Nasi arrossati

"Il Re era assai savio e giocondo e trovava diletto nel trascorrere le sue ore libere con i suoi figliuoli, giacché questi fanciullini erano la sua vera corona. Numerosi come gli astri del ciel, essi erano venerati e amati da tutto il popolo. Ognuno chiedeva benedizioni per loro e che la loro vita fosse adornata di... di... i... e... etciù! etciù! etciù!"

"E sono tre amore mio, hai battuto il record!"

Daenerys alzò gli occhi al cielo e lasciò ricadere il libro che stava leggendo sulle sue ginocchia, sporgendosi in seguito sul bordo del letto per afferrare un fazzoletto. Non si comprende appieno quale magnifico dono è il respiro fino a quando non si hanno le narici otturate dal muco e Dany ora stava ripensando con nostalgia al suo caro nasino libero di far entrare e uscire aria a piacimento. Conferì al candido cotone quadrato una sfumatura verdognola, lo ripiegò e lo ripose al suo posto sul comodino. Dinanzi a lei Jon stava battendo i denti nonostante fosse avvolto da una coperta di lana e il caldo fosse asfissiante. A gattoni, Dany arrivò da lui e gli passò una mano fra i riccioli per trasmettergli conforto, ottenendo come risposa un sorriso sghembo e una tirata in sù con il naso. Sam non aveva voluto sentir ragioni: riposo assoluto per almeno tre giorni per loro e per i bambini, in quanto ora il cerchio degli starnuti si era espanso e aveva attirato a sé anche Rhaella.

Ma la convalescenza dei piccini si stava dimostrando assai più lieta di quella dei loro genitori. Per non vederli svogliati, Dany aveva fatto recapitare loro, direttamente dalle cucine su suo ordine, una torta al limone, dolciumi al cioccolato e altre prelibatezze. Un pasto luculliano per qualunque bambino, su questo non c'erano dubbi, e sia Dany che Jon si erano rallegrati quando era giunta alle loro orecchie la notizia che i loro tesori avevano gradito la sorpresa a tal punto da non lasciare nemmeno una briciola. Forse lei li viziava un po', ma che poteva farci? Per anni un figlio era stato solo un lontano miraggio per il suo grembo e ora che ne aveva dati alla luce ben sei intendeva trattarli come i miracoli che erano. Per i loro altrettanto infermi genitori invece i pasti non contraddistinti dallo stesso livello di gioia. Brodi e zuppe costituivano il loro nutrimento principale in questi giorni di malattia, anche se Jae naturalmente chiedeva di più. Per questo Dany si era concessa il lusso di uno stufato di lampreda, costringendosi a divorarlo davanti a un Jon Snow con l'acquolina in bocca per quel piatto che gli era precluso.

Al Jon Snow in questione Dany baciò la fronte, scostandogli nel mentre una ciocca di capelli incollata alla pelle dal sudore. "Il mio piccolo draghetto di neve sta forse mettendo in discussione le sue stesse - etciù! - doti nasali?"

"Oh no, niente affatto." Una poco regale ripulita al naso con il braccio. "È che il nabino della bia redida è così... etciù! È così.. i... etciù!.... grazioso!"

Dany gli solleticò il mento. "Anche questo tuo tono di voce lo è, mi infonde dolcezza e calore. Anche se devo ammettere che il calore è già presente in te vero? Scotti come un braciere amore, stringiti bene nella coperta." Coperta il cui perimetro soffice accolse anche lei. Con una rapida mossa, Jon aprì un lembo è così ben presto si ritrovarono entrambi con i coperti sepolti sotto una rossa coltre lanosa. Il tremolio di Jon si acquietò quando le dita di lei si intrecciarono con le sue. La testa di Dany trovò un appoggiò nella spalla di lui e poco dopo le sue palpebre si abbassarono.

Cadde in un landa a metà fra la veglia e il sonno. Le tenebre avevano allungato i suoi tentacoli su di lei ma i suoni e gli odori del mondo non avevano cessato di esistere. I suoni si raggrumavano in sacche nere, scintillavano con con macchie colorate che galleggiavano nel buio. Il respiro di Jon la cullava, la faceva sentire protetta, al sicuro, lontana da qualsiasi pericolo. Percepì un paio di labbra ruvide posarsi sulla fronte e il suo corpo ricadere all'indietro, accasciarsi assonnato sul materasso e sui cuscini imbottiti di piume. E la coperta venire in suo soccorso dai brividi della febbre, abbandonando le membra di Jon. Non seppe dire per quanto vagò in quella terra di mezzo, con gli starnuti di Jon come sottofondo e il tubare delle tortore nelle fronde verdi che adornavano il balcone, ma ad un certo punto una voce si sommò a quella di Jon.

Era di Ser Davos. Parlava in tono sommesso, evidentemente per evitare di destarla. "Mi duole disturbare il vostro ricoverò Maestà, ma vi comunico che i bambini dell'orfanotrofio della Strada della Farina sono appena giunti per rendere i loro omaggi e leggere le poesie a voi e alla Regina e Imperatrice dedicate. Li ho congedati e ho posticipato la visita a un altro giorno, non appena le forze saranno riaffiorate in voi."

I bambini! Erano piccoli cenciosi che avevano rubato il cuore a Dany. L'orfanotrofio situato lungo la Strada della Farina era un edificio fatiscente, che cadeva a pezzi giorno dopo giorno come gli arti di un lebbroso. Dany aveva sborsato una somma notevole di sua mano affinché quelle mura scrostate e quelle imposte rotte tornassero a nuova vita. Ma soprattutto era suo desiderio vedere quei pargoli vivere in condizioni meno disagiate. Per questo li aveva invitati tutti quanti ad incontrare lei e Jon alla Fortezza Rossa e alcuni di loro avevano addirittura, grazie al nuovo sistema istruttivo obbligatorio e gratuito, scritto qualche verso in loro onore. Peccato che Dany non avesse tenuto conto di possibili influenze o di un consorte sull'orlo del delirio febbrile.

Dany riaprì gli occhi di scatto, facendo trasecolare i poveri Jon e Davos. Rimise la coperta sulle spalle di Jon, lo baciò sulla guancia e si rivolse al Cavaliere delle Cipolle. "No, richiamateli qui. Li incontreremo a letto se proprio dovremo."

"Ma Vostra Grazia... siete indisposta e il Re..."

"Abbiamo i nasi intasati Ser, non le menti." Jae scalciò, costringendola a portarsi una mano sul ventre. "Fateli venire qui, tutti quanti. Le loro strofe potrebbero anche alleviare i nostri affanni. Tu che ne dici amore mio?"

"Dico... o... e... etciù!" La coperta si trasformò d'improvviso in un fazzoletto per Jon. "Io sono d'accordo. Molto probabilmente vedrò una mezza dozzina di bambini in più ma... a... a.. etciù! Etciù! Etciù! Etciù! Sabei liedo di veberli..."

Con un sospiro rassegnato dalle labbra di Ser Davos, l'ordine fu eseguito. In meno di cinque minuti la stanza si ritrovò gremita di pargoletti dagli abiti cenciosi e dai visetti sporchi. Il più piccolo aveva a malapena pochi mesi, il più grande dodici. Erano esserini pelle e ossa accompagnati da quattro septe. Se quest'ultime degnarono i loro sovrani di uno sguardo pietoso non appena li video febbricitanti, con le narici arrossate e chiuse per il catarro e adagiati sotto le coltri del loro letto, i bambini tentarono invece di contenere una risata. Affinché ci si guardasse negli occhi, le tende del letto a baldacchino erano state spalancate e per mostrarsi in una maniera decorosa Dany e Jon avevano indossato le loro vestaglie. Quella d'un tenue rosa di Dany non bastò a farla smettere di tremare, perciò si accoccolò in quella bordata di pelliccia d'orso di Jon. Le ricordava il pesante mantello che lui aveva continuato ostinatamente ad indossare durante il suo primo soggiorno a Roccia del Drago.

"Buongiorno bambini." Jon parlò a nome di entrambi, la voce ostruita per un momento scomparsa.

"Buongiorno Vostre Grazie." Risposero in coro i piccoli.

Jon sorrise a tutti loro. "Come vedete io e la Regina non siamo proprio in forma, detto fra noi ci siamo beccati un raffreddore con i fiocchi, ma ci tenevano tanto ad incontrarvi. Mi è giunta voce che avete composto delle poesie per me e la Regina, ebbene, ci piacerebbe davvero molto ascoltarle. Scommetto che ci aiuterete a guarire, non è vero amore mio?"

Dany rivolse uno smagliante sorriso a tutti quei minuscoli volti. Di sicuro ciascuno degli orfanelli era stato sottoposto ad una bella strigliata a d'acqua e sapone da parte delle loro septe prima di mettere piede nelle sale lustrate della Fortezza Rossa. "Fremo dall'eccitazione mio signore... e... e... etciù! Etciù!" Una risata puerile si innalzò dalle file e Dany decise di prendervi parte. "Visto? Anche i sovrani prendono malanni, non siete gli unici a finire a letto di controvoglia ed a assaporare medicine stomachevoli!"

Era una cosa meravigliosa legare con quei bambini. Venne avanti la prima bambina con una poesia scritta di suo pugno. Un adorabile e sgrammaticato componimento di pochi versi. La piccola poteva avere al massimo cinque anni ed era una creatura deliziosa con quelle sue treccine di rame. A lei seguì un giovinetto con una finestrella fra i denti che trovava difficoltà a pronunciare la s, conferendo così al tutto un'aria comica. E poi altri ancora: fanciulli piccoli e sulla soglia dell'adolescenza, bassi e alti, magri e grassi accomunati dallo stesso tema letterario. La bontà dei loro sovrani. Versò la metà Jon stava lottando contro il torpore febbrile con la testa di Dany eletta a guanciale, ma cercò di non darlo a vedere. Giunse infine l'ultimo piccolo, un ragazzino mingherlino sfoggiante un foglio di pergamena più lungo di lui.

Aveva appena iniziato a decantare le prime strofe quando accadde il fatto più divertente della giornata. Il naso di Jon era vistosamente arrossato, a giudicare dal movimento prudeva e...

"E..e..e..ETCIÙ!"

Una macchia verde coprì tutta la composizione, fermandosi nel bel mezzo del foglio. Subito, Jon si scusò con il piccino ma scoprì ben presto che le scuse erano inutili. Il bambino era felice che il reale moccio fosse piombato sulla sua poesia. Lo considerava un grande onore.

"Oh grazie Vostra Grazia! Grazie! Grazie! Grazie! Lo conserverò per tutta la vita! Un pezzo di voi su qualcosa di mio... è incredibile! È un dono!"

Ben notando l'assopimento del Re e della Regina, una delle sue septe mise fine al fervore che subito animò i bambini, sospingendolo fuori. "Andiamo ragazzi, le Loro Grazie sono esauste e hanno bisogno di riposo. Su, su, filare! Lasciate le Loro Grazie tranquille!"

Quando la stanza si fu svuotata, Dany e Jon si guardarono l'un l'altro ammutoliti per la reazione del piccino e poi scoppiarono a ridere. Interrotti da starnuti naturalmente. Dany posò il suo capo nell'incavo del suo collo. "Abbiamo riso ma adesso vogliamo solo dormire, non è vero mio piccolo draghetto di neve?"

"Già..." Jon sbadigliò. "Ho così sonno che potrei... potrei... soffiare il naso..." E così scivolò addormentato.

Ti amo mio piccolo draghetto di neve. Era adorabile alla vista, con le narici arrossate, grondanti catarro e la bocca socchiusa per il russare. Ti amo tanto, infinitamente.

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