Caterina e Matteo

Sono sotto la coperta, stesa sul divano; stanchissima dopo giorni che lavoro incessantemente e, ora che ho terminato l'ultimo interminabile turno di questa infernale settimana, tutta la tensione e l'adrenalina accumulata mi hanno abbandonata improvvisamente, lasciandomi spossata e facendomi salire anche la febbre.

Nel dormiveglia sento rumori indistinti: la porta che si apre, scarpe abbandonate, chiavi che urtano altre chiavi, fruscio di stoffe.

Vorrei alzarmi, aprire gli occhi, verificare la veridicità di ciò che i miei sensi appannati percepiscono, ma tutto quello che riesco a fare è sorridere al pensiero - è tornato -

So che si è affacciato alla porta del soggiorno che mi guarda con amore e che silenziosamente si allontana per farmi riposare.

Sento passi di piedi scalzi dirigersi verso il bagno, dopo un tempo indistinto, potrebbe essere passata un'ora come un minuto, rumori in cucina: scorrere d'acqua, tintinnare di stoviglie, ante che si aprono e chiudono, poi di nuovo il nulla.

Una mano grande e fresca accarezza la fronte, scende sulla gota, percorre la gola circonda la nuca e massaggia il collo.

Finalmente riesco ad aprire gli occhi.

Matteo è arrivato con un tè caldo, si è seduto accanto, e sorridendo me lo porge.

Lo sorseggio e mugolo di goduria, per colpa della stanchezza non ho neanche mangiato, sono riuscita solo a farmi una doccia e a crollare sul sofà.

«Grazie, scusami, sono talmente stanca che non riesco neanche a parlare.»

«Lo credo, sei rientrata da un turno di dodici ore, il quarto in una settimana, ma grazie a ciò, almeno per un giorno avrò l'ultima parola.»

«Per qualche linea di febbre e un po' di stanchezza? Voi maschietti davvero credete alle favole.»

«Oh, no, per questo», mi mostra un foulard - il nostro foulard - che ha estratto dalla tasca.

«Potrei sempre levarlo», dico mentre, sorpresa, sorrido.

«Non lo farai», sussurra e sospiro di aspettativa quando il suo alito fresco mi accarezza l'orecchio.
Mi imbavaglia e si accinge a stringere il nodo alla nuca che riempie di lievi morsi, facendomi rabbrividire di piacere.

Sono comunque debilitata e non oppongo molta resistenza, ma gli occhi mi brillano anche di divertimento, oltre che per la febbre.

«Tesoro con questa febbre non dovresti coprirti troppo».
Scosta la coperta e slaccia il nodo della vestaglia; la apre adagio, percorre delicatamente con un dito la circonferenza del seno, risale verso l'areola e titilla un capezzolo che diventa turgido.

«Ti dispiace se...», lascia la domanda in sospeso e si china a prenderlo in bocca, lo morde lievemente tirandolo con i denti per poi passare la punta della lingua attorno alla circonferenza mentre con la mano tocca, carezza e stringe l'altro seno.

Mi inarco ed emetto dei miagolii soffocati portando una mano tra i capelli di Matteo mentre l'altra la infilo nei pantaloni e gli stringo un gluteo - amo il suo sedere -.

Scende sempre più giù con lingua e labbra. Quando arriva al pube sento il suo respiro tiepido, mentre con la lingua si fa strada prima nelle pareti e poi dentro di me, mi contorco lievemente quando mi inumidisce le piccole e grandi labbra con quello che la sua bocca trova al mio interno.

Piego le ginocchia e allargo le gambe per fargli posto.

Usa lingua, dita e denti per darmi piacere, una mano ad accarezzarmi e stimolarmi, l'altra a stringere il seno e tormentare il capezzolo.

Vorrei parlare e gemere ad alta voce, per me è essenziale, ma non posso. Alzo una mano per togliere il bavaglio, ma lui mi blocca entrambi i polsi con una mano.

«No, no sei stata disubbidiente». Infila due dita dentro, le muove dentro e fuori girandole, mi contraggo e spingo il bacino volendo di più, ma... lo stronzo toglie le dita.

«Adesso dovrai pagare pegno», ne lecca uno completamente umido - è sexy da morire -.

Slaccia e toglie i pantaloni della tuta con la mano libera, non porta mutande: l'erezione gli tira in una maniera incredibile.
Si siede su me cercando di non gravarmi addosso con il suo peso, ma, allo stesso tempo mi posiziona le braccia ai lati del corpo e me le blocca con le ginocchia, lo infila tra i seni, tra cui lo stringe e comincia a muoversi avanti e indietro mentre con la punta si struscia sulla bocca attraverso il foulard.

Sono contemporaneamente eccitata, dalla vista è dal sentire il piacere di lui, che frustrata dall'essere stata lasciata così sull'orlo dell'orgasmo e dal non poter usare né le mani né la voce per poter esprimere il mio scontento.

Alzo le gambe, cerco di prenderlo tra le ginocchia per sbilanciarlo e liberarmi le mani.

Anche debole non voglio arrendermi.

Matteo si ferma e si mette supino su di me facendo aderire i nostri corpi bollenti. Mordicchia il collo e lecca ancora i seni. Poi con il pollice e l'indice gioca con il capezzolo.

«Sei stata cattiva vero? Però ti piace. È vero che ti piace?»

Si solleva leggermente e osserva i miei occhi che lanciano saette.

«Ti meriti qualcosa», sussurra e mi lascia libere le mani.

Afferro il suo viso e lo tiro verso di me dando vita a un bacio senza tocco: labbra che si sfiorano senza toccarsi, lingue che si cercano senza intrecciarsi, sapori che si mischiano sulla seta.

Allaccio le gambe intorno ai suoi fianchi e con una mano lo guido verso il mio interno. Tre colpi ed è tutto dentro. Vedo Matteo godersi la sensazione di calore che gli trasmetto, mentre io godo per la sensazione di pienezza e completezza che mi dona mista a leggero dolore.

Comincia a spingere, aumenta sempre di più l'intensità, so che la vista del mio godimento e dei seni che fanno su e giù per gli strattoni lo mandano in estasi.

Sono quasi al culmine, prendo la mano di Matteo e la dirigo tra di noi in una muta richiesta. Bastano pochi tocchi e colpi ed esplodo sotto di lui, il nero che si sfalda in coriandoli impazziti mi ottenebra il cervello.

«Brava bambina, adesso però tocca a me».

Lascia prima che acquisti di nuovo consapevolezza di me prima di uscire dal mio nido caldo ancora ritto e ansimante.
Matteo incombe su di me, sposta il suo bacino all'altezza della mia testa, sfila via il foulard e infila il membro pulsante, grosso, turgido e imbevuto dei miei umori pian piano nella bocca dall'alto verso il basso, bocca che lo accoglie con amore.

Gusto il mio sapore su lui. Succhio piano e lo accarezzo con la lingua; le mie mani corrono ad accarezzargli la schiena e con le unghie lo graffio lievemente. Aumento sempre più il ritmo e ne afferro la base con una mano. Lui non regge a lungo e lo sento ingrossarsi fino al limite ed esplodermi in bocca.

Lo guardo ansimare, la testa volta indietro, la schiena tesa, la bocca socchiusa per il piacere - la visione più bella del mondo - mi lecco le labbra ripulendole della sua essenza.

Poi la febbre, il rilassamento postorgasmo e la gioia che mi dona la visione di lui che gode, fanno effetto e chiudo gli occhi, quasi svengo.

Matteo mi bacia le labbra piene di lui.

«È tutto a posto tesoro, è tutto a posto».
Lo sento allontanarsi e poi tornare subito dopo.
Mi prende in grembo, copre entrambi con la coperta e mi passa un panno fresco e umido sul viso - sono felice -.

Mi stringo contro il suo petto forte ascoltando il battito rassicurante del suo cuore - ho sonno -.

Mi sveglio di soprassalto, il cuore è impazzito, l'aria mi manca, la testa sembra esplodermi per la pressione interna.

- Un sogno, ancora un cazzo di sogno -.

Anche stordirmi con turni massacranti non sortisce l'effetto voluto, tu non ci sei, non ci sarai più, un virus ti ha portato via da me, un amico che non voleva stare a casa perché era annoiato ci è venuto a trovare e tu, di conseguenza, non sei più con me.

Piango e vorrei strapparmi il cuore dal petto e i ricordi dalla mente, solo così non soffrirei più.

- Ho sonno, ma non riesco più a dormire -

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top