Sotto rosse fronde

"Guarda un po' che invitante ciotola di porridge... mmh... ha un odorino delizioso..."

Un mormorio flebile come il vento trasportò l'ennesimo rifiuto. "No Dany... st-sto troppo m-male..."

Sto troppo male. La solita risposta. Sconsolata, Daenerys ripose il porridge sul comodino, dandogli accesso al gala di piatti, ciotole, cucchiai e coppe che era stato organizzato sul piccolo ripiano ligneo. Sospirò e si massaggiò le palpebre, tentando si scacciare la stanchezza. Un Jon privo di sensi, più pallido di un cencio e con la febbre più alta che Dany avesse mai registrato in uomo era stato trasportato nelle sue stanze nelle braccia di Tormund e, da allora, la notte era divenuta un susseguirsi di ansie, di visite dei maestri e di tentativi, tutti finora risultati vani, di far ingioiare almeno un boccone a Jon Snow.

Dany le aveva provate tutte, sfoggiando davanti al suo naso ogni pietanza che le cucine di Grande Inverno potessero sfornare. Dalle cosce di pollo insaporite con del miele, alla trota avvolta nella pancetta, fino a una fumante minestra di pollo. Nessuno di questi piatti aveva finora acceso l'appetito di Jon e Dany era sulla soglia dell'esasperazione. Quella che era iniziata come una serata di buoni presagi, con la gioia per un lieto evento aleggiante nell'aria, si era tramutata di colpo nell'ennesima nottata da trascorrere accanto al capezzale del suo amato. Un amato che solo gli Dei sapevano dove si fosse andato a cacciare e come fosse stato capace di eludere la sorveglianza che era stata posta alla sua stanza.

Almeno i fremiti che fino a pochi istanti prima aveva accusato era giunti al termine. Daenerys posò una mano sul plesso solare di Jon, massaggiandolo. "Devi riguadagnare le forze amore mio, mi comprendi?"

Non del tutto, la febbre stava tornando ad accanirsi su di lui. "Mmh... sì... ho sonno..."

Dany condivideva in pieno la sua opinione: ancora poche ore e la cerimonia di nozze di Arya e Gendry si sarebbe tenuta. Non intendeva lottare contro delle palpebre di cemento. Gettò un'occhiata alla finestra. Le imposte di legno erano chiuse, sbarrate affinché neppure il più minuscolo fiocco di neve infierisse nuovamente sul fisico martoriato di Jon. Aveva già passato abbastanza tempo nel gelo. Ritornando con lo sguardo su di lui, si rallegrò di vederlo già con il capo sprofondato nel cuscino. Un cuscino che, ovviamente, aveva un incarnato più colorato di lui.

Dormi mio piccolo draghetto di neve, ne hai disperatamente bisogno. E anche lei ne aveva. Agognava un letto, un bagno caldo e le labbra di Jaehaerys sul suo seno. Augurò la buonanotte a Jon con un bacio sulla fronte, non rimanendo affatto di stucco della temperatura che emanava. Sbadigliando in un modo assai poco regale, Dany si alzò dal letto e chiamò le sue ancelle.

Myanna giunse per prima, soffermandosi sull'uscio. "Avete richiesto la mia presenza Vostra Grazia?"

"Dormi con me Myanna, ho bisogno di qualcuno che mi scaldi il letto." Ho bisogno dei miei figli, di mio marito e dei suoi sorrisi. Ma lui sta male e io non posso arrecargli sollievo alcuno. Si sentiva impotente ed esausta, terribilmente esausta.

Sotto le coltri, il corpo di Myanna si rivelò un soffice cuscino. Tempo addietro, quando ancora il Mare Stretto la divideva dal suo Jon, Dany aveva accolto Missandei nelle sue coperte. La sua presenza l'aveva rassicurata, il suo respiro ritmico l'aveva calmata e i suoi occhi dorati era stati le lanterne che avevano diramato le tenebre di dubbi ed avversità. Ma adesso Missandei non c'era più. Dany aveva versato lacrime amare sul suo corpo senza più un delicato capo, la sua morte l'aveva devastata, era stata il colpo finale che l'aveva spinta a compiere quella carneficina. Gli Dei dovevano aver assistito alla sua disperazione e le aveva donato Myanna. La dolce, bella e cara Myanna che contava ormai quattordici anni di vita. Dany si strinse a lei, inspirando la sua fragranza. Sapeva di una gioventù a cui lei e Jon avevano dovuto dire addio troppo presto.

In quel mare di tenebre, Jon russava.









La celebrazione si tenne all'ombra delle mani insanguinate dell'albero del cuore. Il parco degli dei era un'apoteosi di bianco intervallato a momenti da tronchi esili e da pini-sentinella dagli aghi scuri e appuntiti. Nessuna nuvola vagabondava nel cielo con l'intenzione di pararsi dinanzi al sole, i cui raggi cascavano sui ghirigori di brina ricamati sui muri e sulle foglie, rendendoli scintillanti come diamanti.

Daenerys, abbagliante nella sua pelliccia candida con una gorgiera ricordante le fronde dell'albero del cuore, si stanziò a pochi passi dalla pianta. Era una sensazione strana presenziare a qualcosa senza Jon a fianco. Avevano sempre fatto ogni cosa insieme insieme e ad un'occasione del genere non Jon si sarebbe assentato per nessun motivo al mondo, ma la malattia l'aveva talmente indebolito che era impossibilitato a lasciare il letto. C'erano i suoi figli certo e Dany ne era felice, eppure Jon...

Basta, lui è tranquillo, smettila di pensarci e goditi la cerimonia. I suoi pensieri si tramutarono in realtà, perché ad accompagnare Arya Stark all'altare non fu Sansa o qualche lord nordico ma bensì... Jon Snow. Dotato di un pallore irreale, di un paio di guance scavate e bisognoso più della sposa di un sostegno, Jon rispose alla domanda rituale che Gendry gli lanciò. Rimaneva in piedi per mero miracolo.

"Aegon delle Casate Targaryen e Stark, sesto del suo nome, legittimo re di Westeros ed Imperatore di Nuova Valyria porta la tua sposa. Essa è una donna cresciuta, fertile e di nobile sangue."

La collera ribollì nelle vene di Daenerys: perché diamine si trovava lì?! Possibile che non riuscisse a restare a letto per almeno mezza giornata?! Oh... ora l'avrebbe letteralmente legato al materasso! Seppellì le unghie nei palmi, imprimendovi i segni. Osservò il rito proseguire. Jon aveva lasciato Arya all'ombra dei rami, vicino a Gendry e si era appropriato un posto in mezzo a loro in qualità di quel sacerdote che il culto degli Antichi Dei non prevedeva. Dany era certo che Jon avesse asfissiato Arya fin dalle prime ore del mattino affinché il suo ruolo rimanesse invariato. Nel corso del viaggio verso il Nord non aveva fatto altro che parlare di quanto si sarebbe rivelato emozionante portare la sua sorellina a compiere il grande passo. Peccato che non avesse tenuto conto di possibili ricadute alla tubercolosi.

"Accetti quest'uomo?" Questo il quesito posto ad Arya da Jon.

Lei annuì, lo stupendo mantello di pelliccia castana che le scendeva lungo le spalle come una cascata. Le spille di rubini nei suoi capelli ricordavano le foglie rosse sopra la sua testa. "Prendo questo uomo."

Il mantello del metalupo scivolò e quello ricamato con il cervo nero giunse a prendere il suo posto. E fu così che, dopo un casto bacio, Arya Stark di Grande Inverno divenne Arya Baratheon di Capo Tempesta.









Dany invece assunse le sembianze di una donna infuriata. Terribilmente infuriata, scossa da un furore nero. Subito dopo le congratulazioni incorniciate da sorrisi, baci ed abbracci ai novelli sposi, non aveva esitato a prendere Jon in disparte e a trascinarlo per un orecchio in direzione dei loro alloggi. Lui protestò debolmente, ma capì ben presto che la mascella serrata di lei non ammetteva repliche.

"Sei un incosciente! Uno stupido, testardo e instancabile incosciente! Se adesso oserai soltanto mettere un piede ancora fuori dal tuo letto giuro sugli Dei che faccio cambiare la serratura della stanza almeno ci rimani chiuso dentro! Ma che diamine ti è saltato in mente, me lo vuoi dire? E che cosa hai detto ad Arya per- attenzione tesoro!"

Era così infervorata dal racconto che per poco non andava a sbattere contro sua figlia. Rhaella pareva essere diretta... verso le cripte? E con una caraffa di latte in mano? Ma cosa era preso alla sua famiglia in quei giorni?

"Perché stai scendendo nelle cripte con del latte amore mio?"

Le iridi d'ametista di Rhaella non incrociarono le sue. "Ehm... vedi... io ed Aem e Robb e Olek stiamo... stiamo giocando ad essere i Re dell'Inverno e dove potevamo giocare altrimenti mamma? Io sono il Brandon che bruciò tutte le navi e questo è il mio olio incendiario! E poi ai metalupi piace il latte!"

Ancora con Spettro. Se ne sarebbe occupata più tardi. "I metalupi sono creature carnivore amore mio, non teneri gattini. E poi solo i cuccioli degli animali si nutrono di latte ma va' pure a giocare. Voglio che però tu e gli altri rimaniate vicino alle scale d'ingresso, intesi?"

Rhaella annuì e corse con un risata sulle labbra per aver visto il suo papà venire artigliato per un orecchio da parte della mamma. Una mamma che non aveva ancora finito con lui... oh no.

"Io, te e quello sciroppo che detesti. Ora. La tua punizione ha inizio Jon Snow."

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