Capitolo 52

Anna

Non sta succedendo davvero. Non ho ancora detto una parola da quando siamo entrati nella villa. Non so cosa dire. Il Signor Bryan, o il Signor Patterson, mi ha detto qualche frase, ma non ho nemmeno ascoltato. In questo momento mi sono persa nei miei pensieri, e non so se ne uscirò fuori.

Il mio psicologo, la persona che sa tutto di me, tutto in assoluto dei miei problemi, è il padre di Noah. Quante probabilità c'erano, eh?

Cazzo, avrei dovuto accorgermene prima. Era così ovvio: i loro occhi sono identici, e se si guarda bene, anche i loro lineamenti sono simili fra loro. Hanno lo stesso sorriso. Il Signor Bryan ha i capelli leggermente grigi, ma ricci. Perché diamine non ho fatto il collegamento prima? Dev'essere perché non avevo pensato a lui da un po'.

So che Noah mi sta fissando da qualche minuto e che io non ho ancora detto nulla, ma sono come pietrificata.

«Vado ad annunciare il vostro arrivo a mia moglie, nel mentre potete accomodarvi qui» la voce del mio vecchio psicologo mi risveglia dal mio stato di trance.

Alzo lo sguardo verso di lui, che si sta allontanando, e deglutisco. Il Signor Bryan è sempre stato un bell'uomo: lineamenti marcati, dei bei occhi, le labbra piene e rosa, la pelle candida.

Ecco, forse è per questo che non ho fatto il collegamento: Noah ha la pelle molto più scura di quella di suo padre... Penso debba aver preso da sua madre.

«Io vado un secondo... fuori» balbetto.

Non lascio a nessuno il tempo di ribattere che mi fiondo fuori dal salotto, uscendo in giardino. Aria, ho bisogno d'aria.

Non guardo nemmeno dove vado, so solo che quando mi fermo sono davanti alla piscina gigante che avevo visto prima. Non riuscirò a fare come se niente fosse. Non riuscirò a cenare tranquillamente con l'uomo che sa tutti i miei problemi e i miei traumi. La rabbia prenderà il sopravvento e io non potrò fare niente per impedirlo. Quell'uomo che non solo mi ha abbandonata, ha anche abbandonato i suoi figli.

Mi guardo le mani.
Il Signor Bryan era sempre stato gentile con me, anche quando lo riempivo di parolacce perché ero arrabbiata.
Pensavo fossimo diventati amici, o qualcosa del genere, ma mi sbagliavo. Un giorno sono venuta alla sessione che aveva luogo un giorno preciso nella settimana, e cominciavo ad essere felice di andarci: mia madre non doveva più portarmici di forza, ci andavo di spontanea volontà.

E quel fatidico giorno, se n'era andato.

Se n'era andato com'era venuto: di punto in bianco. Mi aveva lasciato un biglietto con scritto che non avevo più bisogno di lui, e che doveva tornare dalla sua famiglia.

Ma non era affatto vero. Io avevo ancora bisogno di lui.

«Anna...» il mio nome è sussurrato da Noah.
«Scusa, ho solo bisogno di un minuto» mi stropiccio gli occhi, senza girarmi a guardarlo.

Lui sospira, e lo sento passarsi una mano nei capelli.

«Era il tuo psicologo, non è così? Per questo conosceva il tuo nome» la sua è più un'affermazione che una domanda.
«Sì. Sì, lo era» annuisco.

Questa volta lo guardo, e lo vedo scuotere la testa, le labbra strette fra loro.

«Forse non sarei dovuta venire» mi mordo il labbro.
«Anie, sei venuta solo per accompagnarmi. Se vuoi andiamo via» mi prende una mano e inizia a giocare con le mie dita.

So che lo farebbe davvero. Ma non posso. Non voglio scappare, non questa volta.

«No... per una volta voglio fare qualcosa per te.»
«Sai bene che mi piacerebbe tornare a casa» scuote la testa, ritrovando il sorriso, seppur leggero.
«Okay, allora per Will» dico, e lui scuote la testa, divertito.

Mi passa il pollice sullo zigomo, poi con dolcezza mi bacia le labbra. È un bacio così tenero che mi sento arrossire.

«Non mi piace che mio padre sappia più cose su di te di quante ne sappia io» si lamenta dopo essersi staccato da me.
«Te le racconterò tutte, te lo prometto. Solo... non adesso» gli dico, e gli passo una mano nei capelli ricci, cercando di rimetterli in ordine.
«Aspetterò» annuisce, prendendomi la mano.

Se la porta alle labbra e mi dà un leggero bacio.

«Andiamo?» chiede mettendomi una mano attorno alle spalle.
«Sì, dai» annuisco.

Non so se ce la posso fare, ma voglio provarci.
Per Noah. Solo per lui.

Noah

«Be' vi vedo tutti in gran forma!» dice mio padre, sorridendo.

Certo, siamo tutti felicissimi di essere qui.

I suoi capelli ricci come i miei sono tirati indietro con del gel, e il suo viso è un po' invecchiato dall'ultima volta che l'ho visto.

«Mai stata meglio» borbotta Anna.

Metto la mano sulla sua e lei mi guarda. Abbassa gli occhi marroni e mima un "scusa" con le labbra.
Prima di rientrare si è legata i capelli in una crocchia, e mi dispiace un po', perché non posso più passarci le mani.

Siamo seduti a tavola da qualche ora, e Will ha pensato a fare conversazione. Anna era un po' troppo occupata a lanciare sguardi di fuoco a mio padre, e io non sapevo cosa dire.

Cristo, mio padre era lo psicologo di Anna.
Essere consapevole che conosce i pensieri e i segreti più profondi della mia Anie mi fa ribollire il sangue nelle vene.

In realtà vederlo non mi fa incazzare più di tanto: ho solo l'impressione di cenare con uno sconosciuto. Mi sento come se quello davanti a me non fosse mio padre. Non lo so, è una sensazione troppo strana, ma sono felice di non essere arrabbiato: così non potrò rovinare tutto.

In questa meravigliosa cena, gli argomenti sono stati i voti di William, le sue partite di basket, come ci siamo conosciuti io e Anna - versione di Will - e altre cose di cui non ricordo.

«Anna, perché non andiamo nel mio studio? Abbiamo un po' di cose da dirci» dice mio padre prima di servire i dolci.

Come, scusa?

«Non abbiamo niente da dirci, Signor Bryan» ribatte Anna, guardando altrove.

Non ho ancora capito perché Anna è così arrabbiata con lui, ma glielo chiederò più tardi, quando saremo da soli.
E poi signor Bryan... È strano sentire Anna chiamarlo così. Non so perché lo chiama con il suo secondo cognome, forse è una cosa che fa fare ai suoi clienti...

«Cinque minuti, ti chiedo solo quello» la prega mio padre.

Anna sbuffa ma lo segue.
Non riesco a fare a meno di seguirli anche io dopo un po' per sapere che cosa si stanno dicendo. Lo so, sono un impiccione.

«Anna, che cos'è tutto questo rancore nei miei confronti?» sento la voce di mio padre uscire dalla porta socchiusa del suo studio.
«E me lo chiede anche? Cristo, è incredibile» lei fa una risata nervosa, o isterica, non sono sicuro.
«Perché mi dai di nuovo del lei? Pensavo avessimo superato quella cosa.»

Non riesco a fare a meno di guardare attraverso la porta.
Anna e mio padre sono in piedi, l'uno di fronte all'altro. Non sono girati verso di me, così resto un po' lì a guardare. Mio padre è vestito elegante: una camicia bordeaux e dei jeans scuri.

Anna ha le braccia incrociate, ed è appoggiata con la schiena ad un mobile. Indossa quel vestitino che le sta da dio, e che le vorrei togliere. Non riesco a vedere il suo viso, ma sono sicuro abbia le sopracciglia aggrottate.

«Come stai?» chiede mio padre.
«Come se t'importasse qualcosa» Anna scuote la testa.
«Annalisa... sai bene che mi importa.»
«Ah sì? Te ne importava tanto da lasciarmi sola? Te ne importava così tanto che te ne sei andato senza nemmeno salutare, lasciandomi solo un fottuto biglietto!»

Sussulto: l'ultima frase l'ha detto urlando. L'ultima volta che l'ho sentita urlare così era ubriaca.

«Mi dispiace, sono dovuto partire di urgenza.»
«Certo. Hai detto così anche quando hai abbandonato i tuoi figli?»

Sussulto di nuovo.
So che Anna conosceva mio padre anche prima di stasera, ma non pensavo avessero così tanta confidenza.

«Io mi fidavo di te! Pensavo fossi diverso dagli altri strizzacervelli, ma in realtà sei anche peggio. Mi hai fatto pensare che potevi aggiustarmi, e proprio quando ci ho creduto te ne sei andato.»

È molto arrabbiata. Davvero tanto. Quindi anche lei è stata abbandonata da mio padre...

«Non avevi più bisogno di me» ribatte mio padre, con un tono di voce molto calmo, anche se la situazione non lo è per niente.
«Quello vallo a dire a James, che ha dovuto passare notti in bianco solo per aiutarmi ad uscire da quei maledetti incubi. Se adesso riesco a dormire è solo grazie a lui, tu non c'entri niente.»

Solo immaginarli nello stesso letto mi fa storcere il naso.
Non mi piace il fatto che Anna abbia gli incubi, anzi, questa cosa mi fa stare piuttosto male.

«Quando me ne sono andato avevi lasciato John. Quello era l'importante, Anna. Sono partito d'urgenza, ma sapevo che James ti avrebbe aiutato» è sempre così calmo, forse è una dote degli psicologi...
«Quello era l'importante? Ma ti senti? L'ho lasciato, ma non è quello il punto! Secondo te l'ho superato? Eh? Come si fa a superare una cosa del genere, dimmelo, cazzo! Come fai a superarlo se ogni fottuta volta che ti guardi allo specchio rivedi le sue mani su di te, i commenti che ti faceva, il puzzo dell'alcool e le sue urla? Dimmelo!» adesso Anna sta gridando, e gesticolando con le mani.

Sono pietrificato.
Vorrei andarmene, ma sono dannatamente curioso, e non riesco a muovermi. Quello che ha detto Anna è vero? Davvero prova tutte quelle cose quando si guarda allo specchio?

«Cazzo, ti odio. Ti odio, mi hai abbandonata e adesso fai finta di niente!» continua a gridare, la voce rotta dal pianto.
«Se vuoi sfogarti puoi farlo» mio padre è sempre calmo e non so come cazzo fa.
«Sfogarmi, dici? Cazzo!» Anna fa una risata isterica, «Io quella notte la rivivo all'infinito. Non riesco a dimenticare, non riesco... Non riesco a guardarlo, non riesco a parlargli, non riesco a sopportarlo. Per lui è come se non fosse mai successo niente! Avevo solo sedici anni. Ero una ragazzina, dovevo ancora crescere, e invece mi hanno catapultata in un mare di problemi, e sto affogando da allora. Tu dovevi aiutarmi, e invece non hai fatto altro che farmi affondare ancora di più.»

Le sue parole mi stanno lacerando l'anima. Non riesco nemmeno a capire il loro significato, ma mi fanno troppo male. Mi si mozza il respiro.

«Hai finito?» chiede mio padre.
«No. Vaffanculo!» Anna si avvicina a lui e lo spintona, senza però muoverlo di un millimetro.

Lei continua a picchiarlo, per poi scoppiare a piangere. Mio padre la abbraccia e lei continua a piangere.
Mio dio.

«Ti propongo una cosa: faremo un'ultima sessione, proprio adesso. Quella che avrei dovuto darti prima di andarmene» dice dopo un po'.
«No, col cazzo» Anna tira su col naso, «Va bene» cambia idea, e si siede sul divano che è presente nello studio.

Mio padre si siede di fronte a lei e si mette gli occhiali. Lei incrocia le braccia al petto.

«Non so cosa dire.»
«Tu e mio figlio. È una cosa seria?» chiede mio padre.

Forse dovrei andarmene.

«Non sono cazzi tuoi» borbotta Anna, ma quando mio padre mette la testa da un lato lei sbuffa, «Sì. Almeno, per me lo è.»
«È il primo ragazzo con cui esci dopo John?»
«Sì» si guarda le mani.

C'è una strana connessione fra loro. Sono geloso di come gli dice le cose, di come Anna risponde e di come lui annuisce.

«Avete...?»

Non l'ha chiesto davvero.

«No. Non credo di essere pronta. Mi... ha dato... piacere qualche giorno fa» sussurra pianissimo, guardando fuori dalla finestra.

Non l'ha detto davvero. Dio Santo ma allora lei gli diceva proprio tutto!

Sono ancora scioccato dalle parole di Anna, quindi non sono pervaso dall'imbarazzo.

«Ti ha dato fastidio?» chiede mio padre.

Ma in che senso scusa?

«No. No, John non mi aveva mai toccata così. Adesso possiamo parlare d'altro o vuoi sapere i dettagli?» sbuffa, guardandolo in faccia.
«No, non ci tengo. Se posso chiedere... che cosa ti ha spinto a legare con lui?»
«Credi che sia strano?»
«No... è solo che da come me ne parlava sua zia qualche anno fa, non immaginavo potesse essere il tuo... "tipo"» mima le virgolette sull'ultima parola.
«Se solo lo conoscessi capiresti. Non so che cosa ti hanno raccontato su di lui, ma è una brava persona. È dolce e si preoccupa per gli altri, anche se non lo dà sempre a vedere. Hai sbagliato a non volerlo conoscere» la vedo mordersi l'interno guancia.
«Lo so. Sto cercando di rimediare» dice mio padre.

Sussulto di nuovo. Faccio solo questo stasera.

«Sei innamorata di lui?» chiede.
«Questo non te lo dico. Sono ancora arrabbiata con te, e questa sessione è finita.»

Mi allontano dalla porta dalla quale stavo ascoltando la conversazione e torno in salotto. Non riesco a pensare lucidamente. Non ci riesco, ho sentito troppe cose, sono troppo confuso e arrabbiato.

Odio sapere che Anna soffre e che io non posso fare niente per farla sentire meglio. Ha detto che sta annegando in un mare di problemi di cui non so quasi niente, e non ho idea di come aiutarla. So che vuole confidarsi con me quando sarà pronta, ma non credo di riuscire ad aspettare.

«Will, ce ne andiamo.» dico a mio fratello, che sta ancora seduto a tavola.
«Cosa? Ma non abbiamo ancora mangiato il dessert...» protesta.

Non finisce nemmeno la frase che lo prendo per il braccio e lo faccio uscire da questa fottuta villa. La nuova moglie di mio padre ci dice qualcosa, ma non la ascolto, sento solo un ronzio assordante nelle orecchie, e gli occhi che pizzicano. Ho lasciato il braccio a Will, e lui mi segue fino alla macchina.

Entriamo in macchina, e lui non dice una parola. Forse ha capito che non voglio parlare adesso. Chiudo gli occhi e stringo il volante fra le mani. Cerco di calmarmi mentre aspetto che Anna entri in macchina per potermene andare da questo posto del cazzo.

«Noah, che cosa... Andiamo via?» quando sento la voce confusa di Anna, riapro gli occhi e la guardo.

È davanti a me, in tutta la sua bellezza, con la sua crocchia quasi disfatta e gli occhi ancora lucidi.

Lei deve capire dai miei occhi o dalla mia espressione che sono sfinito, perché entra in macchina. Metto in moto e guido senza dire una parola.

Anna mi prende la mano e me la accarezza dolcemente. Non mi scosto da lei, anzi, ricambio leggermente la stretta.

Per fortuna da qui alla casa di mia zia ci vuole solo una mezz'oretta, quindi il viaggio è veloce, e dopo un po' parcheggio davanti alla casetta di mia zia. Esco in fretta dalla macchina.

Aria, ho bisogno di aria.

Eccomi!! Ce l'ho fatta ad aggiornare, non ci credo ahahah.
Spero questo capitolo vi abbia fatto emozionare almeno un po', io ho pianto un pochino mentre le scrivevo 🥺❤️
Non mi sono soffermata tanto sulle descrizioni, ma spero che non vi abbia dato molto fastidio. Magari le aggiungerò più tardi, ma adesso volevo concentrarmi sulle emozioni di Anna e sulla litigata.
Spero vi sia piaciuto lo stesso.
Baci 💋
-Gaia

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top