Capitolo 21

Anna

Lo guardo allontanarsi e sorrido fra me. Certo che è proprio scemo... ma questa volta non mi arrabbio. Forse le sue intenzioni sono state carine. E poi... non ho la forza necessaria per arrabbiarmi anche con lui.

Mi passo un dito sulle labbra. E pensare che le sue erano sulle mie qualche secondo fa... Certo che una leggera ramanzina gliela dovrò pur fare... Ma è stato... Decido di non pensarci, perché so che se lo farò rovinerò tutto.

Mi volto verso la casetta da dove sono scappata e sospiro: devo cercare di rimediare. Almeno questo posso farlo, no?

Faccio un respiro profondo, e guardo un'ultima volta la macchina di Ross, che se ne sta andando. Combatto con tutta me stessa per non correre da loro e tornare a casa, da James, e riesco a incamminarmi.

Quando rientro in salotto, trovo Finn seduto sul divano vicino al tavolo. Un ciuffo dei suoi capelli marroni gli ricade sugli occhi, e si affretta a rimetterlo a posto con una mano.

«Pensavo te ne fossi andata con loro» dice con un tono leggermente annoiato.
«No, ero uscita a prendere un po' d'aria» dico piano, e lui ridacchia scuotendo la testa.

Non sono molto in vena di parlargli: dopotutto è in parte colpa sua se Giada non è riuscita a trattenersi dal l'insultare Jane.

«Hai qualche problema?» chiedo, incrociando le braccia al petto.
«Sì. La tua amica è un problema. Jane sta male per colpa sua» dice alzandosi.
«Non parlare come se conoscessi tutta la storia» borbotto: mi sta cominciando a dare sui nervi.

Questo ragazzo si è infilato nella nostra vacanza ed è stato sempre zitto, senza mai cercare di fare conversazione, e proprio adesso che si è accorto della mia debolezza ha deciso di aprire la bocca?

«La storia la conosco: la tua amica è gelosa della mia Jane. E in un certo senso la capisco, tutti sono gelosi di lei: è perfetta, e la sua vita sta andando per il meglio. Per questo ha voluto rovinare il suo viaggio: perché è una stronza gelosa.»
«Come scusa?» dico alzando le sopracciglia.
«Ho detto che è una stronza gelosa.» ripete, ma appena finisce la parola, la mia mano parte da sola, dandogli uno schiaffo.
«Se ti azzardi a chiamarla così un'altra volta ti do un pugno» borbotto.

Lui rigira la testa verso di me lentamente, ancora rosso in faccia, a causa del mio schiaffo.

«Non sto cercando di creare problemi, sto cercando di risolverli, quindi se non ti dispiace, chiudi quella bocca prima che io cambi idea» aggiungo quando lui sta per parlare.

Mi avvio verso la camera di Jane, mentre lui mi lancia uno sguardo carico di odio. Sono arrabbiata, anzi, sono furiosa con Giada, ma quel tizio non si deve permettere. I miei amici restano miei amici, anche quando litighiamo, e non mi piace quando la gente parla male di loro pensando di conoscerle. Soprattutto se si tratta di Giada.

Arrivata davanti alla porta non busso nemmeno e la apro, trovando Jane seduta sul suo letto, con lo sguardo fisso sul suo telefonino. Quando mi schiarisco la gola per attirare la sua attenzione, lei gira la testa e mi guarda dall'alto in basso, per poi tornare a guardare il suo telefono.

«Pensavo te ne fossi andata» sbuffa.
«Pensi che io farei una cosa del genere?» chiedo, restando incollata allo stipite della porta.
«Sinceramente non lo so. Non pensavo che Giada potesse fare qualcosa del genere, chi mi dice che tu non sei cambiata come ha fatto lei?» ribatte, alzando gli occhi marroni dal suo cellulare per puntarmeli addosso.
«Giada non... era dell'umore oggi. Non è stata colpa sua» cerco di inventarmi, sempre con l'istinto di difenderla.
«Sapeva benissimo che cosa stava facendo. E tu sei scappata. Perché cazzo sei scappata e non hai cercato di calmarla o di farla ragionare?» esclama, alzandosi dal letto per venire verso di me, gesticolando con le mani.
«Ho avuto un attacco di panico...» mormoro piano, abbassando lo sguardo.
«Certo. Un attacco di panico. Una scusa migliore non potevi inventartela? Ti ho vista prima, stavi baciando... un ragazzo» ridacchia scuotendo la testa, facendo tintinnare i suoi orecchini.
«Jane... è una lunga storia e ti prometto che te la racconto dopo» mento.

Non gli racconterò un bel niente. Prima di tutto, perché non se lo merita e perché so benissimo che non le interessa. E poi... perché non ho idea di cosa stia succedendo fra me e Noah: gli ho detto di non baciarmi e adesso ha disobbedito. Anche se non è la stessa cosa dell'ultima volta: l'ha fatto per consolarmi... non è così?

«Certo» alza gli occhi al cielo.
«Ti giuro, ho davvero avuto un attacco di panico. In questi due ultimi anni sono successe cose... brutte. Non te l'ho mai detto perché non volevo farti preoccupare... E ultimamente mi sto sentendo di nuovo male» cerco di spiegarmi: non gliene ho mai parlato, anzi non l'ho mai detto a nessuno.

Non gli ho mai detto di John, e di mio fratello. Non gliel'ho mai detto perché non volevo farla preoccupare, certo, ma soprattutto perché non riesco ancora a parlarne senza scoppiare a piangere. Quello che mi ha fatto John... ma soprattutto il modo in cui mi ha cambiata... non potevo parlarne così, al telefono.

«Anna, mi stai prendendo in giro? Sei davvero patetica... Tutti hanno dei problemi e di sicuro più grandi dei tuoi. Che cos'è, hai avuto un brutto voto? Tua madre ti ha sgridata? Io ho cambiato continente, ho dovuto lavorare sodo per ambientarmi e stare al passo con lo studio. E quando tu non c'eri Finn mi ha aiutata. Tu non sai nemmeno cosa sono gli attacchi di panico! Se stai dalla parte di Giada puoi anche dirlo» mi interrompe, alzando la voce.

Quelle frasi mi rimbombano nella testa come un fuoco d'artificio, e realizzo che non riuscirò mai a mantenere la calma. Che non resterò nemmeno un minuto di più in questa casa. Che lei è un caso perso.

Come può dire delle cose del genere? Come può sputarmi addosso tutto quell'odio come se non mi conoscesse nemmeno. Se mi conoscesse... si ricorderebbe che io non dico mai niente per scontato, e di sicuro non mentirei su una cosa come questa. E poi... crede davvero di aver sofferto più di me? Come fa a saperlo? Non ha mai saputo, non ha mai capito tutte le cose brutte che ho affrontato.

Chi è quella che non dorme la notte? Chi è quella che vive sotto lo stesso tetto del suo peggior nemico? Chi è che quando vede anche solo l'ombra del suo ex-ragazzo non riesce a trattenere le lacrime?

«Stai scherzando?» chiedo, accigliandomi per poi cominciare a ridere istericamente, «Sai, ero venuta qui per scusarmi, perché apparentemente portare Giada qui è stato un errore. Ma sai cosa? Vaffanculo, te e il tuo ragazzo del cazzo.»

Gesticolo con la mano, mentre lei alza un sopracciglio, sorpresa del mio sbalzo d'umore.

«Pensi di sapere tutto? Be' non è così. Tu non hai la minima idea di che cosa ho dovuto passare in questi ultimi due anni! Di tutte le notti in bianco, passate a vomitare ripensando a cos'era successo. E sai perché non ti ho mai parlato del ragazzo di prima o di tutto il resto? Perché non c'eri. Perché quando ti chiamavo tu parlavi solo di te stessa, e ogni volta che provavo a dire qualcosa di me, trovavi sempre un modo di tornare a parlare di te.»
«Stai esagerando» dice, ruotando gli occhi al cielo.
«Non sto esagerando» faccio le spallucce, «Giada ha ragione, sei un'egoista. Mi dici che sono patetica, ma non conosci tutta la storia. Quindi goditi la tua vacanza, io me ne torno a casa.»

Mi giro e distolgo lo sguardo dal suo, pronta ad andarmene. Sarei dovuta salire in quella macchina, prima. Anzi... forse è meglio così. Questo litigio mi ha fatto aprire gli occhi.

«Non puoi andartene così. Non hai nemmeno una macchina» ribatte, ignorando tutto quello che gli ho appena detto.
«Andrò a piedi» borbotto.
«Pensavo fossimo amiche» dice piano, quando mi rigiro per non avere da vedere la sua faccia.
«Lo pensavo anche io» dico, e sento una lacrima scivolare lungo il mio viso.

Non la guardo nemmeno e salgo velocemente le scale per andare a prendere le mie cose.

«Io me ne vado» dico a Marlena, che mi guarda dispiaciuta, «Tu fa quello che ti pare.»

Prendendo le mie cose e comincio a ficcarle nella valigia, senza nemmeno piegarle. Mary balbetta qualcosa ma non l'ascolto, e poco dopo mi ritrovo a camminare lungo la strada che porta al centro. Magari faccio l'autostop... Che altra opzione ho, non so nemmeno se esistono gli autobus in questo posto.

Guardo le macchine che sono ferme a causa del traffico, e sospiro di sollievo quando mi accorgo che c'è anche la Jeep di Ross. Per fortuna sono ancora qui! La macchina è spenta, ferma nel traffico.

Mi avvicino a malincuore: anche se non voglio vedere Giada, so benissimo che non troverò mai un modo più veloce per tornare a casa. Arrivata alla macchina busso sul finestrino, che si abbassa subito dopo.

«Anna?» dice confuso Ross.

Ha la faccia stanca, sembra che si sia svegliato solo adesso... Poverino, sarà corso da noi non appena Giada l'ha chiamato.

«Apri la porta, Ross» dico soltanto, sorridendo un po' per non sembrare scortese.

Lui obbedisce e non ribatte. Bene. Apro il bagagliaio e ci butto la mia valigia. Entro nella macchina e mi siedo sul sedile posteriore, vicino a Noah - merda è vero, c'è anche lui...

Lui mi fa l'occhiolino e sorride, e non posso fare a meno di ricambiare debolmente.

«Anna! Ero sicura che non saresti restata con lei» dice Giada, entusiasta.

Appena apre la bocca mi giro a guardare fuori dal finestrino. Non voglio fare una scenata davanti a tutti, anche se penso sarà difficile: sento le mie guance andare a fuoco dalla rabbia.
Come può parlarmi così tranquillamente dopo avermi tradita?

«Anna? Eddai, lo sai che era una cosa che non si poteva evitare» si giustifica girandosi verso di me, e vedo dal riflesso del finestrino che si è allacciata i capelli scuri.
«Avevi detto che ci avresti provato» dico piano, e sento le mie unghie infilzarsi nel palmo della mia mano.
«So che cosa ho detto, ma non ce l'ho fatta» provando a giustificarsi.
«Ma io ne avevo bisogno!» esclamo, e guardo i suoi occhi attraverso lo specchietto, e lei distoglie lo sguardo.
«Mi dispiace» dice, senza nessuna traccia di rimpianto nella voce.
«Ti dispiace? Come puoi dire-» mi blocco quando sento una mano posarsi sulla mia, sempre stretta a pugno.

Mi giro verso di Noah e osservo il suo viso perfetto. Le sue labbra che hanno toccato le mie pochi minuti fa sono strette, e i suoi occhi mi dicono di calmarmi, perché non ne vale la pena.

Stringo i denti e sospiro. So che ha ragione... e sono troppo stanca per litigare di nuovo: ho appena rovinato un'amicizia che era durata più di dodici anni e ora vorrei solo riposare e staccare un po'.

Guardo lui, poi la sua mano, poi Giada. Appoggio la testa sulla sua spalla. Lui si irrigidisce un poco ma mi lascia lì dove sono.

Una domanda mi attraversa la mente come un fulmine: perché mi sto appoggiando a lui se fino a qualche settimana non potevo sopportarlo? L'unica risposta che trovo è che forse... lui è l'unico che mi ha consolato. È l'unico che sembra aver capito come mi sentivo.

E il modo dolce in cui mi ha chiamata... Anie...

Sento le palpebre pesanti, e capisco che mi sto per addormentare. Magari è perché ho pianto prima... Cerco di liberare la mente e di concentrarmi sul respiro regolare di Noah, che mi fa presto sprofondare nel sonno.

Salve!!
Che cosa ne pensate di Jane?
E di Giada? Alla fine ha fatto bene o avrebbe dovuto aspettare?
Povera Anna 🥺 ma ovviamente Noah is the best at consolarla ⭐️
-Gaia

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