Sulla nave
Dal porto di Città del Gabbiano, il più importante insediamento marittimo della Valle, i sovrani dei Sette Regni presero una nave diretta verso Porto Bianco. Il mare era calmo, uno specchio d'olio, ma man mano che si procedeva l'aria si faceva più fredda e venti impetuosi cominciavano a soffiare, gonfiando le vele come le guance di un uomo. I marinai conoscevano quella nave come le loro tasche, "Fuoco di drago" era il suo nome, e la trattavano con cura. I loro passi sul legno segnato dalla salsedine si sentivano anche sottocoperta e le loro grida a volte sovrastavano l'intensità delle onde. Ma questo non disturbò il soggiorno delle Loro Grazie. Anzi, il pernottamento reale sulla Fuoco di drago si dimostrò particolarmente gradevole, animato da ricordi e da splendidi momenti in famiglia. Come quello che vissero nel secondo giorno di navigazione. Jon e Daenerys si trovavano nei loro appartamenti ed erano appena rientrati da una piccola gita sul ponte. Il cielo era plumbeo quel pomeriggio, con grandi nuvoloni scuri che si affacciavano all'orizzonte come cavalli impennati. Una tempesta sarebbe arrivata e la sua forza si sarebbe rivoltata sul mondo.
Nella stanza aleggiava un piacevole calore, alimentato soprattutto da un braciere che bruciava solitario in un angolo. Dopo essersi spazzolata i capelli, Dany li fece ricadere in una semplice treccia sulla spalla e si strinse nel mantello di pelliccia bianco che Jon le aveva avvolto intorno al corpo poco prima. Sarebbe stato così strano per lei tornare a indossare pellicce e mantelli dopo tre anni passati con lino e seta. E sarebbe stato ancor più strano ritornare al Nord. Come l'avrebbero accolta i nobili lord questa volta? Ancora con sguardi diffidenti e torvi? L'ombra che suo padre aveva lanciato sugli Stark aveva trovato il modo di diramarsi, oppure, come lei temeva, si era rafforzata quando aveva compiuto quell'orrore a Approdo del Re?
Nei tornei e nelle celebrazioni organizzate da lei e Jon gli anni precedenti i corpulenti signori nordici si erano sempre dimostrati gentili ed educati e avevano affermato più volte la loro fedeltà alla Corona, ma se dietro quei sorrisi si nascondesse una cruda diffidenza? Durante il corso degli anni, quando era ancora l'argentea ragazzina di Essos, molti erano venuti da ogni parte del mondo per ammirare lei e i suoi draghi. Soprattutto i suoi draghi. Si erano presentati come alleati e amici, aitanti stranieri in esotiche vesti, ma nel momento del bisogno le loro promesse si erano rivelate flebili come fili di fumo.
Era diventata una rarità, Daenerys Targaryen Nata dalla Tempesta, e i suoi draghi lo erano ancora di più. Madre dei Draghi, che titolo affascinante per l'ultima erede di una dinastia che dal fascino derivava. Il più puro sangue valyriano scorreva nelle sue vene molto più di quanto lo facesse in quelle degli abitanti di Lys o di Volantis, che da Valyria si vantavano di discendere. Era una gemma preziosa da essere esposta sotto gli occhi di tutti, quella bambina dagli occhi violetti che viveva con dei selvaggi amanti dei cavalli e che si portava appresso dei draghi come fossero dei cagnolini da salotto. Draghi, fuoco fatto carne, creature che fino ad allora erano vissute nelle leggende. Oh... quanti avevano cercato di mettere le mani sui suoi figli? E su di lei?
Dany ripensò alla scintillante Qarth dove ogni cosa grondava oro e con essa le vennero in mente Xaro Xhoan Daxos, il ricco mercante che insieme alla sua ancella Doreah aveva tentato di sottrarle i suoi draghi, e Pyat Pree, lo stregone dalla labbra blu che l'aveva introdotta nella Casa degli Eterni. Qarth aveva rappresentato per lei la salvezza dalla Desolazione Rossa ma anche la prima dimostrazione di quanto l'uomo potesse essere spregevole. Quella città poteva sembrare bellissima in apparenza ma dentro puzzava di marcio come un cadavere in putrefazione. Ripensò a Daario, a Tyrion, a Varys, a Sansa e, infine, anche a Jon.
Senza di lui in questo momento sarei una tiranna presa a sassate dagli abitanti di Approdo del Re, mentre intorno a me si alzano grida di scempio. Molto probabilmente, se l'amore e la pietà di Jon non fossero intervenuti, quello sarebbe stato il suo destino. Jon non aveva mai mostrato maschere con lei, era sempre stato sincero e le sue lacrime nella sala del Trono lo avevano confermato. Le era sembrato un pulcino bagnato allora, tutto tremante nella paura dell'atto che stava per compiere. Era stata la pietà ad averla salvata dal diventare peggio di suo padre. Perché quello era stato il suo timore da sempre: che la sua moneta lanciata in aria dagli Dei cadesse sul lato della follia, che quell'oscurità che suo padre aveva gettato sulla dinastia del Drago la raggiungesse nonostante tutti i suoi sforzi per riportare luce.
Non è il momento di pensare a queste cose.
Già, ora doveva solamente godersi il viaggio. Si diede una rapida sistemata alla spilla d'argento raffigurante una testa di drago che teneva il mantello ancorato alle sue spalle. Gli occhi di ametista della creatura erano microscopici ma, nonostante ciò, contro le candele brillavano come due piccoli soli viola. Si lisciò anche l'abito bianco, sistemandosi bene in vita la cintura di pelle di foca dalla quale partivano due cinghie decorate con gocce d'ametiste. A Dany piaceva molto quella violacea pietra preziosa perché si intonava ai suoi occhi.
Bene, ora il suo abbigliamento per Grande Inverno era perfetto. Peccato che non avrebbero raggiunto l'antica magione degli Stark prima di alcune settimane. Soddisfatta di come appariva il suo riflesso, decise di spogliarsi e di rimettere i vestiti nel loro baule. Si rimise addosso un semplice abito verde acqua e si sciolse i capelli. Mentre stava compiendo quest'ultimo gesto un rumore di passi risuonò alle sue spalle e sul vetro della specchiera apparve un Jon Snow a torso nudo con solo un asciugamano bagnato intorno al collo.
"Non si potrebbe abbassare un po' il fuoco? Sto cuocendo come un pollo allo spiedo." Disse Jon sedendosi sul letto e passandosi l'asciugamano su tutto il dorso.
Daenerys non riuscì a contenere un sorriso e continuò a spazzolarsi. "Voi nordici vi lamentate anche di un fuocherello, come siete pignoli..."
Jon si alzò dal letto e la baciò con forza sul collo. L'ardore con cui lo fece dovette costringere Dany a riporre la spazzola e indietreggiare con il capo, alzando le braccia per incontrare i soffici riccioli scuri del suo consorte. Emise una risatina divertita quando la lingua di Jon sfregò contro la sua pelle, ruvida e calda.
"Su questo ti sembro pignolo mia regina?" Gli occhi di Jon luccicarono quando le fece questa domanda e quel sorriso da malandrino che aveva sulle labbra fece fremere Dany d'eccitazione.
"No mio re." Rispose lei. "Anzi, mi sembri molto indulgente."
"Mmh..." Gli occhi di Jon si ridussero a due fessure di nebbia ma il sorriso non abbandonò mai il suo volto. "Vogliamo vedere su cos'altro so essere indulgente?"
Daenerys non se lo fece ripetere due volte e si fece condurre a letto dal proprio re. Si spogliò con lentezza, dando così l'occasione a Jon di mangiarla con gli occhi, e quando lo sguardo di lui scese sul suo pancino, il modo in cui guardò quest'ultimo le fece quasi salire delle lacrime di commozione agli occhi. Jon considerava il suo utero un tempio e il loro bambino la divinità che in esso doveva essere venerata. Era ormai entrata nella quinta luna e tutti i dolori che l'avevano tormentata nei mesi precedenti sembravano essere scomparsi. Tutti tranne uno: il gonfiore ai piedi. Trovava ancora pace solamente indossando delle pantofole o gli stivali di Jon, niente da fare.
Quando fu completamente nuda si gettò sul materasso e sprofondò nell'abbraccio del suo amato. Eccola lì la sua casa, l'unico posto al mondo dove si sentiva veramente al sicuro. Fra le braccia di Jon Snow. E il suo cuore che batteva contro il suo disfatto scudo di pelle era la sola cosa in tutto l'universo in grado di calmarla insieme allo stringere i loro bambini. Solo queste due cose donavano a Dany pace.
"Ti proibisco di uscire da questa stanza senza una maglia addosso." Lo apostrofò con un sorriso birichino mentre disegnava cerchi invisibili sul suo torace con un dito.
"Perché hai paura che le altre possano rubare una cosa che è tutta tua?"
Razza di monello. "Non solo, perché fuori da qui non c'e un bel braciere a riscaldarti e sta arrivando un temporale coi fiocchi."
Jon Snow sbuffò. "Sono un uomo del Nord amore mio e sono passato attraverso climi molto più freddi e burrascosi. Questa è solo una semplice tempesta."
Dany alzò gli occhi al cielo non smettendo di sorridere. Le sue ciocche argentate ricadevano su Jon come tante minuscole cascate di acqua limpida. "Fa come vuoi, ma se poi ti becchi un raffreddore o una polmonite non dire che non ti avevo avvertito."
"Aegon VI il Testardo" sarebbe potuto essere una nuova aggiunta alla lista degli innumerevoli epiteti regali di Jon. Non suonava affatto male per la testa di legno che aveva sposato. Dimenticando queste sciocchezze, Dany prese a slacciargli i lacci dei calzoni. Poteva sentire la portentosa arma di Jon che premeva contro la stoffa, ansiosa di uscire allo scoperto e di essere usata. E usata di fatto fu, quando anche Jon si ritrovò nudo su morbide coperte, lei legò le sue caviglie alle sue e lo montò sul davanti con la forza dei draghi, gridando di passione ogni qualvolta l'uccello di lui, alzato come una lancia, entrava nella sua carne soffice.
Presto non avrebbero più potuto fare cose del genere, Daenerys lo sapeva. Il suo ventre si sarebbe ingrossato ancora di più, anche se già adesso a cinque lune le appariva enorme, e il massimo che avrebbero potuto fare a letto sarebbe stato dormire dopo essersi scambiati teneri baci. Ma per adesso voleva godere dei piaceri della carne. Cogliendola di sorpresa, fu Jon a prendere il comando. La fece girare e allora toccò a lei ritrovarsi con la schiena contro il materasso. Baciandola ripetutamente in ogni angolo, Jon la penetrò focoso, non prestando neanche attenzione al suo liquido seminale che a volte schizzava via ribelle e andava a sporcare le lenzuola.
Più in basso, i loro piedi stavano lottando gli uni contro gli altri, sfregandosi contro le lenzuola, mentre le loro mani erano impegnate ad accarezzare la pelle altrui, tastandone la morbidezza con i polpastrelli. Dany sorrise deliziata quando le labbra di Jon si posarono sulla sua pancia. Gli occhi grigi del suo sposo rimasero sempre fissi su di lei, due perle scure scintillanti alla luce delle candele.
"La nostra ennesima gioia." Il mormorio di lui fu appena percettibile, ma Dany lo sentì lo stesso.
Da fuori un tuono venne a interrompere l'atmosfera: la tempesta era arrivata e l'aria si era d'improvviso fatta elettrica. Gocce di pioggia cominciarono a tamburellare contro i vetri della loro cabina e a scendere in sentieri trasparenti. Dany sentì le onde abbattersi contro il legno e le voci dei marinai, lassù sul ponte, che cercavano di tenere a bada funi e vele. Ma il temporale non fu l'unico nuovo ospite.
Rhaella e Aemon si palesarono davanti alla porta e, fintanto che Jon e Dany erano impegnati nel loro atto, osservarono i loro genitori in un reverenziale silenzio. Poi Daenerys li notò e lo fece notare anche a Jon.
"Ehm... Jon..."
"Mmh?" Lui la stava ancora baciando sulla spalla, tracciando con la lingua rotte di saliva.
"I bambini ci stanno guardando."
Jon Snow si bloccò di colpo e si girò verso i bambini prima di arrossire fino alla punta delle orecchie. Fulmineo, tirò su di lui e su Dany una coperta di pellicce in modo che i loro piccoli non assistessero allo spettacolo dei loro corpi nudi. Jon si tolse da sopra Daenerys e si sdraiò accanto a lei.
"Le manine servono per bussare tesori miei." Disse con un sorriso scherzoso. Dany non potè fare a meno di trattenere una risata. Pure con i loro figli doveva fare battutine?! Era incorreggibile...
Rhaella, stringendo per mano il fratellino, si arrampicò sul letto dei genitori e indicò fuori allungando un braccino. "Il temporale fa paura..."
Ogni volta che lei o Aemon aprivano bocca Dany sentiva il cuore sciogliersi come se fosse una palla di neve sotto il sole estivo. Le vocine dei suoi figli erano così cariche di innocenza, un'innocenza che ne' lei ne' Jon avevano mai veramente conosciuto. Avrebbe dato qualsiasi cosa per far avere loro un'infanzia serena, lontana da guerre e complotti. Senza mai dover fuggire, come aveva fatto lei dal giorno in cui era venuta al mondo, senza dover essere trattati come uno scarto, come era successo a Jon in quanto bastardo. La loro fanciullezza sarebbe stata soleggiata e verde, così piena di felicità fino a strariparne.
Daenerys accolse Rhaella fra le sue braccia, posizionandola accanto a sè e non sul suo ventre. Jon invece prese vicino Aemon e gli donò un dolce buffetto sotto il mento. Ora ben al calduccio in mezzo ai corpi dei genitori e sotto una bella coperta di pelliccia, i capelli dei principini Targaryen si univano a quelli della loro mamma e del loro papà e ciò che ne usciva era una fusione fra il bianco e il nero, fili di colori opposti che si intrecciavano fra di loro.
"Il temporale non fa così paura amori miei." Dany baciò la testa della figlioletta. "È la ninnananna del cielo."
"Già." Aggiunse Jon. "Il fulmine dice una cosa al tuono e il tuono risponde."
E fu proprio un tuono che squarciò il cielo con un rombo fortissimo. Spaventati, Aemon e Rhaella si strinsero ancora di più ai genitori. "Mamma ho paura... e anche Aem..."
I miei cuccioli di drago. E lei era la Madre dei Draghi, sia letterali che metaforici, non voleva lasciarli nello spavento. "Va tutto bene, la mamma è qui cuccioli miei."
Immaginò che se avesse raccontato loro qualcosa forse si sarebbero calmati. Bene. Aveva già la storia pronta. "Lo sapete come ci siamo incontrati io e il papà?"
Rhaella e Aemon sbucarono dai loro nascondigli, la paura improvvisamente scomparsa dai loro occhi. "No!"
Incrociando lo sguardo di un Jon consenziente al racconto, Dany si sistemò bene sul materasso prima di iniziare a narrare. "Lui era il Re del Nord e venne da me perché aveva bisogno di aiuto contro delle persone molto cattive e... beh lui..."
"Persone?!" Ecco il solito interruttore, perché non la lasciava mai finire una storia? Jon Snow si faceva troppe domande. "Quelli erano tutto meno che persone, non erano più vivi, erano creature di ghiaccio e non-morti!"
"Erano quello che erano mio re." Daenerys sperò che non la interrompesse più, ma con un marito come il suo non si poteva mai stare sicuri. "Ad ogni modo, se il papà mi lascia riprendere il filo del discorso... io ero allora appena arrivata e non mi fidavo molto di lui. Ma poi, dopo che papà ebbe affrontato quelle cose cattive e si fu fatto tanto male..."
Come sentì ciò Aemon si strinse protettivo al petto di Jon, come a non volere che lui si facesse male ancora. Se solo avesse saputo che il suo corpicino non avrebbe potuto fare niente contro il gelo sferzante delle Terre Aldilà della Barriera non avrebbe assunto un aspetto così eroico, ma Dany non trovò il cuore di dirgli la verità. Era ancora così piccolo dopotutto, il suo draghetto di primavera.
"... io mi unii a lui e poi ci innamorammo e avemmo voi."
In verità in mezzo c'era una storia più complicata e più dura, ma l'avrebbe detta loro quando sarebbero cresciuti. Che adesso i suoi principini si godessero la loro innocenza. Andarono avanti per po' fra giochi, altre storie e risate. Per Dany e Jon quei momenti erano preziosi, attimi che entrambi avrebbero voluto restassero fermi nel tempo. Ma il tempo era tiranno, lo sapevano, per questo dovevano approfittare di quelle situazioni e saperle valorizzare. Poi i due piccoli Targaryen caddero addormentati, ma i loro genitori decisero di lasciarli dormire lì per quella notte. Daenerys e Jon parlarono fra di loro a voce bassa.
"Ti ricordi i nostri giorni sulla nave amore mio? Ti ricordi quando bussai alla tua porta, quella sera?"
"Certo che me li ricordo! Sono stati i giorni più belli della mia vita. Io e te soltanto, chiusi nelle camere mie o tue per ore, a fare l'amore o a parlare del più e del meno come se il resto del mondo non contasse."
Era stati giorni lieti, giorni in cui si erano sentiti come due ragazzi normali. Giorni di baci, di svegliate nel tardo mattino e di colazioni a letto. Giorni di infinite chiacchierate, giorni di scoperta sulla storia dell'altro e giorni di giochi. Prima che il mondo crollasse addosso a loro, prima che la tela delle loro vite si disfacesse per poi tornare a ricomporsi.
"Avremmo dovuto rimanere lì Dany." Gli occhi di Jon brillavano ma non per la luce delle candele. "Lì, su quella maledetta nave, chiusi nella nostra stanza. Saremmo stati al sicuro da tutto e da tutti, solo noi due. Noi due e la meravigliosa bambina che generammo nella nostra prima notte insieme."
Dany allungò un braccio e gli accarezzò la guancia. Percepì una calda e solitaria lacrima passare sotto il suo palmo. Oh il suo Jon... "Non potevamo scappare dai nostri doveri e dal nostro destino. Eravamo e siamo monarchi, mio piccolo draghetto di neve, e il dovere viene prima del piacere, per quanto doloroso il dovere possa essere."
Le lacrime si placarono ma un nodo fece su e giù per la gola di Jon Snow per un po'. Dany avrebbe voluto baciarlo per rassicurarlo, ma con due bambini addormentati fra di loro risultava un po' difficile. Si limitò a sorridergli con tutto l'amore possibile e a accarezzargli nuovamente la guancia. "Ora cerca di dormire, è molto tardi. Pensa che domani possiamo rimanere in questa cabina tutto il tempo che vogliamo e anche dopodomani e il giorno dopo e il giorno dopo ancora. Pensa a questo Jon."
Jon annuì e chiuse gli occhi, non prima di averle sussurrato un amorevole: "Ti amo."
Successivamente, fu Daenerys a svegliarsi per prima. Strano, perché di recente la gravidanza la stava rendendo sonnolenta e l'ultima ad alzarsi. Era Jon che la svegliava in cui giorni con teneri baci sulle labbra, sulle guance e sul collo. Fuori la tempesta era finita ed era appena giunta l'alba. Raggi di vivida luce arancione entravano dalle finestre, decorando il pavimento con gruppi di quadratini luminosi. Il resto della sua famiglia dormiva e il lieve russare di Jon rimbombava per la cabina.
Il bambino dentro di lei si fece sentire, affamato e vorace come solo lui sapeva essere, e ciò costrinse Dany ad alzarsi. Il suo piccolino voleva mangiare, ora e non fra due minuti. Dany lo accarezzò per tentare di calmarlo.
Stai calmo, adesso io e te mangeremo. Notò il vassoio con uno spuntino della sera prima ancora presente sulla scrivania poco lontana. Uva, qualche pasticcino ai pistacchi e della limonata avrebbero sfamato lei e il suo piccino a sufficienza. Tentando di non svegliare nessuno, Dany si alzò dal letto e si diresse verso il tavolo. L'improvviso abbandono del calore delle coperte e dei corpi dei suoi cari fece fiorire pelle d'oca sulle sue braccia.
Una volta arrivata gustò con piacere il cibo, cercando di masticare senza far rumore, e il suo occhio cadde su qualcosa che le tazze e le ciotole avevano coperto. Una mappa di pelle di pecora raffigurante il Continente Occidentale e quello Orientale sfoggiava mari di un blu vivo e terre verdi solcate da vene azzurrognole e marroncine. Tante isolette sostavano vicino alla penisola di Valyria, l'antica dimora dei suoi antenati. Molte volte Daenerys aveva immaginato Valyria nei suoi giorni di gloria, quando centinaia di draghi solcavano il suo cielo e la magia governava nel mondo, ma ora, lo sapeva, di tutto quello splendore rimanevano solo rovine invinvibili dove solo pochi coraggiosi osavano avventurarsi. I Targaryen erano gli unici di sangue puro ad essere scampati al Disastro.
"Che cosa stai vedendo?" La voce calda e ancora impastata dal sonno di Jon Snow la fece quasi sobbalzare. Si girò e incrociò lo sguardo con un assonato Jon dai capelli aggrovigliati e intento a sfregarsi un occhio. E soprattutto nudo, con la sua virilità ben in mostra. Ma adesso sembrava più interessato a sbadigliare piuttosto che alle sue grazie.
"La nostra casa." Rispose Dany ritornando ad osservare la mappa. Le sue dita solcarono i bordi d'inchiostro della Penisola di Valyria.
Jon non capì. "La Fortezza Rossa?"
Dany accolse le sue braccia calde attorno al suo corpo e la testa ancora mezza addormentata di Jon sulla sua spalla. Doveva averla sentita alzarsi dal letto o una dei bambini doveva avere scalciato del sonno, perché lui non era uno dal sonno leggero, il suo re dormiglione... "No, la casa dalla quale siamo venuti: Valyria."
"Valyria..." Jon mormorò quel nome con il mantello del mondo dei sogni già steso sopra di lui. "Dicono che dopo il Disastro sia il posto meno abitabile del mondo. Fumi maligni si alzano dalle sue acque e pochi da essa vi fanno..." Sbadigliò. "... ritorno..."
Dany fece navigare la sua mano nei riccioli del suo amato. "Già, eppure un tempo era la più bella città del mondo, con strade all'avanguardia e ricchezza da ogni dove."
"E tu vorresti riportarla in auge con il nostro regno, non è vero?" Ormai la conosceva troppo bene. "Adesso preoccupiamoci di dare a Westeros giustizia e giuste leggi, poi penseremo a Essos."
Aveva ragione e il bacio sulla guancia che seguì lo confermò nella mente di Daenerys. Lei staccò gli occhi dalla mappa e osservò il suo re sull'orlo dell'addormentarsi in piedi. Gli sorrise. "Hai ragione, cominciamo a pensare al nostro stato. Ma adesso che ne dici se torniamo a nanna? È ancora presto."
E lo fecero mano nella mano come sempre.
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