Capitolo I

Ho letto e tradotto sulle note di Lost & Found – Dreweybear, Meggie York.

"But I guess our love was lost and found
I'm here to stay, but you're looking away
Now I'm here
Waiting for the love, waiting for the love."


༻♡༺


Comrade Old Chen, conosciuto anche come mio papà, si è ritirato formalmente da lavoro a febbraio di quest'anno.

Old Chen, che ha lavorato duramente per tutta la sua vita, non riusciva più a starsene con le mani in mano già dopo aver passato mezzo mese inattivo a casa.

Caso volle che il club degli anziani della nostra città stesse reclutando nuovi membri, così decise di unirsi anche lui. Una volta lì realizzò subito che i suoi 50-e-qualcosa anni erano considerati quelli di un giovane e, per questo, divenne la "spina dorsale" del club, dove l'età media era di 70 anni.

Così la passione del vecchio Chen, che era rimasta sopita per tanto tempo, si era riaccesa. Ogni giorno si recava in bici fino al club, dove organizzava attività ricreative per tutti gli altri membri. Quell'onda di entusiasmo aveva reso i suoi giorni estremamente appassionati.

Solo che... prima che la sua passione bruciasse il tempo, fu il tempo a bruciare lui. Così, quest'uomo coi suoi anni sulle spalle, mentre si arrampicava su uno sgabello per appendere lo striscione della loro ultima attività, perse l'equilibrio finendo a terra.

Quando ricevetti la chiamata da mia madre ero in autostrada, i miei occhi scorrevano distratti sui cartelloni pubblicitari. Alla notizia mi spaventai così tanto che il mio corpo implose in un sudore freddo nonostante fuori ci fosse una bellissima giornata di sole. Da bambina le avevo sempre prese dal vecchio Chen e più volte mi ero ripromessa che avrei ricambiato appena cresciuta. Ma, ovviamente, amavo davvero mio padre.

Sulla strada verso l'ospedale presi a piangere, mentre blateravo all'infinito tutti i pregi e i bei ricordi di mio padre costringendo il tassista a sorbirseli. L'autista, un uomo alto e dall'aspetto robusto, sembrò apparentemente così commosso da spingere a tutto gas per l'intero tragitto. Quando lo pagai però si offrì di arrotondare la tariffa, dicendomi: «Ragazza mia, ricorda il mio numero di targa e per favore non fermare più questo taxi. A casa ho già mia madre e una maglie ciarliera, se ascolto anche solo un'altra persona blaterare senza sosta non riesco a smettere di rabbrividire. Perdonami... Auguro a tuo padre una pronta guarigione!»


༻♡༺


Mi precipitai in ospedale piangendo. Quando trovai i miei genitori, mia madre stava sbucciando una mela, continuando imperterrita a rimproverare mio padre: «Considerano il tuo vecchio corpo stanco ancora la spina dorsale del club? Cadi ancora una volta e ti spingerò direttamente alla cremazione. La tua spina dorsale la trasformerò in cenere d'ossa, altroché

«Mamma...come sta papà?» chiesi appoggiata allo stipite della porta, il viso ancora umido di lacrime.

Lei alzò gli occhi su di me: «Oh, smetti di piangere! Cosa piangi a fare? Ce l'ho messa tutta per tirarti su bene e adesso non accetto proprio di vederti col viso coperto di moccio e lacrime, suvvia!»

Mi pulii via le lacrime avvicinandomi a papà che, poverino, si era già dovuto sopportare mamma per più tempo del dovuto: «Papà, stai bene?»

Mio padre guardò con impotenza alla mela che mia mamma teneva ancora tra le mani: «No, tua madre ha già sbucciato tre mele senza darmene neanche una

Sospirai, arresa al fatto che se avessi voluto sapere qualcosa in più dell'incidente di sicuro non mi sarebbe arrivato dalle loro bocche. Così mi limitai a prendere il termos e dire loro: «Vado a prendere un po' di acqua calda.»

Mi diressi direttamente al banco informazioni portando con me il termos, neanche mi curai di mia madre che sciorinò alle mie spalle: «Questa benedetta bambina! Il thermos è pieno

Probabilmente dovetti avere un'aria torva, perché l'infermiera si curò subito di chiamare il dottore. Il medico, con aria impassibile, mi descrisse le condizioni di mio padre dicendomi che la caduta aveva leso la parte inferiore della schiena, una vertebra era a finita a comprimere i nervi. In altre parole: aveva bisogno di sottoporsi a un intervento e io avrei dovuto preparare 30.000 yuán.

Provai a fare qualche altra domanda più accurata, ma tutto ciò che ottenni fu uno sguardo di sufficienza: «Se anche stessi qui a spiegarglielo lei nemmeno lo capirebbe. Si preoccupi solo di preparare i soldi, d'accordo? Il resto lo lasci a noi dottori.»

Così, chiesi nuovamente: «E quando si terrà l'intervento?»

Mi rispose, spazientito: «Lo metteremo in lista, quando sarà il suo turno lo opereremo.»

Mi fece venire voglia di tossirgli in faccia una bella dose di catarro denso per poi potergli dire: «Oh scusi tanto, sa... ho solo la tubercolosi!»

Ma ovviamente non potevo. Potevo solo tirare fuori qualche centinaio di banconote di tasca mia e costringerlo a essere più collaborativo: «Bene, allora posso solo disturbarla per far sì che se ne occupi...»

Lui sgranò le palpebre, mi lanciò un'occhiataccia spingendo via i soldi: «Ma cosa sta facendo? Capisco la sua costernazione, ma questo va contro il regolamento ospedaliero! Non deve preoccuparsi, davvero... troverò il tempo di darle spiegazioni più dettagliate!»

Mi impietrii dalla vergogna e il senso di colpa mi invase. Avevo di sicuro fatto una brutta figura, ma ciò non annullava il fatto che certi dottori sembravano proprio esserci nati, col cattivo umore.

Mentre riflettevo profondamente sulla mia integrità morale, il dottore si voltò per andarsene. Prima di darmi le spalle, però, aveva alzato il mento nella mia direzione rivolgendomi uno sguardo allusivo. Ci riflettei su a lungo cercando di capire se si fosse davvero rivolto a me o avesse semplicemente dei crampi muscolari. Simulai il suo movimento, alzando un po' il mento... e allora capii: una camera di video sorveglianza era montata proprio sul muro di fronte.

Stavo giusto per chiedere all'infermiera dove si trovasse lo studio del dottore, quando il mio telefono cominciò a squillare. Lo tirai fuori per vedere chi fosse.

Il mio battito sprofondò alla velocità della luce, come se qualcuno avesse d'improvviso premuto un acceleratore. Quasi valutai l'idea di passare dal reparto di cardiologia per farmi visitare.

Jiang Chen, il mio ex fidanzato.

Tremante, cercai educatamente di prendere la chiamata: «P-pronto?»

Ripetei "pronto" per un po', ma tutto ciò che riuscivo a sentire era un rumore cacofonico, come se avesse fatto partire la chiamata per sbaglio. Stavo proprio per riattaccare quando sentii una voce femminile, delicata: «Dottore, mi fa male il petto.»

Fu solo in quel momento che ricordai che Jiang Chen era un dottore adesso, si diceva per giunta che avesse una buona reputazione.

Riattaccai il telefono, rimanendo spaesata.

Alla fine decisi che se proprio dovevo crogiolarmi nell'oscurità del sistema sanitario del nostro paese, tanto valeva essere trasferiti all'ospedale dove lavorava Jiang Chen. In passato l'avevo aiutato a sbucciare almeno migliaia di uova di the... doveva pur contare qualcosa, no?

Tornai indietro per parlarne con mia madre e la sua unica risposta fu: «Jiang Chen, il ragazzo di cui eri innamorata da ragazzina?»

Beh, mamma... di sicuro non ti sfugge niente.

Mamma continuò: «Se andiamo all'ospedale a cui lavora, è sicuro che ci aiuterà? Voglio dire... siete ancora in buoni rapporti?»

Quella domanda fu come rigirare il dito nella piaga. Balbettai, insicura: «Lui... lui ci aiuterà di sicuro. Solo che...»

«Solo che cosa

«È solo che... la nostra situazione attuale è come... qualcosa che le forbici non possono tagliare. Quando provi a risolverà finirà con l'aggrovigliarsi di nuovo e– »

Lei ridacchiò: «Smettila di usare paroloni con me. Se non puoi tagliarlo con le forbici allora rasa tutto completamente! Adesso lo contatterai e tuo padre verrà trasferito domani. Quel bastardo di un dottore qui non lo sopporto proprio più!»

Ammetto che restai stranita. Mi aspettavo che mia madre mi dicesse amorevolmente qualcosa come: "Bambina, dobbiamo avere integrità. Ex fidanzati e cattive situazioni non si dovrebbe andare in giro a cercarli". Ma di sicuro questa volta l'avevo sopravvalutata.

Jiang Chen non sembrò per nulla sorpreso di ricevere la mia chiamata. Mi fece venire voglia di diventare un dottore: sono così abituati alle difficoltà, neanche cadaveri e viscere interne li spaventano. Per cui come avrei potuto io, una ex-fidanzata, spaventarlo?

Fui impacciata e balbettai per tutto il tempo in cui cercai di spiegargli la situazione, ma almeno riuscii a centrare il punto: «Va bene trasferire mio padre al tuo ospedale?»

«Va bene.» rispose così secco che mi vergognai troppo a menzionare la cosa sull'averlo aiutato a sbucciare le uova al the.

Poi aggiunse: «Preparate tutto, troverò un'ambulanza che verrà a prendervi per il trasferimento.»

Alla fine stette in silenzio per tantissimo tempo, prima di chiedermi: «Tutto bene?»

«Tutto bene.»

Dopo aver terminato la chiamata mi portai una mano contro il petto, addossandomi al muro dell'atrio e respirando pesantemente.

Una giovane infermiera mi si avvicinò, mi sorresse un po': «Stai bene?»

Scossi la testa, grata di aver visto finalmente un barlume di umanità in questo ospedale.

Poi, però, continuò: «Con chi parlavi al telefono? Sembra che stiate per essere trasferiti. Conosci qualche pezzo grosso in un altro ospedale? Puoi presentarmi? Manca un mese al termine del mio tirocinio, ma non ho ancora trovato un ospedale che mi assuma... non è che tu potresti aiutarmi? I miei voti in realtà sono molto buoni, è solo che non voglio arrivare a dovermi portare a letto i direttori dell'ospedale.»

Per me non ci fu davvero altro modo di sbrogliarmi da quella situazione, per cui senza alcune opzione migliore risposi: «In realtà la persona che ho chiamato era proprio un custode di un ospedale. Ho promesso di accompagnarlo a letto così che lui potesse chiedere in giro se c'è la possibilità di essere trasferiti lì.»


༻♡༺


Tre ore dopo, Jiang Chen, con un'ambulanza, si materializzò di fronte a me. Non lo avevo più visto per tre anni, ma ancora non trovavo il coraggio di alzare la testa per guardarlo bene.

Continuavo a fissare quella che sembrava una penna stilografica molto costosa dentro il taschino del suo camice bianco. Chissà se avesse già imparato a scrivere tutti i nuovi caratteri usati in medicina.

Quando andavo all'università ero sempre stata preoccupata per Jiang Chen, temevo che la scrittura troppo piccola della sua bellissima calligrafia gli avrebbe portato difficoltà nella professione medica. Affinché potesse ottenere una calligrafia che gli permettesse di sottrarsi alla responsabilità anche se avesse prescritto il farmaco sbagliato, una volta l'ho costretto a emulare la mia. È un peccato che alla fine non sia riuscito ad afferrare la sua vera essenza.

Comunque, tra procedure di dimissione e procedure di ammissione Jiang Chen risolse tutto da solo. Io e mia madre fummo del tutto superflue, chiacchierando all'ingresso dell'ospedale, entrambe con una mela tra le mani.

A un certo punto lei proruppe: «Questo giovane è venuto su bene, è proprio ciò che volevo per lui... davvero bravo.»

Lo fece suonare come fosse stata lei a prendersi cura di lui mentre cresceva, soltanto perché si era trasformato in un uomo prestante e intraprendente.

Aggiunse persino: «Un ragazzo così eccellente! Ma come hai fatto a fartelo scappare a quei tempi? C'eri quasi riuscita.»

Diedi un morso alla mia mela: «Sai papà si starà annoiando tutto da solo in ambulanza. Dovresti andare a mangiarla davanti a lui e lasciare che guardi soltanto.»

La mamma sospirò, poi si diresse diligentemente verso l'ambulanza, urlando mentre correva: «Vecchio mio, tua figlia vuole che mangi una mela e che tu guardi soltanto!»

Jiang Chen aveva in mano un grosso documento e alcune piccole ricevute, e quando si imbatté in questa scena mi sorrise sarcastico: «Sei davvero filiale, eh.»

Alzai il viso verso di lui che si era leggermente abbassato, aveva reclinato un po' la testa per guardarmi. I ciuffi dei suoi capelli che si riversavano in avanti brillavano alla luce del mattino. Mi sorrise... come faceva una volta, la sua guancia sinistra a formare una profonda fossetta; come se giusto ieri avessimo mangiato e guardato un film insieme.

Distolsi lo sguardo da quella fossetta sinistra, il mio piccolo cuore già ubriaco ci si era fatto cadere dentro. Ora che ci penso, quella fossetta non era altro che una gigantesca... frode.

L'esistenza di Jiang Chen era proprio come uno di quei lampioni posti nei vicoli bui. Abitava nella casa di fronte la nostra, era il figlio del sindaco, il capoclasse, era molto bello e sapeva suonare il pianoforte. Aveva una curata calligrafia, buoni voti e parlava un fluente mandarino.

Da sempre film e romanzi etichettano i ragazzi e le ragazze che sono amici e che vivono terribilmente vicini sin da piccoli come "innamorati dall'infanzia". Più che altro, generalmente li dividono in due categorie: la prima è quella "innamorati l'uno dell'altra". Due persone che sono come fratello e sorella, frugano i nidi d'api e si pungono insieme le dita, rubano patate dolci e vengono rimproverati insieme. Nel momento in cui si guarderanno indietro, però, si renderanno conto che quell'amicizia così duratura è lentamente sbocciata in amore.
L'altra categoria è quella di "odio a prima vista". Due persone che non si sopportano con eguale intensità, già pronte a mordere l'altro nel momento in cui lo intravedono a distanza e persino pronte a bucarsi le ruote della bici a vicenda, appena ne hanno la possibilità. Ma più tardi, quando anche loro cresceranno, capiranno improvvisamente che...oh! Questo è è proprio amore!

Beh... tranquilli. Sfortunatamente io e Jiang Chen non rientriamo in nessuna di queste due categorie. Per un sacco di tempo io e lui siamo stati semplicemente vicini di casa che vivono uno di fronte all'altra... lui suonando ogni giorno il suo pianoforte e io guardando lieta Chibi Maruko-Chan alla tv. Occasionalmente, quando dimenticavo quali erano i compiti per casa, suonavo il campanello di casa sua. Lui mi prendeva sempre in giro e irritato mi chiedeva come facessi ad averli dimenticati. Probabilmente, visto che ero io quella che aveva bisogno di un favore, ho sempre evitato di litigare con lui. In realtà, sin da bambina, non mi è mai piaciuto discutere con la gente. Tendo a essere una persona calma e contenuta, solo... giusto un po' fuori dall'ordinario.

Ad esempio tra il secondo e il terzo anno di scuola media, durante le vacanze estive, la nostra classe aveva segretamente organizzato un picnic dopo gli esami.

Durante il picnic a me e Jiang Chen era stato assegnato il compito di pelare le patate. C'erano circa 40 persone nella nostra classe e noi avevamo comprato 44 patate dolci. Jiang Chen si limitò a lavare quelle 4 patate per poi andare giù al lago insieme ai ragazzi, a giocare al lancio e rimbalzo delle pietre sull'acqua.

Io rimasi accovacciata sulla riva, costretta a tenere a freno la rabbia mentre lavavo patate. E più lavavo più mi arrabbiavo.

A un certo punto una pietrolina venne tirata proprio di fronte a me, schizzandomi in faccia. Quando alzai gli occhi Jiang Chen assunse un'aria di nonchalance, come se non fosse successo niente.

Dopo sollevò la mano facendo saltare una pietra sulla superficie dell'acqua.

La pietra sfiorò l'immobilità della superficie in quattro eleganti salti, creando increspature di varie dimensioni che si propagarono fino a scontrarsi tra loro, dissolvendosi.

Sarebbe stato abbastanza logico da parte mia prendermela con lui, schizzargli dell'acqua, ficcargli la testa sotto o spingerlo nel lago fino a farlo affogare.

Ma non riuscii a fare niente. Me ne restai a guardarlo, una sciocca espressione sul viso.

La brezza sollevò la sua bianca e ampia uniforme e il sole gli fece scivolare i raggi sulle ciglia, sulle punte dei capelli.

L'angolo leggermente rialzato delle sue labbra incuneava un sorriso orgoglioso che ornava la sua guancia sinistra.

In quel momento tempo e spazio sembrarono congelarsi, lasciando al mondo solo il battito furioso del mio cuore.



~
🔹Curiosità

- parlare un fluente mandarino non è da tutti, in Cina. Essendo un po' un sub-continente ci sono molti "dialetti" standardizzati. Di fatto anche alla tv sono sempre presenti i sottotitoli, perché almeno i caratteri sono sempre uguali per tutti, anche quando i suoni e la pronuncia delle parole potrebbero essere diverse.

- le uova al the esistono davvero! Sono una specialità cinese.

- yuàn ¥ sono i soldi cinesi (come i nostri euro o i dollari americani). ¥30.000 sono una cifra un po' superiore a €350 se non sbaglio.

Per qualsiasi altra cosa chiedete pure. 😊
Intanto... ci vediamo al secondo capitolo!

P.S.
La traduzione è ovviamente letterale, ma adattata al mio stile e alle mie parole e sicuramente le mie lettrici se ne sono un po' accorte 😂. L'italiano è una lingua così ricca che confinarla a quattro parole scarne mi fa piangere il cuore.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top