Vaes Dothrak
Il Portale del Cavallo era visibile a miglia di distanza. Le due creature a cui doveva il nome scintillavano sotto il sole, gigantesche, bronzee ed impennate. I loro zoccoli si incrociavano e andavano ad incorniciare le rocciose montagne sullo sfondo. Baciati da un'alba che si trascinava ancora dietro il mantello trapunto di stelle della notte, i due cavalli parevano quasi vivi e il fumo salente dalle tende della città alla quale davano accesso non faceva altro che aumentare questo effetto, come se dei respiri stessero sbucando dalle loro frogie.
Ma bisognava vederli da vicino per rendersi conto di tutta la loro mole e, quando il khalasar di Dany e Jon vi ci passò sotto, Dany non si stupì del mormorio stupito che sfuggì dalle labbra del suo sposo. Quei due equini erano solo il primo simbolo della potenza dei dothraki. Gli altri erano cimeli trafugati di antiche civiltà disposti lungo tutta la Via degli Dei, la strada erbosa che si snodava lungo tutta la città e che conduceva proprio ai piedi della Madre delle Montagne. Ancelle e paggi di marmo, alcuni belli come dei e altri mostruosi ibridi concepiti da chissà quale culto misterioso, si fronteggiavano ai lati della strada, esibendosi in pose a volte graziate e altre volte molto intime dai loro plinti di marmo.
"È proprio come nei tuoi racconti Dany." Quell'atmosfera di decaduto fascino aveva catturato Jon e lui non vi staccava gli occhi. "Le statue, le montagne, i mercati..."
Bazar, recinti, capanne di frasche, tende e casette costruite in mattoni di fango cotti al sole costituivano i principali edifici di Vaes Dothrak. Ogni tanto una piramide a gradoni faceva capolino da quel mondo di terra e di vento insieme a piccoli palazzi in legno, ma essi erano una rara visione se sommato al tutto.
"Te l'avevo detto mio Khal Aegon, questa è la città dei dothraki, il fulcro della loro vita."
La sua giumenta pallida trottava serena in testa al khalasar e, in questo modo, Dany aveva la possibilità di ammirare per prima ogni cosa. I mercati pullulavano di spezie, animali esotici, tessuti e vini pregiati così come di persone. Dany intravide di sfuggita un tyroshi dalla barba tinta d'un verde vivace, un prete barbuto di Norvos un uomo dagli occhi a mandorla di Yi Ti. Essenze orientali salivano verso il cielo e permeavano le vie.
Vaes Dothrak giace sul terreno come un'amante nuda che attende che il suo amato, pulsante e focosa. Dany strinse le briglie. L'ultima volta che aveva degnato i mercati di una sua visita per poco non era stata avvelenata da uno dei sicari dell'Usurpatore. Allora vi era stato Ser Jorah a salvarla e suoi cavalieri di sangue con i loro arakh e le loro fruste, ma adesso? Sapeva di non essere la benvenuta ovunque, l'attentato di poche settimane prima ad Approdo del Re ne era la prova, eppure questa era la città che aveva visto il suo trionfo e fra queste stesse montagne il ruggito di Drogon aveva rimbombato, consacrandola unica e vera Khaleesi del Grande Mare d'Erba.
Ma io sono un Drago e, anche se cadono, i Draghi si rialzano sempre. Già, lei era figlia di re e progenie di conquistatori, il più puro sangue dell'Antica Valyria. Aveva detronizzato potenti arroganti dai loro troni e aveva liberato schiavi sottomessi al giogo di un potere corrotto. Anche quella vita che galleggiava dentro di lei in quel momento, benché fosse piccola come un chicco di riso, era della stessa tempra.
Della stessa carne, delle stesse ossa, della stessa anima. Doveva solo trovare il modo di dirlo a colui che con il suo seme aveva reso possibile la creazione di quella vita.
Durante il periodo della sua assenza il Dosh Kaleen non era stato ricomposto e Dany vide in ciò la fede e il rispetto che i dothraki provavano ancora nei suoi confronti. Lì, dove un tempo si era eretta la possente tenda delle anziane raggrinzite e incartapecorite che si riteneva potessero vedere fra le nebbie del futuro, ora non rimaneva nient'altro che un terreno annerito contornato da una ghirlanda di rovine di pietra e di legno. Alle pendici della Madre delle Montagne trovava luogo un posto oscuro e sterile, perenne rimando di cosa era capace di fare la Madre dei Draghi.
Daenerys e Jon non incontrarono subito gli altri khalasar ma sostarono per il pomeriggio nella loro tenda all'ombra del monte. Lui fu invitato intorno al fuoco da alcuni guerrieri e di questo Dany si trovò grata. Al suo ritorno Jon avrebbe trovato una sorpresa.
Fu con Daeron stretto al seno che ordinò i preparativi per il pranzo. Il suo cucciolo più giovane sapeva essere un vero ghiottone.
"Myanna, Juti, preparate un tavolo per favore. Tu Kily invece va' al mercato e compra qualcosa da mangiare ma, ti prego, niente carne di cavallo. Aegon ne ha già mangiata abbastanza e credo che gradirebbe cambiare."
"Carne di cavallo è migliore Khaleesi." Rispose l'ancella. "Ma io fare come la Khaleesi comanda."
Mentre Kily si avventurava nelle vie strepitanti e cariche di mercanzie, Juti e Myanna aveva già finito di decorare un piccolo tavolo con una graziosa tovaglia damascata e un vaso di fiori delle pianure. Dany chiese loro che le facessero un bagno. Voleva apparire al meglio per Jon. Quando uscì, con le membra ammorbidite dal calore e la mente rilassata, si fece intrecciare i capelli con dei fermargli dorati e scelse il vestito.
"Che abito volete indossare Vostra Grazia?" Le domandò Myanna spalancando le fauci di legno. "Quello verde con il corpetto ingioiellato?"
Spuma di mare e le stelle del cielo, rose blu dell'Inverno e la luce del tramonto. "Preferisco quello viola con l'orlo dorato. Oh... e tira fuori la mia collana d'ametiste e la mia cavigliera di zaffiri, quella che mi ha regalato il Re per la nascita dei gemelli..."
Gemelli che stavano gattonando sul terreno di stuoie veloci come un trottola. Dany afferrò Alysanne e le fece il solletico al pancino. La sua bimba ridacchiò e allungò una manina per toccare gli orecchini d'ametista di Dany. Due grosse gocce violacee pendevano dai suoi lobi, intonandosi con i suoi occhi.
"No amore mio." Dany baciò quella manina. La mia piccolina è curiosa e vivace, vera figlia di due Targaryen. Hai il sangue del Drago nelle vene mia dolcissima Alysanne, mio secondo sogno d'estate. "Questi sono per il papà. Va' a giocare con Daeron, sembra così solo il piccino."
Kily tornò con un pernice e un cesto carico di frutta. La pernice fu cotta allo spiedo e aromatizzata con vino ed olio mentre la frutta finì a comporre una deliziosa macedonia. Il tutto fu pronto per il ritorno di Jon. Sorridente e sudato, Jon entrò in una tenda dove solo Dany e i bambini erano presenti. Abbracciò Rhaella e Aemon e baciò Dany e i gemellini.
"La mia Khaleesi è agghindata come una dea e io puzzo come caprone. Dammi almeno il tempo di darmi una sistemata!" Rise lui.
"Dopo ti spedisco nella vasca, ma adesso c'è una cosa che devo dirti. Vieni."
E lo guidò verso il tavolo. La sola vista della pernice faceva venire l'acquolina in bocca ma Jon non la degnò di uno sguardo. Guardò invece Dany con estrema serietà. "È successo qualcosa di grave?"
"No... vedi..." Le altre volte era stato facile e anche questa lo sarebbe stato, doveva solo far uscire quelle parole dalla sua bocca. "È che ho scoperto che..."
"Se qualcuno ti ha importuna stai certa che subirà la mia ira. Le leggi sulla violenza di Vaes Dothrak possono andare a farsi fottere."
Non sarebbe saggio amore mio. "Cosa? No, no, no Jon, vedi io... io sono incinta."
Silenzio. Jon si immobilizzò come una statua di sale e per un attimo l'unico suono dominante fu il gorgoglio infantile di Alysanne nella culla poco più in là. La confusione attanagliò Dany come una serpe: perché Jon non diceva nulla?
"Non sei contento?"
"Che? Dany sono l'uomo più felice del mondo! Sono solo preoccupato..."
Dany non capì. "Preoccupato?"
Jon si inginocchiò ai suoi piedi e le prese le mani. I suoi due pozzi grigi si spalancarono. "Sono passati pochi mesi dalla nascita dei gemelli e ho il timore che il tuo corpo non si sia ancora ripreso al punto da poter accogliere un'altra gestazione, mi capisci? Amo già questo bambino o bambina con tutto il mio cuore ma non è troppo presto? Sai quali difficoltà hai incontrato quando hai portato in grembo Alysanne e Daeron..."
Dany passò una mano fra i suoi riccioli scuri. "Non ti preoccupare, mio piccolo draghetto di neve, andrà tutto bene. Sono più che felice di poter rimanere incinta alla prima occasione dopo anni di sterilità. Tu mi hai ridato il sogno di una famiglia, di una famiglia vera, e io non mi lascerò scappare nulla di questo sogno. Tutto andrà per il meglio, fidati di me."
"Io mi fido di te fino al midollo." E baciò il suo ventre ancora piatto con estrema dolcezza per poi sfregarvi la testa contro. "Ciao piccolino o piccolina, non so se hai già delle orecchie per sentirmi, ma io sono il tuo papà e ti amo di già. Hai qui fuori una mamma stupenda e quattro meravigliosi fratelli che non chiedono altro che conoscerti. Mi senti piccolo khalakka?"
Piccolo khalakka. E il khalakka, l'erede di un Khal, era sempre maschio. Anche se... "Spero che sia femmina. Una sorellina per Rhaella e Alysanne, ma nemmeno un maschietto mi dispiacerebbe. Un piccolo khalakka, un piccolo guerriero."
"Un guerriero che difende la sua mamma." Jon si abbandonò alle carezze sulle sue ginocchia. "Non è vero mio piccolo khalakka?"
Ripetilo ancora e ancora e ancora. Jon era nato per essere padre, Dany di questo ne era certa. "Adesso Khal Aegon finirà dritto dritto nella vasca da bagno, non riesco a sopportare il suo lezzo nauseante ancora per molto. E poi, dopo un bel pranzetto, lo aspetta un pomeriggio con la sua famiglia e una notte rilassante."
"E domani incontreremo gli altri dothraki e stabiliremo il piano d'attacco." Le ricordò lui mentre si alzò. "Ma il tuo Khal Aegon ti ordina di allietare il suo bagno con quei rilassanti massaggi che solo tu sai fare."
Dany gli sorrise birichina. "La tua Khaleesi accetta ben volentieri."
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