"Tra i due litiganti... il terzo" 💎

A MARRIED LIFE

spin-off Anne with an 'E'

FOUR WINDS POINT

Era stata una lunga notte, come non ne' aveva avute dai tempi del suo tirocinio a Toronto. Sembrava che il tempo si fosse bloccato e l'ansia mista a commozione aveva inondato la casa.
Il cuore era stravolto da un'emozione meravigliosa mentre era testimone di uno degli eventi più importanti.
Ciò che era soltanto una fantasia, si stava realizzando sotto i suoi occhi offuscati dalla stanchezza, e adesso gli era scivolato nelle braccia.

Aveva le mani occupate da un pargoletto che si agitava e piangeva con i suoi polmoni, pronto ad entrare a pieno titolo nel lungo percorso della vita. Ormai le grida avevano lasciato il posto al pianto di quel neonato, il premio della sua costanza. Gli era parsa una situazione paradossale quando all'imbrunire era entrato dalla porta, venendo accolto da uno stuolo di parenti, ognuno più nervoso dell'altro, e ora era più che soddisfatto.

"Era finita." Il neonato e la madre erano fuori pericolo e l'uomo, con gli occhi pieni di gratitudine, gli aveva indicato la porta del bagno in modo che potesse ripulirsi. Quando ne' uscì per poter prendere la valigetta e tornare a casa, si permise un breve sguardo in direzione del letto.

L'uomo era accucciato accanto alla moglie, stravolta dalle fatiche del parto, ma che continuava a stringere al petto il neonato come fosse stato un regalo prezioso. Gilbert sorrise di fronte a quella scena e per l'ennesima volta ebbe piena conferma di aver fatto la scelta giusta. Non voleva dare un dispiacere a suo padre, ma fare il contadino non era mai stato tra i suoi pensieri quando era un ragazzino.

Aveva assistito a molti parti e non tutti gli avevano lasciato un ricordo piacevole. Se quel neonato era stato forte, ad alcuni non era la stessa cosa. In alcuni casi, addirittura, il bambino nasceva morto, in altri non superava la mattina successiva e al giovane medico toccava lo spiacevole compito di comunicare la disgrazia.

Gilbert trovava quella scena orribile. Quelle madri dopo mesi a progettare e immaginare le loro creature vedevano quella realtà sfumare sotto i loro occhi imploranti. Per giorni era rimasto seduto sul letto a fissare il vuoto, sul punto di piangere.
Cercare di essere indifferenti di fronte a quello spettacolo era impossibile, ma cercava di farsi forza attraverso i momenti memorabili... come quello.

Come spesso affermava sua moglie, che da quando era in fasce aveva ben in mente cosa significasse vivere: "la vita è come un campo di battaglia e le sfide da fronteggiare tante, ma se non ci fossero le avventure non sarebbe tutto più noioso?" E lei si era sempre dichiarata sposa dell'avventura, amante delle possibilità e degli spunti all'immaginazione.

Neanche ora che vivevano nella casetta sulla baia, Anne avrebbe mai rinunciato alle sue avventure per tornare un po' bambina e dismettere con l'aria da donna vissuta. E questo a Gilbert non dispiaceva, a dispetto di quello che gli abitanti avrebbero pensato. Ora che la tranquillità cominciò a regnare in quelle mura, un pesante senso di stanchezza gli precipitò addosso. Aveva vigilato sull'andamento del parto senza distogliere un attimo lo sguardo e ora non vedeva l'ora di tornare a casa.

Era questo quello che faceva un medico dopotutto: tenere alta la guardia di fronte al pericolo. Sopprimendo uno sbadiglio, rimise gli strumenti al loro posto e nel mentre l'uomo gli poggiò la mano sulla spalla.

Quando Gilbert lo guardò lo vide sull'orlo delle lacrime, con il volto meno teso rispetto a quando era arrivato.

"La ringrazio, dottor Blythe. Il suo intervento è stato provvidenziale."

"Non mi deve ringraziare. Ho fatto quello che era mio dovere." Gilbert non aveva chissà quale potere divino, ma amava la sua professione. "L'avrebbe fatto qualsiasi dottore."

"Non credo." esalò l'altro. "Sono sicuro che senza il suo aiuto avremmo perso il nostro bambino."

"Non è stato facile, su questo le devo dare ragione." disse Gilbert. "Ma le assicuro che non ho alcun potere soprannaturale. Il bambino è un giovanotto forte e in buona salute."

La donna, sentendo le parole del medico osservò con amore il neonato.
"È stata la provvidenza a portare a Four Winds un dottore bravo come lei! Le saremo debitori per tutta la vita."

Non era stato un arrivo in pompa magna, ma non si era parlato di altro per molti giorni in paese, sopratutto della giovane consorte che attirò su di sé molte dicerie.

"Ora vi trovate bene a Four Winds?" chiese il marito, avendo ormai messo da parte gli ultimi sospetti.

"Certo. Mia moglie è entusiasta di questo posto e le piace la posizione della nostra casa." Anne poi non era pretenziosa e anche questo lato aveva fatto serpeggiare invidie tra le donne.

Anne era felice nel suo piccolo regno con affianco un uomo che aveva occhi soltanto per lei e nessuno sarebbe mai giunto alla conclusione che l'enorme felicità che la ragazza possedeva era il risultato di anni infelici e sacrifici.

"Sua moglie è fortunata." sussurrò la donna mentre cullava il bambino. Poi alzò lo sguardo.

"Sono io il fortunato." dichiarò Gilbert, portandosi prontamente la mano sulla nuca. "Adesso, vogliate scusarmi, ma devo tornare a casa."

"Dottor Blythe, non vorrebbe restare a dormire qua per questa sera? Fino alla baia ha parecchia strada da fare."

"Non si preoccupi, signor McCallister. Sono con il mio calesse, non avrò molto cammino da fare." Si scusò il ricciolo, chiudendo la valigetta. "E poi ho paura a lasciare Anne tutta sola durante la notte."

"Ha ragione il dottore, caro." l'assecondò anche la donna. "Dopotutto quella povera ragazza rimarrebbe tutta sola e di questi tempi è meglio essere prudenti."

L'uomo scrollò le spalle e strinse la mano del ragazzo, che aveva salvato da morte certa madre e figlio e lo accompagnò di sotto, dove si dibatteva già sulla scelta del nome. Gilbert dovette salutare e venire a sua volta ringraziato per l'impresa da un esercito di parenti.

Prima che potesse essere trattenuto ancora si mise in viaggio per tornare a casa. Il pensiero di Anne gli era tornato prepotentemente in testa, mentre le orecchie ancora gli fischiavano a causa delle urla di quella donna. Avrebbe potuto sentirle anche il capitano Jim, seppur chiuso nella sua fortezza che dominava sul mare. Sembrava che qualcuno la stesse squartando, il dolore era paragonabile a venti ossa rotte.
Ma per quanto il dolore fosse stato lancinante e insopportabile, quella donna l'aveva già dimenticato avendo la creatura fra le braccia.

Gilbert si era già cimentato in quella situazione estrema, anche se all'epoca non aveva nessuna esperienza e c'era un nervoso Sebastian ad assisterlo.

Ed era stato proprio quell'evento unico e raro a fargli capire che la medicina era il suo futuro.

Quando giunse nei pressi della baia notò che le luci erano accese e quando entrò, stanco e un po' affamato, vide Anne che dormiva sul tavolo, con ancora il piatto dove l'aveva lasciato.

Aveva detto che l'avrebbe aspettato sveglia perché era troppo preoccupata per chiudere occhio, ma a quanto pare non c'era riuscita.

Gilbert sorrise mentre le accarezzava quei splendidi capelli rossi scomposti e che le nascondevano il viso. Stava dormendo così profondamente che gli dispiacque svegliarla.

"Anne?"

Le scosse dolcemente una spalla mentre la sentiva mugugnare un po'. Si sollevò piano e aprì gli occhi, nel tentativo di focalizzare la figura ingonocchiata che continuava a sfiorarla.

"Gilbert!" esclamò quando la sensazione svanì e gli avvolse le braccia attorno alle spalle. Aveva l'aria disperata, come se il marito fosse andato al fronte piuttosto che dalla parte opposta di St. Mary, ma si calmò subito quando il solito sorrisetto si palesò sulle sue labbra. "Allora? Com'è andata?" Lo incalzò.

"Madre e piccolo stanno benissimo. Puoi rilassarti, carotina."

"Che gioia!" esclamò la giovane. La chiamata era arrivata nel bel mezzo della cena e Gilbert l'aveva dovuta abbandonare; sembrava una situazione disperata, a giudicare dalla faccia di suo marito quando aveva riattaccato andando immediatamente a sellare il cavallo e prendere gli strumenti necessari. Ma tutta quell'ansia adesso era ormai un lontano ricordo per entrambi, e il cuore di Anne traboccava di gioia. "Sono contenta che sia andato tutto bene, ma non poteva essere altrimenti. Sei un medico meraviglioso, Gilbert Blythe."

"Oh, Anne... io non ho fatto niente." rispose Gilbert bevendo un po' d'acqua. "Siamo stati fortunati che il bambino sia riuscito a superare lo stress per la nascita. Quel ragazzino è nato sano, come pochi."

"Già, alcune donne non hanno queste fortune. I loro bambini muoiono e non c'è niente che si possa fare per evitarlo..."

Anne tacque improvvisamente mentre cominciò a riordinare la tavola della cena inconclusa. Passò accanto a suo marito con l'espressione di una in procinto di andare al patibolo. Nonostante fosse certa dentro di sé che dietro l'angolo le sarebbe aspettato qualcosa di bello, anche i primi timori stavano prendendo il sopravvento.

Pensava alla povera signora McAllister e alla sua terribile esperienza e si chiedeva se fosse pronta a questa prova. Da bambina non voleva essere una moglie, o meglio Anne Shirley-Cuthbert non si sentiva all'altezza e sufficientemente bella per attirare un pretendente.

Poi era arrivato Gilbert, e con lui il desiderio di una vita insieme. Il loro matrimonio che aveva visto Green Gables benedetta dopo tanti anni e risplendere in ogni angolo.

E adesso era moglie... forse madre.

Il disegno divino era imprevedibile!

Lei, Anne Shirley-Cuthbert Blythe... madre. Tanti anni prima non l'avrebbe creduto possibile. Non lei, ora aveva paura che pizzicandosi si sarebbe risvegliata nella squallida stanza dell'orfanotrofio e avrebbe realizzato che il suo era stato un sogno di quanto più vicino alla perfezione ci possa essere.

Mentre metteva i piatti sul ripiano, Gilbert le afferrò le mani e si chinò per baciarle con una tale dolcezza che avrebbe potuto scioglierle.

"Non devi avere nessuna paura, carotina. Andrà bene... e noi saremo felici. Rimarremo insieme nel bene e nel male, come abbiamo promesso quel giorno davanti a tutti."

"Gil?" lo chiamò piano, lasciando che continuasse ad accarezzarle il dorso con la punta delle dita.

"Hai paura, tesoro." continuò il ragazzo. Anne sussultò dopo aver constatato che per l'ennesima volta non gli avrebbe potuto nascondere niente. Sollevò lo sguardo, portandosi i capelli dietro le orecchie. Gilbert si sedette mentre la moglie si sistemò sulle sue gambe, lasciando che lui l'abbracciasse e coccolasse. "Immagino che sia per quello che ho detto su stasera. Non volevo spaventarti, Anne."

"In realtà, stavo pensando a come mi sarei comportata in quella situazione. Come reagirei a un passo dall'abbracciare il nostro bambino? Sarò abbastanza forte? Oppure lascerò che le forze mi abbandonino?"

Gilbert sospirò, appoggiando la testa dolente contro il petto di Anne ascoltando il battito rassicurante dalla sua camicia da notte. "Nessuna donna sa' come reagire durante il parto, Anne. Ogni donna fa' del suo meglio affinché il proprio bambino venga al mondo sano e forte. E tu non sarai l'eccezione alla regola."

"Sei sicuro?" chiese ancora Anne, piena di dubbi.

"Purtroppo sono soltanto un povero dottore. Non un indovino. Ma sono certo che avremo anche noi la stessa fortuna dei McAllister."

Si staccò dal suo petto e le appoggiò la mano sull'addome per un veloce consulto, spostando un po' la mano in ogni direzione.

"Hai sentito... qualcosa? Un leggero sfarfallio?"

Le sue giornate erano state all'insegna della frenesia e anche se ci fosse stato un lieve movimento, probabilmente non l'avrebbe avvertito.

"Purtroppo no." trattenne uno sbuffo e si alzò dalle gambe del marito. "Credo che dovremo arrenderci alla certezza che ci siamo sbagliati entrambi. Non avremo alcun bambino." disse Anne, piuttosto contrita nel dover rinunciare a quella meravigliosa speranza.

"Cara, non ti sei accorta che hai messo più peso nei fianchi e sull'addome?"

Anne si bloccò all'istante e lasciò cadere l'ultimo piatto sul pavimento, che provocò un bel fracasso.

"Sto ingrassando a causa dei cetrioli e del miele. Ormai sono irrinunciabili, ma questo non vuol dire che aspetto un bambino." Anne si chinò a raccogliere le schegge borbottando acidamente. "Guarda che mi hai fatto fare, Gil! Ho rotto un prezioso pezzo del servizio di Marilla! Ora chi la sente quando glielo dirò..."

Per Gilbert, il fatto che Marilla si arrabbiasse per quel particolare era insignificante. Era preoccupato che Anne fosse passata dalla fase speranzosa a quella pessimistica nel giro di poche battute, e stesse riversando il risentimento su di lui e il piatto. Certe volte riusciva a rivedere quella ragazzina, giunta ad Avonlea, che si ostinava a batterlo nelle gare di compitazione, ma adesso si trattava della loro famiglia.

Anne stava singhiozzando mentre raccoglieva quei pezzetti uno per uno, come se fossero quelli del suo cuore. "Sei senza cuore, Gilbert Blythe." gli sputò addosso, consapevole che quelle parole l'avrebbero ferito.

"Perché?" chiese, mentre cercava di affrontare con maturità il loro primo litigio da quando erano sposati.

Anne lo fulminò con lo sguardo di quella ragazzina palesemente ubriaca alle rovine. "E me lo chiedi anche? Non lo immagini?"

"No, carotina, non lo immagino."

Anne si alzò di scatto e lo stesso fece Gilbert ponendosi di fronte a lei. "Continui a perseverare su questa sciocca idea e mi questo mi fa terribilmente male! Mi sto creando delle aspettative e in realtà non esiste nessun bambino!"

"Anne! Io non ti sto creando nessuna aspettativa, ho solo espresso un parere medico. È innegabile che tu sia più sensibile adesso. Hai frequenti sbalzi d'umore, neanche te ne rendi conto e ti sembra normale."

"Adesso, da medico qualificato... mi stai dicendo che sono anche matta?"

Gilbert si grattò la nuca, incapace di replicare alle accuse della moglie. Le stava rinfacciando troppe cose, non voleva litigare e non dopo quella notte d'inferno, ma Anne gli stava fornendo quella ghiotta occasione su un piatto d'argento. Le sue risposte piccate gli stavano facendo ribollire il sangue, letteralmente.

"Non era quello che volevo dire...."

"No, grazie Gilbert. Non voglio le tue scuse." Incrociò le braccia al petto, adombrando lo sguardo del medico che con quella frase stava tentando di calmare sua moglie. Non le avrebbe fatto bene arrabbiarsi in quel modo, non nelle sue condizioni, ma Anne non aveva intenzione di ascoltare o perdonarlo. "So benissimo cosa avevi intenzione di dirmi e non m'interessa minimamente. Visto che sono stata sveglia tutta la sera perché ero preoccupata e adesso ricevo quest'assurdo trattamento da parte tua, meglio che vada a letto."

Gilbert si passò la mano sulla faccia.

"Anne." aveva mormorato il suo nome come una delicata carezza.

"Lasciami in pace. Non voglio parlare con te." tagliò corto, e si voltò un'ultima volta prima di raggiungere la loro camera. "Per stasera, è meglio che dormiamo separati."

"Cosa?"

"È meglio così."

"E dove dovrei dormire?"

"Sulla poltrona nel salotto, tanto ci sono i cani a farti compagnia. " commentò secca la ragazza indicandogliela con un dito. "O anche sul divano nel tuo studio. Credo sia più confortevole e comodo."

Gilbert afferrò il braccio della moglie. "Ti prego, carotina. Non fare la bambina."

"Gilbert..." per un istante una piccola speranza che avesse capito balenò nello sguardo del dottore, ma lei ruppe in fretta quel contatto. "Non chiamarmi carotina. E vai a letto anche tu."

Sembrava che stesse rimproverando un bambino prima di sparire dalla vista del povero ragazzo, rimasto solo nella cucina con un terribile dilemma.

Aveva passato la sua prima notte lontano da lei, dalla loro intimità, e si pentì amaramente di aver discusso, come all'epoca della lavagnetta.

Aveva paura che Anne avrebbe continuato a tenergli il muso, anche dopo il risveglio. Non aveva dormito a causa della posizione, del divano, di tutti i pensieri che gli erano balanati in testa. Si era alzato prima dell'alba e aveva cominciato a passeggiare tra salotto e cucina, come una povera anima persa e sola.

Un marinaio che aveva appena perduto la bussola nel mare, senza alcuna possibilità di recuperarla. Si sentiva esattamente come quell'uomo e l'unica cosa a cui aveva pensato durante la notte era dirle che era vero, si era sbagliato e magari ci sarebbe stata un'altra occasione.
Non sopportava quella distanza e freddezza fra di loro, non dopo che a Toronto aveva sognato e immaginato di svegliarsi con lei, i suoi capelli, il suo viso e il suo sorriso.

E ora che, per la prima volta, gli veniva negato faceva fatica addirittura a respirare o ad andare a salvare le vite umane.

Aveva bisogno di lei.

Improvvisamente la speranza si materializzò proprio di fronte ai suoi occhi ancora assonnati. Per Gilbert sembrò un piacevole tuffo nel passato a un'epoca troppo lontana. Quando la vide apparire in cucina mentre la luce scolpiva i suoi capelli rossi rivide quella dea meravigliosa, che danzava attorno al fuoco alticcia, ma che l'aveva catturato come un comune povero mortale.

La ragazzina di sedici anni che si fingeva pirata lo scrutava con i suoi occhi ghiaccio e lui sentiva le gambe tremare e il cuore battere forte.

"Anne, devo chiederti..." cercò di dirle, ma lei l'anticipò. "Devo chiederti scusa."

"E per cosa?" dissero ancora all'unisono. "Beh, vai prima tu." notando ciò, scoppiarono entrambi a ridere cancellando l'aria di tensione che aleggiava fra di loro.

"Non avrei dovuto accusarti di avere sbalzi d'umore, tesoro. Sono stato indelicato." continuò Gilbert, avvicinandosi lentamente a sua moglie.

"Ammetto di aver esagerato anch'io. Credo anche... Per il piatto." sussurrò chinando il viso. Ma Gilbert glielo rialzò, appoggiandovi contro la fronte.

"Potremo, per favore, non litgare per i prossimi quindici anni, Anne Shirley-Cuthbert?"

Anne rise, portando il dito contro le labbra del marito. "Blythe... Anne Blythe." lo corresse, ma nel suo viso non c'era più traccia di rabbia.

Gilbert ridacchiò e le appoggiò le mani sui fianchi. Le sfiorò piano il naso e si spostò lentamente verso le sue labbra. "Cercherò di non sbagliare più in futuro. Te lo prometto."

Anne portò le mani sul viso e stavolta nessun scontro impedì alle loro labbra di incontrarsi e ai loro cuori di incatenarsi. Le mani del giovane continuarono a restare salde sui fianchi della giovane mentre quelle di Anne penetrarono i suoi riccioli scomposti.

Non avrebbe mai potuto ammettere quanto le fosse mancato nel letto accanto a lei, ma il suo orgoglio le aveva impedito di atterrare l'ascia di guerra.

Appena aveva visto l'alba fare capolino dalla finestra aveva sentito il bisogno di vedere Gilbert, percepire il suo corpo, toccare le sue labbra morbide. Era l'unica cosa che la faceva sentire viva e la convinceva che non era un bel sogno da cui si sarebbe svegliata o una delle storie che aveva inventato al club.

"Preparo la colazione." disse Anne, scendendo con le mani verso il suo colletto sgualcito.

"Ma è ancora presto." obiettò Gilbert, baciandola ancora, e ancora.

"Lo so, Gil, ma ho fame." protestò ancora Anne spingendolo sul petto.

Gilbert nascose la sua indignazione. Non voleva di nuovo litigare, ma baciarla fino a rimanere senza respiro.

"Va bene, ma dopo non avrai più scuse, signora Blythe. Mi devi una notte."

"Agli ordini, dottor Blythe." rispose la giovane, dandogli un ultimo bacio a fior di labbra, anche se faticò a concentrarsi su altro che non fosse Gilbert.

I suoi ormoni le stavano giocando un altro scherzo terribile.

Gilbert si voltò per aiutarla a imbandire la tavola, ma improvvisamente il rumore dell'ennesimo piatto lo ridestò violentemente. Di questo passo, dell'argenteria di Marilla non sarebbe rimasto niente, se non cocci rotti.

"Anne, Marilla non ti perdonerà sapendo che-", si girò quando vide Anne immobile e con ai piedi i frammenti del piatto. Non si era chinata a raccoglierli, stava ferma sul posto con una mano appoggiata tenacemente al mobile.

"Anne! Cosa succede?"

Sua moglie guardò in basso, ma non in direzione del pavimento.

"Anne?!" Gilbert riprovò e stavolta riuscì ad attirare su di sé gli occhi della sua amata. Sembrava confusa, e alternava lo sguardo del ricciolo al pavimento, in modo febbrile.

"Gilbert." mormorò, ora era addirittura spaventata. "Cos'era?"

"Ma di cosa parli?" domandò Gilbert.

"L'ho sentito anche stanotte... e quasi volevo scendere a chiamarti, ma è-è durato poco." spiegò Anne. "Ma stamattina è successo di nuovo! Sta succedendo ancora!"

"Anne, non ti capisco. Puoi spiegarti meglio."

Anne si mordicchiò il labbro. Si sentiva così stupida agli occhi del suo incantevole sposo, ma il terrore fosse qualcosa di grave le saettò in testa e il piatto le scivolò delle mani.

"Forse era solo fame, visto che non avevo mangiato."

Gilbert era ormai un fascio di nervi. Tutta quella confusione mista a paura lo costrinse a fare di testa propria.

Appoggiò la mano in corrispondenza dello stomaco e, sotto il palmo della mano, c'era qualcosa che spingeva, ma lo faceva con leggerezza senza essere aggressivo.

"Anne..." la giovane alzò un sopracciglio, seguendo i movimenti della sua mano. "Non è fame o digestione."

"Ma... allora cos'è?"

Si stava sentendo una sciocca, ma non riusciva a collegare niente di positivo a quella cosa.

"Era forte ieri sera quando l'hai sentito?" chiese Gilbert.

"Te l'ho detto. Non ho avuto tempo di chiamarti perché ha smesso subito, ma ora ha ripreso."

"Anne..." la richiamò Gilbert, trattenendo la mano su un punto particolare del suo addome. "È il... miracolo che stavamo aspettando."

"Vuoi dire che..."

"Credo proprio di sì."

Era proprio nel suo corpo, e lo stava percependo, come il più strano delle sensazioni.

Non riusciva a crederci, ma appena appoggiò la mano lo sentì. Adesso non era più una fantasia, era reale al di sotto della sua pelle.

Quando aveva perso le speranze e si era arresa all'evidenza, l'universo aveva avuto in serbo per lei una delle più dolci sorprese.

Guardò di nuovo Gilbert e sorrise. Lui ricambiò quello sguardo.

"Non deve piacergli che litighiamo. Deve averlo infastidito."

La sfrenata fantasia di Anne, pensò l'uomo.

Pian piano, i movimenti diventarono flebili, anche se Anne ebbe ancora l'impressione che il bambino non avesse smesso.

"Non credo che sia questa la ragione. Forse è semplicemente tranquillo."

Anne alzò lo sguardo. "Oppure è tranquilla. Potrebbe essere una lei, dottor Blythe."

Gilbert le accarezzò piano il viso. "Qualsiasi cosa sarà l'ameremo per sempre."

Anne annuì.

"Ci pensi, Gil? Diventeremo genitori."




***

Ora tutti abbiamo la certezza che Anne aspetta un bambino. All'inizio sono stata cattiva perché vi ho tratti in inganno, quando Gilbert ha assistito al parto e ha salvato il piccolo. Ah, il nostro dottore...

Mi chiedo come si comporterà con sua moglie quando il loro pargoletto verrà alla luce.

Comunque non è che Anne sia stata stupida a non riconoscere i movimenti del bambino, ma ha avuto giornate frenetiche e poi credeva si trattasse di fame e digestione, del tutto normale dato che non è mai stata incinta. (Pensate a Ruby nella serie che pensava che ballando si poteva diventarlo...)

Invece è proprio la prima vera avvisaglia che conferma che è incinta e presto avrà il suo primo figlio!

Poi si è mosso al momento giusto, proprio dopo che i nostri ragazzi si erano riconciliati. A quanto pare non gli faceva piacere sentirli litigare e ha voluto farsi sentire anche lui.

Come pensate che procederà il percorso di Anne e Gil?

Per scoprirlo non resta che attendere i prossimi capitoli!

Piccolo appunto: questo insieme all'altro capitolo sono inventati da me, non fanno parte della raccolta inglese originaria.

La vostra K.

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