Stendardi al vento

"Vostra Grazia?"

Una voce si fece strada fra il nero prato del sonno di Daenerys, falciando i tenebrosi steli dei sogni e estirpandoli fino alle radici. Ma non era solo una voce che stava facendo irruzione ma anche una mano. Una mano morbida che la scuoteva insistentemente.

Le iridi violette di Dany si schiusero ma nei primi attimi la vista le risultò sfocata. Nel frattempo che il mondo attorno a lei ritornava alle forme familiari si rese conto di essere adagiata nuda sul torace di Jon. I suoi respiri ritmici la calmavano e il calore della sua pelle la riscaldava molto di più del fuoco del camino. La sua mano era posata sulla sua schiena e le dita ruvide si diramavano da quella mano come fronde di un albero dal tronco. Alzando il capo Dany poteva incontrare il viso addormentato del suo Jon Snow. Le diafane palpebre celavano le pietre grigie che Dany tanto amava e non sembravano intenzionate ad aprirsi. L'ombra di un sorriso spingeva le sue labbra verso l'alto. Dany rimise al suo posto un ricciolo indisciplinato che aveva continuato a ciondolare sulla fronte. Tornò a riposare sul bianco e vivo cuscino e i suoi occhi incontrarono la nascente e sottile luce dell'alba. Uno squarcio sfolgorante si stava lentamente facendo strada nel cielo blu cobalto e come un portavoce esso annunciava l'arrivo del nuovo giorno. 

Il giorno del torneo. Si ricordò Dany. Le celebrazioni non si erano fermate al giorno prima ma sarebbero continuate con altri quattro giorni di torneo, torneo che sarebbe incominciato poco prima di mezzogiorno. Dany era felice di quella decisione: la maggior parte della mattinata sarebbe scorsa tranquilla.

La voce che aveva invaso i suoi sogni tornò e con essa tornò anche la mano a scuoterla: "Vostra Grazia..."

Dany girò la testa e si ritrovò con un'ancella che incombeva su di lei e Jon. Era una ragazza dalla vita sottile e con due pozze di cielo per occhi. "Chiedo perdono Vostra Grazia, ma mi avete ordinato di svegliarvi quando Lady Sansa sarebbe scesa per partire."

D'improvviso Dany si ricordò e si alzò di scatto dal letto. Quando i suoi piedi si posarono sul pavimento la delicata coperta di lino scivolò via e la sua nudità fu esposta, pallida e palpitante. La pelle d'oca le fiorì su tutto il corpo quando il caldo mondo del letto fu abbandonato. L'ancella le porse subito la vestaglia.

"Ti ringrazio Lucy, ma adesso aiutami a indossare qualcosa di più consono all'incontro."

Rapidamente si vestì con abito bianco decorato alla vita da una cintura di cerchi d'oro e i capelli furono frettolosamente raccolti in una treccia. Intendeva fare in fretta e riuscire a beccare Sansa prima che partisse per tornare a Grande Inverno. Dany si ritenne pronta e si stava dirigendo verso la porta quando improvvisamente Jon si accorse di un averla più fra le sue braccia. A metà strada fra il mondo dei sogni e quello reale agitò la testa sul cuscino borbottando il suo nome: "Mmh... Dany..."

Dany gli si avvicinò e sorridendo lo baciò sulle labbra, riportandolo così nel nero regno del sonno. "Dormi amore mio. È ancora presto e questa cosa la devo fare da sola. Dormi da bravo."

Lo controllò ancora una volta prima di uscire.




La cappa del sonno non era ancora stata tolta per gli alti ospiti della Fortezza Rossa, ma per i membri della servitù sì. Camerieri, sguatteri, servitori e guardie erano i fantasmi che infestavano il Castello e che si muovevano qua e là cercando di fare il minimo rumore possibile. A Dany la Fortezza Rossa in quel momento ricordava un alveare, brulicante di vita con i servi che ronzavano qua e là come tante api.

Al suo passaggio si inchinarono e la salutarono con flebili: "Vostra Grazia." Di rimando Dany sorrideva loro e riprendeva subito il suo cammino verso il cortile interno. Insieme a Lucy scese una scalinata per poi passare sotto un ponte coperto. Da lì scesero lungo una scala a chiocciola dove la luce pulsante delle fiaccole batteva contro i muri di pietra e, infine, si ritrovarono all'aria aperta. La bruma mattutina aleggiava su ogni cosa come della finissima seta bigia e la rugiada decorava i prati e le piante. Sembrava quasi che il firmamento scomparso nel cielo fosse andato a rifugiarsi sulla terra e la fievole luce dell'aurora accendeva quelle stelle terrene.

Sansa Stark stava salendo proprio in quel momento sulla sua carrozza con l'aiuto di un paggio avente il metalupo degli Stark ricamato sulla tunica grigia. Il suo lungo mantello argentato ricadeva sugli scalini di legno come una cascata d'acqua pura. Dany la chiamò prima che scomparisse nella scatola di legno e drappi.

"Sansa aspetta!"

Richiamata, l'ex-Regina del Nord si girò e i suoi occhi blu non espressero nulla quando incrociarono quelli viola della corrente Regina di Westeros. Tuttavia le sue labbra si aprirono in un bianco sorriso. "Daenerys? Cosa ci fai qui a quest'ora?"

Dany le si avvicinò. "Perché stai partendo ora? I festeggiamenti continueranno per altri quattro giorni."

"Io..." Le dita di Sansa fremettero nervosamente e il suo sguardo divagò per il cortile come un uccellino azzurro. Dany capì il perché.

"Tu sei ancora pentita vero? Soprattutto per Jon."

"Una Lady non rivela i suoi sentimenti." Rispose freddamente l'altra.

A Dany questo non importava. "Sansa ti prego, so che c'è qualcosa che ti turba e voglio aiutarti, veramente... ti prego..."

Quelle suppliche fatte ad ametiste spalancate sembrarono sciogliere il volto di ghiaccio della signora del Nord.

Sansa congedò per un attimo il paggio. Strinse i pugni e abbassò lo sguardo"Sì lo sono, cosa credi? Ogni volta che lo guardo, ogni volta che vi guardo, ripenso a quanto sono stata crudele. Negli ultimi anni sono passata attraverso rovi appuntiti e una volta che me ne sono liberata cosa ho fatto? Ho aiutato altri a uscire da quegli stessi rovi? No, ho disseminato di spine il cammino di altri perché la rabbia verso ciò che avevo subito non poteva rimanere celata. Pensavo che il gioco del trono mi avesse infuso abbastanza conoscenza per affrontare il mondo, perché il mondo non è come quello delle ballate mi dicevo, quello era tutta una bugia, il mondo reale è duro, aspro e crudele e non fa sconti a nessuno. Così come l'amore..."

 I suoi occhi si erano improvvisamente fatti lucidi. Sansa stava gettando fuori tutto ad un fiato la sua vita. "L'amore con me è sempre stato tiranno con me. Scambiai la vita di mio padre con l'amore per Joffrey, amore che poi si rivelò soltanto una fantasia di una stupida bambina e si trasformò in un incubo. Se non fosse stato per me probabilmente Eddard Stark sarebbe ancora vivo e il casino di questi anni non sarebbe mai accaduto. Poi quel dio crudele fece palpitare il mio cuore per Theon Greyjoy per strapparlo da questa terra subito dopo e infine..." Deglutì. 

"Infine volevo solo che i miei fratelli stessero al sicuro, che il mio branco stesse al sicuro, ma ci siamo ritrovati tutti come lupi solitari ai quattro angoli del mondo, soprattutto Jon. Io... io non avrei mai immaginato che soffrisse così tanto... pensavo che su al Nord si sarebbe ripreso, era il suo ambiente quello ed era in compagnia di amici, invece ha solo aumentato il suo dolore. Tu e lui non potete e non dovete restare separati e neanche allora dovevate farlo. Quando arrivasti a Grande Inverno ti inquadrai da subito come una rivale perché lì la signora ero io e tu, un membro di quella stessa dinastia che aveva ucciso mio nonno e mio zio, venivi lì come regina a sorpassarmi..."

Sospirò. "Mi sono forgiata un armatura di ferro per difendere questo mio corpo e il mio mondo per poi ritrovarmela pesantissima sul cuore."

Alla fine di tutto quel discorso non erano solo i suoi occhi a luccicare, ma anche quelli di Daenerys. Lei prese le mani della Stark e la guardò profondamente. "Anche io ho commesso degli errori, terribili errori di cui mi pentirò per il resto dei miei giorni, e anche Jon l'ha fatto. Tutti l'abbiamo fatto, ma dopodiché ho capito che non sarebbe servito a nulla riversare la mia rabbia e il mio dolore su un mondo che di rabbia e di dolore ne ha già in abbondanza."

Sansa rispose alla stretta. "Pensavo che tu a Jon avresti portato solo un cuore spezzato e invece glielo hai risanato. Io ho fatto il contrario, pensi che riuscirà mai a perdonarmi veramente? Anche dopo che ho cercato di portargli via tutto ciò che ha di più caro come te e vostra figlia? Quando due lupi continuano a ringhiarsi l'un l'altro l'arrivo alle zanne è inevitabile e io non voglio arrivare alle zanne con lui."

In quel momento, nella fredda aria del mattino, Sansa Stark le sembrò assetata di perdono con non mai. 

Le sorrise per rassicurarla. "Certo che lo farà, dagli solo tempo. Io invece tempo non ho e rinnovo il mio perdono a te Sansa. È valso per me ed varrà anche per te, perché sarà anche difficile da dare, ma una volta dato porta una pace surreale nei cuori e tutto sembra più luminoso."

Dany sospirò. "Ricominciamo veramente daccapo, d'accordo? Lasciamo andare il passato e guardiamo al futuro. Cerchiamo di essere amiche, se possibile."

Finalmente, un sorriso sincero e gioioso comparve sul viso di porcellana di Sansa Stark, Lady di Grande Inverno e Protettrice del Nord. "Di più che amiche, sorelle."

"Va bene, sorelle."




E così Sansa decise di rimanere fino alla conclusione dei festeggiamenti, presenziando quindi anche al torneo di quella mattina.

Le bandiere sopra le tende dei partecipanti garrivano al vento con i loro colori scintillanti. La brezza investiva cervi, leoni, lupi, piovre, soli e molti altri. Anche il drago a tre teste dei Targaryen, solo che nella tenda che esso vegliava non si stava preparando nessun cavaliere. Anzi, il Re avrebbe tanto desiderato essere quel cavaliere ma la Regina glielo stava impedendo.

"Ma Dany ormai sono guarito!" Jon Snow si abbandonò sulla sedia, stufo di quella discussione. "Perché non posso partecipare?!"

Dany sospirò e abbassandosi si portò all'altezza del viso di Jon. "I Maestri hanno detto che non sei ancora pronto per qualcosa come un torneo. I tuoi polmoni devono ristabilirsi al meglio e poi allenarsi nel cortile per un ora al giorno contro una guardia è una cosa, combattere per giorni contro cavalieri esperti è un altra."

Jon sbuffò e incrociò le braccia contro il petto. La spilla con la testa di drago argentata e laccata di nero brillò a un raggio di sole che fece capolino da un drappo. Quella spilla fermava la cappa grigio fumo che gli ricadeva morbida sulle spalle, celando la parte retrostante del farsetto argento. I pantaloni erano anch'essi di color grigio scuro e gli stivali neri. Sulla testa portava una copia della corona di Re Jaehaerys I Targaryen, il Vecchio Re, solo che questa non era dorata, ma realizzata in ferro. Le gemme di vario colore posizionate intorno al cerchio invece erano identiche a quelle della corona perduta.

Dany invece aveva deciso di un portare nessuna corona quel giorno. I suoi capelli erano raccolti in una crocchia nella parte inferiore del capo e una banda dorata decorata con brillanti ametiste teneva ferma la pettinatura. Altre ametiste di perfetta forma ovale le cingevano il collo nella delicata carezza di un giracollo. Un abito bianco senza spalle era ciò che indossava e la sua svolazzante gonna ricordava a Dany una nuvola. Ma la parte che più le faceva pensare a una nuvola erano le lunghe maniche a sbuffo. Percorse da tanti piccoli tagli esse lasciavano intravedere il violaceo tessuto sottostante che andava ad abbinarsi ai gioielli di ametista. Dany quel giorno era una magnifica creatura bianca e viola.

"Cerca di capirmi..." Disse lei a lui allungando una mano verso la sua guancia. "Te lo dico per il tuo bene Jon."

Jon si godette per un attimo la carezza, poi afferrò l'altra sua mano libera e vi impresse un tenero bacio sul palmo. "Lo so, tu pensi sempre al bene degli altri ed è questo che mi fa impazzire di te. Perciò ti ubbedirò, anche se ti avverto: sarà difficile farmi stare fermo su quella sedia mentre il torneo si svolge."

Si sorrisero l'un l'altra, dopodiché Dany si alzò e Jon la imitò, offrendole il braccio. "Vogliamo andare mia regina? Non vogliamo far aspettare il nostro popolo giusto?"

Daenerys rise, lui riusciva sempre a farla ridere. "Giusto mio re."

Insieme si avviarono verso gli spalti.




La pedana reale era rialzata e agghindata da teli rossi e neri. Lo stemma Targaryen faceva bella mostra sul balcone, sorpassando in grandezza quelli di tutte le altre Casate Maggiori. Jon e Dany presero posto sui loro scranni una volta che l'araldo ebbe annunciato i loro nomi. Il loro arrivo decretò l'inizio del torneo e lunghe trombe dalle quali pendevano tanti draghi tricefali si alzarono al cielo squillando, annunciando l'arrivo dei cavalieri.

I primi due sfidanti si fronteggiarono sul campo. I loro cavalli scalpitavano e i loro scudieri fornirono loro le lunghe lance che avrebbero decretato la loro vittoria o la loro sconfitta. Uno era un rampollo di Casa Dalt di Bosco dei Limoni, una Casata alfiera dei Martell e la gualdrappa viola profondo del suo cavallo era decorata con limoni dorati e raffinati intrecci verdi che richiamavano i viticci della pianta. Il suo contendente era invece un vassallo di Casa Florent dell'Altopiano e la volpe circondata da una corona di fiori che emergeva dall'acciaio della sua placca frontale richiamava alla sua fedeltà.

I due partirono al galoppo mentre nuvole di polvere si alzavano dal terreno sollevate dagli zoccoli dei destrieri. Le loro lance erano puntate. Il dorniano fece finire l'avversario nella polvere, colpendolo con la sua lancia e facendolo capitombolare oltre il muretto di legno che divideva l'arena. 

Subito applausi scroscianti sommersero il vincitore, mentre il suo scudiero prendeva per le briglie il suo cavallo e lo portava verso una bella strigliata in attesa del prossimo giro.

A quella prima sfida ne seguirono altre: un esperto cavaliere delle Terre della Tempesta battè un baldo giovane di Stelle al Tramonto in un battito di ciglia, un figlio cadetto di Casa Rosby si scontrò con un nordico e la sua armatura di bronzo luccicante ne uscì impolverata e ammaccata. Quando un cavaliere dell'Incollatura caddè per mano di un forte e canuto lord dell'Altopiano, di Casa Flowers se Dany in seguito non ricordò male, un sonoro "crack!" risuonò nell'arena e tutti temettero che si fosse rotto qualche osso quando in verità era soltanto il suono delle scintillanti corna dorate del suo elmo che si spezzavano.

In tutto questo Jon osservava rapito. I suoi occhi seguivano attenti ogni singola mossa e come frecce di selce si muovevano guizzanti al galoppare dei destrieri. Ad ogni vittoria saltava dalla sedia con la bocca spalancata per lo stupore ed esclamava: "Wow!" oppure "Hai visto Dany?! Hai visto?!" 

Lei sorrideva a queste sue reazioni. Sapeva che il fragore ammagliatore delle spade e della battaglia tentava perennemente Jon dall'alzarsi dalla sedia e scendere a combattere, ma doveva pensare alla sua salute e seguire i saggi consigli dei Maestri.

Verso metà del pomeriggio, quando il sole era già alto nel cielo e la sua luce scendeva a cuocere i crani di molti, successe una cosa inaspettata. 

I due sfidanti in questione era uno sconosciuto cavaliere della Valle e un aitante giovanotto di una famiglia che aveva giurato fedeltà a Capo Tempesta. La solitaria piuma blu che svettava sull'elmo argentato del primo ondeggiava al vento e al trottare, mentre la nuvola temporalesca ricamata sul mantello viola del secondo sventolava nell'aria polverosa. Furono portate loro le lance e le visiere furono abbassate con tonfi secchi. Il via fu dato e i due cominciarono a correre uno verso l'altro, granelli su granelli formavano effimere montagne di polvere man mano che gli zoccoli dei cavalli si posavano sul terreno.

"Io scommetto sulla Saetta!" Esclamò Tyrion a Ser Davos poco sotto la pedana reale. "Cento dragoni d'oro che vince lui!"

"E se invece vincesse questo aquilotto della Valle che mai ha volato nei cieli a noi familiari?" Rispose Davos. "E comunque cosa te ne faresti tu, un Lannister, di cento pezzi d'oro quando sotto Castello Granito ne hai un intero giacimento?"

"Oh Cavaliere delle Cipolle..." Tyrion sogghignò divertito. "Così mi rovini l'ebrezza della scommessa..."

E poi accadde, fulmineo e inatteso. La lancia striata di blu del cavaliere della Valle si fece strada sotto la gorgiera dell'avversario, entrando in quel pezzo libero che intercorreva fra la gorgiera e il pettorale. Oltrepassò la cotta di maglia e penetrò nella carne, distruggendo tessuti e ossa e sbucando dal lato opposto con uno schizzo enorme di sangue. 

Dagli spalti salirono mormorii stupiti e spaventati e Dany e Jon si diedero l'un l'altra un'occhiata stupita e a bocca aperta prima di ritornare a guardare la scena. Il cavaliere cadde da cavallo con ancora la lancia conficcata nel petto. Dalla nube del suo mantello ora pioveva sangue e un lago del liquido rosso si stava rapidamente formando sotto di lui. Gemette un poco, agitando le mani in brevi solchi sul suolo, prima che la vita abbandonasse definitivamente il suo corpo, lasciandolo con gli occhi celesti sbarrati verso il cielo.

Jon si alzò e indicò il cadavere. "Portatelo subito via e dite alla Sorelle del Silenzio di ripulire il suo corpo con cura prima di rimandarlo alla famiglia. È morto facendo il suo dovere e questo gli fa onore."

Il torneo riprese poco dopo, la macchia di sangue fu velocemente tolta gettandoci sopra della polvere e Tyrion fu costretto a sborsare a Ser Davos la somma scommessa mentre quest'ultimo ridacchiava per la vittoria.

A Dany dispiaceva per quel caduto. Si chiese se avesse avuto una famiglia, da qualche parte nelle Terre della Tempesta. Magari aveva una moglie che lo aspettava a casa insieme ai figli o forse una fanciulla alla quale aveva ceduto il cuore e che aspettava ardentemente il suo ritorno. O forse non aveva nessuno ed era solo al mondo. In ogni caso, un dono della Regina avrebbe accompagnato quel giovane nell'ultimo viaggio verso casa.

Dopo altri innumerevoli scontri di cui i più emozionanti furono il Lord di Casa Mallister contro uno sconosciuto delle Terre Basse di Dorne e prode vassallo di Casa Glover che disarcionò un signorotto delle Terre della Corona, il vincitore si rivelò essere proprio il cavaliere di Casa Dalt che aveva vinto la prima sfida.

E al momento di eleggere la Regina di Amore e Bellezza di quella giornata, il cavaliere si diresse verso Dany e con la punta della lancia le depose una corona di profumatissime rose bianche in grembo. Lei sorrise e un brivido eccitato le percorse la spina dorsale mentre benedizioni al suo nome uscivano dalle bocche degli spettatori. Nessuno le aveva mai dedicato una vittoria in un torneo, forse perché la cultura dei tornei nel Continente Orientale non era così radicata.

Ringraziò il vincitore con uno smagliante sorriso e prese fra le mani la corona per ammirarla meglio. Soffici petali bianchi si scontrarono con i suoi polpastrelli e nello stesso momento un sussurro carico d'amore le arrivò all'orecchio.

"Ogni volta che parteciperò in futuro ti incoronerò mia sola e assoluta regina."

Alzò lo sguardo e incrociò quello caldo di Jon Snow. I fumi grigi dei suoi occhi le inebriavano i sensi e il suo sorriso la fece sciogliere. 

"Ha fatto la giusta scelta quel cavaliere, ma adesso potrei avere l'onore di incoronarti?"

Dany gli porse la corona. "Certamente mio re."

E così Jon posò quel cerchio di candide rose sui suoi altrettanto candidi capelli, per poi sigillare quel momento con un improvviso e passionale bacio. Nel segreto del suo cuore, Daenerys dedicò quella vittoria allo sconosciuto cavaliere caduto che aveva avuto il suo breve momento di gloria ma di cui il mondo avrebbe presto dimenticato il nome.




Quella sera, dopo il banchetto, si ritrovarono da soli nei giardini. Le lanterne di carta colorata disposte sui rami degli alberi, suoi muretti e suoi bordi delle fontane conferivano un'atmosfera magica e la morente cacofonia del banchetto risuonava ancora nell'aria, mentre la sua luce si irradiava dalle finestre. Passeggiarono mano nella mano e si fermarono a una fontana dalla forma circolare. Le ninfee e i loro cuori navigavano sulle sue acque placide mentre la luce della luna piena vi si rifletteva dipingendole di bianco. Si sedettero sul bordo senza sciogliere il loro intreccio di dita.

"Ho ancora nella mente l'immagine di quel cavaliere." Confessò Dany. "Chissà chi era, qual'era il suo nome..."

"Ser Ronald Wistle." Rispose prontamente Jon. Con un dito le tirò una ciocca argentata dietro l'orecchio. "Un figlio cadetto di una piccola Casata minore, quasi senza importanza nella fila dei Lord della Tempesta. Un giovane coraggioso, mi hanno detto, appena sposato e padre di un figlio legittimo e di uno illegittimo."

Il padre di un bastardo. Pensò Dany. Il padre di uno Storm, come chiamano i bastardi nati nelle Terre della Tempesta. Gli occhi di Jon si erano abbassati per un secondo quando aveva pronunciato la parola "illegittimo". Sapeva che i bastardi gli stavano particolarmente a cuore dopo aver passato tutta la vita come uno. Sapeva anche che, conoscendolo, il piccolo Storm avrebbe ricevuto un dono di condoglianza pregiato al pari di quello del suo fratellastro di sangue puro.

La mano guantata di Jon le afferrò teneramente il mento e i suoi occhi grigi incrociarono i suoi violetti. Nell'oscurità interrotta dalle lanterne, il grigio assumeva una sfumatura di ossidiana. E quelle punte di ossidiana penetrarono con dolcezza nel cuore di Dany.

"Andrà tutto bene per la sua famiglia amore mio, stai tranquilla." 

La baciò sulla fronte e quel bacio scacciò tutta l'ansia di Daenerys.

"Oggi ho parlato con Sansa." Gli disse. "Lei è pentita Jon e vuole ritrovare il vecchio rapporto che aveva con te. È passato molto tempo ormai, puoi ricominciare con lei?"

Jon sembrò pensarci un attimo, poi, lentamente annuì. "Rivoglio mia sorella e il suo calore. Ma se qualcuno oserà toccare ancora la nostra famiglia ti assicuro che sono addirittura disposto a montare su Rhaegal e bruciarlo vivo se proverà anche solo a torcere un capello a te o ai bambini."

Era serio e il suo tono di voce lo confermava. Dany si strinse a lui e posò il mento sulla sua spalla. La morbidissima stoffa grigia della cappa la accolse e una mano di Jon cominciò a fare su e giù per la sua schiena. "Per un po' basta tornei e feste, abbiamo riempito le casse dello stato fino a farle straripare e la gente è contenta. Mi bastano le nostre gite settimanali in città."

"Già..." Sentì Jon sbuffare per finta. "E poi con tutto questo frastuono fanno venire solo un gran mal di testa."

Sorridendo, Dany ritornò dinanzi a lui e gli scoccò un bacio nel bel mezzo della fronte. "Così va meglio mio re?"

"Mmh... mi martella ancora un po' mia regina..." 

E così un altro bacio atterrò sulla fronte di Aegon VI Targaryen, il primo di una lingua fila alla quale poi Sua Grazia non resistette e si vide costretto a ricadere con la schiena contro il bordo di pietra della fontana. Le mani della Regina giunsero a incorniciargli il volto e anche lei si depose sul corpo del suo amato sposo. Dany sentì le mani di Jon serrarle la schiena.

"Sai Dany, ho una mezza idea di vendere la sella di quella bestia che ci hanno regalato a qualche casa per i poveri. Noi che ce ne facciamo?"

Il suo sorriso era così bello alla luce della luna... "Si chiama cammello te lo ripeto per l'ennesima volta senza che mi riporti alla mente la faccia stupita che hai fatto quando hai visto quel benedetto animale entrare nella Sala del Trono ieri."

"Non pensavo che esistesse una creatura con delle colline sul dorso! Non ne avevo mai sentito parlare!" 

"Beh, ora ne conosci l'esistenza visto che abiterà in un recinto proprio in questi giardini. E per rispondere alla tua affermazione sappi che ti do ragione. Quando mai useremmo una sella così ingioiellata?"

I loro visi erano così vicini da sfiorarsi e Jon sorrise ancora. "Nei miei sogni la mia regina vola in cieli laccati d'oro su un drago dalle squame di rubino."

Dany gli massaggiò gli zigomi con i pollici. "Nei sogni che ora ti devi preparare a visitare. Domani il torneo continua."

Lo aiutò ad alzarsi e come mano nella mano erano venuti così mano nella mano se ne andarono, congedandosi dagli ultimi ospiti e ritirandosi nei loro appartamenti per la notte. Il giorno seguente sarebbe arrivato presto in un tripudio di azzurro e di luce.











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