Stalattiti appuntite
Fulminea, Daenerys aveva trasportato Jon a letto, l'aveva spogliato e rivestito con dei comodi abiti notturni e aveva dato ordine che Maestro Wolkam, l'erudito della Cittadella che prestava servizio presso Grande Inverno dopo la riconquista di quest'ultima da parte degli Stark, fosse immediatamente portato al suo cospetto. Quando Wolkam arrivò, Jon era già partito da tempo per le lande surreali della febbre e il sangue non aveva esitato ad affacciarsi sulle sue labbra. Insieme a lui giunsero Samwell ed Ebrose e in seguito Dany ringraziò gli Dei di ciò: fu per merito loro che Wolkam venne subito a conoscenza della vera natura dell'infermità di Jon.
Ebbe così inizio quel rituale che Dany avrebbe saputo ripetere lei stessa a memoria. Nella stanza affluirono ampolle, medicine, pezze, bacinelle, bende e strumenti medici dalle forme più bizzarre. Intorno al capezzale di Jon turbinarono fin da subito voci, pareri su questo o su quel trattamento, mani smaniose di toccarlo o di esaminare qualche goccia del suo sangue. Pur essendo soltanto tre le catene che tintinnavano ai colli dei guaritori lì presenti, a Daenerys pareva che la stanza fosse affollata. Chiese garbatamente di abbassare almeno il tono di voce per non disturbare Jon.
Non era certa che stesse riposando. Sebbene il suo amato avesse gli occhi chiusi e fosse tenuto al caldo da un'imponente coperta di pelliccia, tremava come fosse immerso nel più gelido dei laghetti del Nord. Jon errava sul sentiero della febbre sudando e mormorando in un modo così flebile che Dany era costretta ad avvicinare l'orecchio alle sue labbra per udire meglio. Parlava della Barriera, dei confratelli in nero e dei bruti, domandava il nome della madre e quello di Dany. Lei non riusciva a concepire come, fino a pochi istanti prima, lui fosse stato seduto accanto a lei sul desco, intento a spassarsela, a bere e trangugiare carne di cinghiale come se tutto stesse andando bene. Non aveva voluto farla preoccupare, ecco il motivo. Desiderava che lei si divertisse, che si sentisse nuovamente a casa fra le mura di Grande Inverno.
"Oh Jon..." Una solitaria lacrime colò lungo le guance di Dany quando quel pensiero balenò nella sua mente, dando luce a ghirigori di sale. Perché doveva sempre anteporre il benessere altrui al proprio? Gli tamponò la fronte madida di sudore con una pezza imbevuta di acqua ghiacciata. "Sei incorreggibile."
Doveva ricercare la gioia anche in una situazione disperata come questa. L'ultima volta si era lasciata cullare dall'ansia e dal timore di perderlo, ma non sarebbe successo ancora. Daenerys sapeva di dover mantenere la calma, altrimenti la situazione sarebbe precipitata. Accarezzò il capo di Jon con intrinseca dolcezza, lasciando che i riccioli di lui si avvolgessero intorno alle sue dita come serpi dalle squame corvine. Il fiume di sudore di lui aumentò la sua impetuosità, coprendo la sua pelle di una lucida ed umida patina.
"L-La mia... Guardia h-h-a..." Il passato tornava con la febbre, arrogante e doloroso. "Io s-sono la spa- la spada nelle t-tenebre... so-sono..."
"Ssh..."
Un'altra pezza e un colpo di tosse. Il bronzo della bacinella divenne scarlatto. Dany gli massaggiò il petto, tracciando cerchi invisibili sul soffice tessuto della maglia. Dalla sua gola sgorgò una ninnananna in Alto Valyriano, la stessa ninnananna che quasi tutte le sere accompagna i suoi bambini a fare la nanna. Le parole danzarono con le note, sublimi, fresche e pacifiche, trasudanti l'oriente in ogni sillaba. Narrava di due draghi innamorati e di una principessa dagli occhi d'ametista che dimorava in una torre d'avorio.
"Sagon gīda sir byka mēre, aōha muña iksis kesīr..." Calmati ora piccolino, la tua mamma è qui.
E lo era veramente, nei gesti e nella mente di Dany e nelle mura di Grande Inverno. Lyanna Stark riposava nella cripta buia a pochi passi da loro, il viso scolpito come se stesse perennemente pensando a quel suo caro ed unico figlio. Dany voleva che Jon pensasse di essere nelle sue braccia, cullato da lei e dalla sua fragranza di rose blu. Lo baciò sulla fronte, costatando la diminuzione dei richiami. Pareva essersi calmato, almeno momentaneamente.
Rimettendosi a sedere, Dany si rese improvvisamente conto di come le ore notturne fossero scivolate vie una dopo l'altra, perle di una collana. L'orlo dell'alba era stato cucito sui monti aldilà della finestra, scintillante arancione che spiccava sulla neve. Felice che finalmente Jon stesse bussando alla porta del sonno, Dany non lasciò che alcuna emozione negativa la soggiogasse quando Sansa Stark si stagliò sulla soglia della stanza. Per fortuna Arya sostava alle sue spalle. A passi lenti, le due donne si avvicinarono al letto del loro malato parente.
Dany si frappose subito fra Sansa e Jon, parandosi dinanzi alla Lady di Grande Inverno. "Si è appena addormentato. Ha bisogno di riposo, vi prego, tornate più tardi."
Arya dovette comprendere subito che l'intimazione era rivolta unicamente a Sansa, perché si sedette sul letto e scrutò con uno sguardo carico di tensione. "Io e Gendry stavamo per ritirarci nei nostri alloggi quando ci è giunta la notizia che Jon si sentiva poco bene. Sono corsa qui immediatamente."
E hai fatto bene. Sansa rimaneva imperscrutabile, una statua di granito. "Lui rimane comunque un membro della mia famiglia ed è mio diritto rimanere al suo fianco nel momento del bisogno."
"Dovevi dimostrare un tale affetto verso Jon quando lui aveva veramente bisogno di te. Ma ahimè non è stato così, non è vero? La corona del Nord era assai più importante di tuo cugino e della sua salute. Se solo l'avresti aiutato allora ora lui non giacerebbe in questo letto spuntando sangue e con la febbre a mille!"
"Lady Catelyn?"
La discussione trovò una brusca interruzione nella voce di Jon. Dany e Sansa si voltarono e si trovarono sbigottite difronte a un Jon Snow improvvisamente sveglio, per quanto una persona febbricitante potesse definirsi sveglia, con gli occhi spalancati, le pupille dilatate e lucide e la bocca spalancata. Osservava Sansa intimorito, simile a un bimbo che era stato appena beccato nel bel mezzo di una marachella. Non si accorse di Arya o di Daenerys.
"Lady Catelyn... l-lo giuro... non... n-non ho f-f-fatto cadere io... R-Robb ne-nella neve..." La tosse sopraggiunse con le sue angherie insanguinate e Dany e la bacinella si aggiunsero a lei. Sansa e Arya stettero in silenzio mentre le labbra di Jon si colorarono di rubino e la sua voce si tramutava in uno sgradevole raschiare. "... l-lo g-giuro... è stato Theon con Sansa... è s-s-stato un lo-loro scherzo..."
"Di cosa sta parlando?" Dany si rivolse a una dei protagonisti della storia in questione. "Cosa architettaste tu e Theon Greyjoy?"
Sansa sorrise maliziosa ripensando all'avvenimento. "Nostro padre aveva dovuto allontanarsi per qualche giorno per rendere visita a un suo vassallo e non si era portato Robb dietro come faceva sempre. Così in quei giorni mio fratello divenne scontroso con tutti, soprattutto con me e osò addirittura rovinare il mio nuovo e delicato abitino color panna. Siccome trovavo molte volte un alleato fedele in Theon, decisi di vendicarmi. Lo invitai a discutere sul ponte coperto e lui si portò come al solito Jon al seguito. Erano inseparabili, lui e Jon, eterni amici ed eterni rivali. La sera prima aveva nevicato e cumuli di neve erano stati ammucchiati nel cortile. Scelsi l'angolo adatto per la discussione: la bifora centrale. Arrivato Robb, lo spinsi e lo feci cadere sul quel bianco materasso, rovinando così il suo apparire. Corsi subito a riferire l'accaduto a mia madre, che naturalmente credette alla mia versione secondo cui era stato Jon a far volare Robb giù dalla finestra. Risultato: Robb dovette stare a letto con un bel raffreddore per almeno sette giorni e Jon si subì una bacchettata sulle mani da parte di mia madre, approfittante dell'assenza di mio padre."
Dany dovette stringere i pugni per impedire alla sua rabbia di materializzarsi. Sansa amava accanirsi sugli altri già dall'infanzia e già dall'infanzia Jon era stato la sua vittima preferita. Decise di focalizzarsi su di lui, accarezzandogli la fronte e tentando di farlo tornare sotto le coperte. "Lady Catelyn non è qui amore mio e tutto va bene. Torna a dormire, ne hai tanto bisogno..."
"Mi... m-mi sento ta-tanto... stanco..."
"Lo so. Ora chiudi gli occhi e sta tranquillo. La Mamma è qui e non permetterà a nessuno di farti del male."
Quella era solo l'anticamera della tubercolosi, Dany lo sapeva. Il peggio doveva ancora venire. Non che non ne avesse già avuto un assaggio con Sansa Stark.
Le cripte erano amanti delle tenebre, tenebre che si scostavano non appena le fiamme le squarciavano come pugnali luminosi. La loro musica era il gocciolio delle pozzanghere d'umidità disseminate qua e là come fiori d'acqua stagnante, la loro coperta era il gelo più assoluto e gli ospiti era statue di pietra dai volti scolpiti ed inflessibili. Rhaella non aveva mai visto le cripte di Grande Inverno, le sue uniche fonti al riguardo erano i racconti del papà, ma ogni volta nella sua mente assumevano le fattezze di un luogo misterioso, pregno di segreti e pronto per un'avventura. Beh.. una vera e propria avventura era stata fuggire dalla camera da letto in quattro e dirigersi verso le cripte riuscendo a evitare le guardie.
Rhaella e i suoi fratelli si inoltrarono ancor più in profondità, superando i signori dell'Inverno assisi sui loro troni di pietra. Percepiva i loro sguardi scivolarle sulla pelle e penetrare oltre il morbido lino della sua camicia da notte. Non le facevano paura, le sembravano soltanto tremendamente seri. Nemmeno l'entrata delle cripte, una bocca con i denti di pietra, di ferro arrugginito e dall'alito rabbrividente, non l'aveva scoraggiata a proseguire. Lì dentro dormivano in eterno gli antenati del papà e da qualche parte, in quelle profondità che si sussurrava fossero collassate come se fossero degli strati di una torta, un uovo di drago aspettava di vedere la luce del sole. Faceva parte della nidiata di Vermax, un drago che era appartenuto a un principe della Danza dei Draghi di cui Rhaella non ricordava il nome, un certo Jacaerys o Lucerys, perché non aveva ancora iniziato a studiare la storia.
"Allora?!" Il bisbiglio di Aemon echeggiò sulla volta, ballando fra le statue. "Io vojo vedere l'uovo!"
Rhaella sbuffò e rivolse la luce della torcia al viso del fratello. Sempre così: quando Aem era stufo di qualcosa diceva vojo invece che voglio, come un bambino piccolo. A tre anni, secondo Rhaella, avrebbe dovuto smetterla con questa cosa. La luce giocò sui tratti di Aemon e su quelli di Alysanne e Daeron, ingaggiando un gioco con le ombre. Alle loro spalle, le lanterne rosse di Spettro fornivano ulteriore luce per il cammino. Spesso Rhaella si chiedeva perché non potesse essere lui l'unica governante: era bello, educato e non rimproverava mai lei o gli altri.
"Siamo ancora troppo lontani dall'uovo!" Gli rispose Rhaella, portandosi un dito sulle labbra per intimargli di tacere. "Dobbiamo andare avanti e dobbiamo farlo in silenzio!"
Nessuna replica. Bene. Stretti vicini gli uni gli altri come anatroccoli dietro la mamma, i quattro principi Targaryen proseguirono sul loro percorso. Altri Stark si susseguirono, aspri nella loro pietra e intrepidi con le spade arrugginite posate di traverso sulle ginocchia. Erano giunti nei pressi del sepolcro di uno degli innumerevoli Brandon quando la paura li colse. O meglio: quando una sagoma li colse. Un bambino sbucò dal sarcofago, emettendo versi lugubri. Daeron e Alysanne strillarono, Aemon fece loro da scudo e Rhaella sguainò la sua spada di legno.
Robb Baratheon rise beffardo. "Avreste dovuto vedervi! Ve la facevate soppo!"
Sotto, il termine esatto era sotto! Rhaella digrignò i denti e colpì Robb sul petto, facendolo ricadere sulle piastrelle gelide. Olek sbucò dal nascondiglio di pietra, raggiungendo il fratello e aiutandolo ad alzarsi.
"Questo è un luogo importante." Disse Olek con una solennità che andava oltre i suoi due anni. "Qui sono sepolti tutti gli Stark, dai Re del Nord fino ai Lord di Grande Inverno."
"Se è così importante perché tu e tuo fratello siete qui? Anche la vostra mamma vi ha spedito a letto!" La stretta di Rhaella intorno all'elsa di legno si fece più forte.
Fu Robb a rispondere. "Vi abbiamo visto sgattaiobare fuori dalla vostra stanza e vi abbiamo seguito. Volete trovare l'uovo di drago vero? Lo troveremo prima io ed Olek!"
"No, mai!"
Prima che Rhaella potesse spingerlo, due occhi gialli si schiusero a scrutarla nel buio, uniti a un ringhio. Parevano gli occhi di un gufo, ma quello non era un gufo, quello era un lupo, anzi no, un metalupo! Olek e Robb, perdendo tutto il loro coraggio, indietreggiarono spaventati e Spettro mostrò i denti per difendere tutti quanti. Non ce ne fu bisogno. Il ringhio lasciò il posto a un guaito felice e Spettro avanzò per leccare allegro un metalupo dal manto grigio e gli occhi gialli. Doveva conoscerlo.
"Spettro ha trovato un amico!" Esclamò Rhaella indicando le due creature. "O forse è un'amica! Spettro ha una fidanzata!"
"Impossibile." Aemon era stupefatto. "Il papà dice sempre che non ci sono metalupi a Sud della Barriera e qui siamo a Sud della Barriera."
"Sì ma a Sud di quanto? Non conosciamo ancora la geografia Aem!" Rhaella allungò una mano verso la metalupa e ridacchiò felice quando la sua lingua ruvida le leccò le dita. Sospirò: non pensava di doverlo dire a quei due bimbetti di Robb ed Olek. "Sentite: se zia Sansa o i nostri genitori scoprono che c'è un altro metalupo, lo cacceranno di sicuro, i grandi cacciano sempre gli animali selvatici. Perciò non dobbiamo rivelare a nessuno la sua presenza qui. Spettro e la sua fidanzata o amica dovranno stare tranquilli. Giurate di mantenere il segreto?"
Chissà quale divinità diresse i fili delle menti dei due Baratheon. Entrambi annuirono. "Lo giuriamo."
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