Vicissitudini meereenesi
Il latte sui suoi capezzoli era ancora fresco, gemme del medesimo colore della luna là fuori. Un sorriso pallido era l'astro lunare, uno spicchio di un frutto che aveva sparso i suoi semi scintillanti sulla nera tovaglia che lo ospitava. Ma le stelle celesti quella notte si trovavano a rivaleggiare con quelle terrene. Le fiamme dei focolari domestici di Meereen ascendevano verso l'alto insieme a quelle che danzavano nelle lanterne di carta colorata. Al calar del sole Meereen si animava, le sue piramidi dalle punte dorate divenivano sedi di feste sfrenate e le sue bettole di mattoni colorati, i suoi bordelli e le sue botteghe venivano presi d'assalto da clienti di ogni dove.
E i suoni di questa vita notturna non esitavano a oltrepassare le nobili mura della Grande Piramide, non che anch'essa non fosse esente da celebrazioni. Come omaggio alla nuova coppia imperiale difatti, Daario Naharys aveva organizzato un fastoso banchetto con tanto di ballerini provenienti da Qarth. Giovani donne dagli abiti succinti e giovani uomini dai torsi nudi si erano esibiti in mosse sinuose ed eccitanti per la somma gioia dei membri della corte di Approdo del Re ma non altrettanto per le Loro Grazie. E, siccome le portate avevano continuato a susseguirsi anche quando la notte si era palesata suo mondo, l'Imperatrice aveva chiesto di congedarsi. Nelle sue condizioni, note finora soltanto al popolo dothraki e ai cortigiani che non avevano desiderato restarsene aldilà del Mare Stretto, non riusciva a sopportare la consumazione prolungata di pasti.
E di pasti che non sono quelli di cui ho una voglia pazzesca sopratutto. Già, purtroppo asparagi, pernici e quaglie non erano usciti dalle cucine ma Dany aveva apprezzato lo stesso della carne di pavone arrostita alla brace e una zuppa di cipolle rosse e una serie infinita di altre portate di cui non ricordava il nome. Anche Jaehaerys sembrava aver gradito e si era acquietato nella sua collinetta di sangue e carne non appena i rumori del banchetto erano sfumati alle spalle della sua mamma. Anche qualcun altro sembrava essersi saziato. Daeron Targaryen ronfava alla grossa sul suo petto, sulle labbra una ghirlanda di latte. Dany gli accarezzò il capo argentato, giocherellando con i suoi capelli e beandosi del suo lieve respiro. Aldilà delle sottili e candide coperte del letto, le tenebre dominavano incontraste, sconfitte solo nel punto in cui il balcone incontrava il pavimento e le luci della luna e dell'attiva città cadevano a imbiancare il grigio.
Girandosi, Dany sapeva il suo occhio non sarebbe caduto su nessun corpo adagiato a guardare adorante lei e Daeron. Jon si trovava ancora alla tavolata, lasciando così il suo lato nel letto freddo e vuoto. Dany chiuse gli occhi e sospirò, pregando mentalmente che quella testa calda di suo marito non desse conto all'arroganza di Daario. Il sonno non ne voleva sapere di venire a baciarla, forse perché Dany attendeva che giungesse Jon a farlo. Riaprendo gli occhi gettò uno sguardo sul neonato pacioccone che stava sonnecchiando su di lei, il visetto affondato nei suoi seni come se quest'ultimi fossero due cuscini imbottiti di latte. Inspirò il suo profumo di infanzia, di innocenza, di solenne purezza e osservò i raggi lunari scivolare dolci su quei lineamenti valyriani. I capelli del suo piccino parevano fatti di fragile brina e Dany ebbe quasi il timore di sfiorarli, le sue ciglia e sopracciglia si fondevano con la porcellana delle pelle e la sua boccuccia era un bocciolo di rosa. Il viso di Daeron era il suo, non c'erano dubbi alcuni su questo, un viso da Signore dei Draghi. Dany si domandò quale sarebbe stato l'aspetto di Jaehaerys. Valyria o Nord? O entrambi? Nella sua mente i suoi capelli erano corvini come quelli del suo papà, neri e ricci.
Dalla porta, una lama di luce venne improvvisamente a squarciare l'oscurità e una sagoma dai contorni a Daenerys familiari entrò nella stanza. Con un sonoro sospiro, Jon Snow si sedette sul letto e, in silenzio, cominciò a svestirsi.
"Non sto dormendo amore mio, sta tranquillo." Lo rassicurò Dany.
Il rumore degli stivali di Jon che venivano gettati in un angolo si fece udire e poco dopo una mano si allungò a scompigliare i boccoli di Daeron. Gli occhi grigi e amorevoli di Jon giunsero poco dopo. "Vedo che qualcuno ha già pensato a rubarmi il posto!"
Dany rise e baciò la testolina di un Daeron che continuava a dormire nonostante tutto e tutti, degno figlio di suo padre. Invece, un Jon Snow dal farsetto slacciato le baciò la fronte con infinito amore. Dany posò la mano sulla tunica bianca che sottostava al farsetto, percependo il cuore battente del suo amato. Da lì, la sua mano salì al collo di lui, ammorbidendogli i nervi tesi. "Com'è andata? Sei riuscito a sopravvivere a tutte quelle portate."
Jon sbuffò, si tolse con una rapida mossa il farsetto, la tunica e i calzoni e si accomodò sul letto. "Ammetto ufficialmente che scendere in battaglia è mille volte più facile che riuscire a sopportare il blaterare di Daario Naharys."
Dany portò la testa di Daeron nell'incavo del suo collo e vi posò sopra una sua mano. Sorrise all'affermazione del suo sposo. "Domani lui sarà lontano amore mio e noi in rotta verso Westeros e..."
"E cosa?" Jon si avvicinò a lei, le schioccò un bacio sulla guancia e sfregò il suo naso contro i suoi fili biondo-argentei. "Aegon è tanto stanco zietta e non vuole una ramanzina a notte fonda. Potrai mettere in punizione Eggy domani mattina, non adesso..."
"... e spero che non abbia avuto da ridire sui preti rossi. Lascia finire di parlare la zietta Eggy, sei proprio un brontolone."
Per unificare il neonato Impero, Jon e Dany avevano fatto ricorso ad un'arma potente: la propaganda. I preti rossi e tutti gli adepti del culto di R'hllor si erano schierati a loro favore fin dal momento in cui avevano messo piede ad Essos e, approfittando del fatto che la devozione al Dio Rosso fosse assai diffusa nel Continente Orientale, sacerdoti e sacerdotesse erano stati inviati per le Città Libere a predicare sulla grandezza di questo nuovo impero e su come Aegon e Daenerys Targaryen fossero i prescelti dal Signore della Luce per adempiere al suo disegno. Lo stesso, tramite missive e firme, si era realizzato ad Ovest: così come un tempo Re Jaehaerys I aveva inviato sette membri del Credo per diffondere la Dottrina dell'Eccezionalismo fra il popolo di Westeros, allo stesso modo ora Dany e Jon avevano mandato tre septe e quattro septon parlare benevolmente della nuova espansione.
Ma la propaganda non si arrestava qui. Pergamene raffiguranti la famiglia imperiale in atteggiamenti intimi e rasserenanti, in momenti di devozione verso il proprio popolo o nei confronti della religione oppure in attimi di gloria con i loro draghi e circondati dai ritratti dei loro illustri antenati erano state diffuse gratuitamente sia fra il popolino sia fra gli alti lord, riscuotendo un enorme successo sebbene qualche Casata del Nord si fosse dimostrata un po' diffidente all'inizio. Per fortuna le parole di Sansa e la fedeltà che le immagini alimentavano avevano messo le cose in chiaro.
Jon scosse la testa e sbadigliò. "Su quello? No, non ne ha nemmeno fatto menzione sebbene le vie di Meereen brulichino di buona quantità di sacerdoti rossi. Ma parliamo di altro mia regina..." Una sua mano giunse a navigare nella chioma di neve di Daenerys. "... quando ritorneremo ad Approdo del Re voglio portarti nella radura dell'albero di limoni ogni singolo giorno."
"Quando ritorneremo ad Approdo del Re saremo indaffarati come non mai con i preparativi della nostra incoronazione e del torneo che ne seguirà. Un torneo placherà gli animi di quei pochi che criticano il nuovo impero, faremo vedere loro che Occidente e Oriente possono convivere benissimo in pace e armonia a discapito delle differenze, dopotutto anche i Sette Regni di Westeros sono diversi l'uno dall'altro come il giorno e la notte e, se la memoria non mi inganna, gli stessi Andali e Primi Uomini giunsero da Est..."
"Fai questo discorso davanti a tutti quei dubbiosi e te li ritroverai subito dalla tua parte. Tu se una conquistatrice anche degli animi mia valorosa Imperatrice, questo ometto che ti sta parlando ne è la prova."
Dany lo guardò divertita. "Un ometto che adesso non vede l'ora di chiudere gli occhietti e fare la nanna, non è vero?"
Jon sbadigliò ancora e serrò le palpebre. "Già... buonanotte... mia luna scintillante..."
Anche Dany chiuse gli occhi, il profumo del suo Jon l'accompagnò sul nero sentiero. "Buonanotte mio ghiaccio e mio fuoco."
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