AU: "Posso essere quello che voglio e anche di più?!"

"Posso essere quello che voglio...anche di più!?"

Ispirata al film Your Name

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Se un giorno potessi desiderare di essere diversa?

Sarebbe così sbagliato essere singolare, l'eccezione alla regola, quell'un per certo che farebbe sbiancare l'intera Toronto?

Quanto vorrei lasciare questa città e le sue leggi ridicole.

So' che non ero fatta per questa vita, mi era stata cucita addosso dalla nascita.
Non potevo fare nulla per evitarlo. Non esisteva nessuna opposizione, se non una muta e odiata approvazione.

Se solo la genetica fosse stata caritatevole e magnanima, ma alla fine mi aveva donato un corpo da donna... e ciliegina sulla torta, degli orribili capelli rossi.

Una signorina elegante e sofisticata che si ritrovava a sopportare una sfortuna dietro l'altra.

Se solo avessi potuto scegliere... sarei nata uomo sfoggiando un incantevole barga grigio topo, senza preoccuparmi di tutte quelle accortezze femminili.

Ma questo solo... in un'altra vita.

"Che strano..."

Mi preparai all'ennesima ramanzina di mio padre, o dovevo chiamarlo carceriere che mi precluderebbe persino l'aria che respiravo.

Stranamente la notte aveva cancellato ogni mio ricordo di quella - raccapricciante - serata, a parere della mia adorabile sorellina Diana.

Il rumore di una porta sbattuta con violenza mi ridestò dal sonno e rieccheggiò tra le alti parenti della camera.

Il mio corpo era un macigno e non mi spostai dalla posizione, nemmeno quando una testa mora si sporse a un palmo dal mio naso, cosparso di lentiggini.

Non m'importava di non essere una signorina di una famiglia rispettabile di Toronto, anzi il mio obiettivo era farla a pezzi.

"Anne ti vuoi alzare, santo cielo!" mi gridò praticamente nelle orecchie e per poco il mio cuore non sfiorò una sincope.

Mugugnai, con il volto girato dalla parte opposta e seppellito in una marea di cuscini, ma la disturbatrice di turno non aveva intenzione di mollare.

"Anne! Ti concedo solo tre secondi e poi assaggerai la mia vendetta a suon di piume..." decisi di prendere alla leggera il suo avvertimento, tanto sapevo che era troppo composta per alzare anche solo un dito.

"Soltanto cinque minuti, che ti costano sorellina cara? Dai, ti prego." le chiesi, riuscendo nella mia interpretazione melodrammatica, anche grazie al fatto che avessi la faccia premuta nella federa e mi era uscita una voce strozzata.

Non potei fissare la sua espressione e di conseguenza non mi aspettavo che avesse deciso di mettere in atto un terribile risveglio, oltre a quello che mi sarebbe aspettato quando avrei messo piede nel salone.

In silenzio afferrò uno dei cuscini e cominciò a colpirmi, sempre più forte,  mandando in fumo la mia serenità.

"Su, in piedi signorina Shirley!"

Se la storia fosse stata un romanzo, Diana avrebbe certamente vestito i panni di una strega malvagia.

Cercai di sollevarmi con il busto e allungare una mano per bloccarla, ma ero sopraffatta da quella raffica insistente di cuscinate. Le mie deboli proteste coperte dalla sua risata sguaiata e il suo volto grondante di soddisfazione erano un gancio in pieno stomaco.

"Hai vinto tu! Va' bene! Non vedi che sono sveglia?" il sorriso riempí inequivocabilmente le sue labbra perfette, segnando purtroppo la mia sconfitta.

Forse stavo meglio nel mio sogno. Anche se non avevo la certezza che si trattasse proprio di quello.

Da giorni infatti ero una tale smemorata, non riuscivo a ricordare nessun particolare di ciò che avevo sognato, eccetto una figura che somigliava... a un ragazzo.

Non so chi era.

Non ricordavo neppure il suo nome, quindi poteva trattarsi di una banale fantasia.

Dopotutto mi trovavo in una gabbia dorata, ero l'erede di una considerevole fortuna e fuggire per un po' era la mia arma per non dare di matto e liberarmi da quelle catene.

In fondo, ciò a cui aspiravo era la semplicità, che a Toronto di questo passo non avrei mai trovato.

"... Sei soddisfatta?" chiesi, fulminandola con uno sguardo.

"Me oui."

Eccomi di nuovo in una realtà che apparentemente dovrebbe essere la mia. Una signorina di Toronto pronta ad evadere nel suo entusiasmante regno incantato, decisa a sfidare qualsiasi dittatura genitoriale.

"Non hai proprio alcun rispetto? Ricorda che sono la maggiore."

Nel caso se ne fosse dimenticata.

Scosse la testa sventolando anche il polso nella mia direzione, come un gesto di strafottenza.

"E perché non hai bussato?" dissi con tono acido per il terribile risveglio che mi aveva riservato, piantando gli occhi su quell'espressione di finta innocenza.

"Ah, beh, non sapevo che soffrissi di disturbo della personalità."

Ma cosa stava dicendo?

Aggrottai le sopracciglia dubbiosa. Adesso ero io che non capivo dove volesse andare a parare con quel discorso.

"Eh? Ma che cosa stai parlando?"

"Eri... più amabile del solito." sottolineò con un guizzo di divertimento che brillava nei suoi occhi. "Non sembravi neppure la Anne di sempre."

Sbattei le ciglia nel tentativo di ricordare qualcosa. Ma era inutile, la confusione dilagava nella mia testa.

C'erano solo frammenti da dover assemblare al più presto, anche se a giudicare dalla faccia estasiata di Dí doveva essere accaduto qualcosa di...

terrificante?

La mia testa era un caos incomprensibile di immagini confuse e distorta, ma il pensiero mi stava suggerendo un presentimento orribile. Ero finita nel film sbagliato, non poteva essere una storia normale se questo gioco poteva durare all'infinito.

Dovevo avere delle risposte, e il prima possibile!

Osservai mia sorella e una lampadina si illuminò all'improvviso nella mia testa.

Ora sapevo chi fosse la persona giusta per colmare la mia curiosità.

"In che senso? E perché nostro padre ce l'ha tanto con me?"

"Davvero, non ricordi?" strinse i denti per trattenere una risata, che le stava per sfuggire. "Eppure... è qualcosa che hanno visto tutti l'altra sera."

"ehm... potrei sapere cosa Dí?"

Dannazione, la mia reputazione era giustamente rovinata come desideravo, ma sperai di non essermi messa in ridicolo davanti a tutti i presenti in quella stanza.

La mora si portò una mano contro la bocca e per poco non soffocò.

A quel punto, pensai al peggio.
Alle situazioni più ridicole e smisi per un istante di respirare. Forse per la vergogna, la mia mente aveva cancellato quel momento memorabile.

"Anne non è facile capirti, sai? Un giorno sei amabile, l altro sei acida come un limone ed è meglio starti lontano... ma ieri credo tu abbia superato ogni limite immaginario e reale." fece una pausa per celebrare la sollennità di quel discorso, mentre il panico mi torturava lo stomaco.

"Che limite avrei oltrepassato? Ho fatto qualcosa di cui mi pentirò, vero?"

"Non eri propriamente una signorina rispettabile, Anne. A nostro padre la pressione è salita alle stelle quando hai letteralmente divorato le tartine dai vassoi, compresi quelli degli altri ospiti. Sembravi non mangiare da anni... O secoli."

Impallidí, portandomi la mano contro la fronte. Per poco non mi prendeva un colpo, quando Diana raccontava ogni singolo particolare di quella serata, ed era stato un autentico disastro.

Un completo fallimento.

"... e ricordi il tuo pretendente, il francese Geromé, che nostro padre aveva scelto per degli affari sull'isola di Prince Edward..."

E come poteva dimenticarlo? Quell'uomo che aveva la capacità di essere soporifero solo con la sua presenza. Non avrei mai e poi mai potuto sposarlo neanche con tutte le ricchezze di cui disponeva. Poi non lo amavo e non avrei mai potuto sprecare la mia esistenza a tentare di farlo.

Era fuori discussione!

"Puoi stare tranquilla che non ti infastidirà più."

Per una insolita ragione ero felice di questo, ma mi chiedevo con quale stratagemma fossi riuscita in quell'impresa. Quell'uomo era decisamente ossessionato dal farmi diventare sua sposa e niente gli avrebbe fatto cambiare opinione.

"Come? Ha smesso di essere innamorato di me?" domandai.

"Beh..." Dí fece spallucce, lanciando uno dei cuscini sul pavimento. "Ha dovuto farlo per forza, visto che l'hai fatto inciampare e cadere nel porridge."

Che cosa?

"Mi stai prendendo in giro?" chiesi seccata, balzando giù dal letto.

"E perché dovrei?"

"Non è divertente!"

Questo non era un sogno. Era uno di quegli incubi che sembrano veri.

Diana sbuffò. "E cosa ci guadagno a dirti una menzogna?"

"Non saprei, ma questo è troppo... anche per me!" non mi resi conto di averlo detto ad alta voce.

Improvvisamente non avevo più il controllo delle mie azioni.

Quello spezzone di scena era destinato a rimanere in un angolino nascosto della mia testa.

"Ti assicuro che ti ho visto con i miei occhi e a nostro padre per poco non è preso un colpo. Stava per svenire."

"Ecco perché... mi vuole vedere?" mormorai, sentendomi colpevole di ciò che inconsapevolmente avevo fatto.

Ma dentro di me sapevo che quell'uomo non era la persona che stavo cercando. Non era lui la mia anima gemella.

In fondo sapevo che mi aspettava lì fuori e che il nostro destino fosse già stato combinato.

"Hai combinato un bel pasticcio..." cercava di essere comprensiva e si tuffò nelle mie braccia. "Vedrai, se gli parlerai del tuo desiderio nostro padre potrebbe acconsentire."

"Non c'è discussione che tenga con lui. Non mi ascolterebbe mai." slegai piano il nostro contatto fisico e la guardai. "Lui vuole che mi sposi e... con il miglior partito di Toronto."

"Prima che il prossimo concorrente arrivi, potresti convincerlo a farti andare all'università."

"Sì, potrei farlo..."

"Sono sicura che ce la farai."

"Ho sempre saputo di non essere tagliata per il matrimonio. Vorrei studiare ed essere una donna indipendente. Non mi serve una dote, se posso conquistare la mia libertà."

"Sono d'accordo."

Sorrisi spontaneamente. Almeno su quest'argomento eravamo entrambe sulla stessa lunghezza d'onda.

"Mi sposerò sì. Un giorno magari, ma solo con l'uomo che amo."

Diana annuí con forza per le mie parole e mi esortò a dirle con lo stesso ardore, anche al nostro vecchio, sperando di poterlo convincere a rinunciare all'assurda ricerca del pretendente perfetto e ricco.

Era questo lo specchio di ciò che desideravo e nessuna persona mi avrebbe mai impedito di realizzarlo.

Quando Diana abbandonò la stanza mi misi a sfogliare distrattamente il mio quaderno.

Ancora non ero arrivata ad una conclusione, di questo non sarebbe mai potuto accadere, ma una pagina con una scritta attirò incredibilmente la mia attenzione.

Primo desiderio... realizzato.

Di nuovo? Ma cosa avevo fatto di male per essere estromessa in questo modo del mio corpo per quasi una giornata?

Oh, no...

Gilbert...

questa me la paghi!

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