Pioggia su rocce di fuoco

Accompagnata dal caratteristico suono, l'ennesima onda si infranse sulla spiaggia di Roccia del Drago, lasciando alla sua ritirata una sabbia umida, pastosa e scura e che come il fango andava a ricoprire i piedi di Jon e Daenerys.

Non appena l'acqua fresca sommerse i suoi piedi, Jon emise un sospiro deliziato e, chiudendo gli occhi, piegò la testa all'indietro sul voluminoso cuscino di piume.

Dany lo osservò contenta. Da un paio di giorni non aveva avuto più bisogno della coperta o di un mare di cuscini, da un paio di giorni stava meglio. La febbre era scesa e la tosse si era ridotta a un singolo colpo con poco sangue. E di questo miglioramento il suo colorito sembrava averne risentito perché da un perenne pallore cadaverico le guance di Jon avevano assunto una piacevole sfumatura rosata.

Allungando un braccio verso di lui, Dany incontrò le sue dita e le intrecciò con le sue. Non appena questo accadde, Jon aprì un occhio e un largo sorriso si fece spazio sul suo volto.

"Roccia del Drago è così... rilassante Dany."

"È stata l'ancestrale sede della nostra dinastia amore mio e io l'adoro per questo. Torneremo qui in futuro, non ti preoccupare."

Jon aveva avuto pienamente ragione a definitivamente Roccia del Drago rilassante. I giorni che lì stavano trascorrendo erano giorni lenti, pigri, di alzate tarde al mattino e lunghi bagni caldi la sera, giorni contornati da salsedine e da onde marine, da fiori selvatici e dalle risate dei bambini.

Giorni di dolci carezze, di baci che attendevano di essere dati e di cure premurose l'una verso l'altro. Il tutto avveniva sotto gli occhi di silenziosi draghi di pietra scura, occhi che tanto avevano visto ma che mai nulla avevano rivelato. All'ombra delle loro ali di granito aveva trovato luogo la storia di Westeros, solo che la storia, a differenza della salsedine e delle alghe, non sembrava aver recato loro danno.

Anzi, la storia sembrava aver in qualche modo portato giovamento a quelle creature scolpite conferendo loro quell'invisibile aura di saggezza che solitamente gli uomini riescono a raggiungere solo nei loro anni senili.

Erano saggi di scaglie e ali, maestri di una biblioteca di libri di pietra e di ricordi.

"Mi sembra ieri che attraccavo qui per incontrarti come Re del Nord." Affermò Jon schizzando per poco i piedi nell'acqua. "A prima vista questo posto mi era sembrato enorme."

Dany emise un risolino e alzandogli la mano lo baciò sul dorso. "Anche a me. Mi ricordo ancora quando le porte del castello si sono aperte davanti ai miei occhi."

Allora si era sentita mozzare il fiato per un attimo. Il pensiero di essere ritornata nella casa dei suoi antenati, nel luogo in cui era nata, le aveva inebriato la mente come un dolce profumo.

Jon le mostrò un bianco sorriso, allargando poi la mano in modo che il palmo suo e di Dany fossero l'uno contro l'altro. La sua mano era decisamente più grande, notò Dany, la mano di un uomo messa a confronto con quella di una donna, eppure aveva un non so che di diverso dalle mani di altri uomini che aveva stretto.

La pelle della mano di Jon era ruvida, temprata dal clima ostile del Nord, ma calda e non calda di febbre ma calda di affetto, di amore. Era una mano fatta per impugnare una spada e con la stessa facilità accarezzare amorevolente la pelle di una donna.

Era la mano del suo Jon Snow.

Le dita di Jon caddero fra gli spazi delle sue e Dany fece lo stesso. Nel frattempo il filo che si era creato fra i loro sguardi non era ancora stato reciso e continuavano ad annegare nei loro mari. Dany si sentiva spinta dalle onde grigie di Jon, onde di un mare in una tempesta d'amore e sapeva che per lui era lo stesso. Jon stava annegando nelle sue ametiste liquide, ma vi ci stava annegando con piacere.

"Vogliamo rientrare Jon? I nostri sogni di primavera l'hanno già fatto qualche attimo fa, vogliamo raggiungerli e pranzare, magari insieme ad Arya?"

Jon annuì. "Va bene, rientriamo."




Un'altra cosa buona che era venuta in quei giorni era che Jon aveva ricominciato a camminare.

Camminare aiutato naturalmente, sostenuto da qualcuno, eppure riusciva a muovere piccoli passi anche da solo, anche se non per molto tempo. Dany in questo l'aveva aiutato, stabilendo che un mezz'ora al giorno fosse dedicata agli esercizi. 

Le gambe di Jon Snow non erano più così deboli e di questo Dany era felice.

Anche quel giorno camminò con le sue gambe, ma dovette sostenersi a Daenerys. Il suo braccio era posato sulle sue spalle e a volte anche la sua testa. A osservare da dietro Jon e Dany, pronte a intervenire nel caso ce ne fosse stato bisogno, vi erano due guardie reali fra cui anche Ser Brienne.

Passo dopo passo giunsero fino al cortile interno di Roccia del Drago e lì Jon chiese un momento di pausa. Dany lo depose delicatamente su una panca di legno, sapeva che aver fatto tutto quel cammino, oltre a essere un bel traguardo rispetto al solito, per lui era anche uno sforzo enorme.

Ma nonostante ciò Jon non sembrava così stanco.

"Ogni giorno che passa riesco ad andare sempre più lontano." I suoi occhi brillavano di euforia quando disse ciò. "Oh non vedo l'ora di essere guarito completamente! Potrò tornare a correre e a tenere in mano Lungo Artiglio!"

Quasi come se qualche divinità benevola avesse ascoltato il suo desiderio, una spada comparve davanti a Jon Snow, ma non era Lungo Artiglio.

Era Ago.

Veloce e silenziosa come un'ombra, Arya Stark attraversò il cortile e si mosse agile verso il manichino imbottito di paglia che le guardie usavano per esercitarsi. Ben presto il suo petto fu perforato dalla punta sottile di Ago e sangue di paglia ne uscì, finendo sul terreno.

Un'altra mossa, un altro guizzo argentato e il povero manichino fu decapitato. La sua testa cadde sul terreno fangoso e la sue pelle di sacco si colorò ben presto di marrone. 

"Wow Arya!" Jon non aveva  distolto lo sguardo da ogni singolo movimento della giovane Stark. "La mia sorellina è diventata fortissima!"

Arya gli sorrise e rinfoderò Ago. "Sbaglio o eri presente anche tu a Grande Inverno quando ho ucciso il Re della Notte?"

"Sì ma... Mi fai solo venire voglia di impugnare Lungo Artiglio e scontrarmi con qualcuno..."

Adesso non era possibile, Dany lo sapeva e anche Jon. Prima avrebbe dovuto recuperare tutte le forze e solo allora sarebbe potuto tornare a battersi con un avversario. Ma anche se lo sapeva, Jon le rivolse comunque uno sguardo supplichevole, uno sguardo da cagnolino bastonato, per chiederle di entrare in campo.

"Posso impugnare una spada Dany? Una spada da torneo e scontrarmi contro il manichino, ti prego..."

Oh mamma. "Jon no, non sei ancora nel pieno delle forze. Non ci pensare nemmeno."

"Ma farò attenzione! Solo un colpetto piccolo piccolo, ti prego..."

Allargò le sue iridi grigie per tentare di convincerla ancora di più, come due lanterne che spandevano la loro luce. "Ti prego..."

"No."

"Per favore... è da da secoli che aspetto di prendere a pugni qualcuno!"

"Jon, ho detto di no. E adesso tu fili a letto."

"Ti prego, ti prego, ti prego!"

Alla fine Dany dovette arrendersi. Jon l'aveva scossa per il braccio talmente tanto e l'aveva guardata con così tanta supplica negli occhi che non riuscì più a dirgli di no. Accettò sospirando.

"Va bene, ma solo un colpo, dopodiché vai dritto e filato a letto. Sono stata chiara nipote?"

Jon era talmente felice che non si accorse che lei l'aveva appena chiamato "nipote" e, animato da forze improvvise, balzò in piedi e lentamente camminò verso il bambolotto di paglia.

Presto quel lentamente si trasformò in un normalmente. Jon Snow camminò come aveva sempre camminato e riuscì addirittura a chinarsi per raccogliere una smussata spada da torneo. Dany non riusciva a crederci.

"Jon! Tu hai..."

Non riuscì nemmeno a finire la frase che Jon si accorse di quello che aveva appena fatto e la felicità che nacque da ciò trovò il suo culmine nel cuore di paglia trafitto del manichino. Ma con esso parve che anche l'energia che fino a lì l'aveva condotto fosse stata trafitta e subito dovette trovare appiglio al povero manichino.

Dany e le guardie giunsero subito in suo soccorso e lui si gettò esausto nelle braccia della moglie.

"Adesso ti porto a letto." Gli sussurrò all'orecchio quando lui posò il capo sulla sua spalla. "Ma sei stato bravissimo, davvero un prode cavaliere contro un nemico temibile."




In seguito Jon fu visitato da Maestro Ebrose e il sapiente confermò quello che da giorni era comprensibile da parte di tutti: Jon stava migliorando sempre di più e presto sarebbero potuti ritornare ad Approdo del Re.

"Ma anche una volta ritornati nella Capitale, dovrete stare calmo Vostra Grazia." Disse il Maestro. "Non riprendete subito i soli ritmi quotidiani, state calmo e riposatevi."

"Quindi questo significa che dovrò rimanere ancora a letto?" 

"Sì ma non perennemente come negli ultimi tempi. Cercate solo di non stressarvi, lo stress è il vero e proprio nemico della guarigione."

Felice di essere vicino alla guarigione, Jon aveva sorriso e si era mantenuto quel sorriso lungo tutto il pomeriggio. Anche quando Dany lo scovò sveglio durante il momento del suo riposo pomeridiano.

"Perché sei ancora sveglio?" 

Il suo arrivo improvviso fece sussultare Jon e Dany vide che, mentre lei si avvicinava al letto, lui nascose qualcosa sotto il cuscino. Per non parlare poi delle sue labbra colorate di blu.

"Ehm... insonnia pomeridiana."

Dany sorrise a questa battuta. Certe volte era davvero incorreggibile. "Cosa mi stai nascondendo Jon? Quel bel contorno blu che hai intorno alla bocca mi sta facendo sospettare qualcosa. Fammi vedere le mani..."

Di tutta risposta Jon le seppellì ancora di più sotto le coperte. "Ho le mani fredde, gelate, le sto scaldando. Sai, con questa pioggia..."

E con la testa indicò le finestre davanti alle quali in quel momento ondeggiavano delle pesanti tende. 

Poco prima aveva iniziato a piovere. Un reggimento di nuvoloni grigi si era profilato all'orizzonte, pronto a scaricare sul mondo le sue armi di fulmini, tuoni e saette. Non si era fatto attendere, il suo concerto era iniziato subito. Il flauto del vento aveva iniziato a fischiare così i cembali delle minuscole gocce di pioggia e i rimbombanti tamburi dei tuoni.

Elettriche e violacee radici erano uscite dalle nubi per andare ad piantarsi velocemente nel mare e anche il mare era stato coinvolto nel temporale.

Il suo azzurro si era trasformato in un grigio scuro, torbido, e le sue onde si erano alzate. Montagne d'acqua si formavano e si demolivano continuamente, mentre gli scogli e le spiagge di Roccia del Drago accoglievano le loro valanghe. 

"Davvero?" Dany alzò un sopracciglio. "Fammele vedere, posso scaldartele io e posso anche stropicciarti il cuscino."

Jon cercò di immergersi ancora più nelle coltri. "No grazie, ma ora che ci penso sono stanco." Emise uno sbadiglio palesemente finto. "Sono stanchissimo, gli occhi mi si chiudono da soli... potresti andare e lasciarmi riposare Dany?"

Dany non lo fece. Invece gli prese i polsi e fece ritornare le sue mani all'aria. Mani sporche di un profumato liquido blu. "Marmellata di mirtilli eh Jon? Andiamo, fammela vedere."

Capendo di essere stato sconfitto, Jon Snow sospirò e da dietro il cuscino tirò fuori un vasetto pieno di marmellata di mirtilli. 

"Hai proprio ricominciato a mangiare!" Dany sorrise. "Ma perché proprio questa? Chi te la data?"

"Davos l'ha presa segretamente per me dalle cucine. È che mangio soltanto brodi e zuppe! Volevo anche mangiare qualcos'altro, qualcosa di dolce."

Così dicendo allungò l'indice destro e lo immerse nella sostanza bluastra per farlo emergere poco dopo portante con sé una buona dose di marmellata. Jon portò il dito alle labbra e assaporò deliziato il dolce pasto.

"Mi stupisci ogni giorno..." Sempre sorridendo, Dany si sedette sul letto accanto a lui. "Posso averne un po'?"

Jon annuì e gliela porse, per poi posare il capo sul suo petto.

Daenerys gustò la marmellata. Era buona e sapeva di mirtilli freschi. Ora capiva perché Jon aveva tentato di nasconderla così ardentemente. Chi avrebbe voluto essere privato di qualcosa di così buono?

Si accorse solo dopo che quei brevi attimi di silenzio, spesi a nutrirsi del dolce, erano serviti al suo amato consorte per fare un'altra cosa.

"Dany..."

"Sì Jon?"

"Guardati i capelli..."

Dany lo fece e cercò di trattenere una risata. Jon le aveva disfatto le trecce che quasi sempre formavano le sue intricate capigliature. Ormai era diventato un vizio, un gioco scherzoso, soprattutto durante il periodo della malattia. Di solito lui gliele disfava la sera, prima di fare l'amore, mentre lei al mattino, quando lui era ancora profondamente addormentato, adorava creare tante piccole treccine con i suoi riccioli scuri.

"Sei più bella con i capelli liberi mia regina." Le mormorò Jon portandole in avanti sulle spalle due ciocche argentate. "Il mio adorato fiume d'argento..."

Dany lo baciò sulla fronte. "Un fiume d'argento dove potrai navigare una volta che saremo tornati ad Approdo del Re amore mio, presto torneremo a casa."

"Ma non voglio che tu faccia tutto, altrimenti arriverai esausta la sera. Fammi fare qualcosa..."

"Il Maestro Ebrose ha detto che non ti devi stressare..."

"Lo so ma almeno fammi aprire le sedute del Concilio Ristretto o fammi badare completamente ai bambini oppure... oppure fammi apportare i sigilli di ceralacca sui documenti! Mi piace apportare i sigilli, potrebbe diventare un nuovo hobby."

A Dany venne da ridere al vedere quando ardentemente Jon chiedesse di fare qualcosa. "Una volta tornati della Capitale vedremo, ma adesso siamo qui a Roccia del Drago ed il nostro soggiorno non è ancora finito. Così come il tuo riposo pomeridiano non è ancora iniziato."

Jon aveva compreso ma sbuffò comunque quando lei gli sistemò i cuscini e gli rimboccò le coperte. 

"Almeno ha smesso di piovere?"

"Non ancora amore mio." Dany gli spostò un ricciolo dalla fronte, adorava l'espressione mezza addormentata di Jon quando lui stava scivolando nel sonno. "Quando ti sveglierai il temporale sarà terminato vedrai."

Terminò quella sera e petali di stelle tornarono a depositarsi sul nero prato del cielo, quasi come un presagio di buona fortuna.


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