Spettri e sensazioni

Un brivido percorse la sua spina dorsale, l'ennesimo dall'inizio della sera. E, come ormai da prassi, Daenerys non si concentrò su di esso. L'oggetto delle sue attenzioni doveva essere altro, lo sapeva. Questa festa era un occasione per lasciare scivolar via tutta la tensione accumulata durante quei due lunghissimi ed esaustivi giorni della convalescenza di Jon.

Jon.

Dany l'aveva lasciato dormiente, vegliato da Ebrose e Wolkam, da due cavalieri della Guardia Reale e da un Immacolato. Pregò che fosse ancora addormentato, ignaro che a pochi passi da lui stesse avendo luogo un banchetto e che il giorno successivo non avrebbe potuto accompagnare la sua sorellina sotto le insanguinate foglie dell'albero del cuore. Era meglio mantenere il segreto fino al miglioramento delle sue condizioni. Ora era comunque troppo febbricitante per riuscire a comprendere anche solo mezza frase.

La Sala Grande di Grande Inverno era satura dell'odore del vino, della carne arrostita e della cera delle candele. I servi andavano e venivano scattanti come dardi e pronti a colpire i buongustai con rinomate prelibatezze. Era un concentrato assai bizzarro quello che era possibile ammirare: corpulenti e temprati lord nordici seduti accanto a minuti e imbellettati signori del sud, pellicce sfreganti contro le sete e i velluti, gli odori delle foreste, dell'acciaio e della neve contro delicate essenze di rosa, gelsomino e sambuco. Due mondi coesistenti nel medesimo reame venivano a contatto, si fondevano e si conoscevano.

Tutti ridevano sguaiatamente, alcuni scommettevano lanciando pezzi d'oro in aria, più della metà erano sicuramente ubriachi. Tormund primeggiava in questo, stravaccato su una panca con le guance in fiamme, una servetta sulle ginocchia e un corno di fiele in una mano. Un bardo catturava le emozioni di docili e graziose damigelle provenienti da Approdo del Re con il suo liuto mentre Arya e Gendry sedevano al posto d'onore e dispensavano sorrisi e ringraziamenti a tutti.

La serata si annunciava piacevole, non aveva senso disperdere questa allegria pensando continuamente a Jon. Lui sta bene, si disse Dany per convincersi, quando tornerò sarà di sicuro ancora addormentato. Ora devo concedermi una pausa. Bevve qualche sorso di vino dal suo calice.

Quattro anni prima, quando ad una festa del tutto identica a questa nessuno si era fatto avanti per dirle due parole, Dany si era sentita isolata. Allora era ancora una straniera in terra straniera e l'ombra di suo padre stava per trascinarla con sé e farle compiere un'azione innominabile. Ora, invece, le carte in tavola erano cambiate. Lentamente e con fatica si era guadagnata la fiducia ed il rispetto di Westeros, era diventata una madre, una sposa e una regina. Era maturata e aveva compreso i propri errori. Ser Davos non aveva perso tempo a dilettarla con battute e racconti sul mare, Arya trovava sempre un istante da dedicarle, Myanna era al suo fianco e ogni tanto qualcuno le veniva incontro, congratulandosi con lei e rivolgendole una riverenza.

Colei che pareva essere isolata questa volta era Sansa Stark e Dany, benché sapendo quanto fosse scorretto e maleducato, esultò interiormente e nascose il suo sorriso dietro le curve dorate del calice.

"Troppo cibo..."

La sua primogenita, unitamente ad Aemon, continuava a scartare i pezzi di carne nel suo piatto. Dany osservò il mucchietto di carne e pelle che era andato a formarsi ai lati del tavolo e scoccò alla figlia un'occhiata di disappunto.

"Rhaella, Aemon, posso sapere il motivo per cui continuate a rifiutare la carne?"

"È troppa." Aemon aggiunse una fettina alla montagna. "E io e Rhae Rhae non la vogliamo. E poi è tutta per Spettro."

Questa cosa di Spettro sta un po' perdendo il controllo. "Spettro si nutre già abbastanza durante il giorno e non ha alcun bisogno che voi lo rimpinziate ulteriormente una volta che il sole è calato. Volete forse che diventi una grassa e grossa palla di pelo?"

"Così potremmo farlo rotolare per il castello!" Rhaella esultò al pensiero. "Mamma, i metalupi si nutrono soltanto di carne, vero?"

"Sono quasi totalmente sicura di sì amore mio. Spero che questa domanda non implichi pure una donazione delle vostre verdure a Spettro."

"Bleah! Le verdure!" I suoi figli tirarono simulatamente fuori la lingua in segno di disgusto.








Le septe erano andate a fare la nanna ed Aly era sveglia. Bene. Che bello il vantaggio di essere piccoli e di non poter partecipare a un banchetto, anche se Daeron non sapeva ancora che cos'era un banchetto. Certo, non piccoli piccoli come Jae che già dopo la pappa ronfava alla grossa.

Mano nella mano con Alysanne, Daeron discese dal lettino. La loro stanza era buia ma loro sapevano orientarsi benissimo. Sapevano fare tante, tantissime, cose lui ed Aly insieme. Era uniti, indissolubili, due metà di uno stesso animo. Anche se erano diversi, certo: Aly era vivace e strimpellante, Daeron amante di quegli strani segni che i grandi tracciavano ogni tanto sui fogli.

Da sotto il lettino si svelò ai loro occhi la riserva di carne che Rhaella, Aemon, Robb ed Olek avevano dato loro il giorno prima. Era per la lupa. Lentamente, a passi felpati, i gemellini si avvicinarono a quell'enorme tendaggio che i grandi chiamavano arazzo e dietro al quale era nascosta la lupa. Fu Alysanne a scostarlo e Daeron posò dinanzi alla lupa il piatto. Lei l'annusò, gli occhi gialli guizzanti nelle tenebre. Poi cominciò a divorare. Che fame che doveva avere la lupa! Fece piazza pulita di tutto in un solo boccone!

Ma a quanto pare non era contenta, perché individuò uno spiraglio di luce nella porta e lo aprì con il muso. E scappò fuori.

"Lua lua!"

Ma la lua, la lupa, non tornò al richiamo dei gemelli. Oh no! E adesso cosa avrebbero detto i fratelloni e i Baratheon? Destato dalle voci di Daeron e Alysanne, Jae cominciò a piangere.








Si era destreggiato in un dedalo di pietra, ombra e gelo. La testa gli martellava senza sosta ma questo non aveva impedito a Jon Snow di procedere. Dany era sempre nelle sue braccia, leggerissima, una piuma, un fiocco di neve stillante sangue. Quasi dava l'idea di non esistere, di essere solo un'illusione della sua mente.

Altre ombre lo chiamarono, altre voci si sommarono a quelle alle sue spalle, raggrumandosi in sacche d'oscurità che volteggiavano, si animavano e ululavano. C"erano i lupi a Grande Inverno, lupi dalle fauci spalancate e dalle zanne ricurve, pronti per dissacrare il corpo di Dany, ma Jon non glielo avrebbe mai permesso. Saltò degli scalini e sbatté la schiena contro una parete. Le pietre erano fredde e levigate dal tempo, eppure Jon continuava a sentirsi bruciare. Sospirò e riprese il cammino, le ombre malvagie sempre alle calcagna.

"Vostra Grazia per gli Dei fermatevi! State delirando, avete la febbre molto alta!"

Vostra Grazia a chi? Lui era un traditore, un assassino... perché lo chiamavano così? No doveva fidarsi delle voci delle ombre cattive, erano lusinghiere e infami. Erano completamente diverse dalla mamma. La mamma era buona, dagli occhi dolci e soffici come nebbia e si portava sempre appresso un gradevolissimo profumo di rose. Solo la sua mamma profumava così. Era da lei che Jon stava portando Dany e la mamma stava nel giardino, immersa nella pace delle sue amate rose.

La brina sotto i piedi confermò le sue speranze: era nel parco degli dei. Sotto le piante dei suoi piedi nudi, la neve impresse il suo gelido marchio. Doveva essersi imbiancato tutto di recente. Incurante del freddo che gli azzannava le membra, Jon proseguì lungo il suo percorso. Avrebbe sepolto Dany sotto il cespuglio di rose blu della mamma. La depose sulla neve e comincia a scavare.

Scavò a mani nudi, raschiando con le unghie nella neve. Le sue dita si irrigidirono per il gelo, ma Jon andò avanti a scavare. Graffiò la neve, tolse pezzi di ghiaccio dal terreno e fiocchi di neve dalle sue spalle. La neve cadeva e moriva fra i suoi capelli, la neve cadeva e lo faceva tremare. Tossì di nuovo, sputando ancora una volta quella sostanza densa e scura e priva di nome. Questa sostanza colorò la neve, chiazzandola di un rosso scuro. Forse era sangue ma Jon se ne fregò. Doveva pensare a Dany.

Ritornando con l'occhio sulle sue mani, notò il loro pallore. Inusuale, si disse, e poi riprese a scavare. Tolto lo stato di ghiaccio, ora occorreva eliminare il terreno. Esso era duro e nero come il carbone, la nevicata l'aveva rafforzato. Jon scavò con unghie, palmi e addirittura con i piedi. Doveva seppellire Dany, doveva farlo per lei. Insieme a cumuli di terra tolse anche foglie morte e petali essiccati, mantenuti intatti dal ghiaccio precedente. Il terreno impresse neri solchi nelle sue unghie. Ad ogni mossa percepiva la neve e il terriccio cadere in avanti su di lei e sporcargli i pantaloni e la maglia, rendendoli umidi e macchiati di marrone.

Quando ebbe terminato la buca il freddo gli era penetrato fin nel cuore, sostituendosi al caldo e facendolo tremare. Jon sbatteva i denti ma trovò ugualmente la forza di afferrare Dany. Ma Dany non c'era più. Al suo posto ora c'era Rhaella. Rhaella che poi si tramutò in Aemon, in Daeron, in Alysanne e infine in Jaehaerys. Aveva forse tolto la vita persino a loro? Jon era sull'orlo del pianto.

"Vostra Grazia! Vi abbiamo trovato finalmente!"

Una luce alle sue spalle l'accecò.









La festa aveva preso una bella rotta finalmente. La gioia era nell'aria e Daeneys si era beata della compagnia di Arya. Le rivelò di essere in ansia per il giorno dopo, in quanto gli Antichi Dei erano del tutto diversi dai Sette: essi erano gli Dei della sua infanzia, gli Dei che aveva visto tante volte suo padre venerare in silenzio mentre ripuliva Ghiaccio seduto sulla sponda del laghetto dalle acque scure.

Dany stava per emettere l'ennesima risata quando accadde.

"Dany!"

Questa voce... questa era la voce di Jon. Oh Dei... voltandosi lo vide ergersi sulla soglia della porta. La cacofonia cessò improvvisamente e tutti gli sguardi furono su di lei. Era pallidissimo, di un pallore sovrumano, due occhiaie spaventose erano l'unico segno di coloro congiuntamente a delle labbra lucidate dal sangue. Il suo completo notturno era puntellato di macchie d'acqua, di terra e di foglie e lui tremava, eccome se tremava. Dany non aveva mai visto qualcuno tremare con una tale intensità.

Dany gli corse incontro immediatamente e così fece lui, levando un braccio e sorridendole debolmente. Arya, Sansa, Gendry e Davos la seguirono.

"Dany! Oh m-mia Dany... non... non de-devi stare sola!"

Si gettò fra le sue braccia, letteralmente. Una volta giunto da lei, Jon perse i sensi ed ebbe giusto il tempo di sorriderle. Lei era scioccata. Dove era stato? Cosa aveva fatto per ridursi in quello stato?"

"È freddo come il ghiaccio! Vi prego aiutatelo!"

Ma non fu l'unico arrivo. Un lupo giunse nella sala, facendo salire grida al cielo. E questa volta fu Arya Stark a rimanere di sasso.

"Nymeria?"

Quella doveva trattarsi della serata delle stranezze.

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