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I dieci candidati erano disposti in due file, a destra e a sinistra della sala del trono.
Erano tutti abbigliati di colori diversi: viola, verde, giallo-oro, argento, blu, azzurro. A mano a mano che venivano chiamati essi uscivano dalla loro fila e impettiti si avvicinavano al trono; con un inchino profondo affermavano, chi ingenuamente, altri con poesie, alcuni con arroganza, il loro supremo amore per la principessa.
Adelle non era convinta di nessuno di loro; notava che non erano sinceri e che si trovavano lì solo per obbligo, avarizia o persino entrambe le cose, e lei non aveva intenzione di sposare un uomo che l'aveva chiesta in sposa solamente per il suo titolo e per futuri possedimenti.
Così declinò l'offerta di uno, di un altro e un altro ancora. Finché ben cinquantatré candidati finirono per essere rifiutati da una donna sotto gli occhi di metà corte.
Ne rimasero solo dieci. Adelle si mise a osservarli con più attenzione. Non sentì battere il cuore per nessuno di loro.
«Che si faccia avanti il prossimo» proclamò l'araldo in quel momento.
Un giovane sui vent'anni, alto, capelli neri e occhi azzurri tipici della Terra d'argento, si fermò ai piedi del trono chinandosi dinanzi al re e alla regina. Adelle, che si trovava seduta di soli due gradini più sotto dei sovrani, notò nei suoi occhi, all'apparenza limpidi e bellissimi, un lampo di malizia. Pensava di essere accettato, forse per la sua avvenenza, comprese ridendo mentalmente. Era solo uno sciocco, come tutti gli altri, e lei non voleva un marito privo di intelligenza.
«Che venga presentato codesto giovane» ordinò il re.
L'araldo si schiarì la voce: «Costui è il conte Vran Almiro di Rèstia, secondo del suo nome. Ventidue anni, di notevole bell'aspetto, gli piace combattere, eccellente nell'uso della lancia, ottimo spadaccino e cavallerizzo esperto. Il suo passatempo preferito è una galoppata nelle campagne Restìne. Adora cavalcare...»
Tutta la corte cominciò a ridere, al che l'araldo fu costretto a interrompersi. Re Gunn si unì alla risata generale, per poi prendere la parola, il volto ancora rosso per lo sforzo: «Conte Van, Uar, come vi chiamate, esponete dunque la vostra richiesta.»
Il povero araldo, che non aveva terminato il suo discorso, assunse un'aria offesa mentre si faceva da parte in modo un po' riluttante. Adelle trattenne a stento un sorriso.
Intanto il conte aveva iniziato a parlare in tono convinto e testa alta: «...chiedo dunque la mano della principessa, per il profondo amore che provo per la sua altezzosa persona. Ogni volta che vedo i suoi occhi blu il mio cuore palpita, sento fremere il mio corpo di desiderio, sento...» Di colpo il conte si bloccò. Il motivo era Adelle, che si era messa a ridere ponendolo irrimediabilmente in ridicolo davanti a tutti.
«Qualche problema principessa?» Il conte era parecchio infastidito.
Adelle si tappò la bocca per calmarsi, poi tentò un approccio di false lusinghe: «Certo che no, conte Vran, chiedo venia ma mi sembravate divertente.» Sapeva che a Rèstia il riso non era ben considerato, quindi continuò per quella strada al fine di indisporlo ancora di più. «Sapete, per me è importante che si rida ed è ciò che più mi affascina in un uomo.»
«Ora basta!» Fu il re a intervenire, in tono brusco e infastidito. «Un altro si faccia avanti.»
L'araldo non fece neppure in tempo a muoversi dal suo posto, che un altro giovane lord si avvicinò ai piedi del trono. Era meno avvenente del conte, ma non poteva dire che fosse brutto con quei grandi occhi chiari e i folti capelli scuri che gli sfioravano le spalle.
Si chinò lievemente, poi accarezzandosi la barba rivolse direttamente lo sguardo su di lei. Adelle si sentì arrossire per quel gesto impudente.
Cominciò da solo a presentarsi: «Il mio nome è Godann, come il primo conte di Rèstia, e sono il fratello minore di Vran. Non sono un conte al pari di mio fratello, ma sono fiero di essere cadetto di una casata importante come quella di Rèstia. Spero dunque che la principessa mi accetti quale migliore candidato per la sua mano.»
Il re scosse la testa, apparentemente contrariato da quella insolita presentazione, ma poi disse: «Messer Godann, non è la principessa a scegliere. Sono io che dovrò accettare uno di voi.»
Il cadetto dei Rèstia rimase come interdetto: «Maestà... ma la legge...»
«La legge dichiara che il sovrano deve scegliere il marito.»
«Ma la futura sposa deve accettare...»
«Non secondo le mie di leggi.»
Godann gonfiò il petto, visibilmente colpito nell'orgoglio. «Quand'è così, vedo che voi mi avete già scartato.»
«Non darò mia nipote a un cadetto, messere.»
"Come se ti importasse di me e del mio onore" pensò Adelle in preda a una forte sensazione di fastidio.
«Bene, ordunque mi dichiaro libero di scegliere un'altra moglie.» E così anche Godann di Restia se ne andò, sotto lo sguardo divertito del conte suo fratello.
Adelle ne fu felice. I di Restia erano davvero troppo arroganti per i suoi gusti.
Il terzo tra gli ultimi candidati avanzò più timidamente, frattanto che l'araldo lo annunciava: «Principe Lendo di Rania, primo del suo nome. Vent'anni, abile spadaccino, le sue passioni sono la caccia al falcone, la giostra e i viaggi nel suo principato.»
Il principe Lendo si avvicinò e prese la parola dopo un profondo inchino: «Vostre Maestà, principessa, sono onorato di fare la vostra conoscenza. Spero vivamente di poter avere la mano dell'incantevole vostra nipote, maestà, poiché mai fanciulla mi colpì in vita mia come codesto splendore.»
Adelle si sentì arrossire e abbassò lo sguardo. Il principe era di bell'aspetto, con grandi occhi grigi, lunghe ciglia scure e folti capelli castani che ricadevano in dolci onde poco oltre le spalle. La sua delicata bellezza unita ai suoi bei modi la conquistarono subito.
Annuì fissando lo sguardo su di lui: «Anche per me è un piacere conoscervi, principe.»
Lui sorrise: «Penso quindi che vostra Altezza mi abbia appena accettato.»
«Solo come candidato speciale, principe, non fatevi illusioni» lo istigò Adelle per metterlo alla prova.
Il principe rispose esattamente come si aspettava: «Questo mi rallegra, principessa. Sarò lieto di riprovare domani, dunque.»
Secondo le regole del corteggiamento ufficiale, infatti, un candidato speciale poteva riproporsi per altri sette giorni consecutivi.
Seguirono altri due candidati, che Adelle respinse subito. Honour d'Onaria era troppo vecchio, aveva almeno trent'anni più di lei, mentre Redwyne di Redna era brutto e pure arrogante tanto quando il conte Vran e suo fratello.
Dopo di loro fu presentato Atren di Vanom, un lontano parente del re. Era tra i candidati uno di quelli che Adelle trovava più avvenenti, con quegli occhi azzurri e i capelli neri tagliati a livello della nuca. Avanzò svelto e si inginocchiò ai piedi del trono, e nel farlo lanciò un sottile sguardo ad Adelle, che ricambiò con un sorriso. «Vostre Maestà e vostre Altezze» cominciò senza dare modo all'araldo di aprir bocca. «Sono qui al vostro cospetto per chiedere la mano di colei che porta lo stesso nome di mia madre, Adelle Silver-Bane.»
Adelle rimase di sasso. Mai nessuno l'aveva chiamata con il suo nome intero senza pronunciare il suo titolo. Sollevò istantaneamente la testa tirando un enorme sospiro. Forse, pensò, c'era ancora una possibilità per lei di trovare l'uomo giusto.
«Messer Atren» disse colma di emozione «sono lieta di dichiararvi candidato speciale.»
Atren si inchinò: «Vi ringrazio Altezza.» Se ne andò svelto, passandosi una mano sui capelli scuri, lasciando il posto al decimo candidato, l'ultimo di quell'anno.
L'araldo, impettito e dritto come uno stecco, annunciò: «Principe Batan di Argenia, signore di Kaine, conte di Auglos e cavaliere ereditario di Vanar Vanom, trent'anni appena compiuti...»
Il re lo bloccò alzando una mano: «Alzati principe Batan» disse al candidato, che si era chinato di fronte al trono. «E taci pure la tua richiesta. Mi è chiaro che tu sei il candidato migliore.»
Adelle guardò verso il re, presa dal panico. "No, non farlo." Ma suo zio aveva già deciso: «Sarai tu il marito di mia nipote.»
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