Capitolo 40

Noah

«Sei impazzito» conclude Anna dopo le mie spiegazioni.

Siamo fermi nel parcheggio di un autogrill da cinque minuti.

Probabilmente sono impazzito. Ma non ho altra scelta. Ho spiegato ad Anna che vado a trovare la mia famiglia un week-end su due per stare con loro e assicurarmi se stanno bene, e che questo week-end non ce la facevo ad andarci.

Davvero, non posso. Non da solo, almeno.

Anna si sarebbe davvero buttata fuori dalla macchina in movimento piuttosto che venire con me. Per questo ho fermato la macchina, gli ho chiesto se potevo spiegargli, e lei ha acconsentito, anche se sbuffando. So che è arrabbiata con me e che non vuole ammetterlo, e voglio farmi perdonare. Magari l'avrei fatto con più calma, ma avevo bisogno di lei e non potevo proprio aspettare.

«Lo so, ma se non mi accompagni tu non ci vado» dico accigliandomi.
«Ma se mi hai detto che tua zia ci tiene?» chiede lei scuotendo la testa.

Infatti poco prima, le ho spiegato che a casa non troverà mia madre, ma mia zia, che si è occupata di me da quando mia madre se n'è andata: sono andato a vivere da lei compiuti i miei dieci anni. Come direbbe Giada, o come si chiama, "Tipico passato da bad boy".

Bleah, quella ragazza mi ha contaminato con le sue fanfiction del cazzo.

Anna si è un po' addolcita quando gliel'ho detto, anche se non era mia intenzione. Poi, le ho detto della malattia, e mi è sembrato di vedere tutta la sua rabbia nei miei confronti evaporare.

Che poi si sa, l'età non porta solo saggezza, ma anche varie malattie. A mia zia è toccata quella della memoria. Da quando il dottore ce l'ha annunciato, mi è venuto sempre più difficile andarla a trovare. Ogni giorno speravo che arrivato davanti alla porta di casa mi avrebbe riconosciuto. Lo spero anche adesso. La mia più grande paura è che si dimentichi di me. Ma nel fondo so che potrebbe succedere.

Mia zia è sempre stata imbranata, quindi all'inizio la malattia non era molto evidente, ma dopo un po' mi sono accorto che si dimenticava di certi eventi, come il divorzio con lo zio: un giorno l'ho sentita che lo chiamava per farlo venire a pranzo. Quando gli ho ricordato che non abitava più lì da sette anni ormai, lei si si era accigliata, ma poi aveva annuito, dicendo che era una sciocchina.

«Ecco perché devi venire con me» ribatto, girandomi per guardarla.
«Noah ma tu ti rendi conto con chi stai parlando? Sento che mi sta per venire un attacco di panico» si passa una mano nei capelli, per poi uscire dalla macchina, sbattendo la portiera.

Sapevo avrebbe reagito così. Impreco a bassa voce ed esco anche io.

«Ti ricordi quando siamo andati a cenare con Ross e Giada? Be' è più o meno la stessa cosa, e se ricordi te la sei cavata piuttosto bene» cerco di sdrammatizzare.
«Ross è Giada è una cosa, ma la tua famiglia? Non mi conoscono nemmeno. E poi io e te...» abbassa gli occhi mentre dice l'ultima frase.

Quando l'ho vista vestita così, con quel vestitino che mi aveva fatto impazzire l'ultima volta, i capelli marroni legati in uno chignon disordinato, ho pensato che somigliasse davvero ad un angelo.

«Anna... Ti prego, fammi questo favore. Poi ti lascerò in pace per sempre» dico guardandola rifarsi lo chignon.
«Non posso. Non ce la faccio, Noah, odio recitare» borbotta lisciandosi il vestitino a fiori.
«Non ho mai parlato di-» inizio a dire, ma mi interrompo quando mi lancia un'occhiataccia.
«Scherzi, vero? Non posso fare finta che tra noi vada tutto bene, tantomeno far finta di essere la tua ragazza.»
«Come...» hai fatto ad indovinare, ma non lo dico ad alta voce.
«Oh lo sapevo!» dice nascondendosi la testa fra le mani.
«Per favore, è solo per rendere mia zia felice» dico prendendogli la mano.

Lei la tira via e mi guarda, con le sopracciglia aggrottate. I suoi magnetici occhi marroni sono arrabbiati, lo capisco.

«Avresti potuto chiederlo alla biondina» stringe le labbra.

Dio, basta con questa biondina!

«Anna, ti ho già detto che-» faccio per avvicinarmi a lei, ma vengo bloccato dalle parole che escono con rabbia dalla sua bocca.
«Smettila di dirmi che fra voi non c'è niente perché non è vero! Ha passato la notte da te! E io che pensavo che fra noi ci fosse qualcosa... in realtà non sono niente per te, solo una ruota di scorta che tiri fuori quando ne hai bisogno!» esclama, cominciando a gesticolare con le mani.
«Non è vero» dico.

Lei incrocia le braccia al petto, scuotendo la testa.

Io sospiro, e comincio ad avvicinarmi a lei, mentre continuo a parlare: «Non ho mai abbracciato qualcuno come ho fatto con te. Non ho mai baciato con dolcezza qualcuno come ho fatto con te. Non ho mai mangiato dei pancakes con una ragazza dopo aver dormito con lei come ho fatto con te. Non c'è una persona, nemmeno una, che è stata così tanto tempo nella mia testa fino a farmi impazzire come hai fatto te.»

Ormai i miei capelli le solleticano la fronte, mentre lei mi guarda con gli occhi leggermente spalancati.

«Se caso mai c'è qualcuno qui che è la mia ruota di scorta... è la biondina, non tu» sussurro alzando una mano verso di lei per poi lasciarla ricadere, sapendo che al mio tocco sarebbe scappata, «Non ti ho cercata perché pensavo che era quello che volevi. Pensavo che se avessi insistito, ti avrei fatto ancora più male, almeno, se non sapevo esattamente che cosa volevo da te.»
«E adesso lo sai che cosa vuoi da me?» continua a guardarmi negli occhi, costringendomi ad affondare in quelle bellissime pozze nocciola.
«Ci sono quasi» sorrido leggermente, «Ma per adesso, voglio che tu mi accompagni. Per favore, Anie, è molto importante per me.»

Lei si morde il labbro, distogliendo lo sguardo dal mio. Ha gli occhi lucidi, e deglutisce più volte prima di tornare a guardarmi.

«E va bene, ma non pensare che abbiamo fatto pace. Lo faccio solo perché...»

Non la lascio nemmeno finire che le mie labbra si ritrovano sulle sue.
Volevo baciarla dal momento in cui era entrata in macchina. Mi erano mancate le sue labbra, i suoi occhi, la sua voce, i suoi capelli. Mi erano mancate le sue mani, che adesso mi sfiorano piano il petto da sopra la camicia che indosso. Lei è sempre un po' rigida, perciò mi limito a lasciarle un bacio a stampo.

«Questo era per mettermi nei panni del personaggio?» chiede quando mi tiro indietro.

Un debole sorriso si fa spazio sul suo viso.

«Più o meno» gli accarezzo la guancia con un dito.

Lei si scansa dal mio tocco, entrando in poi in macchina.

Successivamente, Anna manda un messaggio a sua madre, dicendole che sarebbe andata da una certa Marlena, chiamando poi la sua amica per dirle di reggere il gioco.

Quando riattacca, comincio a parlargli degli altri membri della mia famiglia, mentre lei diventa bianca in viso. Eh già, mia zia ha dovuto occuparsi di quattro bambini da quando sono arrivato io: in casa vivono mio fratello e i due gemellini di una sorella di mia zia, che non ha abbastanza tempo per loro. Per lei è sempre stato un piacere occuparsi di noi come se fossimo i suoi figli, perché era sempre stata triste del fatto che non ne potesse avere.

«In realtà i gemellini sono i miei cugini, ma preferisco chiamarli fratelli.»
«Oh, e come si chiamano?» dice mettendosi una mano dietro la nuca.

Penso si stia iniziando a pentire di aver accettato.

«I gemellini si chiamano Sam e Clary. Hanno quattro anni. William, detto Will, è il mio "vero" fratello. È l'uomo di casa, e ha quattordici anni.»
«Due personaggi principali di Shadowhunters si chiamano come-» si interrompe, capendo che non ho idea di che cosa lei stia parlando, «Lascia stare. Sono dei bei nomi.»
«Vedrai che andrà tutto bene, loro ti adoreranno» dico scorgendo l'asia nella sua voce.

Lei non dice niente, così decido di mettere la radio, cercando di trovare un modo di far passare queste due ore di viaggio più in fretta.

Eccomi!!
Scusate ancora per il capitolo corto, ma il prossimo sarà lungo e non volevo annoiarvi troppo ahahaha ❤️❤️
Ditemi che cosa ne pensate, come al solito ☺️
Baci 💋
-Gaia 💙

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top