Voglie e scorpacciate reali
Il terreno era stato reso umido dalla recente pioggerella e il fango andò a sporcargli le zampe candide. Annusando il suolo percepì gli odori della natura. Uno scoiattolo era passato da lì poco prima e una scia di minuscoli frammenti di ghianda masticata portava direttamente alla sua tana. Decise di seguirla.
Il mondo intorno a lui era scuro. Un mondo di suoni impercettibili che si raggrumavano in quell'oscurità, un mondo di odori che lottavano con altri odori per essere distinti. Un mondo di foglie, di acqua e di stelle.
Le foreste degli uomini erano diverse dalle altre foreste. Prima di tutto erano chiuse e non infinite, prima o poi si andava sempre a scontrarsi con un muro di pietra oltre il quale creature come lui non potevano passare. Erano troppo alti e se anche vi era una scorciatoia in quella pietra era troppo piccola per lui e il massimo che poteva fare era infilarvi il muso. Poi i giardini degli uomini erano anche percorsi da numerosi fiumi e cascate. Ma non cascate ripide e pendenti di acqua gelida e fiumi impetuosi decorati da sassi appuntiti, bensì lievi ruscelli con ninfee e abitati da pesci arancioni e torrenti dai quali partivano schizzi di acqua che scintillavano contro le stelle.
L'odore dello scoiattolo si stava facendo sempre più vicino. Aguzzando l'udito lo sentì sgranocchiare un'altra ghianda nella sua tana. La sua tana stava sotto una radice alzata di un albero e aveva un odore caldo e avvolgente. Sapeva di tana. Sapeva di preda.
Infilò il muso in quel piccolo rifugio. All'interno di esso la creaturina pelosa si stava muovendo come impazzita, spaventata da quella minaccia e dal non avere via d'uscita. Si sporse in avanti e con i denti afferrò la coda cespugliosa dello scoiattolo. Lo tirò fuori con uno stattone violento e affondò subito i denti nella carne fresca. Era buona e giovane. Ben presto smise di agitarsi e ciondolò morta fra le sue fauci. Il suo palato era ora invaso dal sapore acre del sangue. Tenendo la preda stretta sotto i denti si allontanò dall'albero e si diresse verso una radura. Si distese sull'erba bagnata e cominciò a divorare lo scoiattolo.
Sopra di lui il firmamento brillava vivido in un cielo blu scuro. Le stelle ammiravano la vita adagiate sulle loro poltrone di scuro taffetà. E in mezzo a loro spiccava la luna. Una luna gigantesca, piena, una luna che sembrava essere appena reduce da un banchetto talmente era grossa. Lui sapeva che quella era la stessa luna alla quale avevano ululato i suoi fratelli. Distanti sulla terra ma uniti in cielo. Ricominciò a mangiare la preda. Con i denti frantumò le ossa e squarciò i tessuti fino ad arrivare alla carne tenera. Si ritrovò con i peli del muso sporchi di sangue.
Un ruggito fendette l'immobile aria notturna. Tornando con il capo al cielo lo vide solcato da una striscia scura. Era il drago. Lui sapeva che era così. Era il drago dalle squame di smeraldo, quello che era scomparso ma che poi era ritornato, proprio come lui e la donna-drago. Era l'altra parte di lui, la parte che per lungo tempo era stata nascosta ma che poi era venuta alla luce e che aveva portato nel suo animo un fuoco che si era fuso con il ghiaccio che fino ad allora lì aveva dominato. Ululando, lui rispose al ruggito e salutò quel fratello ritrovato. Le ali del drago coprivano la luna e la sua coda veniva illuminata dalle stelle.
Poi, improvvisamente, fra i cespugli risuonò una voce. Una voce soffice e amorevole, una voce che gli piaceva tanto:
"Jon..."
Decise di seppellire quel che restava dello scoiattolo prima di andare a controllare. Con le zampe scavò una buca. Reso malleabile dalla pioggia il terreno era diventato facilissimo da scavare. Quando ebbe finito vi depose dentro quel mucchietto di ossa e di pochi muscoli e lo ricoprì con altra terra. Ora poteva completamente concentrarsi sulla voce. Essa risuonava nella radura e sembrava trasportata dalle foglie secche che cadevano placidamente verso il suolo.
"Jon..."
Oh come era bella! Volle raggiungerla e si tuffò nei cespugli. I rami accolsero alcuni ciuffi di pelo bianco e le tenebre si fecero sempre più vicine man mano che si inoltrò nel bosco per andare da quella voce.
Jon Snow si svegliò scosso da qualcuno. Ancora avvolto dalla coperta del sonno, dovette sbattere più volte le palpebre per mettere a fuoco bene l'ambiente intorno a sé. La soffusa luce di una candela gli perforò le pupille come entrò nel suo campo visivo e Jon dovette coprirsi gli occhi con la mano per il fastidio. Quando si fu abituato a quella punta di fuoco che irrompeva nel buio girò la testa e incrociò il violetto sguardo di Daenerys. Lei se ne stava seduta in ginocchio sul letto con le mani sulla pancia ancora piatta. Come lo vide sveglio gli sorrise.
"Ti stavi agitando nel sonno..."
Il modo in cui i suoi capelli scendevano sulla schiena, spettinati e pieni di nodi, lo deliziava irresistibilmente. Una scomposta cascata di argento che le bagnava il bianco lino della camicia da notte. Jon rispose al sorriso e sbadigliò per poi allungare un braccio verso di lei. Intorno a loro le sottili tende del nuovo letto a baldacchino ondeggiavano alla brezza notturna.
"Non era incubo, se era questa la tua preoccupazione, ma grazie comunque per esserti preoccupata per me." Le strinse la mano.
"E tu perdonami per averti svegliato da un bel sogno."
Jon sbadigliò ancora e si girò, andando a posare la fronte contro le cosce piegate di Dany. Lei gli accarezzò amorevolmente i capelli. "Tu perché sei sveglia invece?..."
Adorava la morbidezza della mano di Dany e come lei arrotolasse le dita nei suoi riccioli. "Diciamo che il nostro piccolino si fa sentire, sia mandando alla latrina la sua mamma che dando calci."
Jon sorrise e baciò la gamba di lei. La stoffa era morbida contro le sue labbra. "Allora è un vero e proprio monello. Come può permettersi di tenere sveglia la mamma? Ha bisogno di riposare..."
Dai suoi capelli la mano di Dany scese al suo mento e lo solletticò. Jon chiuse gli occhi e si godette quella meravigliosa sensazione. "Ha bisogno di mangiare invece. Le voglie sono ritornate mio re e si fanno sentire. Ho una voglia pazzesca di..."
"Di?"
"Di tortine al limone." Un luccichio di birbanteria comparve per un breve attimo negli occhi di Daenerys e li illuminò come una cometa viola. "Quelle che ci hanno servito l'altro giorno al ricevimento di quel Superno di Qarth. Erano buonissime e potresti... beh... potresti prenderle per me dalla cucina?"
Jon rise leggermente e si alzò grazie ai gomiti. Raggiunto il viso di Dany sfregò teneramente la punta del naso contro la sua. "Non è monello solo il nostro piccino, ma anche la mia regina! Lei rimane a letto e fa fare il lavoro sporco al suo re..."
Anche Dany rise e suggellò il suo amore per lui con un piccolo bacio sulle labbra. "Devo dedurre che ti stai ribellando?"
"No." Jon rispose al bacio ma lo fece durare un pò di più, spingendo contro le labbra di Daenerys. "Anzi, sono il tuo umile servitore mia regina e farò tutto ciò che tu mi chiederai. Sto solo commentando il tuo operato."
Le loro fronti si posarono una contro l'altra. Il sorriso di Dany riluceva alla luce della candela. "Un servitore può commentare l'operato del suo sovrano? Non credo. Per questo ti ordino di andare a prendermi quelle tortine."
E così dicendo lo colpì con una cuscinata in viso. Jon si vide costretto a retrocedere e scese dal letto. Il pavimento era freddo sotto i suoi piedi nudi ma ciò non lo infastidì più di tanto. Girandosi trovò Daenerys armata di tutti i cuscini che il loro letto ospitava e con un sorriso birichino in viso. "Se il servitore torna senza tortine al limone lo aspetta una punizione..."
Di rimando Jon fece un inchino volutamente sgraziato e la risata di Dany in seguito a quello lo riempì di gioia. "Come la mia regina comanda."
Uscì dalla stanza e si diresse verso le cucine.
E tornò poco dopo con un vassoio carico non solo di tortine al limone ma anche di un barattolo di crema alle nocciole, di pasticcini al cioccolato e di biscotti alle fragole. Quando Daenerys vide tutto quel ben di Dio non riuscì a reprimere un gridolino di stupore e non appena Jon posò il prezioso carico sul letto lei si fiondò subito sulle tortine fatte con il suo frutto preferito.
Gustò il dolce con gioia. "Oh... quanto le desideravo..." Ne prese subito un'altra.
Jon rise alla scena e tornò a sdraiarsi sul letto. Afferrò un pasticcino al cioccolato. I suoi denti affondarono nell'impasto soffice e quando quest'ultimo navigò nel suo palato le sue papille gustative fecero faville. "Vuoi dire: quanto il bambino me le ha fatte desiderare!"
Dany dovette portarsi una mano davanti alla bocca per impedire alla risata di far cadere delle briciole sulle lenzuola. "Anche, ma ti prego di non dirlo a Rhaella, se fosse per lei vivrebbe di dolci ogni giorno della sua vita."
La loro primogenita era particolarmente ghiotta di dolci ma i suoi genitori non le concedevano sempre quel lusso. Le avevano detto che per diventare grande come loro occorreva che lei mangiasse tanta verdura e tanta frutta e per questo ora Rhaella aveva dovuto mettere da parte, anche un po' a malincuore, quella zuccherata passione. Uno ogni tanto era la regola che Jon e Dany le avevano imposto.
"D'accordo..." Jon finì di mangiare l'ultimo boccone del pasticcino e decise di passare alla crema alle nocciole. Un'idea poi gli balenò in testa e gli piacque molto: pasticcino al cioccolato ricoperto di crema alle nocciole. Felice della trovata immerse una mano nel barattolo, ne tirò fuori una buona dose e con quella ricoprì il pasticcino. Quando lo morse gli parve di essere nei Sette Cieli.
"Ti ha beccato qualcuno?" Domandò Daenerys. Era già passata alla quinta tortina e le sue labbra avevano assunto una sfumatura giallognola per la crema che su di esse era rimasta.
Jon scosse la testa. La sua bocca era contornata di marrone. "Le cucine erano deserte e così pure i corridoi. Ho chiesto alla guardia davanti alla nostra porta di mantenere il segreto."
Settima e ultima tortina per Dany. "Bene."
Quando lui ebbe finito il muffin cremoso e lei le tortine passarono entrambi ai biscotti alla fragola. Ormai non riuscivano più a fermarle e perciò briciole rosa caddero a decorare le lenzuola come i tasselli di un mosaico. Un mosaico molto, molto dolce.
"Credi che riusciremo a dormire dopo tutto questo zucchero?" Jon stava sgranocchiando con piacere il biscotto. Un topolino dagli occhi grigi e dall'arruffato pelo scuro.
Dany sorrise e prese un secondo biscotto. "Beh, tu riesci a dormire in ogni situazione, quindi non mi preoccuperei. Io... se il nostro bimbo lo vorrà. Ma sai a cosa sto pensando adesso?"
"A che cosa?"
"Al fatto che domani avremo entrambi un bel mal di pancia!"
Scoppiarono a ridere e Daenerys si sdraiò accanto a Jon. I loro visi si fronteggiavano, calmi e carichi d'amore e le loro dita si intrecciarono in una dolcissima stretta. I ghirigori giallastri e rosati del limone e delle fragole sulle labbra di lei faceva fiorire un sorriso sul suo volto anche se sapeva che lui non doveva essere messo meglio. Si leccò via il cioccolato rimasto sulla bocca.
"Già mia regina, i nostri pancini ci chiederanno il conto domani per questa nostra scorpacciata segreta. Ma sai qual'è il lato positivo del rimanere svegli?"
Un cremoso sorriso di Dany fece colare il suo cuore come oro fuso. "No, illuminami mio re."
"È che posso pulirti e assaporarti."
Lei aveva capito e lo guardò languidamente. "Allora puliscimi."
Ordine ricevuto. Jon Snow si fiondò diretto sulle labbra di Daenerys Targaryen e assaporò il limone e la fragola che su di esse si erano soffermati. Anche il palato di Dany sapeva di limone e fragole e a Jon ricordò un giardino pieno di fiori profumati. Meglio ancora: la radura dell'albero di limoni. Sentì le mani di Dany che prendevano il suo capo e che affondavano nei suoi capelli. Lei salì su di lui e legò le caviglie attorno alle sue. Incatenato nella carne Jon poteva fare una cosa sola.
Godere della gioia della carne.
Sotto i pantaloni sentiva il suo uccello eretto, ansioso di inseminare ancora di più il già inseminato grembo di Daenerys. Percepiva il lupo e il drago che crescevano in lui, vogliosi di uscire e di mostrare la loro forza. E lui non riusciva a tenere buone quelle forze primordiali. Doveva usarle.
Abbassò i pantaloni e allora, finalmente, il suo pene eretto si svelò al mondo. Dany, complice, alzò la gonna della camicia da notte. Fu allora che Jon penetrò nella sua carne tenera, sfregò contro quelle pareti soffici e vellutate come il manto di una cerbiatta. Sopra di lui Dany mormorava di piacere ad ogni spinta. Decise di seppellire la testa dentro quel tessuto morbidissimo che era la sua camicia da notte. Lo fece e i seni di Daenerys si mostrarono a lui, pallidi e che cominciavano già a riempirsi di latte.
Li morse con gusto ed essi furono il suo miglior pasto di quella serata. Ogni volta che li mordeva, unitamente alle spinte, Dany gridava con estasi il suo nome: "Jon... Jon... Oh Jon!"
Gli piaceva quando pronunciava il suo nome così. Gli piaceva darle piacere. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei, la sua argentea regina...
Andarono avanti fino a quando non furono entrambi troppo stanchi per continuare e si addormentarono una nelle braccia dell'altro.
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