Capitolo 47

Anna

Apro gli occhi lentamente, e per un momento mi prende il panico. Mi viene la paura che la serata di ieri sia stata solo un sogno, e che mi sono appena svegliata.
Quando però sento un peso sulla pancia realizzo che è tutto reale: Noah è lì, la testa sulla mia pancia a metà scoperta, che dorme beatamente.

Sospiro di sollievo e sorrido debolmente, accarezzando piano i suoi capelli, per paura di svegliarlo.

Quindi ieri sera è successo davvero.

A piccoli flash mi tornano in mente gli eventi di ieri: io e Noah che giochiamo a carte, che mangiamo la pizza guardando Gumball, io che gli racconto di Jem, e...
Al solo pensiero di quello che è successo dopo sento le mie guance andare a fuoco.
Ricordo le sue labbra su di me, le mie mani nei suoi capelli...

Noah fa un verso adorabile, e spinge un poco la faccia contro la mia pancia.

Sorrido. Come siamo arrivati dall'odiarci a... questo?

Guardo l'orologio che ho al polso e per poco non mi metto ad urlare: sono le nove e mezza! Dovevo essere a scuola due ore fa!!

Cerco di alzarmi, ma Noah non me lo lascia fare: «No... piccola, resta ancora un po'» mormora, con la voce impastata dal sonno.

Quanto è carino in questo momento... Ha gli occhi ancora chiusi e i capelli ricci scompigliati. Il suo respiro è caldo sulla mia pancia, e mi fa venire i brividi.

«Non posso Noah, ho lezione!!» bisbiglio a malavoglia.

Riesco ad alzarmi, e penso sul da farsi: se mi faccio velocemente la doccia, prendo una maglietta in prestito, mi rimetto la salopette di ieri e chiedo a Noah di accompagnarmi arriverò al liceo per l'ora delle dieci. La lezione che ho mancato è educazione fisica, quindi non è così grave: troverò una scusa.

Nel frattempo mi sono chiusa in bagno, tolta i vestiti, e ho acceso l'acqua della doccia. Mi guardo allo specchio mentre aspetto che l'acqua si riscaldi e noto un punto del mio collo che è di colore rosso, anzi un po' viola.

Noah, io ti ammazzo.

Cerco nel bagno un cerotto, e per fortuna di Noah lo trovo, e lo metto sul lavandino. Entro nella doccia e mi lavo velocemente.

Aggrotto le sopracciglia, perché il succhiotto che mi ha fatto Noah mi fa tornare in mente le manie possessive di John.

John... Come osa quello stronzo rovinarmi anche questo?

Noah non è affatto come lui.

Ieri sera è stato così dolce e gentile, poi mi ha fatto provare cose che non avevo mai provato in vita mia e non mi ha nemmeno lasciato ricambiare il favore.

Provo a dimenticare John e cerco di non tardare troppo sotto l'acqua - cosa che faccio di solito - e dopo nemmeno cinque minuti esco. Metto un asciugamano intorno al mio corpo bagnato, per poi prendere il cerotto e spiaccicandolo con fretta sul mio collo.

Torno in camera di Noah, e apro il suo armadio, cercando una maglietta. Ne trovo una con scritto sopra "Whatever you're talking about, I don't care" e la prendo, per poi appoggiarla sul comodino, il tempo di mettermi la salopette a mo' di pantaloni.

Noah è sempre steso sul letto, con il petto nudo e i boxer, che mi guarda con un sorrisetto stampato in faccia. Ha gli occhi ancora semichiusi perché si è appena svegliato, ma quel fatto non gli impedisce di fissarmi così intensamente da farmi venire i brividi.

Ho solo l'intimo addosso, ma dopo quello che è successo ieri sera, e anche perché sono molto di fretta, non ci faccio troppo caso.

È strano, di solito mostrare il mio corpo mi imbarazza molto, ma adesso sono piuttosto... tranquilla. Forse è l'ansia di arrivare in ritardo.

«Buongiorno» dice lui, stropicciandosi un occhio con la mano, «Quella è una mia maglietta?» aggiunge guardando la maglietta che mi sono appena infilata.
«Sì. Meglio se ti alzi, devi accompagnarmi al liceo» ribatto, cercando di non usare un tono di voce cattivo: so quanto è brutto essere trattati male appena svegli.

Lui si lamenta ma si alza e lo vedo avvicinarsi a me dallo specchio.
Mentre io cerco di allacciarmi la salopette, lui si sporge a baciarmi il collo, ma quando si accorge del cerotto mi guarda male.

«Come hai osato nascondere la mia opera d'arte?» dice, ma lo vedo sorridere, mentre gira un po' la testa, per baciarmi sul lato libero del collo.
«Diciamo che la tua arte non è apprezzata nel posto nel quale studio» dico con difficoltà, e chiudo gli occhi quando mi tira il lobo dell'orecchio con i denti, per poi tornare a baciarmi la pelle ormai leggermente arrossata del collo.
«Smettila, dobbiamo andare» aggiungo girandomi verso di lui, per poterlo vedere direttamente in viso.

Le sue iridi marroni passano dalle mie labbra ai miei occhi, e mi passa dolcemente un dito sulla guancia. Sì, da appena sveglio è proprio un angelo.

«D'accordo... mi vesto e arrivo, aspettami fuori» dice, toccandomi i capelli, che ho lasciato sciolti.

Prima di uscire gli bacio le labbra, poi prendo lo zaino, e dopo cinque minuti nemmeno, mi porge il casco, e saliamo sulla sua moto.

«Stringiti forte» mi dice quando gli metto le braccia intorno alla vita.

Dopo una decina di minuti, arriviamo davanti al liceo, e scendo in fretta e furia dalla moto, dandogli il casco.

«Fra tre minuti dovrei essere in classe, quindi devo correre. Ciao» gli dico, mandandogli un bacio con la mano, visto che con il casco non gliene posso dare uno vero.

«Non riesco ancora a credere che tu mi abbia lasciata sola durante la lezione di educazione fisica» borbotta Giada.

Siamo in pausa pranzo, e come al solito usiamo fare quando abbiamo due ore per mangiare, siamo di nuovo nel parchetto vicino al nostro liceo.

Giada è stesa sull'erba, con gli occhi chiusi.

Da quando Noah mi ha accompagnata, io e Giada non ci siamo scambiate quasi una parola, perché la professoressa di storia ci ha messe lontanissime l'una dall'altra. Dopo le due ore sono riuscita a dargli qualche spiegazione della mia assenza, ma a quanto pare non abbastanza, perché si sta di nuovo lamentando.

«Te l'ho già detto, è colpa di Noah: non ha messo la sveglia apposta» le dico, rubandogli una patatina dal sacchetto che tiene nelle mani.

Lei si mette a sedere, e sorride.

Oggi si è messa dei jeans neri e una maglietta verde chiaro con sopra scritto "I'm in the world to change it". I suoi capelli corti sono legati in una piccola coda, e attaccata al suo collo posso vedere la sua catenina preferita.

«Ho capito. Però è stato carino» sorride.
«Non è vero.»
«Sì invece, l'ha fatto per stare un po' di più con te» si sistema gli occhiali.
«Okay, hai ragione» ammetto, abbassando lo sguardo, mentre un piccolo sorriso si fa spazio sul mio viso.

Lei annuisce, e poi sembra notare qualcosa sui miei capelli, perché sgrana gli occhi e si mette una mano sulla bocca.

«Che c'è? Ho un'ape addosso?» chiedo, un po' impaurita, perché le api sono una delle mie fobie più acute.
«No... hai...» sembra non trovare le parole, ma le sue labbra si distendono in un piccolo sorriso, mentre con la mano mi tocca il punto dove ho messo il cerotto questa mattina.
«Cazzo, Giada... mi hai fatto prendere un colpo» dico, e sento il mio viso andare a fuoco.

Aiuto, mi ha scoperta.

«Quello è... quello che credo vero?» balbetta, mettendosi le due mani sulle guance.
«Sì Giada, in realtà Noah è un vampiro» dico con sarcasmo, e lei mi guarda male.
«Smettila di prendermi in giro o mi metto ad urlare che Noah Patterson ti ha fatto un succhiotto.»
«Okay!» alzo le mani in segno di resa.
«Ora mi vuoi dire che cosa avete fatto ieri? Ti prego» dice facendo gli occhi dolci.

Annuisco, e comincio a raccontargli tutto.

«Gumball? Non pensavo che a Noah piacesse» dice perplessa.
«Infatti non gli piace, l'ho guardato da sola» dico facendo le spallucce.
«Cosa? Ma poverino!» esclama, mangiando un'altra patatina.
«Poverino cosa che era steso sul divano come se fosse dallo psicologo con le mie gambe come cuscino? E tra l'altro non la smetteva di giocare con i miei capelli» ribatto, ridendo un poco.
«E poi? Che avete fatto?» chiede incuriosita.
«Siamo andati a dormire, ma poi gli ho parlato di Jem. E di Mary.» dico, e la sua espressione passa in un attimo dall'eccitazione alla rabbia.

Con Marlena non ci abbiamo parlato, anche se ieri mi ha bombardato di messaggi e di chiamate. Certo, sono più arrabbiata con Jem che con lei, ma se vuole scusarsi dovrà farlo faccia a faccia.
Oggi però non è venuta a lezione, quindi non ne ha avuto l'occasione.

«Quella stronza» stringe i denti.
«Non dire così.» le lancio un'occhiataccia.
«Non ci credo, l'hai già perdonata?» chiede, accigliandosi.
«Certo che no! Ma non ci ha ancora detto niente, magari aveva una ragione» dico, guardando da un'altra parte.
«Ma se non ci credi nemmeno. Se fossi in te sarei su tutte le furie: insomma, James mi sta simpatico, ma è il tuo migliore amico, e mentre tu gli raccontavi tutto di Noah, lui non ti diceva niente di Marlena. Poi lei è ancora peggio: ha sempre saputo quanto contasse per noi la fiducia dopo l'ultima volta, e invece ci ha nascosto questo. Chissà quante altre cose non ci avrà detto» esclama, con la voce carica d'odio.

Io non rispondo, e continuo a guardarmi le mani.

«Scusa. Magari sono stata un po' troppo diretta» dice, mettendomi una mano sulla spalla.
«Non importa. Lo so che quando ti arrabbi le parole ti sfuggono di bocca» dico, anche se le sue parole mi hanno ferita davvero.
«E Noah che ne pensa?»
«Ha detto che James avrà sicuramente avuto una buona ragione.»
«Ma se non gli piace nemmeno James?» si acciglia di nuovo.
«Gli ho detto la stessa cosa» sorrido debolmente al ricordo.
«E che cosa ti ha risposto?»
«Ha detto: "mi piaci tu".» alzo le spalle, anche se sto sorridendo.
«Awwww» spinge il viso contro la mia spalla.
«Invece tu e Ross che cosa avete fatto? È da un po' che viene spesso da te... non è che siete passati al livello superiore e non me l'hai detto?» 

Sì, sto cercando di cambiare discorso.

«No! Certo che no, te l'avrei detto» esclama, arrossendo di brutto.
«Peccato. Perché no?»
«Non sono sicura... io sono ancora vergine se ricordi.»

A quelle parole mi tornano in mente John e le notti che abbiamo passato insieme. Vorrei tanto non averle mai vissute.
Mi schiaffeggio la fronte mentalmente perché questa è la seconda volta che penso a lui oggi.
Riesce a darmi fastidio anche quando non c'è.

«Lo so, lo so... ma non vedo una persona migliore che Ross con cui fare la tua prima volta» ribatto, e lei annuisce.

Prendo una patatina e me la ficco in bocca, aspettando che lei dica qualcosa.

«Gli ho detto "ti amo"» mormora dopo un minuto di silenzio assoluto, e io per poco non sputo l'acqua che stavo bevendo.
«Che cosa?!» esclamo strabuzzando gli occhi.

E così Giada inizia a raccontarmi nei minimi dettagli la serata di ieri che ha passato con Ross. Mi dice che lui aveva cominciato a parlare di quanto gli piaceva stare con lei e bla bla bla, alla fine lei lo aveva interrotto dicendogli ti amo. E ovviamente - perché se avesse osato fare altrimenti sarei andata a dirgli qualche parolina - gli ha detto "ti amo" anche lui.

«Okay però ora non cominciate a dirvelo in ogni frase, perché quello proprio non lo potrei sopportare» ridacchio, alzandomi, mentre lei mi dice che non devo preoccuparmi.

La pausa pranzo è quasi finita, e fra poco bisognerà tornare in classe.

«Oh no. Ora abbiamo italiano. Sparami, ti prego, metti fine alle mie sofferenze» mi implora, prendendo le mie mani nelle sue.
«Eh, no. Mi dispiace. Altrimenti come faremo ad andare a prendere il gelato?»

Al solo pensiero il mio stomaco fa le capriole.

«Hai ragione... Posso resistere ancora un po'.» dice, lasciando le mie mani.
«Dai, andiamo» dico, e lei annuisce.

La seguo e non riesco a fare a meno di pensare ad una cosa: quando tornerò a casa vedrò James.

Non posso evitarlo per sempre.

Ehilaaaa come va?
Questo è un capitolo di passaggio, ma spero vi piaccia!! Ditemi che ne pensate nei commenti!!
Baci 💋
-Gaia

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