"Non stiamo facendo un bambino." 💎 (parte speciale)

Scritta sentendo
"Certain thing"

di James Arthur.


Dedicato alla mia preziosa amica e collega di lavagnette story_of_soulmates e alla carissima _anneblythe_ che con tanto amore e zelo pubblicano ogni volta tanti commenti. Questo fandom è così speciale, la mia casa, e qui mi sento benissimo. Mi scuso per il ritardo e ci troviamo ancora una volta in una parte speciale contrassegnata sempre dal mio famoso diamante e state sempre pronte con le vostre lavagnette...


Parte speciale

"Non stiamo facendo un bambino."


Per la prima volta mi sento una barca sospinta dalla tempesta e non oppongo nessuna resistenza.
Sono sicura che starete bene senza di me e spero che un giorno
troviate la forza di perdonarmi,
ma ho dovuto farlo.

Vi prego di non cercarmi.
Il mio cuore è così afflitto e sto cercando di convincermi di poter essere la Anne coraggiosa dei tempi passati, ma non ci riesco. Una parte di me è morta, quel giorno. Ho sempre saputo che la felicità è solo una piacevole illusione.

Dentro di me, voi sarete sempre le persone più care che ho avuto.
Cara Marilla, signora Lynde e mio amato Gilbert.
Era troppo doloroso salutarvi, abbiate cura di voi e siate felici.

Con tanto amore,

Anne.


Scese al piano di sotto e lasciò la nota sul tavolo osservando per l'ultima volta ogni angolo di quella casa. Il suo cuore era straziato dalla sofferenza e faceva fatica a respirare. Afferrò il cappotto e avvolse la sciarpa attorno al collo prima di chiudersi la porta alle spalle.

Una volta nella stella si accertò che non ci fosse Jerry nei paraggi e sellò Belle allontanandosi verso il sentiero sterrato. Passata qualche ora il tramonto avvolse completamente l'isola, mentre Anne continuava a camminare. Avrebbe voluto tornare indietro, a quei giorni meravigliosi da allegra sposina nella sua casa dei sogni, ma l'incantesimo si era spezzato.

Ma quella gioia che credeva eterna era svanita, quando aveva stretto quel corpicino senza vita tra le sue braccia. Al solo ricordo, le lacrime le inondarono gli occhi. Pensò a suo marito, non doveva aver preso bene la sua fuga.

Era da qualche settimana che aveva deciso di tornare a Green Gables nella speranza che Anne si riprendesse, ma tutti i suoi tentativi si stavano rivelando inutili.

Tutta Avonlea stava cominciando a credere che quel matrimonio fosse ormai distrutto e che i due ragazzi non avrebbero mai appianato le loro divergenze. Eppure quel sentimento d'amore, così a lungo taciuto, era ancora vivo e pulsante nei cuori di entrambi.

L'anime di Anne era perennemente avvolta in una spirale di dolore, la sua espressione vacua e persa era onnipresente e palese a qualsiasi vicina che l'avesse visitata negli ultimi giorni.

Si sperava fosse una fase passeggera e che la Anne del passato, spensierata e chiacchierona, sarebbe tornata a far risplendere la fattoria. Ma purtroppo niente avrebbe potuto restituirle quella meravigliosa bambina. Non riusciva a credere che non ci fosse più, che girando lo sguardo non l'avrebbe ammirata dormire con i pugni chiusi e il viso paffuto nella sua culla.

In quel momento voleva solo dimenticare. Affrettò il passo per raggiungere la città e trovare una pensione a poco prezzo, ma il cavallo si arrestò all'improvviso e puntò gli zoccoli. La giovane le accarezzò il muso e appoggiò la fronte, sentendone il calore.

"Oh, carissima Belle... pensi anche tu che stia precipitando le cose?" sussurrò Anne, lasciando ancora delle carezze sul dorso. "So che vorresti tornare a casa, ma ti prego, ho bisogno di te."

Il cavallo, in risposta, sembrò capire. Scosse la criniera e drizzò il collo.

"Brava. Sarai sempre la mia unica amica."

Era sicura che avendo quella cavalla al suo fianco non avrebbe corso rischi. Dopo un momento di esitazione e averle dato una carota, ripresero il cammino. Anne stava finalmente ritrovando la serenità, ma alle sue spalle si udì un concitato rumore di zoccoli, che la stava raggiungendo.

E se era Gilbert... che voleva riportarla a casa?

Anche se fosse, non aveva nessuna intenzione di tornare sui suoi passi. Sarebbe partita con o senza il suo consenso, niente le avrebbe fatto cambiare idea. Un altro cavallo si palesò sul sentiero e affiancò Belle, afferrando prontamente le redini. Affrontare quel confronto spinoso divenne inevitabile quando Gilbert Blythe smontò dalla sella. Si poteva notare lontano un miglio la sua espressione contrita. I suoi ricci erano scompigliati dopo quella selvaggia cavalcata.

Era visibilmente combattuto tra il bisogno di stringerla e quello di rimproverarla per la stupidaggine che aveva fatto. Il cuore del ricciolo era sul punto di esplodere.

"Anne? Ma come ti è saltato in testa di andartene? E dove pensavi di andare?"

Anne lo fissò indifferente. "Lontano, ma non sono affari tuoi. Vattene, Gilbert."

Il ragazzo la guardava, a sua volta, ansioso, seccato, totalmente stravolto al pensiero che lei partisse per mete sconosciute. Stava cercando una spiegazione al suo gesto, a quella lettera, e improvvisamente aveva realizzato di aver fallito.

Anne non sarebbe mai guarita da quella ferita, se non era lei a volerlo.

Che stupido era stato a credere che tutto si sarebbe sistemato dopo quello ch'era accaduto quattro mesi prima e che li aveva inevitabilmente allontanati l'uno dall'altra. Da quando Joy era morta, avvicinarsi a sua moglie era una delle imprese più difficili della sua vita, forse più della professione da medico.

"Anne... ho promesso a me stesso che ti avrei riportato a casa." disse Gilbert deciso a dimostrarle quanto l'amasse. E le faceva male, perché non riusciva a voltargli le spalle e andarsene, ma restava ancorata a quello sguardo. Lo stesso che aveva visto sotto quel frutteto quando il parroco li aveva dichiarati marito e moglie.

"Gilbert... non voglio discutere. Vorrei che tu accettassi che il nostro matrimonio è stata solo una parentesi, un sogno bellissimo, ma ora... è finito."

Il giovane sgranò gli occhi, scuro in volto. Avanzò di più, riducendo le distanze, trovandosi a pochi centimetri dalla sola e unica donna che amava.

"Anne-ragazza... come puoi dire questo? Dopo tutto quello che abbiamo fatto per arrivare dove siamo. Per favore, sai bene che solo stando insieme possiamo superare questo dolore."

"E dove credi che ci abbia portato questo?" sottolineò la ragazza dai capelli rossi, prima di distogliere lo sguardo per mantenere i nervi saldi. Non voleva cedere, doveva convincerlo a mettere un punto a quella storia che li stava riducendo in cenere e permettergli di essere felice. "Da quel giorno, si è rotto qualcosa. Ed io non posso fare niente per aggiustarlo, mi dispiace. Non posso tornare, lo capisci? Mi sento soffocare, potrei morire in quest'istante, e se resto al tuo fianco potrei impazzire!" Gilbert continuava a scuotere la testa. "Ho bisogno di tempo. Non posso condannare le nostre vite all'infelicità."

Il suo tono era sempre più altalenate e strozzato, e più lo guardava, più percepiva il bisogno di piangere e sfogarsi. Percepì le mani del giovane avvolgersi attorno alle braccia e i suoi occhi nocciola non smettevano di osservarla, ma non c'era nessuna rabbia.

"Anne, te lo ripeterò all'infinito come lo feci quando ero a un passo dalla morte." fece una piccola pausa, per rendere il suo discorso solenne. "Ti amo, carotina. Non ti voglio al mio fianco solo come una moglie. Sono innamorato di te e vorrei che tu sia la madre dei miei figli."

"Gilbert..."

"E' tutto come la prima volta. Inizierò a conoscerti e ad amarti più di prima e accetterò ogni condizione." Anne chinò lo sguardo, ripetendo il suo nome, ma lui le prese il viso fra le mani accarezzandolo. "Sono pur sempre il tuo cacciatore di draghi."

Improvvisamente davanti a lui non c'era più suo marito, ma quel ragazzino che dopo averla salvata da Billy Andrews le stava chiedendo a gran voce se ci fossero draghi nei dintorni. Gilbert Blythe così terribilmente determinato e testardo da voler sfidare persino il fuoco pur di salvarla.

Come poteva non amarlo? Era impossibile.

"Ti prego, Anne. Non facciamo un altro errore, come in passato. Dobbiamo restare insieme qualsiasi cosa accada e affrontarla insieme."

"Gil -"

"So che stai soffrendo e non c'è nessun spiraglio di luce. La vita ci ha donato un'adorabile gioia, ma ce l'ha tolto così presto. Questo è stato il peggio tiro mancino. E' stato ingiusto e malvagio, ma ormai è successo. Joyce è andata via, Anne. Non ti sto chiedendo di dimenticarla, perché lei sarà sempre una parte di noi, e l'ameremo per sempre. Ma ora dobbiamo andare avanti, perché è questo che vorrebbe la nostra bambina. Solo insieme il futuro sarà radioso."

Sentir parlare di Joyce, risvegliò nuovamente quel tormento e leggeri fremiti la scossero.

"Ma come può funzionare? Non dormiamo più insieme, se mi tocchi ti allontano bruscamente... e quando vedo i tuoi occhi, Gilbert, penso sempre a ciò che mi è stato sottratto. Fa tanto male, non capisci? Perché vuoi condannarti anche tu? E' stata solo colpa mia... e non posso fare a meno di capire che forse è stato uno sbaglio... sposarci!"

Quelle parole provocarono l'ennesima crepa sul cuore del giovane. Erano trascorsi quattro mesi, ma non abbastanza per metabolizzare la sua assenza, costellata da atroci sensi di colpa, "perché" sussurrati ogni notte e il disperato tentativo di rimettere insieme i pezzi.

Di tutte le perdite patite, negli anni, la morte di sua figlia l'aveva praticamente devastato.

Gilbert afferrò le sue mani e soffermò le sue labbra su quella pelle delicata e fredda.

"Ho sognato che potesse succedere dal nostro primo incontro. Sposarti, Anne-ragazza, è stato il coronamento dei miei sogni di bambino. E non c'è un solo giorno in cui non ringrazi il cielo di averti incontrata." inclinò leggermente il volto per catturare quello di lei, incorniciato da quei splendidi capelli rossi, raccolti in due trecce che le cadevano perfettamente sul petto. "E non m'importa se dovremo affrontare sfide come queste o rischiare di cadere a pezzi senza poterci sollevare. Io voglio passare il resto della mia vita a renderti felice ogni singolo giorno. Questo è il mio unico desiderio, non né ho altri."

"Finirai per odiarmi."

"Neanche per sogno. Non lo farò mai."

"Ma... non sono stata capace di darti un bambino. Ho fallito, per colpa mia nostra figlia è..."

Gilbert le strinse forte le mani. "Anne... se potessi descrivere l'immagine dell'anima gemella che avevo da bambino saresti tu. Gli occhi azzurri, la pelle lentigginosa e bianca come neve, e infine, capelli rossi come carote."

Anne contemplò in silenzio l'amore che traboccava dai suoi occhi nocciola. Con la mano, gli accarezzò la mascella, scendendo delicatamente fino a quello splendido mento, - come da ragazza aveva descritto alla sua migliore amica- e Gilbert le baciò il dorso.

Anne accennò un sorriso.

"Non c'è un solo particolare che di te non mi attiri. E ti amo, Anne. Mi hai stregato anima e corpo come fece Miss Elizabeth con Mr.Darcy."

Per la prima volta, da quella notte, il cuore le si agitò nel petto straripando di nuove emozioni. Se c'era una persona degna di rappresentare "Mr Darcy" in Pride and Prejudice era proprio Gilbert Blythe.

Unico e solo.

Improvvisamente era come tornare a quei tempi, dove erano due ragazzini in procinto di scoprire i loro sentimenti e di confessarseli. Ma stavolta, Anne non si tirò indietro come le altre volte, e lasciò che il marito l'accarezzasse, abbandonandosi a quella insperata felicità.

"Mi sei mancata, carotina. Pensavo di averti persa." rispose Gilbert, beandosi di quel primo contatto fisico, che gli trasmetteva però la stessa emozione della prima volta fra le mura della piccola baia dispersa nella natura e avvolta dal profumo del mare. "Mi sento quel ragazzino che ti baciò nel giardino della pensione. Lo stesso ardore e sentimento di quella volta."

Anne si sentì lievemente in imbarazzo per il modo in cui la stava guardando, e ricordò dolcemente la prima volta che si era concessa a suo marito, dopo aver sospeso i festeggiamenti. L'uomo davanti a lei non era soltanto Gilbert, il suo rivale e amico di penna, ma il suo compagno di vita, a cui aveva legato la sua vita per sempre. Ricordò di essere impacciata nei movimenti, ma bastò guardare i suoi occhi per sciogliersi e rendere tutto naturale. Il suo corpo ora gli apparteneva totalmente, e quella notte era stata speciale perché aveva portato Joy nelle loro vite.

"Non sai quante volte avrei voluto stringerti e baciarti, ma non l'ho fatto."

"Lo so, ma adesso è tutto passato. Bisogna guardare avanti, al nostro futuro."

Il giovane prese entrambi i cavalli, poi afferrò la mano di sua moglie, per far ritorno a casa.

"Ora è meglio tornare a casa, altrimenti faremo impensierire Marilla. Ho dovuto convincerla a non prendere il calesse per venirti a cercare. Quella donna è cocciuta quanto te!"

"Mi dispiace, non volevo..." sussurrò Anne.

"Credo che Marilla sia abituata ai tuoi scherzetti, Anne Shirley-Cuthbert..." ridacchiò il giovane.

"Si, è vero, da ragazzina potevo essere un tormento per i suoi poveri nervi... ma ora non lo sono più, caro Gilbert."

Gilbert si accostò al suo orecchio. "E' per questo che mi piaci ancora di più, signora Blythe."

Quando Anne fece ritorno a Green Gables trovò Marilla e la sua collera mista a preoccupazione ad attenderla. La donna, appena vide i suoi ragazzi, dalla finestra si precipitò fuori casa per abbracciare la ragazzina dai capelli rossi, la ragione principale per cui aveva gettato alle ortiche qualsiasi impegno. Per fortuna, la ritrovò con una luce diversa che le baluginava negli occhi azzurri e si scambiò uno sguardo con suo genero, poco più dietro. Quella sera l'atmosfera in casa sembrava diversa rispetto a tutte le altre; Anne mangiò con gusto e, con somma gioia della madre, riuscì ad articolare un vero discorso.

Quello sembrava un nuovo inizio, a giudicare dal viso spensierato del ricciolo. Dopo cena, Anne si sedette sul divano e sfogliò un po' il libro dei suoi genitori, lasciandosi travolgere dai ricordi. Le capitava spesso di fare quel rituale con il suo bambino.

Con la sua amata Joyce. In quei giorni di atroce sofferenza, si era chiesta perché tra tutti i bambini nati a Four Winds, proprio a lei dovesse capitare un destino tanto crudele. Non aveva nessuna foto, se non ciò che ricordava degli unici momenti in cui le aveva visto aprire gli occhi e l'aveva tenuta in braccio, stringendola con prudenza. Aveva gli occhi azzurri, come i suoi.

Ma chissà di che colore avrebbe avuto i suoi capelli? Forse rossi... oppure ricci e castani, somigliando al suo amato Gilbert. C'erano tante domande che si dibattevano nella sua mente, ma non avrebbe avuto nessuna risposta.

Joyce sarebbe stata per sempre l'immagine perfetta della principessa Cordelia.

Mentre si era soffermata a leggere una delle note del padre, Gilbert l'osservava appoggiato al muro. Nonostante fossero passati molti anni, Anne rimaneva la creatura meravigliosa e speciale che aveva conosciuto al suo arrivo da Alberta.

"Lo stufato di Marilla era delizioso. E' davvero una cuoca e-c-c-e-z..." roteò gli occhi e si grattò la nuca con la mano libera.

Anne distolse l'attenzione dal libro e lo guardò, cercando di trattenersi dal prenderlo in giro. "Non mi dire che Gilbert Blythe, medico esperto in malattie infettive non riesce a compitare una parola così semplice come... eccezionale?"

Gilbert sorrise impertinente e si sedette vicino a lei. "Tu sapresti fare di meglio, Anne Blythe?"

Anne ci pensò su. "E-c-c-e-z-i-o-n-a-l-e... è corretto?"

"Il signor Philips sarebbe certamente soddisfatto."

Anne gli lanciò un'occhiata eloquente, posando il libro. Ma Gilbert lo prese fra le mani e lo sfogliò con la stessa attenzione che avrebbe avuto per un fiore delicato. "Tuo padre era molto romantico e doveva avere una forbita immaginazione."

"Ci sono tante cose che vorrei sapere..." esordì Anne, facendogli alzare gli occhi da quelle righe e da quelle immagini variopinte. "Cose sulla mia famiglia che non conosco e sulla nostra bambina che purtroppo non vedrò crescere."

Gilbert le strinse brevemente le dita e la esortò a continuare.

"Ho sofferto terribilmente durante il parto. Credevo che sarebbe stata l'ultima volta e poi avrei esalato il mio ultimo respiro, ma mi chiedo se lei abbia sofferto quanto me? La nascita avrà compromesso ancora di più il suo corpicino debole."

"Da medico, potrei dirti che il parto è un momento di grande fatica per un feto. E' il momento in cui si prepara a conoscere il mondo esterno e non può in alcun modo opporre resistenza. Anche la nostra bambina era forte e coraggiosa come te. Ha aperto i suoi occhi, Anne, ti ha visto... molti bambini non lo fanno e se vanno via in silenzio e senza neppure emettere un vagito. Te lo dico per esperienza: ne ho visti molti."

"Sono stata una madre orribile." confessò Anne, incrinando la voce.

Gilbert la guardò, di scatto. "Perché?"

"Perché... quale madre farebbe morire la propria bambina senza fare nulla per evitarlo?"

"Anne, tu non hai colpa di nulla. Vuoi capirlo?" cercò di dirle Gilbert, ma Anne non lo stava ascoltando, addossandosi come al solito una colpa tremenda. Si portò le mani contro il volto, ma niente l'avrebbe fatta sparire da quel divano. "Se solo avessi fatto qualcosa invece di farmi prendere dal panico. Avrei dovuto spingere più forte così sarebbe uscita presto e..."

"Anne, ora basta con questi sensi di colpa."

"Ma lei mi odia, Gil. Solo che non può dirmelo!" continuò palesemente inconsolabile.

Gilbert scosse la testa. "Lei ti ama e ti ha amato ancor prima di venire al mondo."

"Ma non saprà mai quanto io ho amato lei." lo contraddisse Anne, guardando un punto lontano della stanza. "Non potrò mai chiederle scusa per ciò che ho fatto."

"Non hai niente di cui scusarti." disse Gilbert, inginocchiandosi ai suoi piedi e prendendole il viso fra le mani per asciugarle le lacrime. "L'unica cosa che potresti fare per lei è essere felice."

Anne annuì. Forse avrebbe cercato di esserlo, anche se in fondo al suo cuore sarebbe mancata sempre una parte, che nessun altro avrebbe mai colmato.

Gilbert balzò in piedi, trattenuto tenacemente dalla mano di Anne, che intanto l'aveva seguito fino al corridoio. Il giovane si girò, alzando un cipiglio in un'espressione buffamente sorpresa.

"C'è... altro che vuoi dirmi prima di andare a letto?"

Anne sentì il suo volto diventare quasi come i suoi capelli.

Sembrava ancora quella ragazzina dai capelli rossi che interrogava la margherita sui suoi sentimenti per il ragazzo travestito da principe delle fiabe. Sfiorare la sua pelle, sentirlo così vicino, improvvisamente le aveva fatto nascere nel cuore un desiderio inaspettato.

"Ecco... io..."

Gilbert rivolse completamente la sua attenzione alla sua imbarazzata sposa, che continuava a ciondolare con un piede e con l'altro. Mosse inequivocabilmente le sopracciglia, cercando di decrittare lo strano rossore esploso sulle sue guance, tanto da fare concorrenza ai lunghi capelli, che le scivolavano lungo la schiena in una cascata rosso fuoco. Di solito, lui la salutava e lei restava sul divano, con la sua espressione persa e combattuta, ma quella sera, lei era di fronte a lui con la sua aria infantile e serena. Si sarebbe diretto nella camera degli ospiti, dato che lui ed Anne, sotto richiesta di quest'ultima, avevano stabilito di dormire in camere separate.

"Anne... cosa c'è?"

"E' che non so... come chiedertelo. Dopo tutti questi mesi, io e te..."

Gilbert sentì il cuore farsi più leggero, mentre l'imbarazzo di Anne crebbe a dismisura.

"Mi chiedevo se, questa notte, non la vorresti trascorrere con me, Gilbert."

Al giovane mozzò il respiro nella gola. Davvero le stava facendo quella proposta?

Gilbert tossì, sperando di non aver attirato l'attenzione delle due, Rachel e Marilla, che stavano discutendo davanti al caminetto, ma per poco non gli inciampò la saliva fra i denti.

"Io non... posso." disse soltanto, abbassando lo sguardo per non vedere la delusione negli occhi della sua amata. "Non se non lo vuoi tu." ribadì con voce colma di tristezza.

"Gilbert, voglio stare con te. Voglio che mi abbracci, le notti sono così fredde a dicembre."

Come avrebbe potuto spiegarle in termini consoni, che se si fosse trovato con lei nella sua stanza non avrebbe tenuto a freno la passione repressa?

Anne abbassò la testa colpevole.

Come le era saltato in mente? E in modo così impulsivo e superficiale? Ma ora aveva la piena conferma di aver sposato l'uomo migliore del mondo.

"Allora, ci vediamo domani. Tu e Jerry andrete a prendere l'albero di Natale, vero?" cambiò repentinamente discorso, cercando di scrollarsi di dosso tutta quell'ansia che sentiva.

Gilbert la fissò a lungo, prima di rispondere. "Certo, prenderemo uno bello alto che arrivi fino al soffitto."

"A Delly piacerà tanto." e sorrise al pensiero della sua "nipotina" quando avrebbe scartato i regali.

"Allora, dormi bene Anne-ragazza." tagliò corto lui. Anne tentò di andare verso le scale per salire in camera, ma si concesse un istante per osservare il volto del suo amato e lo trovò perfetto. Trattenne il respiro vedendo i suoi pettorali, sostenuti dalle bretelle, andare su e giù, e con il morale sotto le scarpe, iniziò a salire gli scalini.

Improvvisamente la mano di Gilbert la afferrò tenacemente per il braccio e la spinse contro il suo corpo, smettendo di osteggiare la scarica elettrica che gli attraversava la spina dorsale quando la sfiorava. Le labbra di Anne erano esattamente come le ricordava, la loro morbidezza e dolcezza lo ripagò di quell'attesa di quei quattro mesi.

Anne ricambiò d'istinto e gli avvolse le mani attorno al collo, mentre si sentiva al limite della gioia e della perfezione assoluta. Gilbert Blythe era l'unica perfezione assoluta.

Per una manciata di secondi, le loro labbra si separarono e i loro occhi si incatenarono nella penombra della casa. Anne fece fatica a riprendere il controllo di sé, come il suo respiro.
Gilbert le accarezzò il volto lentigginoso, studiando ogni lentiggine, e si chinò lentamente per lasciarle un bacio sul collo spostandole un po' i capelli. Anne chiuse gli occhi d'istinto, rimproverandosi di non aver fatto prima quel passo e aver rotto quella distanza.

"Scusa, carotina. Non ce la facevo più." si scusò Gil.

Anne lo baciò con più trasporto e lo sentì sorridere, mentre le sue mani scivolavano sul tessuto della camicia da notte. Anne rabbrividì, sentendosi pervasa del calore più di prima, e lo bloccò con una mano.

Gilbert la fissò, colpevole. "Scusa, hai detto che dovevo solo abbracciarti."

La giovane scosse la testa e ridacchiò. "Ti è concesso tutto, Gil, ma solo tra le mura della nostra camera. Come spiegheresti a Marilla Cuthbert... questo?"

Gilbert le accarezzò ancora il viso. Quanto gli era mancato quell'odore di fiori selvatici.

"Siamo sposati, Anne. Non c'è spiegazione più sufficiente di questa."

La giovane finse di pensarci su. "Hai ragione. Un punto per te, mio caro dottore." e lo baciò di nuovo, vedendolo sorridere come se si trovasse davanti un'incantevole dea dai capelli rossi, piuttosto che sua moglie.

"E ora più che mai, mia dolce Anne dai capelli rossi." si fece più vicino e le baciò teneramente una guancia. La giovane stava per dirigersi verso le scale, quando Gilbert la trattenne vicino a lui.

"Anne, non stiamo facendo un bambino."

La ragazza gli diede un ultimo bacio. "Resta da vedere."

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