Nido dell'Aquila

L'inverno non sembrava ancora aver voluto abbandonare la Valle di Arryn e qua e là si intravedevano mucchi di neve che resistevano nonostante il brillante sole dell'Estate, ultimi baluardi del freddo generale che meno di due anni e mezzo prima aveva tentato di conquistare il Continente Occidentale. Le montagne sfioravano il cielo con le loro creste frastagliate e il fiato usciva dalle labbra in nuvolette rarefatte. Ma presto tutto questo sarebbe scomparso per lasciare spazio a una limpida visione estiva.

Daenerys e Jon avevano deciso di raggiungere Nido dell'Aquila, la secolare dimora della Casata Arryn, in volo ai loro draghi. Era stato un volo breve e, tutto sommato, molto più comodo rispetto a quello che gli abitudinari visitatori di Nido dell'Aquila erano costretti a compiere. Per accedere al castello era infatti necessario oltrepassare la Porta Insaguinata e la Porta della Luna, senza dimenticare i tre fortini di Pietra, Neve e Cielo. Strapiombi, foreste e sentieri di pietre scivolose accoglievano i viandanti verso Nido dell'Aquila e i loro incontri avvenivano in groppa a dei muli. Il resto della corte era stato costretto a seguirli in quell'aspra maniera e la vista di imbellettate dame e pomposi signori in groppa a dei somari era riuscita a strappare una risata a Dany.

Un sorridente Robin Arryn era venuto loro incontro dalla porta principale di Nido dell'Aquila con uno scintillante mantello blu damascato e una giubba color crema. Fra non molto il ragazzo avrebbe compiuto sedici anni e avrebbe ufficialmente preso posto sullo scranno di albero diga come Lord della Valle di Arryn, abbandonando i lord reggenti. "Anche Visenya Targaryen atterrò qui con il suo drago!" Aveva scherzato il giovane signore prima di prodigarsi in amabili saluti e benedizioni ai suoi sovrani. E ora Jon e Dany erano lì, negli appartamenti che Robin aveva riservato per loro, impegnati in discussioni molto serie.

"Sto diventando grassa..." Dany si mise di lato e osservò il suo riflesso nello specchio. Il modo in cui le sue labbra si arricciarono in una adorabile broncio fece andare il cervello in fumo a Jon, senza contare le sue mani posate sul ventre.

Lui rise. "Non dire così, hai soltanto dentro di te tanti piccoli principini. Rimani sempre e comunque la più bella donna del mondo."

La risposta di Daenerys fu uno sbuffo contrariato e, girandosi difronte allo specchio, guardò accigliata i ricami che non riuscivano a trattenere il suo pancino. "A volte mi chiedo che diamine tu mi abbia ficcato dentro. Avevi forse preso qualcosa quella notte?"

Jon non riuscì a non ridere ancora e gettò un'occhiata alla marea di abiti gettati in modo scomposto sul letto. Abiti che non andavano più bene per la sua gravida regina. Uno in particolare si confondeva benissimo con la coperta blu cobalto. Blu, azzurro, crema e bianco erano i colori dominanti a Nido dell'Aquila e le sue alte torri di giorno rilucevano nella loro pallida bellezza, giunchi di pietra che si alzavano a perforare il cielo. Se si aguzzava l'orecchio era possibile sentire lo scrosciare impetuoso delle cascate, le Lacrime di Alyssa, anche da lontano.

Jon si alzò dal letto e cinse la sua regina da dietro, posando le mani sulle sue e cerchiando così il nascondiglio di carne del loro piccino. La baciò sul lobo dell'orecchio, delicatamente. "Sono tutti quei fichi che mangi, mia regina, il loro commercio va avanti grazie a te."

La risata della sua Dany gli rimbombò nelle orecchie, vibrante e felice. La testa di lei indietreggiò e si posò sulla sua spalla, non staccando però gli occhi dal proprio riflesso. Si fece improvvisamente seria. "Dopo tutto quello che abbiamo passato una scena così mi sembrava un sogno irrealizzabile. Noi due felici, sposati e genitori. Ci sono momenti in cui mi sveglio la mattina e ho paura di stare sognando, ho paura di svegliarmi e di ritornare in quella devastata Approdo del Re."

"Pure io." Confessò Jon. "Vederti così felice al mio fianco mi da timore che tu non sia vera, che io sia ancora sul Pugno dei Primi Uomini e sia impazzito definitivamente."

Sentì le lacrime affiorargli e pizzicargli gli occhi, le scacciò via subito con una veloce mossa della mano ma Dany le vide. Si girò e i suoi morbidissimi palmi si posarono sulle sue guance. "Anche se il passato è stato doloroso che senso avrebbe avuto continuare a trascinarcelo dietro con rancore? Sarebbe stato solo un inutile macigno sul cuore e, invece che rimarginarsi, la ferita avrebbe continuato a sanguinare. Non avrebbe giovato a me odiarti quando nel profondo del mio cuore ti amavo ancora profondamente e non avrebbe giovato a te continuare a crogiolarti nel pentimento."

Un sottile patina lucida era comparsa nelle iridi violette delle sua Daenerys, Jon voleva soltanto che andasse via. "M-Ma tu dici sempre che noi siamo draghi e che il motto della nostra Casata è Fuoco e Sangue."

Lei sorrise. "Aye." Jon adorava quando pretendeva di parlare come lui, imitando il suo accento nordico. "Ma i draghi sono creature molto intelligenti e sanno quando è il momento giusto di portare Fuoco e Sangue. Non bruciano tutto senza un motivo."

Dany si fece avanti e lo baciò sulla labbra. Jon si perse in quel bacio, anche se fu un bacio breve. Le labbra della sua regina erano soffici, due cuscinetti rosa ripieni di amore. Fu Dany a interrompere quel bacio. "Tralasciando cose di cui abbiamo già parlato abbastanza, non ci attende forse un banchetto in nostro onore? Sarà meglio non fare attendere Lord Robin."

"Già..." Jon era ancora un po' intontito dal bacio, ma cercò di darsi un contegno. Non appena Dany si allontanò dallo specchio, si soffermò a osservare il suo vestiario.

Su un farsetto nero come il mare a mezzanotte due draghi rossi con qualche squama di rubino si fronteggiavano e le loro code scendevano a intrecciarsi. Per il resto le tenebre dominavano su Jon. L'armadio suo e di Dany era composto da abiti semplici, senza troppi orpelli. La sua amata amava indossare leggeri e sottili abiti di lino monocolore e privi di spalle, concedendosi solo nelle occasioni importanti qualcosa di più elaborato. Erano lontani i tempi in cui vestiva di lucide giacche in pelle e con borchie a teste di drago. Lui, dal canto suo, era rimasto fermo sul nero dei Guardiani della Notte. Un nero che poteva essere sostituito solo da un marrone, da un grigio e, visto che ormai aveva accettato completamente di essere un Targaryen, da un rosso.

L'unica cosa che stonava in quel riflesso erano i suoi capelli. La cavalcata li aveva lasciati mossi dal vento e coperti di neve e, nonostante lui e Dany si fossero subito fatti un bagno appena giunti nelle loro stanze, adesso non sembravano essersi migliorati. Un ingarbugliata massa corvina costituiva la sua capigliatura. Alle sue spalle sentì Dany sospirare e la vide avvicinarsi con un sorriso a lui. Armata di spazzola, prese a pettinare e intrecciare i suoi riccioli. "Vieni qui... sembra che hai in testa un cespuglio e non voglio che il mio re si presenti così al banchetto di questa sera."

"Tu non hai ancora deciso il tuo abito?" Domandò Jon notando la sua sposa in vestaglia e con i capelli sciolti sulle spalle.

"No, non credo che verrò." Daenerys raggruppò i suoi capelli nel familiare codino e quando ebbe finito si sedette sul letto, massaggiandosi la pancia. "Ho i piedi gonfi come due salsicce e i piccolini mi stancano stasera. Rimarrò qui in stanza con Myanna."

Jon le sorrise e si avvicinò per baciarla sulla fronte. Oh, com'era bella la sua regina quando portava in grembo i frutti del loro amore... "D'accordo. Tu resta tranquilla qui, penserò io a tenere buono Lord Robin."

Daenerys rispose al sorriso e si accoccolò fra i cuscini e le lenzuola. Prima di andare Jon donò un tenero bacio anche sul ventre di lei. "E tu bimbo grosso o voi due o tre o quanti siete, proteggi o proteggete la tua o la vostra mamma va bene? Ci conto."





Le torce baluginavano contro le mura bianche della Sala degli Arryn, riflettendo la loro luce vivida sulle pareti di marmo bianco solcate da venature azzurre. In lontananza potevano sembrare pulsanti pietre d'ambra che si intervallavano fra le alte finestre ad arco. La luce brillava anche dai candelabri d'argento che erano stati posati sulla tavola e i ricami dorati della tovaglia erano solcati da barbagli di luce. Tutto erano uno scintillio, dai gioielli ai lobi e alle gole delle signore alle corde delle arpe dei cantori. Lord Robin sedeva all'estremità del tavolo sul trono scavato in legno di albero-diga dove si erano seduti i suoi predecessori. Il giovane lord sembrava avesse deciso di divenire tutt'uno con le pareti della sala. Un tunica bianco latte dai bordi azzurri si vedeva cinta alla vita da una cintura d'argento rappresentante un falco dalle ali spalancate. Aveva voluto Jon al suo fianco e non all'altro lato del tavolo dove avrebbe potuto a malapena vederlo.

La musica e le risate aleggiavano nell'aria. Coppe si scontravano ad ogni minuto e poco più in là un teatrino delle marionette era stato allestito per i bambini. Rhaella e Aemon battevano le manine eccitati a quello spettacolino e ogni tanto si fermavano per mangiare, sorvegliati dalle loro septe. Non sarebbero stati svegli per tutto il banchetto e presto sarebbero stati riportati addormentati nella loro camera. Jon invece si sentiva più sveglio che mai, soprattutto per via del vino e delle battute. Pur essendo un ragazzino imberbe che era stato attaccato al capezzolo materno fino a pochi anni prima, Robin Arryn aveva uno spiccato senso dell'umorismo.

Ma non solo.

"Quattro pazzi che si dichiarano santoni hanno di recente attaccato il carro di un tintore. All'inizio non ho prestato molto caso alla faccenda, ma quando sono cominciate a giungere più lamentele riguardo a quest'argomento ho deciso di intervenire. I miei reggenti mi hanno consigliato di inviare qualche soldato a bruciare il loro accampamento e così ho fatto. Ma per ogni morto è spuntato un nuovo adepto."

"Sono eretici Vostra Grazia." Soggiunse il recentemente aggiunto septon. "Affermano che il peccato è la sola e unica via per raggiungere la salvezza degli Dei. Come porci nel fango essi si crogiolano nella cupidigia e nei desideri più infimi. Organizzano orge e giacciono con chiunque. Umili fratelli si fanno chiamare ma io nel loro stile di vita non ci vedo nulla di umile."

"Se il loro problema dovesse ripresentarsi sono certo che Lord Robin troverà la soluzione." Come Jon ebbe pronunciato queste parole il petto del giovane lord si gonfiò d'orgoglio. "Ma se mai dovesse aver bisogno di aiuto, state certi che la Corona sarà pronta a schierarsi al suo fianco."

Vennero servite le prime portate. Un maialino cotto allo spiedo e un'insalata con rape e cipolle. Le guance di Jon si colorarono e i principini furono portati a letto. I musici presero a cantare allegre ballate seduti sui tavoli e qualche servetta si ritrovava oggetto delle attenzioni dei lord. All'insalata seguirono un arrosto con salsa servito in fette di pane scavate e una torta di crema e fragole.

"Lo sapete che devo il mio nome a vostro padre? A Jon Arryn!" Jon non si ricordava quante coppe aveva bevuto. Forse dieci?...

Ma se per questo nemmeno Robin Arryn. "Davvero?!..."

E andò avanti così per un po', fra canti e risate.





Con l'ausilio di chissà quale grazia divina Jon Snow riuscì a ritrovare la via per la sua stanza e una volta lì dentro il suo cuore si sciolse alla vista della sua regina. Daenerys dormiva supina, le mani posate protettive sul pancino e il corpo che si alzava e abbassava ritmicamente ad ogni respiro. Sembrava fatta di luce lunare, la sua bellissima regina...

Cercando di non svegliarla, Jon si sedette sul letto e cominciò a spogliarsi e a cambiarsi per la notte. Missione mal riuscita: due scrigni d'ametista si aprirono a scrutarlo nell'oscurità insieme a un sonoro sbadiglio. "Jon..."

Jon si girò e le donò un tenero bacio sulle labbra. "Torna a dormire amore mio. Sono solo tornato."

"Com'è andata al banchetto?..."

"Bene. Diciamo che sono un pochino ubriaco."

La risata assonata di lei gli fece andare definitivamente in pappa il cervello. La baciò ancora nonostante lei in seguito gli avesse sbadigliato direttamente in faccia. "Io e Myanna abbiamo passato una bella serata. Abbiamo cominciato a stilare la lista per il corredo del bambino e abbiamo fatto una visita a Drogon e Rhaegal, ma non ti preoccupare, non ho volato."

"Bene." Lui si abbandonò al suo fianco, inspirando il profumo dei suoi capelli. "Ti ho portato una cosa."

Gli occhi che Dany aveva chiuso si riaprirono di scatto. "Che cosa?"

E Jon glielò mostrò. Un dolcetto ai frutti di bosco guarnito di crema. Come lo vide Dany sorrise. "Per le voglie della mia regina." Spiegò Jon.

"Lo mangerò domani mattina." Dany si girò e posò il dolcetto sul comodino. "Adesso voglio solo dormire con il mio re al mio fianco."

Jon si avvicinò per baciarla sulla guancia prima di far sprofondare la testa nel cuscino. "Desiderio accontentato: il tuo Re è qui e non ti lascerà mai."

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