tutte le energie necessarie per superarlo al meglio. Sophia prestava poca attenzione, annoiata dalle parole dell'insegnante che non faceva che ripetere ogni anno a tutte le classi in cui insegnava. Fu così per circa una decina di minuti, fin quando non bussarono alla porta, attirando l'attenzione, non solo della ragazza, ma di tutta la classe. Il professore diede il permesso di entrare alla persona fuori dall'aula, mentre questa entrava scusandosi per il ritardo. Sophia spalancò gli occhi incredula, poggiando lentamente la matita sull'album aperto e continuando a fissare il ragazzo appena entrato.
"Bene ragazzo, sei nuovo?" Domandò cortesemente l'uomo in piedi davanti alla cattedra, sorridendo al nuovo studente.
"Sì, mi sono trasferito qui ieri." La sua voce era gentile e dolce, e come se non si fosse mai allontanato molto dalla sua voce da bambino.
"Che ne dici di presentarti alla classe?" Lo invitò l'altro, abbracciando l'aula con un movimento del braccio. Il giovane si girò, scrutando uno ad uno tutti i suoi nuovi compagni di classe, fin quando l'occhio non si soffermò sulla ragazza; la riconobbe all'istante, rimanendo ad osservarla per qualche secondo in più a bocca aperta, per poi rispondere al quesito del professore: "Io mi chiamo Carl Grimes, ho diciott'anni e sono nuovo." Guardò l'insegnante. "Direi che su di me, adesso, conoscete tutto quello che c'è da sapere."
"Perché non ti siedi?" Chiese il prof, cercando di essere il più cortese possibile; sotto quella finta maschera si notava il turbamento causato dal nuovo arrivato.
Carl si limitò ad annuire, per poi prendere posto vicino al banco di Sophia.

ANGOLO AUTRICE
Allora, cosa veloce personcine belle, volevo solo dire che pubblicherò sempre la domenica e durante le vacanze -se riesco- anche il giovedì; non ho scritto niente per questa domenica a causa dello studio e degli impegni vari. Anche se è una storia appena iniziata, ci tengo sempre a scusarmi con quelle paio di personcine belle che l'hanno cominciata, scusatemi.
Ciaoooo e spero che il capitolo vi sia piaciuto.

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