Capitolo 53

Noah

Entro in casa senza nemmeno suonare il campanello, faccio un saluto a mia zia, e mi rifugio nella mia stanza.

Non so perché mi sento così. Mi sento così inutile. Vorrei tanto aiutarla. Vorrei smettesse di soffrire, di fare incubi e di piangere. Vorrei sorridesse sempre. Mi siedo sul letto e mi copro gli occhi con le mani.

Ad un tratto sento delle braccia stringermi, e la faccia di Anna nell'incavo del mio collo. Mi lascia un bacio lì e si stacca da me, per sedersi anche lei sul letto, di fronte a me.

«Che cos'è successo?» chiede, mettendo la testa da un lato.
«Niente... non ce la facevo più a stare lì»
«In realtà nemmeno io ce la facevo più.» dice, sorridendo un poco.

Io distolgo lo sguardo.

«Ehi, Noah...» mormora, mentre il sorriso scompare piano dal suo volto.
«Scusa, sono solo stanco» cerco di sorridere, ma mi viene una specie di smorfia.

Anna se ne accorge e mi mette i pollici sui lati delle labbra, creando un sorriso che resta anche quando toglie le dita. Mi mette le mani nei capelli, attirandomi a sé. Poggia le labbra sulle mie, e mi stendo sul letto, con lei sopra di me. Accarezzo la sua schiena, mentre lei si stende vicino a me, senza mai staccarsi dalla mia bocca.

«Noah...» mormora.
«Mhm?»
«Will e tua zia sono usciti, staranno da un amico di Will. Siamo soli.»
«Mhm, quindi la scusa "c'è tua zia di là" non funzionerà» alzo le sopracciglia.

Lei ride, e mi zittisce con le sue labbra.

«Già. Dai, alzati e aiutami a togliermi il vestito.»

Anna prende una mia maglietta dall'armadio e si alza. Io obbedisco alla sua frase di prima, e lei mi dà la schiena. Non vedevo l'ora di toglierle quel bellissimo vestitino a fiori.

Mi avvicino di più a lei. Le sfioro il collo con le labbra, e cerco la zip con le mani.

«Ma non c'è nemmeno la zip!» ridacchio, cercando il suo sguardo.
«Non importa, voglio che me lo tolga tu» gira la testa verso di me, facendo incontrare i nostri occhi marroni.

Sorrido leggermente e torno a baciarle il collo, scendendo lentamente verso il basso con le mani. Le prendo l'orlo del vestito e sempre con estrema lentezza glielo sfilo, e lei mi aiuta mettendo le braccia in aria. Non faccio niente di affrettato: voglio godermi ogni istante.

I suoi baci mi hanno calmato, ma sono ancora un po' frastornato dalle cose sentite prima. Passo le dita sulla pelle candida della sua schiena, e lei sussulta un po' per il freddo. Indossa ancora un pantaloncino nero e il reggiseno.

«Sei bella» mormoro vicino al suo orecchio.

Lei si mette la mia maglietta e si gira. Riesco finalmente a vedere bene il suo viso: ha le guance arrossate e le labbra che chiedono di aderire alle mie. I suoi capelli marroni sono ancora legati in uno chignon disordinato. Mi passa una mano sulla guancia, e aggrotta le sopracciglia.

«Che hai?» mi tira i capelli.
«Niente.»
«Noah... hai una faccia strana, non dirmi "niente"» insiste, dandomi un colpetto sulla spalla.
«D'accordo, va bene! Prima, a casa di mio padre... ti ho sentita urlargli contro.»

Anna strabuzza gli occhi e diventa rossa in viso.

«I-io non... Mi sono arrabbiata, non intendevo urlare così tanto. Che cosa, uhm... che cosa hai sentito?»

Non rispondo e lei annuisce.

«Magnifico.»

Si passa una mano sugli occhi e si siede sul letto. Io la seguo.

«Anie... Mi dispiace, non avrei dovuto sentire, ma-» comincio a dire, cercando la sua mano.
«Ti dirò tutto» mi interrompe, stringendo le labbra e gli occhi.
«Cosa? Adesso?» chiedo: non credo di essere mentalmente preparato.
«Sì, ma devi promettermi una cosa: non mi devi interrompere. Per nessuna ragione. Tu stai zitto e io parlo» mi punta il dito contro.

Annuisco, fissando i suoi occhi marroni. Lei si morde le labbra, giocando con l'orlo della maglietta.

«Non so nemmeno da dove cominciare» sospira.

Io sto zitto, come lei mi ha ordinato, e aspetto che lei parli.

«All'inizio... avevo quasi sedici anni. La mia famiglia si stava spezzando, e io... lo sentivo. Mio fratello aveva subito un cambiamento drastico, e non capivo il perché. Pensavo fosse a causa dell'influenza dei suoi amici, ma non ne ero sicura. Stavo male, ma non ne capivo nemmeno il motivo. Mia madre mi ha mandata da uno psicologo perché pensava fossi troppo isolata, e che stessi troppo in casa per la mia età. Non era tuo padre. A quel tizio non dicevo niente. Era troppo insistente, e tutto era troppo nuovo per me.»

Anna si guarda le mani, io invece la guardo in faccia. Voglio vedere ogni suo singolo battito di ciglia mentre racconta.
Il cuore mi sta scoppiando nel sapere che lei si sta confidando con me, eppure ho paura di quello che possa dirmi.

«Comunque non è quello il punto. Quando sono finite le vacanze estive, sono tornata al liceo e ho incontrato John. Aveva un anno in più di me, ma era nella mia stessa classe perché era stato bocciato. Lui era... gentile, dolce. Mi è piaciuto da subito. All'inizio è stato lento: mi parlava ogni giorno di più, ma non mi ha mai chiesto di uscire fino a qualche mese dopo il nostro incontro. Alla fine ho accettato di andare a cena con lui, ed è stato... bello» scuote la testa, come per rimproverare la sé stessa del passato, «Era gentile e mi riempiva di complimenti. La sua presenza mi distraeva da tutto quello che stava succedendo a casa. Ci siamo messi insieme in fretta, e tutto andava per il meglio. Davvero, ero un po' più felice del solito.»

Sorride debolmente. Io invece vorrei colpire qualcosa, ma cerco di stare fermo.

«Sai, mio fratello e John erano amici dall'inizio. Io lo sapevo, ma non ci avevo prestato molta attenzione. Adesso invece, mi rendo conto che se avesse voluto, Leo avrebbe potuto fermare tutto prima che iniziasse.»

Questa volta non c'è l'ombra di un sorriso sul suo viso: c'è solo rabbia e rimpianto. Le sue sopracciglia sono aggrottate, e le labbra strette in una smorfia.

«Dopo un po' io e John abbiamo fatto sesso. Credo sia da lì che tutto ha cominciato piano piano a sgretolarsi. Devi sapere che io stavo spesso da lui, praticamente non dormivo quasi mai a casa mia. Dopo un paio di mesi insieme però, lui ha cominciato a fare cose che mi sorprendevano. Erano cose piccole, ma che diventavano grandi a poco a poco. Tornava ubriaco fradicio dalle feste, mi urlava che ero inutile, che non mi sopportava o cose del genere. E lì una lampadina mi si è accesa in testa. Ho cominciato a capire che forse non era la persona che credevo fosse» annuisce freneticamente, socchiudendo gli occhi, «Quando mi ha colpito per la prima volta, ne ero sicura. Lo dovevo lasciare, lo sapevo. Il problema era che... John era innamorato di me, o almeno, io pensavo lo fosse. Non volevo ferirlo. Mancava poco al suo compleanno, e avevo deciso che l'avrei lasciato qualche settimana dopo.»

Anna si morde il labbro così forte che ho paura lo faccia sanguinare.

Io sono a poco così di uscire da qui, guidare fino all'appartamento di quel pezzo di merda e spaccargli la faccia.

Ma cerco di rispettare quello che mi ha chiesto Anna: lei si sta confidando con me, devo restare con lei e farle capire che apprezzo il gesto.

«Ma non avevo calcolato tutto. Un giorno stavamo tornando da una festa, e lui si è fermato in un posto abbastanza isolato. Voleva fare "l'amore" con me, e io ho acconsentito: mi sono detta che quella sarebbe stata l'ultima volta.»

Fa un respiro profondo e le sfugge un lamento. Si mette una mano sulla bocca e soffoca un singhiozzo. Le prendo la mano libera e la stringo.
Dio, tutto questo è straziante.

«I-io ero sopra di lui, e riuscivo a vedere il paesaggio fuori. Ad un tratto ho visto questo flash, come un flash che fa un telefono quando scatti una foto. Ho guardato verso quella luce, e ho visto chi c'era dietro quel maledetto telefono.»

Anna scoppia a piangere, la sua voce diventa più acuta, e fatica a parlare senza interrompersi. Stringo più forte la sua mano e le accarezzo la spalla.
Mi sento morire.

«L-lui era lì. Era lì, mi guardava con gli occhi iniettati di sangue, i capelli marroni scompigliati. Doveva essere ubriaco o fatto... Ma era lì. Mio fratello era lì» fa un altro respiro profondo e un colpo di tosse, «E n-non si è mosso nemmeno dopo avermi vista, n-non ha fatto niente, è rimasto lì, con il telefono acceso. N-non riuscivo nemmeno a muovermi. John non si era accorto di niente, e quando siamo tornati a casa non ho dormito, e sono rimasta sveglia tutta la notte. Non riuscivo a pensare ad altro. Sono tornata a casa mia per vedere se Leo voleva dirmi qualcosa, ma niente: come al solito mi ha detto c-che mi odiava e che non poteva sopportare la mia vista.»

Smette di parlare per un po', e io aspetto che si calmi, continuando ad accarezzarle la spalla. Le sue guance rosse sono bagnate dalle lacrime.
Mi mordo il labbro, cercando di calmare il mio respiro e l'istinto omicida che sta salendo in me.

«Quando ho provato a lasciare John... Lui mi ha m-mostrato il video di quella notte e mi ha costretta a restare con lui» scoppia di nuovo a piangere, senza riuscire a fermarsi, «Noah i-io non potevo fare niente, lui mi aveva in pugno, e non potevo fare niente! Tutto quello che diceva, io dovevo farlo! Quel video sarebbe stato la mia rovina! Una volta ho provato a chiedere aiuto a mio fratello, un po' più esplicitamente, ma lui non ha reagito. Non ha fatto niente, mi ha lasciata sola nei miei casini.»

Anna cerca di respirare e di calmarsi, prima di parlare di nuovo. Cerco di asciugarle le lacrime dalle guance, e mi accorgo che anche lei mie sono bagnate quando mi passo una mano sugli occhi.
Dio, sto piangendo.

Non come Anna, ma qualche lacrima me l'ha fatta scendere.

«Io e John siamo stati insieme per un anno. Nel mentre avevo cambiato psicologo: ho incontrato tuo padre. Mi ha aiutato, ma non avevo ancora lasciato John. Ad un certo punto, lui era in viaggio, e non so come, sono riuscita a cancellare il video. A quanto pare non aveva nessuna copia, perché quando gli ho detto che l'avevo cancellato e che non poteva più trattenermi mi ha lasciata andare, dicendomi che tanto aveva intenzione di scaricarmi poco dopo» tira sù col naso e mi guarda, incastrando il suo sguardo bagnato nel mio, «Volevo denunciarlo Noah, davvero! Ma non potevo farlo. Mio fratello sarebbe finito nei guai. Non potevo permetterlo. A-anche se mi odia, i-io gli voglio ancora bene, e non voglio che si faccia male.»

Questa volta mette la testa nell'incavo del mio collo, e continua a bagnarlo con le sue lacrime.

«Anie...» non riesco a dire altro che il suo nome.
«Non dire niente, ti prego» mi dice, con la voce rotta dal pianto.

Annuisco e le accarezzo il capo. Mi stendo sul letto e lei con me.

Cazzo, potrei avere un infarto talmente il mio cuore batte velocemente.

Tutto quello che Anna mi ha detto non fa altro che ripetersi nella mia testa. Mi sto sentendo male, davvero, non riesco a trattenere le lacrime che mi scendono silenziosissime sulle guance. Guardo il soffitto mentre le accarezzo i capelli, e il suo profumo inebria i miei sensi. I suoi singhiozzi sono come dei fottuti pugni nel petto, e non riesco a pensare ad altro che a due cose.

Sono innamorato di Anna Ferrari.

John Moriarty deve morire.

Ah.
AH.
Ehm... ciao?
All'inizio le due ultime frasi dovevano essere una, ma prima di pubblicare ho capito che è in quel momento che Noah capisce di amare Anna. Penso sia giusto così.
Spero vi sia piaciuto questo capitolo... ❤️
Sclerate nei commenti!!
Baci 💋
-Gaia💙

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