"In cerca di... risposte" 💎 (parte speciale)
Lo sapevo che ritrovando l'ispirazione avrei avuto del tempo per pensare a qualcosa di "sad".
Erano arrivati a Charlottetown in tarda mattinata a causa del ritardo del treno ed Anne sentiva un inspiegabile vuoto nello stomaco.
Si trovava in un luogo diverso da quello squallido dell'orfanotrofio, ma le pareti glielo ricordavano mentre sedeva su una fila di sedie, in attesa di essere ricevuti.
Per fortuna che Cole era lì a sostenerla, nonostante all'inizio si fosse ostinata di non aver bisogno di nessun aiuto.
Tutte le sue certezze erano svanite quando aveva varcato la soglia di quell'ufficio alla ricerca di risposte.
Quando il gentiluomo aprí la porta, Anne Blythe balzò in piedi.
"Perché siete venuti qui, signori? Cosa volete?" fu la domanda diretta della donna seduta dietro la scrivania, incaricata di comunicare notizie terribili.
Anne trattenne il respiro.
"Siamo qui in cerca di risposte." parlò Cole Mackenzie. "Forse lei può dirci qualcosa. Cerchiamo un certo Gilbert Blythe."
La donna ascoltò quelle parole senza scomporre il suo viso, anzi sembrava che non le premesse quanto i due ragazzi.
"Voglio notizie di mio marito! Voglio sapere dove sta!" Anne ormai al limite batté entrambe le mani sulla scrivania, guardandola negli occhi. "È un medico... È partito più di dieci mesi fa e non ho più sue notizie."
"La prego. Potrebbe consultare quelle... liste." chiese a quel punto Cole.
La donna annuí e prese a sfogliare attentamente ogni singola pagina scorrendo velocemente con il suo dito affusolato.
A Cole non piacque la sua freddezza, probabilmente non era sposata, altrimenti non si sarebbe mostrata tanto indifferente al dolore di una donna in pena per l'uomo che amava.
Il silenzio regnò solo per qualche istante.
Ma il nome di Gilbert non era né fra i dispersi, né fra i deceduti per loro fortuna.
E quanti né aveva mietuto quel maledetto conflitto per così tanto tempo...
"Il nome di suo marito non c'è." chiuse il libro con un tonfo. "Non posso aiutarla. Non saprei dove andare a cercare..."
"Grazie lo stesso." rispose Cole, per educazione. "Andiamo, Anne."
Anne però si divincolò dalla sua presa.
"Ha davvero controllato?" insisté la giovane. "Per favore, lo faccia ancora."
"Ogni singolo nome, signora. Forse suo marito è un prigioniero di guerra o probabilmente è morto, ma non è stato registrato su questi elenchi."
"Chiuda quella bocca!" Anne era inorridita. In quel momento non le importava mostrare il contegno di una donna sposata. "Non mi parli di lui come se fosse morto, perché non lo è! È da qualche parte, ne sono sicura."
"La guerra ha lasciato molte donne vedove e sole con i loro bambini." chinò il naso sui fogli. "Vedete quanti nomi sono scritti qui? Sono tutti poveri disgraziati che non potranno mai più tornare in Canada."
"Le ripeto che si sbaglia enormemente."
Anne ripeté questa frase, anche quando Cole la trascinò fuori dall'ufficio e si ritrovarono nel bel mezzo della città.
"Anne, ti prego calmati."
"E come faccio, Cole? Non potrei mai, sapendo che Gilbert è su quest'isola e forse ha bisogno d'aiuto." proseguì Anne disperata.
"Non puoi pensare al peggio adesso." le ricordò l'artista. "Non possiamo perdere le speranze. Almeno abbiamo una pista e la certezza che non sia su quelle liste."
"Quella donna non ha negato..." nelle parole della sua migliore amica c'era tanto tormento e il suo corpo colto da continui fremiti.
Cole le strinse il braccio accarezzandoglielo. "Anne, ascoltami. Gilbert non ti ha mai lasciata e anche stavolta manterrà la sua promessa."
Il positivismo del giovane la stava lentamente contagiando e i brutti pensieri stavano sbiadendo dalla sua mente.
Dopo esserci calmata un po' si allontanò per fare una chiamata, e le bastò ascoltare la voce di Marilla o i piccoli schiamazzi di Jem per sentirsi meglio.
Sperava di poterle dare buone notizie, ma l'unica cosa che fece fu fingere e trattenere i singhiozzi. La donna, però, dall'altro capo della cornetta capì subito che quel tono apparentemente fermo nascondeva dell'altro.
Ma Anne volle sapere come stesse il suo bambino, che aveva lasciato a Green Gables e le mancava terribilmente.
Quando riattaccò singhiozzò sommessamente. Nell'uscire notò distinte donne passeggiare a braccetto, i bambini giocare e rincorrersi e i garzoni fare avanti e indietro con le merci... ma in tutto quel passeggio aveva perso di vista Cole.
Tornò dove l'aveva lasciato qualche istante prima, ma di lui neanche l'ombra. Probabilmente si era allontanato e non l'aveva avvisata.
Nonostante fosse una donna sposata e con la testa sulle spalle, Marilla l'aveva affidata a Cole e si era raccomandata che le stesse vicino, sapendo quanto Anne potesse essere impulsiva in certi casi.
Ma la giovane non aveva paura di affrontare quel viaggio, si era sempre destreggiata in situazioni pericolose prima di arrivare ad Avonlea e sapeva bene come affrontarle.
Quando alzò lo sguardo, restò perplessa. Accelerò il passo, sollevando le gonne per poterla raggiungere.
Ricordò improvvisamente le vecchie discordie tra i banchi di scuola, quanto si fosse accanita su di lei e sul suo strano modo di pensare, ma Anne non gli portava alcun rancore. Adesso meno di prima. Non era più la ragazzina scatenata e bizzarra di un tempo, ma una moglie devota e saggia dallo spirito combattivo e determinato.
Era grata di tutto ciò che la vita le aveva donato al fianco di Gilbert. Nemmeno il dolore dei mesi precedenti aveva scalfito quell'amore che provava per lui e la fedeltà per la loro unione.
"Josie Pye."
Era proprio lei, quella perfida biondina che le aveva reso un inferno l'esordio a scuola e che approfittava di qualsiasi occasione per accusarla di essere orfana.
"Anne..." Non era entusiasta di averla di fronte, così raggiante e piena di vita, come lo era sempre stata. "O dovrei dire... signora Blythe?" aggiunse con disprezzo. "Sembri molto felice e soddisfatta per essere la moglie di un semplice dottore di campagna."
Anne non era d'accordo con quel commento sardonico, ma non le avrebbe dato la soddisfazione di accogliere la sua provocazione.
"Gilbert è un ottimo medico. Four Winds gli è grata per il suo impegno." vide la biondina increspare un'espressione severa. "Ho saputo che hai sposato un ministro e sei la più ricca signora della contea. Ha molti contatti con l'esercito, vero?"
"No. Non posso aiutarti in alcun modo..."
"Ma volevo soltanto..."
"So cosa vorresti." la interruppe nuovamente, rivolgendosi poi alla domestica che l'accompagnava, dandole il permesso di allontanarsi. "So che l'esercito canadese ha chiamato tuo marito molti mesi prima. Sono stata informata dalle mie domestiche, mio marito non mi tiene in considerazione. Una donna, per lui, deve stare al proprio posto."
"È tipico degli uomini, come direbbe la nostra vicina, la signorina Cornelia..." ma si permise di farle una confessione intima. "Non sembri felice."
"Beh, in un matrimonio non si vive di sole gioie, cara signora Blythe. C'è anche il dolore."
"Sì, è vero. L'ho imparato a mie spese... quando Joyce è..." mormorò Anne, incrinando la voce, rievocando improvvisamente il momento in cui la sua anima era stata seppellita insieme all'altra. "E nonostante sia trascorso del tempo, ho ancora il cuore dilaniato. Ho chiesto all'ufficio, consultato tutti i registri, ma nessuno ha saputo darmi notizie di lui. Ho bisogno di sapere che sta bene e tornerà da noi."
"Anne comprendo la tua ansia, ma non potrei esserti d'aiuto visto che mio marito non mi degnerebbe della sua attenzione. È troppo occupato." tagliò corto la bionda, sistemando i guanti per distogliere l'attenzione dall'antipatica ragazzina che aveva disprezzato.
"Lo faccio per mio marito! Né va della sua vita. Santo cielo, cosa vuoi... soldi? Te li darò."
"Anne, per l'amor del cielo. Non ti metterai ad implorarmi nel bel mezzo della strada? Mantieni il contegno." dichiarò Josie esasperata.
Anne sembrava ancora la stessa ragazzina testarda di un tempo, nonostante il suo vestito signorile e delicato e l'aria da adulta.
"Non potrei mai implorarti. Mi hai odiato così tanto in passato, mi ritenevi spazzatura e sei arrivata a schiaffeggiarmi. Ricordi quando Billy Andrews ti aveva molestata alla fiera? Ti ho difeso perché era la cosa giusta da fare. Quello che aveva fatto Billy era stato immorale e non avrei mai potuto sopportare che restasse impunito."
"Mi stai rinfacciando quella situazione per costringerti ad aiutarti?" disse Josie sgranando gli occhi. Non aveva alcuna intenzione di sottostare al suo ricatto e le girò le spalle per sparire nella folla.
"Se non vuoi farlo per me o per Gilbert, fallo per Jem. Lui ha il diritto di conoscere suo padre e di avere il suo affetto."
Josie si bloccò.
Si voltò incrociando gli occhi azzurri di quella donna disperata da farle compassione; ma non era quella la sensazione, ma pura e accecante invidia. Era così spensierata e innamorata di Gilbert Blythe da lanciarsi addirittura tra le fiamme per salvarlo, e sicuramente lui avrebbe fatto lo stesso.
Una coppia così adorabile, baciata dalla fortuna di essersi trovati come anime gemelle, e la bionda sentì un moto di tenerezza nascerle dentro.
"Va bene. Cercherò di convincere mio marito a inviare un telegramma oltreoceano. Purtroppo molti uomini non sono ancora tornati in città e i morti sono molti di più di quanto si sarebbero aspettati."
"Gil non è fra questi! Lui è vivo."
"E se è morto come gli altri?"
Anne la fissò dritto negli occhi.
"Non lo è."
"Non puoi esserne certa."
"Invece lo sono."
"E che prove hai?" le chiese ancora.
"È il mio cuore che lo sta dicendo."
"Spero per te che sia sopravvissuto."
"Quando avrò notizie?"
"Devi avere pazienza, Anne. La burocrazia è lenta. Ti scriverò appena mi sarà possibile."
Già, lo so." rispose con il cuore traboccante di speranza. "Grazie, Josie."
"Mi hai aiutato quella volta. Un favore in cambio di un altro." confessò la donna, che per anni l'aveva torturata con le sue frasi crudeli, e per il semplice fatto che provenisse dall'orfanotrofio.
Anne non poteva crederci e fremeva dall'impazienza di poter raccontare a Gil di quello strano incontro.
Josie si dileguò insieme alla sua dama di compagnia lasciando la signora Blythe con un briciolo di speranza nel cuore.
Nonostante fosse rimasta sola senza la presenza di uno dei suoi più cari amici, Anne era più tranquilla di quando era scesa dal treno. Sperava di poter ricevere delle notizie come promessole da Josie, ma aveva deciso di prendere la strada di casa.
Quando arrivò alla stazione e si mise ad attendere la fermata, qualcuno la chiamò.
"Anne!" All'inizio non pensava che stessero cercando lei, ma alle sue orecchie quella voce non poteva che appartenere alla sua migliore amica.
Diana Barry, infatti, stava correndo nella sua disperazione con alle calcagne suo marito Jerry, che portava le loro valige.
Non sapeva che fossero a Charlottetown, ma non poteva essere una coincidenza.
La corvina stava correndo così in fretta che per Jerry diventò complicato starle dietro. Quando le due donne si strinsero forte, Anne fortificò quel contatto e si lascia andare a un pianto liberatorio.
Diana non parlò, continuò semplicemente ad accarezzarle piano la schiena dicendole di continuare.
Le poteva soltanto giovare quello sfogo. Anche un'eroina coraggiosa non poteva sostenere un tale peso sulle sue spalle, e da quando Gilbert era partito, Anne si era accollata molte responsabilità.
In quel momento era così fragile che sarebbe bastato un colpo per infrangerla.
Quel momento intimo tra le due amiche durò fin quando lo sbuffare del treno non rieccheggiò nella stazione.
Jerry, seppur con il fiatone, aveva raggiunto sua moglie che da poco aveva lasciato le braccia di Anne, ancora con gli occhi lucidi per il pianto di prima.
"Diana, mi dispiace... Io-"
"Anne, sei la ragazza più forte e testarda che conosca, ma a volte anche l'eroina di un romanzo ha bisogno di qualcuno che la salvi."
"Hai trovato qualcosa?" s'intromise il francese, mentre Diana gli lanciò un'occhiataccia.
"No, nessuna notizia. Ho anche perso Cole mentre chiamavo Marilla." rispose Anne, ignorando l'indelicatezza del suo amico. "Sono preoccupata. Dove sarà andato?"
"Ci raggiungerà presto. Cole conosce la città." replicò Diana.
Anne continuava a guardare ogni viso che le passava sotto il naso, sperando che fosse quello del ricciolo. Ma erano tutti estranei per lei, compresi quelli di un gruppo di soldati che stavano ridendo degli aneddoti del fronte.
Anne ingoiò, ancorata a quegli sguardi, prima di riportare l'attenzione su Diana.
"Anne, stai bene? Vedrai che presto riceverai sue notizie e tutto si sistemerà." le ricordo saggiamente la signora Baynard, ma il cuore della rossa era vittima di una tempesta destinata a non calmarsi facilmente.
"Sono d'accordo. Gilbert sta bene."
"Grazie, amici. Avevo proprio bisogno di queste parole. Il vostro sostegno mi dà la forza di continuare a sperare." dichiarò, pronta per tornare a casa dal suo Jem.
Quando il controllare gridò "in carrozza" Anne si avvicinò ulteriormente al treno, con gli occhi fissi sul gruppo di soldati.
Jerry era già salito portando con sé i bagagli mentre Diana le tendeva la mano per farla salire.
La sua voce diventò sempre più offuscata, mentre stringeva gli occhi per studiare attentamente quei volti per trovare il suo.
Il cuore cominciò a battere più forte. La sensazione improvvisamente si acutizzò, Diana continuava a parlare alle sue spalle.
"Gilbert..." sussurrò, cominciando a muoversi in quella direzione, andando verso i soldati. "Gilbert!"
Le persone la fissavano con sospetto, mentre con voce sempre più flebile e strozzata continuava a chiamarlo e cercarlo. Solo il treno rispose con l'ennesimo sbuffo, mentre i soldati stavolta avevano smesso di ridacchiare.
"Anne, sbrigati che il treno sta per partire!" L'avvisò Diana.
Il pensiero di moglie disperata svanì e prese forma quello della madre coscienziosa. Pensò a Jem, a quel caro e prezioso angioletto che il destino le aveva donato all'alba quattro mesi prima.
Doveva essere triste senza avere accanto a sé la madre, ma ancora di più se non avrebbe mai potuto incontrare suo padre.
Si girò brevemente per incrociare il viso della sua amica, prima di seguirla sulla vita di ritorno.
Verso Green Gables.
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