Capitolo 1
Anna
Alzo gli occhi dal libro che sto leggendo e mi mordo il labbro inferiore.
Mia madre che mi chiama strillando dalla cucina è una delle cose che odio di più al mondo. Per una volta che mi sto prendendo una pausa dallo studio, lei deve per forza interrompermi e farmi alzare dal letto, dove sono sdraiata a pancia in giù.
«Che c'è?» chiedo alzando un po' la voce, così che lei possa sentirmi.
Nessuna risposta.
Bene, possiamo subito aggiungere una cosa alla lista delle cose che odio più al mondo: mia madre che mi chiama e che non mi risponde quando le chiedo che cosa diamine vuole.
«Che c'è?!» ripeto praticamente urlando.
Sì, credo proprio che dovrò alzarmi per capire che cos'ha di così importante da dirmi. Infatti poco dopo mi alzo dal letto sbuffando e vado in cucina. Lei sta preparando un dolce, e io metto le mani sui fianchi.
«Allora?» sospiro avvicinandomi.
Sono un po' arrabbiata perché parlare con lei non è una delle mie cose preferite da fare, ma con la sua felpa di friends, le mani piene di cioccolata e i suoi lunghi capelli biondi scompigliati, riesce a farmi scappare un risolino. Vederla così è molto strano, sembra un'altra persona: gentile e premurosa. Ma ormai la conosco abbastanza da riuscire a vedere sotto la maschera che porta.
«Hai dato da mangiare a Royal e a Lamù?» chiede aggrottando le sopracciglia, concentrata sulla sacca da pasticciere che ha in mano.
«Sì. Non mi dire che mi hai fatto alzare solo per questo!» sbotto sgranando gli occhi.
In realtà non ricordo se ho dato da mangiare ai nostri animali domestici, andrò a verificare dopo, anche se ne dubito fortemente perché la mia memoria fa talmente schifo, che a volte mi ritrovo in una stanza senza sapere che cosa stavo cercando.
Sì esatto, la mia memoria è simile a quella di un pesce rosso. Uno che oltre all'essere un pesce rosso, è pure molto imbranato.
«No, devo dirti un'altra cosa, a proposito di tuo fratello» dice, bestemmiando subito dopo perché la crema non vuole uscire dalla sacca da pasticcere.
Mi irrigidisco e stringo i denti. Ironia a parte, Leo è sempre stato un argomento difficile. Se mia madre mi avesse fatto la stessa domanda due anni fa mi sarei chiesta "che diavolo ha ancora combinato?", ma sinceramente ora non me ne potrebbe fregare meno di quello fa delle sue giornate.
Mia madre invece sembra preoccupata... e io so perché: mio fratello è sempre stato un po' ribelle, ma da qualche anno ha più o meno smesso di studiare, e a scuola ci va una volta ogni morte di papa. Il fatto è che ultimamente è anche stato coinvolto in qualche rissa, e mia madre ha paura che lo sbattino fuori dalla scuola.
Per me non fa differenza anzi, che lo sbattino fuori pure! Ha diciotto anni, deve cominciare a capire che se non lavora sodo non ricaverà niente dalla vita.
Tra l'altro anche se non lo accetteranno più a scuola per il suo comportamento, sicuramente sarà bocciato perché fallirà all'esame. Di nuovo.
Comunque come ho detto, non me ne potrebbe fregare meno. Non abbiamo avuto una conversazione senza che lui mi insulti da qualche anno a questa parte. Mi odia. E da quella notte d'agosto di due anni fa ho cominciato a odiare lui. I frammenti dei ricordi di quella notte si fanno spazio nella mia mente, ma con uno sforzo riesco a mandarli via.
«Non ha fatto niente, rilassati» alza gli occhi al cielo, scambiando la mia espressione di odio puro per preoccupazione, «Ho solo deciso di prendere dei provvedimenti: ho assunto un ragazzo che gli farà delle lezioni private» aggiunge, scuotendo la testa per mandare via una ciocca di capelli che le era ricaduta sul viso.
«Ragazzo?» chiedo un po' preoccupata, passando una mano tra i miei capelli marroni.
I visi dei precedenti professori che mia madre ha pagato per fare lezioni in più a mio fratello mi tornano in mente. Tutti non sono durati nemmeno un mese, e si sono licenziati dicendo che mio fratello è una causa persa: crede davvero che questa volta sarà diverso?
«Ha più o meno la tua età, ed è il primo giovane ad aver chiamato al numero del manifesto che ho messo un po' dappertutto nelle strade di Antibes. Lo incontrerò martedì, e deciderò se tenerlo oppure no. E poi ho pensato che Leo avrebbe preferito qualcuno un po' più giovane...» spiega mentre si lava le mani.
«Lo sai che si arrabbierà tantissimo quando lo saprà, vero? E se solo accetterà di vedere quel ragazzo gli renderà la vita un inferno finché non deciderà di buttarsi giù da una finestra. Come ha fatto con tutti gli altri.»
Ho paura che quel ragazzo resti traumatizzato da quello che gli farà mio fratello.
No, seriamente, non so perché mia madre pensi che sia una buona idea... peggiorerà soltanto le cose: Leo si arrabbierà, studierà ancora di meno, convincerà quel ragazzo a licenziarsi e saremo di nuovo al punto di partenza... Ma non voglio litigare con lei, quindi non dico niente.
«Non succederà. Questa volta pagherò il ragazzo il doppio: non si licenzierà, te lo dico io» dice, e dal tono che usa capisco che non accetta obiezioni, «Questo è tutto per ora mi pare, puoi tornare a quello che stavi facendo, ma fra poco si mangia» dice dopo un po', tornando a guardarmi con i suoi occhi azzurri.
«Okay» mormoro tornando in camera.
Prima di entrare nella mia stanza mi guardo un momento allo specchio: i miei capelli marroni tagliati a caschetto sono un po' arruffati, mentre i miei occhi, del medesimo colore, sono stanchi, e un po' socchiusi. Resto un po' lì ad osservare la mia immagine malinconica, poi apro la porta della mia camera, fiondandomici dentro.
Quando i miei occhi si posano sul mio letto, ci trovano Royal - il nostro cane - e Lamù - la nostra gatta - seduti sopra, l'uno vicino all'altra.
«Non potete stare qui!» borbotto, facendo gesti con le mani per farli scendere: mi piacerebbe tanto averli vicino a me sul mio letto, ma le mie allergie me lo impediscono.
Non sono davvero allergica ai cani o ai gatti, solo un poco: il loro pelo prende un sacco di cose dal giardino che quando mi entrano nel naso mi fanno starnutire. Le allergie sono molto fastidiose.
Gli occhi dolci di Royal e le fusa di Lamù mi fanno però cambiare idea sul fatto di farli scendere dal letto... Non ce la faccio proprio, sono troppo carini. E poi è così bello vedere che almeno loro vogliono passare un po' di tempo con me - o con il mio letto... non ne sono sicura.
«Okay, ma solo per questa volta» sospiro, facendomi posto nel letto, anche se so che non è vero, e che li farò restare un sacco di altre volte.
Sono davvero brava a mentire a me stessa, ma anche se dire bugie agli altri non mi piace, l'ho fatto di continuo negli ultimi due anni.
Non riesco a fare a meno di ripensare al piano di mia madre, e sospiro.
Il rapporto fra me e mio fratello non è sempre stato da schifo: quando eravamo piccoli ci volevamo bene, stavamo insieme, ci abbracciavamo... poi tutto è cambiato. Non ricordo esattamente come, o quando è successo, ma da quel quando, non abbiamo più avuto una conversazione senza insultarci - anzi, senza che lui mi insulti. Ed è da qualche anno che ha cominciato addirittura a farmi paura, come se non lo riconoscessi più. E in effetti non lo riconosco più.
L'unica cosa che ci tiene legati è il sangue, che abbiamo uguale, ma è solo per quella ragione che lo chiamo ancora fratello. Lui non è mai in casa, e le poche volte che mangiamo tutti insieme finisce sempre per urlare e andarsene. Ma non mi importa troppo, anzi, mi fa sentire meglio: quando è in casa sono sempre ansiosa, e la maggior parte delle volte mi metto a piangere. Con lui sono sempre più fragile: è come se con una frase potesse frantumarmi in mille pezzi. E io odio questa cosa. Non mi piace il fatto che una persona eserciti così tanto potere su di me.
Sento il mio telefono squillare, e mi accorgo che James mi ha mandato un messaggio, anzi, una foto di un paesaggio magnifico: un tramonto sul mare che rende il cielo rosa. Leggo il messaggio che mi ha mandato in seguito: "Manchi solo tu e una partita a scrabble".
Sorrido e sento i miei occhi che si appannano.
James è il mio migliore amico e vicino di casa, e mi manca talmente tanto che mi si mozza il respiro solo a pensarci. Con lui ho l'abitudine di passare il tempo giocando a scrabble, o leggendo un libro. Jem è quella persona a cui dico tutto, e quando dico tutto, non esagero affatto. Lui è quella persona a cui racconto i miei problemi e con cui parlo per ore, finché non mi fa male la gola.
Gli rispondo che mi manca moltissimo, e che quando vuole ci chiamiamo.
Lui è partito all'estero da tre mesi, e mi sembra un'eternità da quando l'ho stretto in un abbraccio per l'ultima volta. Spengo il telefono e mi metto a guardare il soffitto. James mi ha sempre aiutato a stare meglio e a sorridere, ma da quando è partito, le cose a casa sono peggiorate. Chiudo gli occhi e aspetto di sentire la voce di mia madre che mi chiama per dirmi che è pronto da mangiare.
Ciao a tutti!!
Innanzi tutto, mi chiamo Gaia, e questo qui sarà l'angolo autrice (anche se mi fa strano definirmi così).
Ovviamente cercherò di aggiornare più volte alla settimana, ma per ora lascerò questo primo capitolo per un po', e se potete commentare per spingermi a continuare sarebbe carino ❤️
Scrivo qui su Wattpad anche per migliorare, quindi se notate errori di grammatica o cose che non vi tornano (tipo francesismi, perché vivo in Francia e certe volte confondo le lingue), ditemelo nei commenti, ovviamente senza essere troppo scortesi please.
Ho dilungato troppo, fatemi sapere cosa ne pensate!
Baci 💋
-Gaia 💙
Ps: I banner sono stati fatti da Little_Dreamer05 grazie ancora Camiii 🥺❤️
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