Terra di fuoco e cieli di sangue

Gli stemmi nemici garrivano al vento, portentose tigri di stoffa che ruggivano e che mostravano gli artigli su uno sfondo borgogna. Anche gli scudi recavano impressi il medesimo simbolo e riflettevano in un modo accecante la luce del sole come degli specchi. Oltre cinquemila uomini stanziavano su quella piana d'erba secca, di cui duemila componevano la fanteria.

Una fanteria che noi ridurremo in cenere, così come Aegon fece a Campo di Fuoco. Trecento anni prima c'erano voluti al Conquistatore tre draghi, due sorelle e un esercito numericamente inferiore a quello avversario per uscire vittorioso dalla più importante e distruttiva battaglia della Conquista. Campo di Fuoco l'avevano in seguito denominata i menestrelli e i bardi, uno scontro che aveva estinto in un solo colpo l'intera dinastia Gardener, l'antica casa reale dell'Altopiano, e fatto ritornare con la coda fra le zampe gli orgogliosi leoni di Castel Granito che con i Gardener si erano alleati.

Chissà cosa si sarebbe detto ora di questo scontro, Daenerys non lo sapeva. Montò su Drogon e gettò un'ultima occhiata a Jon, il quale aveva già trovato posto sul dorso di Rhaegal. E più in là ancora di Rhaegal vi stavano Slyxas e Meghar e gli altri draghi innominati e ancora priva di qualcuno che li cavalcasse. Dany pregò che uscissero tutti salvi dalla battaglia che stava per avere luogo.

"Ricorda." La serietà dominò sui lineamenti di Jon Snow, indurendoli. "Qualunque cosa accada, pensa sempre a te e al bambino. Lui deve essere la tua sola ed unica priorità. D'accordo?"

Dany annuì e si sforzò di rimanere impassibile. "Visto che l'esito ci è ancora ignoto, rinnovo il mio amore per te. Nonostante tutto quello che abbiamo patito, il mio amore per te non è mai venuto meno, anche dopo che hai affondato un pugnale nella mia carne. Ma l'hai fatto per un giusto motivo, per salvare me e gli altri, l'ho capito poi Jon Snow. Io ti amo e ti amerò sempre."

"E tu sei la mia vita, la stella che guida i miei giorni. Morirei per te Daenerys Targaryen." Jon la guardò con una profondità solenne, per poi distogliere lo sguardo e rivolgerlo in lontananza, a quella muraglia umana d'acciaio e ferro. "Tu dici sempre che è dura uccidere un Drago, speriamo che tu abbia ragione anche questa volta."

Amore mio, ancora non vuoi ammetterlo: io ho sempre ragione.




Si alzarono in volo. Le ali dei draghi sollevarono un nugolo gigantesco di polvere e fendettero l'aria. Otto creature di scaglie e di fiamme, otto creature che si pensava fossero estinte, scomparse dalla faccia della terra, otto creature che erano ritornate ad essere il vanto e l'orgoglio di un'intera dinastia. Otto creature del genere, suscitanti meraviglia e al contempo timore nelle anime umane, si levarono nell'aria al comando dei loro due signori.

Oltre le onde tumultuose del mare corazzato di Volantis, si ergeva l'accampamento. Tende, baracche costruite di getto, pensando subito all'avere un tetto sopra la testa, carri e ancora tende, tende e tende. Da lontano tutto ciò rassomigliava alla tavolozza di un pittore. Una tavolozza i cui colori stavano per spegnersi, uccisi dall'orda vandalica e schiamazzante dei dothraki. Dall'alto del dorso di Drogon Dany li vide piombare di getto sull'accampamento, investirlo in pieno come un'onda di cuoio e di cavalli.

Tutte quelle tende, tutte quelle baracche, tutti quei carri carichi di rifornimenti, di puttane per accontentare i soldati, di armi, di medicinali e di chissà cos'altro fu ingoiato da una marea di uomini dagli occhi a mandorla. Dany osservò le linee più lontane voltarsi incredule verso l'inferno che si stava accendendo nelle loro dimore, ignare che da lì a poco un altro inferno sarebbe disceso dal cielo, sommergendoli tutti.

Inferno che di fatto arrivò. Dany volse ancora una volta lo sguardo a Jon, lo vide concentrato, serio e inflessibile come una statua di granito nelle cripte di Grande Inverno. Prima che tutto iniziasse, in quell'attimo sospeso nel tempo e nell'aria, mentre sotto di loro le vite di centinaia di sconosciuti si spegnevano in un soffio, le loro iridi si può incrociarono e un accordo fu siglato. Un accordo che trovò compimento nella frase che, poco dopo, abbandonò le loro labbra. Quella parola antica, carica di paura e di enfasi, proprio quella rimbombò nell'aria immobile:

"Dracarys."

Una cascata di fuoco fuoriuscì dalle fauci dei draghi, piombando sui soldati.




E con il fuoco vennero le frecce. Uno stormo intero, celere e appuntito che si alzò nel cielo e coprì il sole. Uccelli della morte, corvi dagli artigli di pietra che avevano già puntato le loro vittime ed erano pronti ad graffiarle, a cavare loro sangue e pelle. Rhaegal le evitò una dopo l'altra volando a zig zag nel cielo. Una freccia sfiorò la guancia di Jon e le sue piume la accarezzarono. In quel breve attimo il suo cuore mancò un battito.

La morte è così dannatamente vicina. Come alla Barriera, come a Grande Inverno e come ad Approdo del Re. La falciatrice raggiungeva chiunque e ovunque si espandeva la sua ombra nera. Ma Jon non l'avrebbe baciata di nuovo, oh no.

Sotto di lui alberi di fuoco erano stati piantati e le loro fronde si alzavano al cielo, rosse, vivide e sfolgoranti. E ben presto raggiunsero le nuvole. Come la terra, anche le nuvole parvero incendiarsi, divenire grumi infuocati, abbattere i delicati, vaporosi e candidi castelli che fino a poco prima avevano deliziato le menti dei sognatori. Qui i sogni venivano distrutti, la guerra li ingurgitava, vorace e arrogante e non lasciava null'altro che una sterile desolazione.

Jon discese e planò con Rhaegal sulla pianura incendiata. Aria bollente salì a pizzicargli le guance e fumo a fargli lacrimare gli occhi. Vide uomini morire stretti nell'abbraccio soffocante del fuoco, i loro bulbi oculari saltare fuori dalle orbite come due uova troppo cotte in padella, le loro armature liquefarsi addosso ai loro corpi e scivolare via da essi come un argenteo torrente. Certi riuscirono a sfuggire al fuoco e si diressero verso Jon con le spade puntate in aria e le frecce puntate verso il cielo. Prima che potessero attaccarlo Jon risalì a librarsi nel cielo, a volare insieme ai draghi innominati.

Ma una freccia lo raggiunse e lo colpì sulla spalla. La sua punta d'osso si fece strada nella sua carne, trovando una scorciatoia nello spazio che intercorreva fra le spalliera e la gorgiera. Jon urlò di dolore. Sapeva di non poter combattere con una freccia nel suo corpo, perciò decise di strapparsela. Una mano, pochi secondi e mille grida trattenute di dolore e la freccia si levò dalla sua carne, lasciando una lugubre piaga sanguinante, aperta e dolorosa al suo posto. Jon sentì il sangue scorrere lungo il suo braccio destro e sostituire il nero nella colorazione della sua armatura. Rosso, caldo e inarrestabile.

È solo una ferita, devo andare avanti. Ordinò a Rhaegal di infiammare nuovamente il mondo, sebbene la ferita gli pulsasse senza sosta. Intravide il gruppo di superstiti che si era accanito su di lui, vide quei cinque uomini tentare di svignarsela e il suo stomaco si rivoltò alla vista di disertori. Atterrò dinanzi a loro, cogliendoli di sorpresa e investendoli con un ruggito di Rhaegal.

"Voi arrecate disonore al vostro popolo." I suoi interlocutori erano a bocca aperta e immobili come delle statue di sale. "La morte in battaglia è la morte degli eroi, razza di bastardi. Voi avete esultato alle parole della Tigre e accettato di scendere in battaglia con lei e di morire con lei. Quindi ora incontrate la vostra morte, senza palle e volta gabbana."

Fu il fuoco a punire i disertori nella sua indomabile e affascinate cascata.




Il fumo la accecava e le entrava nei suoi polmoni, facendola tossire. Il vento caldo la investiva, i capelli le si appiccicavano alla fronte per il sudore e ad ogni nuova scala di fumo che veniva eretta a congiungere il cielo e la terra i suoi occhi stillavano lacrime. E, dentro di lei, Jaehaerys si agitava, scalciava con le sue minuscole gambine come un puledrino, come il piccolo Stallone che era.

Dany diede alle fiamme nemici e le loro tigri di stoffa, vide i vessilli contorcersi come pergamena accartocciata non appena le dita rosse del fuoco li sfioravano, annerirsi e infine ridursi a brandelli di cenere. Sotto l'ombra delle ali spalancate di Drogon uomini si trasformavano in torce umane e sfrecciavano impazziti per tutto il campo senza una meta prima che la morte sopraggiungesse.

Altre frecce spiccarono il volo verso lei e Drogon, persino una di ferro, ma nessuna perforò la corazza di squame del suo drago. Drogon era sempre stato il più forte dei suoi figli, il primo grande, il più enigmatico e, per un certo periodo, il più selvaggio. Ma voleva bene a Dany e Dany voleva bene a lui. Se non fosse stato per lui non sarebbe mai ritornata alla vita per rimediare ai suoi errori e salvare il mondo.

Dany intravide un branco di sopravvissuti radunati in una radura illesa dalle fiamme. Planò su di loro ma, prima che potesse anche solo ordinare a Drogon di arrostirli, qualcosa piombò sulla sua gamba. Una lancia piombò sulla sua gamba. Non raggiunse l'osso e non intaccò muscoli fondamentali, ma fece comunque un male cane. Si era approfittata dallo spiraglio del ginocchio, infiltrandovisi. Il grido di dolore di Dany si udì a quello di rabbia di Drogon e nel suo grembo Jaehaerys scalciò irritato.

Doveva fargliela pagare. Si era presa una spada dall'armeria senza dirlo a Jon o a nessun altro e, negli assolati e pomeriggi di Vaes Dothrak, si era allenata da sola, affinando le sue abilità di spadaccina dato che, con la gravidanza, Jon non aveva accettato di proseguire con gli allenamenti. Fu proprio con questa spada, lama affilata, elsa di crudo ferro e un rubino incastonato nel pomolo ovale, che trafisse il cranio del nemico che aveva deciso di arrampicarsi su Drogon per raggiungerla.

In seguito Dany non seppe dire se quella che compì fu azione avventata e scellerata, dettata dall'impeto del momento, oppure coraggiosa e degna di un cavaliere da ballata. Fatto sta che lei discese da Drogon e si ritrovò a menare fendenti e parate ai nemici che la circondavano.

Erano uomini fatti, con ghirigori di cicatrici sulle braccia e vogliosi di infilare il suo cazzo in lei. Ma solo Jon Snow poteva infilare il suo cazzo in lei. Uno di loro, un pelato privo di sopracciglia, le fece la linguaccia prima di accanirsi su di lei con la spada levata a riflettere il baluginare delle fiamme.

Affondo, fendente, parata. Gli insegnanti di Jon echeggiarono nella sua mente, la assoggettarono, divenendo in breve tempo gli unici pensieri di Daenerys. Affondo, fendente, parata. Erano essenziali per la sopravvivenza sua e del suo bambino. Affondo, fendente, parata. Dany avanzò con un grido di battaglia e, incurante del dolore infernale alla gamba, perforò in un solo colpo lo stomaco della testa pelata, facendola ricadere morte sul terreno. Affondo, fendente, parata. Incrociò le lama con un giovane barbuto dagli occhi chiari, occhi chiari che la luce della vita abbandonò poco dopo quando un sorriso purpureo si aprì sul suo collo, affondando fino all'osso.

Affondo, fendente, parata. Con i suoi calci irrequieti Jaehaerys stava dando il suo contributo allo scontro. Dunque era questa quella Jon descriveva febbre da battaglia. L'arma e te divenivate una cosa sola, un'unica grande macchina di sopravvivenza contro la morte e, una volta che ne uccidevi uno, non potevi fermarti. Affondo, fendente, parata. Dovevi andare avanti, combattere o perire, combattere e sopravvivere, combattere e non lasciarti fregare. La battaglia ti avvolgeva come una coperta, ti faceva immergere in un mondo di sangue e morte che una volta concluso era difficile da scordare. Esistevate solo te e il nemico.

"Puttana!" Dany ne abbatté un altro e un altro ancora e tutti loro urlavano la stessa cosa in coro: puttana. La puttana è qui per farvela pagare, per impedirvi di uccidere i suoi figli. Osate toccarli e vi ammazzerà lei stessa.

Alla fine solo due erano ancora rimasti in piedi e la gamba di Daenerys implorava pietà, ma lei non si arrestò. Prese la rincorsa e fece per colpire un porco puzzolente privo di elmo, ma il porco puzzolente ebbe la meglio e, con un calcio, la spedì dritta a terra. Con una gamba che era un inferno di sofferenza Dany non trovò la forza di rialzarsi. Cercò di usare la spada come bastone per ritornare in piedi ma un calcio all'inguine glielo impedì.

A quel calcio ne seguì un altro, e poi un altro ancora. I due uomini si accanirono su di lei, le tigri svelarono gli artigli. Dany dovette accovacciarsi in posizione fetale per impedire che facessero del male a Jaehaerys, il quale era comprensibilmente e terribilmente agitato.

Al bambino, devo pensare al bambino. Doveva mantenere la promessa fatta a Jon, doveva pensare al loro piccolo khalakka. Un altro calcio, di duro acciaio, la raggiunse sulla testa, aprendole una ferita in fronte. Dany sentì Drogon ruggire infuriato, il dolore alla gamba diventare insostenibile e bruciare come veleno e percepì del fuoco sorvolarla.

Urla si levarono al cielo mentre il buio calava su di lei e una voce penetrò nelle tenebre.

"LASCIATELA STARE BRUTTI STRONZI!"

Era Jon.




Cosa le avevano fatto... cosa le avevano fatto?! Una rabbia incontenibile ribollì nelle vene di Jon, incarnandosi poi nel grido e nel fendente che donò al cranio del primo stronzo, mentre per il secondo riservò una spada di netto nella gola che arrivò addirittura a sbucare dall'altro lato del capo.

Quando i loro due cadaveri caddero Jon si focalizzò su Daenerys. Era viva, stanchissima, ferita in ogni dove, sporca ma viva. Viva. Con le ginocchia e le mani posizionate a difendere la dimora di carne di Jaehaerys. Jon ringraziò gli Dei e benedì la sua regina guerriera.

La raccolse e, fra le sue braccia, le sembrò d'improvviso così piccola, una bambina, una bambolina dai capelli di neve, pelle di porcellana e rose per gote. La caricò su Rhaegal e ordinò a Drogon di seguirlo. Dinanzi a lui la testa di Dany ciondolava priva di sensi e il suo flebile respiro si scontrava con il suo. Dimenticò la ferita alla spalla, il fumo, la sporcizia, dimenticò tutto. Solo Dany e il bambino avevano importanza ora. Massima importanza.

Atterrò nell'accampamento e non perse tempo.

"SAM! EBROSE! DAVOS! DOVE CAZZO SIETE?! LA REGINA È FERITA! LA REGINA È FERITA!"

I tre e le ancelle di Dany accorsero al suo richiamo. Mentre le due ragazze dothraki ed Ebrose si presero cura di una distrutta Dany e la diressero subito verso un letto per curarla, Sam rimase lì.

"Jon cosa è... c-cosa è successo?"

"Non lo so." Jon voleva solo pensare a Dany, a null'altro. Voleva stare con lei e assicurarsi che stesse bene. Che la sua ferita andasse a quel paese, non era importante. "Ma salvala Sam, ti scongiuro. Salva lei e il bambino..."

"Bambino?" Sam sembrò sinceramente stupito. "Che bambino? Vuoi dire che lei è..."

Lo sapevano solo i dothraki, non l'avevano annunciato alla corte. "Il nostro bambino, Jaehaerys, il nostro piccolo khalakka, lo Stallone che Monta il Mondo... salvali entrambi cazzo! Va' a fare il tuo lavoro!"

Daenerys era forte, lo sapeva. Ci voleva molto di più di una ferita per uccidere un drago. Lei sarebbe vissuta.

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