Riunioni

Il mare era azzurro a Lys, di un azzurro delicato e piacevole alla vista e con orli di spuma perlacei che si infrangevano contro gli scogli. Meno di un giorno prima quella stessa spuma si era colorata di nero, mentre pezzi di legno bruciati galleggiavano sull'acqua e il mare inghiottiva i relitti di barche in fiamme. Il fuoco di drago si era accanito sulle imbarcazioni coprendole con un rosso telo e facendole a poco a poco volare a picco una dopo l'altra. Ora nel porto poche navi se ne stavano attraccate ed erano principalmente di mercanti stranieri che giungevano con provviste per un popolo rimasto troppo a lungo senza cibo.

Le tasse di Areo Umo la Tigre sono giunte anche qui. Pensò Dany ammirando la costa da una finestra del palazzo dove si era stanziata. E la popolazione di Lys ne ha sofferto. Terribilmente, si sarebbe potuto aggiungere, dato che era difficile ricavare della farina su un'isola ed essa doveva essere trasportata via mare, così come molte altre mercanzie. E, essendo il pane il primo bene sul quale le tasse erano andate a pesare, sempre meno commercianti avevano accettato di fare rotta verso Lys, facendo piombare la sua popolazione in una vera e propria carestia.

Ma adesso quella carestia era finita e Daenerys vi aveva posto fine, impendendo al contempo agli alleati della Tigre di darsela a gambe, o a remi. Alleati che ora languivano nelle celle della casa del mercante che aveva accettato di ospitarla, inveendo contro di lei e tutta la progenie del Drago e lodando le azioni di Umo. Dany era certa che quell'infido gattaccio sarebbe presto sbucato dal buco di fogna dove era andato a rintanarsi, magari tradito da qualcuno che lui considerava fedele.

"Vostra Grazia?" Una serva le fece distogliere lo sguardo dalle acque. I suoi capelli erano scuri come l'ala di un corvo, ma i suoi occhi dall'ipnotica sfumatura lilla confermavano il suo sangue lyseniano. E di conseguenza anche quello valyriano. "Chiedo venia per l'interruzione Vostra Grazia m-ma... i prigionieri sono stati portati nella piazza pubblica e il popolo attende il vostro giudizio..."

E il Drago esaudirà il desiderio del popolo. "Certamente. Vengo subito."




Un edificio dal tetto incenerito, dai muri neri e crollati, ormai privo completamente di porte e finestre, circondato da ghirlande di calce, di polvere e di cocci caduti dal tetto e dalle insenature era tutto ciò che rimaneva del palazzo dei triarchi di Lys. Da lontano appariva come un tizzone dalla forma squadrata che aveva appena finito di crogiolarsi nel calore, uscendone bruciacchiato. Adesso esso rappresentava un potere vecchio, scomparso, una ruota di malgoverno che aveva continuato a girare, guidando verso guerre e schiacciando sotto di sé uomini incoscienti del gioco del potere.

In quanto simbolo del vecchio la sua distruzione in favore del nuovo sembrava più che doverosa. Fu questo lo sfondo che Dany incontrò quando discese nella piazza principale della città. I lyseniani la circondavano, alzando al cielo le loro mani inanellate, muovendo le loro teste contornate da turbanti e gridando a squarciagola il suo nome.

"Mhysa! Regina Daenerys! Viva Valyria! Valyria la Gloriosa!"

Dany rispose loro con saluti e strette di mano, fermandosi di tanto in tanto lungo la via per scambiare due parole con qualche mendicante e accarezzare la testa di qualche bimbo. Ma quando si ritrovò faccia a faccia con i condannati tutte le voci scemarono e un silenzio tombale scese sulla spiaggia. I tre membri della Guardia Reale che erano approdate il giorno prima per garantire la sua protezione si fermarono a poca distanza da lei con le cappe bianche garrenti al vento.

Dany osservò uno ad uno quegli uomini inginocchiati sul terreno e con le mani legate dietro la schiena. Il più giovane poteva avere al massimo venticinque anni, pressapoco l'età sua e di Jon, il più vecchio sessanta. Ma tutti parevano in egual modo temprati da quella guerra e dagli eventi che si erano susseguiti in quei giorni.

"Io non vi obbligo a inchinarvi a miei piedi." Nella piazza sgombra di suoni, la sua voce risuonò. "Ognuno è libero di scegliere nel nostro Impero, di professare il credo che gli aggrada e di vivere secondo la condotta che egli desidera mantenere. Solo vi chiedo di guardare dentro di voi: a che cosa ha portato questa guerra e tutte quelle che l'hanno preceduta? Morte, distruzione e odio, ecco a che cosa. E la morte, la distruzione e l'odio hanno percaso abbellito Lys o Volantis o altre Città Libere? Hanno curato i vostri infermi, riempito le pance vuote dei vostri affamati, asciugato le lacrime delle vostre vedove, raddrizzato i vostri storpi e allungato la vita dei vostri figli? No. Essi vi hanno distrutto, hanno corroso le vostre anime, messo fratello contro fratello, cittadino contro cittadino. Perciò, l'unica cosa che domando a voi volantiani che oggi siete sottoposti al mio giudizio è: rinunciate ad Aero Umo la Tigre e alla sua sete di guerra ed entrate in questo nuovo mondo di pace."

Il silenzio fu rotto da risate beffarde. Dei dodici soldati dinanzi a lei inginocchiati cinque le risero in faccia e uno osò pure sputare ai suoi piedi. Immediatamente a quest'azione Ser Podrick si mobilitò e con la punta della sua spada bloccò il pomo d'Adamo del responsabile.

"Chiedi immediatamente scusa alla tua reg- ehm... imperatrice. Ora."

"Calma Ser Podrick." Disse Dany. "La fine di quest'uomo spetta a me e lui lo sa. Tornate al vostro posto per favore."

Ma ciò non servì a far diminuire le beffarde parole dei suoi prigionieri. Fu uno dei più anziani, un uomo tarchiato e dal candido pizzetto, a prendere parola a nome di tutti. Il suo sorriso fasullo fece ribollire il sangue nelle vene a Daenerys. "Noi non ci inchiniamo e mai ci inchineremo a una puttana assassina. Tutti sappiamo cosa hai fatto ad Approdo Del Re tre anni fa, puttanella, e cosa possiamo essere certi che non ricapiterà di nuovo? Non ci si può mai fidare di voi Targaryen, siete mutevoli come le fiamme dei vostri draghi."

Dany sfoggiò un'espressione stoica mentre, a passi felpati, si avvicinò all'uomo e si abbassò al suo livello. "Voglio che una cosa ti sia chiara, cavaliere, e che rimanga attaccata a quel tuo cervello bacato: io non sono un'assassina. Ho una pazienza di breve durata, a volte non rifletto prima d'agire, sbaglio a fidarmi di certe persone e avrò mille altri difetti, ma sono tutto meno che un'assassina. Quelle voci che ti sono giunte, che sono giunte a tutti voi, si riferiscono a un passato sepolto e che io desidero che rimanga tale. Ora voglio solo guardare al futuro, anche con voi se è possibile."

Il cavaliere rise ancora, stavolta sguaiatamente, come un cane. "Con me? Mai?"

Ti ho proteso un'ancora di salvataggio ma tu non l'hai accettata. Dany sospirò per smaltire il furore. "A quanto pare mi sbagliavo, voi cinque non meritate la morte sotto il fuoco di un drago, è troppo rapida per voi. Sarete ricondotti nelle vostre celle, sventrati e appesi ai merli delle mura con le vostre viscere penzolanti dai vostri stomachi aperti. Saranno i gabbiani, minuscoli signori del cielo in confronto ai draghi, a decretare la vostra fine. Per quanto riguarda voi sette che avete fatto appello alla mia clemenza... se foste vissuti nel Continente Occidentale la Barriera sarebbe stata la soluzione per voi, ma qui non siamo nel Regni dell'Ovest. Decreto che serviate come sacerdoti nel Tempio Rosso della vostra città natale."

Mentre i cinque schernitori venivano condotti lontano dal suo sguardo, lei montò su Drogon e accolse le grida di giubilo e ammiratrici di clemenza. "Ora mi dirigo verso Pentos per ricongiungermi al mio sposo. Lascio a proteggervi due miei draghi e alcuni soldati a miei fedeli. Quando tutte le Città Libere saranno sotto il nostro dominio vi daremo un governo stabile, è una promessa figli della mia corona."

E spiccò il volo verso Pentos.




Vi era solo una cosa che non si aspettava di trovare una volta approdata nelle braccia di Jon e averlo divorato di baci in ogni dove: i suoi figli. Sbucando da dietro il corpo del suo amato Rhaella, Aemon, Daeron e Alysanne le saltarono addosso, piangendo di commozione fra le sue braccia. E non furono gli unici a non riuscire trattenere le lacrime.

"Piccoli miei..." Quanto tempo era passato da quando li aveva visti per l'ultima volta. Tre settimane? Quattro? "Solo gli Dei sanno quanto mi siete mancati... avete fatto i bravi? Avete detto le vostre preghiere come vi avevamo chiesto io e il papà?"

Rhaella annuì, affondando il viso nella stoffa verde chiara del suo abito. "Sì mamma... ogni sera. Io, Aem, Aly e Dada abbiamo chiesto alla Madre che è nei Cieli di proteggere te e il papà e il fratellino. Sta bene il fratellino vero?"

"Benissimo amore mio." Non avrebbe voluto lasciarli mai pensato, ma non potevano rimanere sulla soglia della villa di Magistro Illyrio in eterno. Con in braccio i gemellini si alzò e guardò Jon. Non sembrava più così stressato come qualche sera prima e di questo ringraziò gli Dei. "È stato il papà a prendervi non è vero?"

Fu il papà in questione a rispondere, alleviandole il peso di due bambini nelle sue braccia e afferrando Alysanne. "Aye. Un voletto di poche ore verso Vaes Dothrak e i nostri tesori, insieme alle septe e a Myanna, sono giunti qui. Molto felici oserei aggiungere, adorano il mare di Pentos e gli animali esotici di questa villa. Ha pure un aranceto!"

Il tramonto stava sfumando nel rosso, nel rosa e nell'arancione, un tripudio di colori caldi le cui luci si stava abbattendo sulle case, sui tetti e sulle mura di Pentos. Nel suo grembo Jae si agitò, muovendo le gambine. Dany si portò una mano alla pancia, massaggiandosela e sospirando per i movimenti. Presto la prima luna si sarebbe conclusa.

"Sei stanca?" Con una mano libera Jon le cinse la vita. "Hai volato troppo per oggi mia Khaleesi, è meglio che io ti porti sotto le coperte, che ne dici?"

Dany annuì. "Prima però voglio mangiare qualcosa con tutti voi."




Mangiarono e si coricarono subito, il tutto senza separarsi un secondo dai bambini. Con loro stretti accanto si addormentarono, i loro respiri scontranti con quelli dei genitori. Dany fu la prima a inoltrarsi nel mondo nero del sonno, data la vivacità di Jaehaerys quel giorno. E fu la stessa vivacità di Jae a destarla nel cuore della notte e farle scoprire un letto mezzo vuoto. I bimbi dormivano profondamente, ma il lato di Jon era vuoto.

"...Jon?..."

Con la mente ancora annebbiata dal sonno Dany si alzò dal letto. Il suo sposo sedeva sotto la finestra, i riccioli spettinati dalla dormita e rilucenti alla luce di una solitaria candela. Sembrava assorto nella lettura di una lettera.

"Che cosa fai amore mio? È tardi, vieni a letto... non voglio che tu sia stanco domani mattina..."

Jon alzò la testa e la guardò terribilmente serio. "I maggiori capi delle Città Libere si stanno muovendo verso Pentos per discutere con noi sulle sorti del Continente Occidentale."

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