Capitolo 33

Anna

Arrivata al cancello provo a spingerlo, ma non si smuove di un millimetro: è chiuso.

Dopo aver passato le due ore con James, lui mi ha riaccompagnata a casa, per poi sparire dentro la sua, lasciandomi sola. Stare con lui mi ha fatto del bene: non solo perché vederlo dopo così tanto tempo mi è piaciuto, ma anche perché mi sono accorta che il nostro rapporto non è cambiato come credevo. Pensavo che il suo viaggio all'estero ci avesse allontanati e che lui avesse capito che stare senza di me era piacevole, ma a quanto pare mi sbagliavo: le sue braccia sono sempre lì per me, e anche i suoi occhi, e purtroppo anche le sue lacrime.

Continuo a provare ad aprire il cancello, ma visibilmente mio padre dev'essere tornato a casa ed averlo chiuso lui. Suono il campanello, ma nessuno mi viene ad aprire.
Grandioso.

Sospiro e mi metto una mano sulla fronte, rassegnata a dover restare fuori finché mia madre non si accorgerà che le due ore sono passate, quando sento il rumore della porta di casa che si apre. Mi alzo sulla punta dei piedi per sbirciare e capire di chi si tratta, e quando vedo dei capelli ricci scuri sorrido.

«Noah!» lo chiamo, facendo un gesto con la mano.

Non so se questa cosa che sento nella pancia ogni volta che lo vedo è normale, ma faccio finta di niente quando apre il cancello e si ritrova davanti a me in tutta la sua bellezza.

Indossa una maglietta bordeaux a maniche corte, piuttosto larga, che a mio dispiacere non mostra molto i muscoli del suo petto, ma gli dà un'aria molto dolce. I pantaloni invece sono dei jeans neri, e quando torno a guardare il suo viso intravedo una punta di fastidio, che sparisce appena mi vede.

«Anie, ciao» sorride, mostrandomi i denti.
«Tutto bene?» chiedo, solo per essere sicura: non mi piace vederlo turbato.
«Ho incontrato tuo padre. Per la prima volta» alza le sopracciglia arricciando il naso in una smorfia buffissima, e faccio fatica a non ridere.
«Ah» mormoro.

Mio padre è quello che qualche giorno fa mi ha detto di stargli lontana e di non frequentarlo più.

«Già. Hai un'idea del perché mi odia?» si acciglia, mettendosi una mano dietro la nuca.
«Non ti odia, ha solo molti pregiudizi» cerco di non offenderlo.

Insomma, mio padre è il tipo di persona che quando vede qualcuno vestito tutto di nero, con dei tatuaggi e dei piercing, pensa subito sia o un tossico o un terrorista. Però Noah non ha quell'aspetto: per questo non ho ancora capito perché i miei sono fissati sul fatto che con lui non ci devo stare.

«Pregiudizi? Ma se sono adorabile?» fa un sorrisetto che, in effetti, è adorabile.
«A quanto pare il tuo fascino non fa colpo su tutti...» alzo le spalle.
«Su te ha fatto colpo però» il suo sorriso diventa malizioso.

Mi prende per la nuca e mette le sue labbra sulle mie. Mi sciolgo fra le sue braccia, ma mi tiro indietro a malavoglia: «Noah... già gli stai antipatico, se ci vede così ti licenzierebbe» ridacchio un poco.

Ci spostiamo un po' più in là, per non essere scoperti.

«Cazzo, spero proprio di no» strabuzza gli occhi, mentre mi mette le mani ai lati della testa, bloccandomi contro il muro.
«Hai molto bisogno di quei soldi, non è così?» gli chiedo.
«Ho una famiglia da mantenere» sorride un poco, continuando a guardarmi la bocca.
«Se hai bisogno di qualsiasi cosa...» comincio a dire, ma lui mi interrompe.
«In questo momento ho bisogno delle tue labbra» e senza lasciarmi ribattere mi bacia.

Questa volta col cavolo che mi tiro indietro. Gli afferro il colletto della maglietta per attirarlo di più a me, mentre lui accarezza la stoffa del mio vestito. Sorride sulle mie labbra, per poi stuzzicarmi la lingua con la sua.
D'un tratto il suo telefono squilla, ma lui non risponde, continuando a baciarmi. Poi però si stacca perché il telefono non smette di squillare, e quando legge il messaggio che ha ricevuto fa una smorfia.

«Devo andare, Ross mi sta aspettando» mi passa il pollice sulle labbra.
«Okay... salutalo da parte mia» guardo per terra.
«Sì e tu salutami quattrocchi» ridacchia per poi salire sulla sua moto, che non avevo nemmeno notato, e sparire dalla mia vista.

Quattrocchi? Ma certo, si riferisce a Giada. Dal tono di voce che ha usato Noah, si capisce che l'ha detto per scherzare, e non per offenderla. Ma se la chiama così in sua presenza, potrebbe ritrovarsi con un braccio rotto, quindi devo ricordarmi di avvisarlo.

Apro piano la porta di casa, sperando che nessuno mi senta. Non ho la minima voglia di parlare con i miei ma, ahimè, arrivata in salotto incrocio mio padre, che è impegnato a leggere un libro. Lo saluto, pregando che non mi chieda nient'altro.

«Annalisa, dobbiamo parlare» dice prima che io riesca a raggiungere la porta di camera mia, con un tono di voce che mi fa venire i brividi.

Ahi, quando mi chiama Annalisa è che dev'essere arrabbiato con me. Che cosa ho fatto questa volta? Non gli basta la punizione che mi ha dato per essere uscita con degli amici?

«Ehm, ma ora dovrei andare a studiare, quindi possiamo parlare dopo?» chiedo, mettendomi una mano sulla nuca.

Fa che dica di sì, fa che dica di sì.

«Fra un'ora devo prendere un aereo per Amsterdam. Ci vorrà solo qualche minuto» dice, incrociando le braccia al petto.

Cavolini. Indossa un completo nero elegante e i suoi capelli marroni sono tirati all'indietro con del gel, dovevo immaginarmi che sarebbe partito per un viaggio.

«Okay. Che succede?» mi arrendo, osservando i suoi frustrati occhi verdi.
«È da una settimana che ho attivato le telecamere di sicurezza, per verificare il loro funzionamento. E ieri ho riguardato i video» aggrotta le sopracciglia.

Oddio, magari ha scoperto che mio fratello fuma? No, Leo non fumerebbe mai in giardino.

«Non capisco dove vuoi arrivare» chiedo perplessa, mettendo la testa fra un lato.
«Quelli che mi hanno intrigato di più sono quelli della piscina» aggiunge.

Quelli della- AH. Oh cavoletti.

Sento le mie guance andare a fuoco.

«Oh.»
«Già. Sapevo che non avremmo dovuto assumerlo» si rimprovera camminando verso la cucina.
«Oddio, non esagerare! Ci siamo baciati solo una volta! Non c'è niente fra noi» mento, inseguendolo.
«Una volta è già troppo. Non posso permettere che mia figlia sprechi il suo tempo per uno... uno come lui. La prossima volta che verrà in questa casa sarà l'ultima» dice, con un'espressione di disgusto sul viso.

Uno come lui cosa? Non lo conosce nemmeno!

«Cosa? Ma perché? Leo ha fatto dei progressi, non è quello che volevate?» esclamo, senza riuscire a mantenere la calma.

Di solito non alzo mai la voce con mio padre, ma non voglio che licenzi Noah per colpa mia. Ho capito quanto sono importanti quei soldi per lui.

«Mancano solo due mesi alle vacanze. Leo può cavarsela da solo.»
«Stai scherzando? Sai bene che-»
«È deciso!» ringhia, aggrottando le sopracciglia.

Sussulto, e non riesco a trattenere una lacrima, che mi cola lentamente lungo la guancia. Nella testa continua a frullarmi l'immagine del viso di Noah quando gli ho detto che se mio padre ci avesse visti insieme lo avrebbe licenziato, e stringo i denti.

«No! Ti prego, i-io non gli parlerò più e-e resterò chiusa in camera mia. Non farlo solo per me, fallo anche per Leo!» lo supplico, balbettando.

Devo smettere di essere egoista. Noah è sempre stato gentile con me, ora tocca a me fare qualcosa per lui, anche se significa farmi del male.

«D'accordo...» dice dopo averci pensato su per qualche interminabile secondo, «Ma ti giuro che se ti vedo con lui ancora una volta, sarai in punizione per tutta l'estate.»

I suoi occhi verdi mi fulminano, e mi accorgo che sta stringendo i denti. Deglutisco ma annuisco.

«Puoi andare» dice una volta datomi la schiena.

Non dico niente per paura di insultarlo, e corro in camera mia, chiudendomi dentro a chiave. Ormai le lacrime scorrono veloci sulle mie guance, e anche se mi viene la voglia di spaccare qualcosa, mi limito a scivolare contro il muro, e restare lì, in terra, coprendomi la bocca per non fare uscire nessun suono da essa.

Perché i miei non hanno fatto così quando ho cominciato ad uscire con John? Forse perché aveva la pelle candida e veniva a prendermi con una Porsche o una qualsiasi macchina costosa? Se avessero fatto così non ci sarebbe stato il bisogno di mandarmi da uno psicologo per convincermi ad andare di nuovo a scuola.

Non capisco... Se solo si impegnassero per conoscere meglio Noah capirebbero che è mille volte più simpatico e gentile che John. Ma ovviamente i miei genitori sono pieni di pregiudizi e nessuno può fargli cambiare idea.

Noah è una delle poche persone che mi rendono davvero felice, e sapere che me ne sto privando mi fa mancare il respiro. Sapere che mio padre lo odia per davvero e che non potrò mai passare del tempo con lui senza mentire continuamente è straziante, ma cerco di consolarmi con delle parole false.

Sarebbe finita lo stesso anche prima di iniziare. Non avrebbe mai funzionato. Si sarebbe stancato di me e avrebbe fatto ancora più male. È meglio così. È meglio così.

Salve, come va??
Insomma, mai una gioia nella vita di Anna...
Che ne pensate del comportamento del padre? Piccola sorpresa: pubblicherò il prossimo capitolo questa sera stessa o domani nella giornata ♥️
Ditemi cosa ne pensate nei commenti 🥰
Baci
-Gaia 💙

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