Ritornando alla normalità

Le scarpette di Alysanne erano di un tenero rosa pastello, il suo vestitino un gioiellino di pizzo. La bimba sorrise alla sua mamma, rivelandole così i nuovi ospiti della sua bocca. Sassolini bianchi si intervallavano a buchi sul roseo terreno del gengive, ricordando a Daenerys che i denti si erano degnati di nascere prima in lei e successivamente in Daeron. E, come tutti i parti, anche quello dei dentini di Alysanne e Daeron non era stato risparmiato dal dolore. Notti in lacrime, rifiuti dei pasti e insistenti desideri di carezze avevano contrassegnato i giorni passati e l'unica cosa che si era dimostrata capace di far fronte al dolore dei bambini era stata il miele. La dolce sostanza era stata infatti spalmata con le dita sulle gengive arrossate di Daeron e Alysanne e si era rivelata un'ottima medicina. La disperazione era diminuita, le notti erano ritornate tranquille e i denti avevano continuato a spuntare lentamente e ben accolti dai gemelli.

Adesso, di quei denti, Alysanne se ne faceva un vanto. Adorava osservare il suo riflesso nella toeletta della nursery o nei cucchiai che volavano fino alla sua bocca alle ore dei pasti. Li chiamava "le berle." ovvero, nel suo linguaggio di bambina avente quasi un anno, "le perle." Daeron invece era stato il primo ad apprendere che presto quelle perle sarebbero cadute, avendo visto un giorno Rhaella perderne una e sfoggiarla con orgoglio ai genitori.

"Sei bellissima amore mio." Dany la baciò sulla punta del nasino, ottenendo in cambio un gorgoglio adorabile. La nursery era luminosa quella mattina, sul pavimento danzavano spicchi di luce e negli angoli sedevano fresche ombre. Luminosa e calma si sarebbe potuto aggiungere, lontana dalle dita asfissianti dell'estate. E, soprattutto, lontano da persone poco raccomandabili come Sansa Stark. La Lady di Grande Inverno era tornata pochi giorni prima nelle austere, gelide e distanti lande nordiche dopo un augurio di pronta guarigione a Jon, le sue felicitazioni per le nozze di Arya e un rispettoso inchino dinanzi a Daenerys. Nel profondo del suo cuore, Dany aveva esultato quando la carrozza di Sansa si era trasformata in un insignificante puntino di legno in lontananza diretto verso la Strada del Re.

"Mama." Pura delizia era la voce di sua figlia. "Mama, Pap-pap..."

Alysanne si alzò e si incamminò in direzione del fratello maggiore. Aemon era intento a dilettarsi con i suoi soldatini, sistemandoli con estrema minuzia dei loro ranghi. Ad aiutarlo in quella missione vi era il suo papà, che lo stava vegliando con sguardo attento dall'alto della sua poltrona. Un papà sano, giusto specificarlo, ritornato finalmente alla salute e felice di passare del tempo con i suoi figli. Daeron sonnecchiava fra le sue braccia, la testa biondo-argentea abbandonata contro il suo petto. L'unica che mancava nel quadro era Rhaella, interessata al suo drago a dondolo piuttosto che ai soldatini.

"Dracarys! Hop! Hop! Hop!" Dondolava così la sua primogenita, volava su reami fantastici e assoggettava ogni cosa al suo potere proprio come un tempo aveva fatto la sua mamma. La sua risata si levava nell'aria, un tintinnio argentino che accarezzava le orecchie di Dany. I bambini erano sereni, Jon era guarito e felice, la giornata era bellissima, da lì a pochi mesi Arya si sarebbe sposata nella Fortezza Rossa e sgradevoli personaggi come Tyrion o Sansa erano finalmente lontani. Approdo del Re si stava riprendendo a poco a poco dai fasti delle celebrazioni per il neonato impero e Dany si trovava ormai alla vigilia della sesta luna. Tutto era perfetto, tutto era meraviglioso. Dany avrebbe voluto cristallizzare quel momento, fermare lo scorrere della sabbia nella clessidra del tempo. Ma sapeva che era impossibile.

E sapeva che ormai non stava più nella pelle all'idea di incontrare di Jaehaerys e di stringerlo tra le braccia.










Gocce stellari macchiavano la tovaglia blu cobalto del cielo notturno, adorando come una corona il piatto immacolato della luna piena. Come di consuetudine per ogni bollente serata estiva, Jon si coricava nudo e ciò non poteva fare altro che esaltare il desiderio di Dany. Ma ogni volta era tenuta a contenersi: la sua pancia di stava facendo ogni giorno più mostra, modellando i suoi abiti e sconvolgendo le sue abitudini. Pernici, asparagi e quaglie approdavano ormai quotidianamente sulla sua tavola e sempre più di rado riusciva a giungere al termine di una seduta del Concilio Ristretto. Jaehaerys cresceva forte come un puledro e affamato come un leone delle pianure. Anche quella notte le membra di Dany fremettero di passione e, come al solito, anche quella notte la passione dovette essere sepolta.

"I tuoi capelli sono una meraviglia mio piccolo draghetto di neve." Lei stava sciogliendo la treccia a lui, ripulendola dall'olio e posizionando con la massima cura ogni singola campanella sul comodino, disponendole in fila: prima quelle dorate, poi quelle ridenti d'argento e infine i delicati boccioli di bronzo. Con le sue mani, Dany liberò una cascata d'inchiostro. Andava pazza per i capelli del suo uomo. Erano più soffici di una coperta, erano la sua coperta e, da quando Dany aveva agghindato quei riccioli con la prima campana, Jon non se li era tagliati, con la conseguenza che adesso erano giunti fino alle spalle. Dany vi affondò il viso e inspirò il profumo del suo Jon. "E la tua treccia è la tua prodezza."

"Aye." Amato, amatissimo accento nordico, pungente come gli aghi di pino. "Ma essa non è solo la mia prodezza sul campo di battaglia, la mia treccia è l'amore che io provo per te."

Dany non capì. "In che senso?"

Jon rise. "Nel senso che, così come i capelli crescono e la treccia si allunga, anche il mio amore per te crescerà. Ed esso sarà infinito."

Sarà infinito. Si ripetè Dany nella mente. Infinito come gli astri del firmamento. Baciò il suo Jon sulla guancia, sperando di trasmettere almeno un piccolo frammento di quell'infinito.

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