Un cielo ubriaco di stelle

"Ora stai fermo e non ti muovere!"

Prendendolo per le spalle, Daenerys pozionò per l'ennesima volta Jon Snow sullo sgabello, richiamandolo alla compostezza. La risposta di Jon fu uno sbuffo.

"Devo per forza tagliare i capelli? Mi piacciono molto!"

Dany gli sorrise e si chinò per per raccogliere le forbici e il pettine, che prima, distratta da Jon, aveva abbandonato sul pavimento. "Anche a me piacciono molto i tuoi capelli, ma nell'ultimo periodo sono diventati veramente indomabili. E ti ripeto ancora che te ne taglierò solo un pezzettino! Un pezzettino piccolo piccolo Jon, ti fidi di me?"

Un altro sbuffo. "Sì..."

"Bravo il mio nipotino!" Dany lo colpì scherzosamente sulla guancia con la mano. "Ma non mettere su quel broncio..."

"Non sto mettendo il broncio. Mi dispiace soltanto che i miei magnifici capelli debbano essere tagliati."

"Jon... ormai hanno superato le spalle, sembra che hai in testa un cespuglio!"

A quella battuta di Dany seguirono alcuni minuti di un improvviso e imbarazzante silenzio, poi entrambi scoppiarono vivacemente a ridere.

"E va bene Dany, hai vinto..." Dichiarò infine Jon con ancora lo spettro di una risata sulle labbra. "Taglia questo cespuglio..."

Dany ubbidì agli ordini del suo re e avvicinò le lame delle forbici ai quei riccioli scuri a lei tanto cari. Fece presa con la mano sul cavo e rotondo manico e subito due grosse lame di ferro abbracciarono una minuscola ciocca di capelli con un sonoro "zac!". 

Ma si rivelò essere un abbraccio letale, una decapitazione in verità, perché immediatamente in seguito a quell'atto la ciocca cadde, svolazzando un poco nell'aria prima di raggiungere il suolo. Ben presto minuscole serpi corvine si aggiunsero a quella solitaria loro compagna, andando a colorare il pavimento di tante, piccole e morbide chiazze nere.

A volte, quando muoveva la forbice, Dany vi poteva ammirare su di essa il riflesso dell'ultimo sole della giornata, che lasciava il suo seggio nel cielo e la sua azzurra corte per donarlo a un'altra corte: quella dell'argentea luna e delle sue scintillanti dame di compagnia, le stelle.

Le piaceva che fosse lei a tagliare i capelli a Jon, vi sentiva in quell'attività un non so che di domestico. Le sembrava che in momenti come questi, momenti così intimi e lontani dagli sguardi altrui, non fossero un re e una regina ma una normale coppia sposata. Una moglie qualsiasi che badava a suo marito in una vita normale.

Una coppia di gente semplice che vive una vita semplice in una grande casa dalla porta rossa e con un albero di limoni fuori dalla finestra.

Come la casa di Ser Willem Darry a Braavos, la casa di quell'infanzia che Dany ricordava a stento.

"Hai finito?" Domandò Jon a un certo punto. 

Le calde e soffici luci dell'imbrunire si erano allungate oltre le porte ad arco del balcone e adesso lei e Jon erano avvolti in un ovale arancione, uno stendardo che annunciava l'imminente arrivo della notte.

"Sì." Daenerys posò la forbice e con un veloce gesto della mano fece ondeggiare i capelli di Jon. Una soffice nuvola nera si mosse nell'aria per poi ritornare accanto al collo di Jon. "Ora ti arrivano alle spalle e non ti daranno più così fastidio."

Subito le mani di Jon Snow si immersero in un quel mare scuro e vi portarono una tempesta. "Mi piace averli spettinati, a te non piace mia regina?"

Dany gli sorrise, per poi posare la forbice su un mobile e aprire la porta per far entrare una serva che potesse spazzare. Poi andò dietro il paravento e cominciò a prepararsi per la notte. Si tolse tutto ciò che aveva portato durante il giorno. Tutto tranne una cosa, o delle cose, che solo Jon poteva torgliele.

Quando fu certa che la serva se ne fosse andata, Dany emerse da dietro il paravento e, prendendo prima la rincorsa, si gettò sul letto. Un morbidissimo materasso, degli altrettanto morbidi cuscini e le calde braccia di Jon la accolsero.

"Andiamo mio re." Si mise in ginocchio. "Compi il tuo dovere."

E Jon Snow lo compì. Delicatamente, le sue dita entrarono nel fiume di luce lunare che era il capo di Daenerys e comiciarono a scioglierle le intricate trecce.

Dany chiuse gli occhi e si abbandonò a quella tenera e piccola azione. Sentiva i polpastrelli di Jon sui suoi argentati fili, li tirava con estrema delicatezza, come se fossero fatti di brina o di pietra di luna, e poi, una volta liberati, li faceva ricadere dolcemente sulle spalle di Dany.

Per loro era ormai una tradizione, un rilassante rito serale. A Dany sembrava che con quelle trecce sciolte si liberasse di tutti gli affanni della giornata. 

Ma quella sera sentì anche qualcos'altro. Un peso sul collo e qualcosa che glielo cingeva.

Dany aprì gli occhi e sorrise non appena scoprì di cosa si trattava. Una collana, un rubino a forma di cuore con una catenina dorata. Nelle sue mani fu mosso e la luce delle candele si rifletté nelle sue rosse e trasparenti pareti.

"Per te." Le sussurrò Jon all'orecchio. 

Dany si girò verso di lui e lo colse di sorpresa con un bacio sulle labbra. "Grazie, è bellissima."

"L'ho presa l'altra notte e appena l'ho vista ho subito pensato a te. Rosso come il fuoco dei draghi."

Dany poggiò il capo contro la sua spalla e subito le braccia di Jon la cinsero in un caldo abbraccio. Dany si perdeva nelle sue strette, si sentiva come una bambina, come una fragile bambola di porcellana. "Invece il colore adatto a te quale sarebbe? Color vomito come quello con cui hai intasato la latrina la mattina successiva?"

Risero entrambi, poi Jon sfregò il viso sulla sua spalla. "Ti ho già detto che mi hanno costretto a bere ventisette birre! Dopo tutta quella roba il mio stomaco era in ginocchio!"

"Sì, ma resta il fatto che i suoni del tuo povero stomaco che si svuotava hanno superato le pareti del bagno. E il tuo vomito ha superato le pareti della latrina."

Divertito, Jon le morse il lobo dell'orecchio e di tutta risposta Dany gli cinse il collo con le braccia. Facendo così lo fece cadere sul materasso e il suono dei cuscini che si deformavano sotto il suo peso fu per Dany inebriante.

"Vedo che il drago è affamato questa sera..." 

"Oh sì, e il mio lupo? Ha fame anche lui?"

"Tantissima. Ma questa notte non vorrebbe rischiare."

Alzando gli occhi al cielo e sorridendo, Dany annuì e scese dal letto. Fuori, il nero mantello della notte era già stato steso sul mondo e per questo adesso nella loro le stanza le candele ardevano vivide. Si diresse verso il comodino e da un cassetto tirò fuori quello che le occorreva.

Dopo che lo ebbe legato intorno alla caviglia, richiuse il cassetto e ritornò da Jon.

I testicoli di donnola avrebbero preservato il suo grembo dalle fecondazioni. Non era neanche passato un anno dalla nascita di Aemon e non se la sentiva di intraprendere subito un' altra gravidanza, anche se sentire un bambino dentro di sé era per lei la sensazione più bella che mai ci potesse essere. 

Le sue prime tre gestazioni erano state praticamente una di fila all'altra.

Jon la liberò facilmente del fardello della camicia da notte e lei fece lo stesso con i suoi calzoni notturni. Ben presto lei si ritrovò nuda e lui con indosso solo una maglia.

E fu allora che il drago che era in Dany piombò su di lui con furia.

Lo fece ricadere sul materasso, cercando immediatamente con il gingillo in mezzo alle gambe di Jon. Quando lo ebbe trovato lo strinse fra le mani e lo massaggiò. La carne era morbida, rosea e piena di seme. Dany giocherellò con i pollici sul prepuzio e fece solleticare le palle agli indici.

"Dany... Dany!"

Estasiato da quell'opera, Jon esclamò il suo nome. Viste le incitazioni a continuare, Dany non si fermò. Lo strinse più forte, stringendoci la mano attorno come se l'uccellino stesse facendo ritorno al nido. Qualche goccia di liquido seminale schizzò fuori a bagnare le sue gambe. 

Le sembrava di star stringendo una banana, solo fatta di carne e dal sapore decisamente migliore.

"Dany! Dany! Dany! Oh Dany!"

A giudicare dalla sua espressione, Jon sembrava aver raggiunto i Sette Cieli. Ma ora era Dany che voleva raggiungerli.

Guidò il membro di Jon verso la sua casetta dai battenti rosa. Quando lo sentì entrare emise un gridolino di piacere e si abbandonò a Jon, conferendogli il comando. E lui lo prese con decisione. Le sue mani esplorarono la schiena di Dany come ragni a cinque zampe, per poi arrivare ai suoi glutei e stringerli con forza.

Nel mentre il suo oggetto stava compiendo il proprio dovere a meraviglia, prendendo la rincorsa e saltando fino alla piacevolissima collinetta dell'orgasmo. Poco più in sù, le labbra di Jon e Dany si stavano mordendo le une le altre, come due draghi in lotta, come due bestie feroci assetate di sangue.

Dany si aggrappò con forza alle spalle di Jon e si lasciò travolgere dall'ennesima onda di piacere. Le sue caviglie si erano avvinghiate alle sue come i tentacoli di un polpo e Dany sentiva i testicoli di donnola sbattere lievemente contro la sua gamba.

Forse non era vero che impedissero al seme di fecondare un grembo, eppure Dany non se la sentiva di rischiare un'altra gravidanza quando Aemon si nutriva ancora al suo seno.

Fu Jon che la fece ritrovare con la schiena contro i cuscini e allora toccò a lei essere divorata dal drago. O dal lupo. A Dany piacevano entrambi, entrambi erano irruenti e focosi.

La bocca di Jon accolse il cuore di rubino in un abbraccio di saliva e i suoi occhi si levarono a guardare Dany con uno sguardo di desiderio, uno sguardo che la fece sentire ancora più nuda di come era già e che le provocò un brivido di eccitazione lungo la spina dorsale. 

Da lì la furia del suo sposo scese a consumarsi sul suo seno. I suoi denti affondarono nella carne con passione, lasciandole segni rossi e tracciandole rotte di saliva come su una mappa. E i loro corpi erano mappe che conoscevano a memoria, quadri di cui nessun particolare era a loro ignoto.

Jon le succhiò il capezzolo come i suoi figli avevano già fatto tante volte, lo rese rosso e lo inturgidì e quando una solitaria goccia bianca fece capolino sulla cima di quella montagnetta, lui ebbe l'ardire di leccarla e sembrò farlo con molto, molto piacere.

Scese ancora e la baciò ripetutamente sul grembo, penetrandole l'ombelico con la punta della lingua. 

"Il vaso della mia gioia." Definì il ventre di Dany dopo un'altro bacio.

"La nostra gioia." Lo corresse lei.

Dalla collina passò alla spiaggia. Dopo aver fatto passare la lingua in un singolo e umido sentiero attraverso il boschetto bianco, Jon utilizzò quella stessa lingua per mandarle addosso non un'onda, ma una valanga di piacere.

La sua lingua penetrò il suo sesso con ardore. Una cosa umida entrava in un'altra cosa umida e lo faceva così... così... Dany non aveva parole per descriverlo, ma quando raggiunse l'orgasmo urlò di felicità. Le dispiacque per tutti coloro che sarebbero rimasti svegli quella notte nella Fortezza Rossa a causa sua e di Jon.

Un'altra spinta. Un'altra entrata. Un altro idillio. Le mani di Daenerys si mossero a cercare i riccioli scuri di Jon e quando li ebbe trovati, abbandonò le sue mani a quelle carezze. Stringendo, tirando e arrotolando quei capelli.

Le candele tutt'intorno conferivano all'atto un'aria magica, mistica. Come nei racconti antichi, nelle storie di quelle divinità che scendevano dal cielo per giacere con fanciulle mortali e le rendevano gravide di figli straordinari, dei futuri eroi. Dany si sentiva una di quelle pudiche vergini in balia della passione di Jon. Lui era il suo dio, il signore e padrone del suo corpo.

E lei, lei era era la sua fata. La sua visione di luce lunare e di fiocchi di neve con un fuoco possente che le ardeva nell'anima. Quella visione aveva ammagliato Jon Snow, l'aveva avvinghiato nei suoi sentimenti e l'aveva condotto nel suo mondo.

Erano momenti unici, quelli dove le loro carni si fondevano e diventavano una cosa sola. Dany era ebbra di Jon, satura del suo profumo. Con quei suoi movimenti selvaggi, lui la trasportava in altri mondi. Nel profondo di foreste invase da lupi, con fronde verdi e lune piene o su, sulla gelida Barriera, con venti freddi che le pizzicavano le guance e la neve che cadeva a ricoprire tutto come un bianco mantello.

Ma adesso lei, di neve, ne aveva a sufficienza e non l'avrebbe lasciata per niente nell'universo.

Raggiungendo ancora una volta l'orgasmo, Dany fu certa di vedere le stelle. Sempre mantenendo la sua lingua a fare il suo dovere, Jon liberò le braccia dai suoi fianchi e le stese libere nell'aria.

E fu allora che Dany le vide.

Sottili strisce pallide decoravano i polsi di Jon Snow come dei braccialetti. Su ogni polso si trovavano tre tagli incrociati, una macabra stella. Dany li afferrò subito, interrompendo la favolosa azione di piacere di Jon che la guardò stupito.

"Jon cosa sono quelle?"

"Quelle che cosa amore mio?"

Aveva capito ma fingeva il contrario. Dany strinse i denti e afferrò di colpo quei polsi. Le sue dita passarono su quelle cicatrici bianche. "Perché?"

Davanti allo sconcertato e lacrimoso sguardo che Daenerys gli rivolse Jon sospirò. "Quando ero al Nord l'annegamento non è stato l'unico mio tentativo di suicidio. Prima avevo tentato di... tentato di... tentato di tagliarmi le vene."

Dany si coprì la bocca con le mani. Non riusciva a crederci. Jon aveva tentato di... di...

"Ero disperato Dany!" Spiegò lui. "Mi sentivo... mi sentivo solo, abbandonato, ti avevo, ti avevo... beh lo sai. Pensavo che tutto fosse un gigantesco incubo come quelli che di notte mi visitavano ma no, quello era vero. Era tutto vero. Tu eri morta per causa mia, i miei parenti mi aveva abbandonato all'estremo confine del mondo e il senso di colpa... oh il senso di colpa mi distruggeva." Deglutì, i suoi occhi erano lucidi, "Volevo farla finita con tutto quel dolore, volevo che il mondo la smettesse di soffrire a causa mia e volevo rivederti. Anche se tu non mi avresti accolto di certo, mi avresti lasciato anche tu, urlato in faccia le cose più orribili, cose che mi meritavo di sentire..."

In quel momento sembrava che Jon stesse rivedendo uno dei suoi tanti incubi. Dany si sentiva bruciare il cuore dal dolore a vederlo in quello stato. Aveva rischiato di morire una seconda volta per causa sua...

"Allora avevo deciso. Mi allontanai dagli altri e con un piccolo taglio di Lungo Artiglio lo feci. Ma ancora una volta Spettro mi salvò la vita, ululò e attirò l'attenzione di un gruppo di donne dei bruti. Loro mi presero prima che fosse troppo tardi e mi curarono."

Dany emise un profondo sospiro prima di fiondarsi addosso a Jon e baciarlo nelle lacrime.

Ancora una volta nella sua mente echeggiò quel perché. Perché lei, la Madre dei Draghi, la Distruttrice di Catene, aveva compiuto una strage?! Perché il mostro della rabbia si era impadronito di lei?! Perché aveva bruciato dei civili innocenti?!

Si era ripetuta per anni che lei non era come suo padre, che lei era diversa, che lei era come Rhaegar. Ma Rhaegar non avrebbe abbandonato la persona amata quando il mondo di questi, la sua vita intera, le stava crollando davanti agli occhi come un castello di carta. Lei invece l'aveva fatto e l'aveva fatto solo perché quello stupido e maledetto Trono occupava ogni suo singolo un pensiero.

Quel Trono aveva ucciso la vera Daenerys, quella Daeneys che liberava schiavi e che voleva essere solo amata dal proprio popolo. Quella Daenerys che era compassionevole, misericordiosa e che rispettava la vita non che la trucidava nelle fiamme bollenti di un drago.

L'aveva uccisa nel fuoco, nel ferro e nel sangue e colei che Jon aveva accolto come un freddo cadavere fra le proprie braccia era solo... l'involucro vuoto di una tiranna.

I tiranni sono involucri vuoti, burattini legati ai fili della paura che recitano sul palco del potere.

Ma poi la vera Daenerys era ritornata anche se lasciarsi alla spalle la Regina delle Ceneri era difficile. Era un'ombra che sarebbe sempre rimasta alle sue spalle, un'ombra fumante, bollente di vergogna e infuocata di rabbia. Quel suo lato oscuro, quel lato buio della sua moneta.

Forse era vero che quando nasceva un nuovo Targaryen gli Dei lanciavano una moneta. Follia o grandezza era la posta in gioco. Ma anche se gli Dei la lanciavano, loro non avevano forse le mani per recuperarla? I pugni per battere sul tavolo e farla girare dal giusto lato?

Non erano forse loro stessi gli artefici del loro destino?

"Dany?" La voce di Jon la fece riaffiorare alla realtà. "Dany perché stai piangendo?"

Dany avrebbe voluto fargli la stessa identica domanda. Il viso di Jon era bagnato dalle lacrime due volte il suo. Allungò una mano verso di lui e gli accarezzò la guancia. Sentiva le lacrime accarezzarle i palmi come dei salati e caldi ruscelli.

"Non farlo più, mai più. Me lo prometti?" 

Jon annuì immediatamente e fu solo allora che Dany gli afferrò la mano e lo fece scendere con lei dal letto. Dopo tanto stare a letto il pavimento le sembrò freddo al primo contatto con i suoi piedi nudi.

"Cosa fai?" Le domandò Jon.

Solo quando arrivarono al balcone gli rispose:

"Per i Dothraki le cose importanti devono accadere sotto il cielo e io, ora, voglio mostrarti tutto il mio amore e tutta la mia vita. È una cosa importante Jon Snow."

Così dicendo si adagiò sul pavimento di terracotta. A circondarla vi erano le familiari piante. Il rosmarino stormiva alla brezza notturna e la glicine faceva ondeggiare i suoi boccoli viola fra di loro, conservando sussurri di amanti e di vita. Il profumo delle rose arrivava alle loro narici, inebriando i loro sensi.

La pelle d'oca fiorì sulla pelle di Dany ma ciò non la disturbò. Con un braccio alzato, aspettava che Jon la raggiungesse. Lui stette fermo ad osservarla un secondo, gli occhi grigi diventati improvvisamente uno specchio per le stelle e le candele, poi le disse:

"Aspetta qui."

Tornò poco dopo con dei cuscini e una coperta e li gettò sul suolo. E infine, con grande gioia di Dany, si sdraiò. Lei sigillò il loro amore con una singola e minuscola fusione di labbra.

"Fammi tua sotto il cielo stellato. Possiedimi e scordiamo il passato, scordiamo tutto per una notte."

Così accadde. Prima delicatamente e poi con estrema forza, Jon la piegò al suo volere. Continuarono così fino all'alba, fino a quando l'aurora irruppe a diramare la nebbia dei desideri e dei sogni. 

Ma lì, sotto gli occhi di diamante del firmamento, le loro anime si fusero in una gioiosa follia e dimenticarono tutto, tutto, per quella notte.







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