Le antiche pietre dei draghi
"Io sono?"
"Nyke."
"Tu sei?"
"Ao issi."
"E come si dice... drago?"
Jon sembrò pensarci un attimo. Abbandonò la testa all'indietro, facendola sprofondare nei morbidi cuscini di piume, e mordendosi il labbro fece navigare i suoi occhi grigi per la stanza, come se si aspettasse di trovare lì una risposta.
"Inizia per z." Gli suggerì Daenerys, e così dicendo cercò di non far vedere a Jon le pagine del libro di Alto Valyriano che aveva deposto in grembo. Lo attirò a sé, rendendogli così visibile solo la copertina in pelle.
"Ehm... drago..." Lui ci stava pensando ancora. "Ti giuro che la so Dany! Ce l'ho sulla punta della lingua..."
"Za?" Dany tentò di aiutarlo.
"Za... Za... Ecco! Zaldrīzes! Zaldrīzes buzdari iksos daor, un drago non è uno schiavo."
Le iridi grigie di Jon si erano illuminate non appena aveva ricordato la parola, illuminate come quando il sole penetra le nubi reduci dalla pioggia subito dopo un temporale. Vedere quella lieve traccia di colore nel bel mezzo del suo viso pallido riempì Dany di felicità.
"Bravissimo! Vedo che l'Alto Valyriano comincia a piacerti eh?"
Jon rise leggermente. "Con un'insegnante come te! Certo che cominci a piacermi!"
Era stata Dany a consigliarli di imparare l'antica lingua di Valyria e dopo l'accettazione di Jon, lei si era subito prestata come sua insegnante. Nei lunghi pomeriggi che seguivano alle gite sulla spiaggia, una volta che i bambini erano stati messi a fare il loro riposino pomeridiano, le parole del millenario popolo dei draghi tornavano a rimbombare fra quelle mura che da esso erano state costruite, ridando come una sorta di nuova vita ai quei solitari, maestosi e corrosi dal sale, draghi di pietra.
La maggior parte delle volte se ne stavano difronte alle finestre ad arco della loro stanza, in modo che la brezza fresca del mare arrivasse direttamente a Jon. Lui restava adagiato su una poltrona con una coperta sulle gambe e una marea di cuscini a sorreggergli la schiena. Dany invece optava per una semplice sedia.
Poi, una volta preso il vecchio tomo, dalle loro labbra uscivano parole dimenticate, ultimi residui di un popolo scomparso così tanto amante del fuoco che per ironia della sorte era stato distrutto dall'acqua.
Le loro lingue schioccavano agli accenti e danzavano sulle apostrofi, mentre provavano a pronunciare frasi a volte dal suono esotico e leggero, altre volte dal suono gutturale e freddo. Jon incespicava ancora un po' sul famoso "iksos" e questo faceva sorridere Dany.
"Ti ringrazio per i complimenti. Kirimvose."
Jon si girò dall'altro lato e, sporgendosi un poco oltre il bordo della poltrona, afferrò una succosa pesca matura dal cestino della frutta che era stato posato sul tavolino poco distante.
I suoi denti affondarono nella polpa come un lupo li affondava nella carne della preda catturata, solo che a differenza della bestia lui non ne uscì poco dopo con un muso grondante di sangue, ma con un appiccoso succo sul mento che gli sporcava le labbra e la barba.
Fu Dany a pulirlo. "Vedo che ti è ritornato l'appetito."
Masticando il morbido pezzo di pesca, Jon annuì.
Dany era felice di ciò e nei giorni precedenti aveva potuto constatare che era vero: Jon aveva ripreso a mangiare con gusto, non facendo più i capricci ogni volta che un piatto di minestra gli veniva posto dinanzi.
E l'arrivo della fame sembrava aver scacciato la tosse, anche se non completamente. Ogni tanto un flutto rosso faceva la sua comparsa sulle labbra di Jon, ma adesso i colpi violenti parevano essere diminuti.
L'aria di Roccia del Drago stava giovando al suo Jon Snow e di questo Dany era contenta.
"Ma lo sai che a me piace essere imboccato da te mia regina."
Dany sorrise a quest'affermazione. Durante tutto il periodo della malattia l'aveva imboccato lei, con le sue mani, porgendogli cucchiaiate di brodo e di altri pasti leggeri adatti allo stomaco di un infermo e anche adesso che Jon riusciva a muovere le mani senza tremare, questo vizio non aveva voluto andarsene.
Gli strinse la mano libera e baciò sulla guancia, percependo il sottile strato di sudore di quella poca febbre che ancora non ne voleva sapere di scomparire.
"È perché tu sei il mio re dei viziati, te l'ho detto." Lo baciò ancora in un bacio piccolo, leggero, unendo le labbra a forma di bocciolo di rosa.
Il desiderio di tornare a possederlo, di fondere per l'ennesima volta i loro sapori e essere ancora sua la tormentava come un tarlo ogni volta che le sue labbra si posavano sulla sua pelle e sapeva che anche per Jon era lo stesso, ma entrambi sapevano che prima lui sarebbe dovuto guarire.
"Fammi un succhiotto." Le disse. "Un succhiotto come solo tu sai farli, pieno di passione e di fuoco come i morsi di un drago."
Dany stava già per fiondare i suoi denti nella sua carne, ansiosa di lasciarvi un bel segno rosso come simbolo di tutto il suo amore per Jon, ma qualcuno la interruppe.
Lo schiarirsi della voce di Ser Davos la interruppe.
Dei membri del Concilio Ristretto che li avevano accompagnati a Roccia del Drago, Ser Davos e Ser Brienne erano gli unici. Tyrion avrebbe gestito gli affari regali in loro assenza, come era da prassi che il Primo Cavaliere facesse, mentre Sam aveva anche lui una famiglia a carico.
A prendere il suo posto era venuto l'Arcimaestro Ebrose, che era stato una sorta di insegnante per Sam alla Cittadella.
"Perdonate Vostre Grazie, ho bussato ma non molto forte a quanto pare."
Dany gli rivolse un caloroso sorriso. "Non vi preoccupate Ser, stavamo dicendoci solo delle sciocchezze."
Non riuscì a evitare la scherzosa gomitata e la minuscola e velocissima linguaccia di Jon che seguirono.
"Come state Vostra Grazia?" Domandò l'anziano contrabbandiere prendendosi una sedia e andandosi a sedere accanto a Jon. "Meglio oggi?"
Jon annuì, mandando giù l'ultimo boccone di pesca che nel frattempo aveva mangiato. "Sì oggi meglio, ho solo gli occhi che mi bruciano un po'."
Fu Dany a ricordargli anche altro. "E il mal di gola..."
Jon sbuffò. "Sì, e il mal di gola..."
Davos ridacchiò e strinse la mano di Jon. "Sono lieto di sapere che l'aria di Roccia del Drago vi sta guarendo, ma non credo che riusciate a nascondere i vostri sintomi a Sua Grazia la Regina."
"Oh no Ser Davos." Disse Dany. "Ormai niente mi è sconosciuto di questo testone!"
Così dicendo pizzicò Jon sulla guancia e lui di tutta risposta sorrise.
"Sono qui per dirvi che è arrivato un corvo da Approdo del Re scritto dal nostro amato Primo Cavaliere."
"Provvederò subito a leggerla, grazie dell'avviso Ser. Ma nel frattempo potreste rimanere cinque minuti in compagnia di Jon?" Dany si alzò dalla sedia e si diresse subito verso la porta.
"Con molto piacere Vostra Grazia." Rispose Ser Davos prendendo il libro che Dany gli aveva passato.
"Ma io non ho bisogno di qualcuno che mi sorvegli!" Sentì Jon esclamare prima che lei chiudesse la porta e si dirigesse verso la Sala del Tavolo Dipinto.
Jon sbuffò, crogiolandosi nei cuscini e dispiegando la coperta lungo tutto il suo corpo. Perché Dany non si fidava a lasciarlo solo? Non che gli dispiacesse la compagnia altrui, soprattutto se era di un amico come Davos, eppure... non era un bambino di tre anni!
Decise di consolarsi con qualche parola ancora di Alto Valyriano.
"Puoi leggere Davos?" Chiuse gli occhi e assaporò la morbidezza della coperta contro la pelle
Quando alcuni attimi di silenzio si trasformarono in minuti, Jon riaprì gli occhi e vide che il vecchio contrabbandiere sfogliava con uno sguardo perplesso le pagine ingiallite del libro.
"Io ho imparato a leggere." Disse Ser Davos. "Ma non questa lingua qui, che roba è Vostra Grazia?"
"Alto Valyriano, la regina me lo stava insegnando."
Davos provò a pronunciare qualche parola. "J-Jos?..."
"Jaos." Lo corresse Jon. "Significa cane. Credo che la lettura di una lingua antica non sia ancora adatta a voi vero Ser?"
Ser Davos osservò le illustrazioni miniate, piccole opere d'arte di inchiostri rossi, verdi, blu e oro, che ne' il tempo ne' i topi di biblioteca erano ancora riusciti a distruggere.
Poi ridacchiò. "Temo di no ragazzo mio, ma che ne dici se invece facessimo un po' a pugni, dopotutto Daenerys non è qui..."
Jon non chiedeva altro. Certo, era ancora troppo debole per camminare del tutto, ma riusciva a fare dei brevi passi se aiutato e poi era un'eternità che se ne stava seduto o sdraiato!
La coperta fu tolta e subito una cuscinata raggiunse Ser Davos in pieno viso, spargendo in giro una marea di piume svolazzanti. Jon si ritrovò sul pavimento di pietra e con leggeri pugni colpì le gambe del vecchio. A fermarlo giunse una cuscinata sulla testa.
"Vai piano!" Davos rideva di gusto. "Sono troppo vecchio per queste cose!"
Jon prese un altro cuscino. Pur essendo in ginocchio riusciva a colpire bene l'avversario.
"Sono rimasto a letto per troppo tempo! Le mie gambe avevano bisogno di muoversi!"
Gli stivali di Ser Davos gli schiacciarono i piedi nudi, ma lui riuscì a vendicarsi lanciandogli un cuscino nello stomaco. Non appena Davos cadde, un ennesimo colpo di cuscino arrivò e lo colpì sulla schiena.
"Basta! Basta!" Rise lui. "Non ti devi stancare troppo, altrimenti Daenerys chi la sente..."
Jon smise di colpirlo. "Anche lei dovrà capire che ormai sto guarendo."
Come se le parole di Davos avessero sortito qualche effetto, dei passi si sentirono poco lontano dalla porta.
Oh oh. Dany stava tornando ed era meglio non farsi trovare in quello stato.
Più velocemente che potè, Jon si rifiondò sulla poltrona mentre Davos gli rimetteva a posto i cuscini. Ripresero le postazioni con cui Dany li aveva lasciati, Jon ben comodo nel suo morbido seggio e Davos impegnato a guardare le pagine del libro, nella speranza che lei non accorgesse di nessun cambiamento.
"Grazie mille Ser." Disse lei una volta entrata. "Spero che ciò non ti abbia disturbato."
"Per nulla Vostra Grazia, il Re è una piacevole compagnia."
L'anziano contrabbandiere si alzò, fece un inchino difronte ai suoi sovrani e a Jon fece un occhiolino complice, in modo che sapesse che la loro attività segreta era al sicuro con lui.
"Che cosa diceva il corvo?" Chiese Jon a Dany una volta che lei si fu seduta. "Qualcosa di grave?"
Dany scosse la testa e riprese il libro. "Soltanto Tyrion interessato a sapere come stiamo, gli ho scritto che stiamo bene e che tu stai migliorando sempre di più grazie alla sana aria di Roccia del Drago."
"Bene."
"Quel tuo sorrisetto sulle labbra non me la sta contando giusta. Avete fatto qualcos'altro oltre a leggere?"
Pregando silenziosamente gli dei che questa sua domanda fosse solo e soltanto una domanda, Jon fece segno di no con la testa.
"Mi sono solo... sgranchito le gambe. Ma adesso potremmo continuare con la lezione? Davos non è il migliore dei lettori di Alto Valyriano."
Dany si girò nel dormiveglia e allungò una mano all'altro capo del letto per cercare Jon. Voleva sentire il calore del suo corpo, i suoi respiri di addormentato.
Ma Jon non c'era. Il suo lato era vuoto.
Allora Dany si svegliò completamente e tastò bene il materasso nel buio ma ancora una volta lo trovò vuoto. Vuoto, ma caldo e se era caldo voleva dire che si era alzato da poco.
"Jon?"
La sua voce si perse nelle tenebre e nel rumore delle onde fuori dalla finestra e non soddisfatta da questa risposta, oltre che preoccupatissima, Dany decise di alzarsi.
Accese una candela e con essa in mano cominciò a vagare per i bui corridoi di Roccia del Drago. La fiamma della candela irrompeva nell'oscuritá andando a scontrarsi con i muri di nera pietra, ma non appena passava oltre il buio tornava a dominare, fittissimo come una foresta.
Quella piccola luce era la chiave per aprire i cancelli delle tenebre e una volta oltrepassati era possibile ammirare chi custodissero. Enormi draghi di pietra si ridestavano, svelando le loro squame scolpite e i loro artigli di granito. I loro occhi sembravano prendere vita non appena il fuoco si avvicinava loro e lo seguivano con lo sguardo non appena se ne andava, facendoli ritornare nei loro antri oscuri.
Dany si sentiva osservata da quelle creature ma sapeva che erano creature benevole, i custodi silenziosi di quel luogo remoto in mezzo al mare e della sua dinastia.
La pietra era piacevolmente calda sotto i suoi piedi nudi, calda di fuochi e vapori vulcanici e il bordo della sua vestaglia strisciava contro il pavimento, andando a creare un lieve suono che, in quella tenebra così piena di draghi e di segreti, si sarebbe quasi potuta scambiare per i sussurri di quegli antichi esseri.
Sussurri su chissà chi, su chissà che cosa. Pensò avanzando lungo il suo cammino. Questi draghi avranno visto quasi tutta la storia di Westeros.
Si fermò un attimo sulla soglia della camera dei bambini per controllarli. Rhaella e Aemon dormivano al sicuro nelle loro culle e vedere ciò le mise pace nel cuore.
Ma non del tutto, perché non aveva ancora trovato traccia del suo infermo consorte.
Dany si chiese come cavolo fosse stato capace di alzarsi nel bel mezzo della notte e andarsene a zonzo per Roccia del Drago, lui, che a stento riusciva a fare quattro passi anche se aiutato.
Forse aiutato dal muro. I draghi di pietra con le loro zampe, le loro ali, i loro artigli e i loro musi che sporgevano dalle pareti avevano aiutato Jon a sorreggersi e a camminare. Ma anche se fosse stato così, cosa per Dany più che probabile, perché diamine Jon Snow aveva avuto bisogno di alzarsi a notte fonda e farsi una passeggiata per il castello? Non poteva svegliarla?
Poi le venne in mente un pensiero terribile, un pensiero pauroso. E se qualcuno avesse fatto del male a Jon? Se magari... se...
No, no, no. Erano pensieri stupidi, esagerati, molto probabilmente Jon se ne stava da qualche parte in quei corridoi bui, stanco dopo quello sforzo che era stato troppo per lui e con una candela in mano per farsi luce.
E quando Dany l'avrebbe trovato, l'avrebbe maledetto per quella sua stupidissima idea del giretto notturno. Oh sì che l'avrebbe fatto!
Perché suo marito doveva essere così testardo?
Accellerò il passo, trasformando la fiammella della candela in una striscia di fuoco man mano che correva e alla fine arrivò all'ingresso della Sala del Trono.
E fu lì che lo trovò.
Jon Snow se ne stava adagiato sui gradini dinanzi al Trono, illuminato dalla luce della luna che entrava dalle finestrelle sopra di esso è con una lunga coperta sulle spalle.
Era assorto nella visione dell'enorme scranno di pietra che, con la sua forma obliqua, sembrava quasi fuori posto in quella sala dalle mure diritte e rigide.
"Stavi pensando al nostro primo incontro?"
Il suo arrivo lo colse di sorpresa, facendolo sussultare e poi sospirare alla sua vista. "Sì, la prima cosa che ho pensato quando ti ho visto è stata; wow, ma allora questa è davvero la più bella donna del mondo come dicono tutti!"
Dany rise leggermente e si sedette accanto a lui, deponendo la candela su uno scalino e con la rabbia che prima aveva nei suoi confronti svanita.
"Invece io ho pensato: me lo immaginavo più alto."
Risero entrambi e Jon le diede un'affettuosa spintarella.
"Perchè tutte le donne che incontro devono avere da ridire sulla mia altezza?"
"Perché, Jon Snow, sei un vero e proprio tappetto."
Lo baciò sul collo e poi risalì alla guancia, percependo felice sotto le labbra i muscoli che si contraevano per formare un sorriso. Jon le cinse il collo con le braccia, anche se Dany avrebbe detto che vi aveva più cercato un appiglio. Poteva sentire quanto fosse stanco.
"Perché sei qui? Mi hai fatto preoccupare un sacco quando non ti ho trovato nel letto." Finalmente gli rivolse la domanda principale della sua venuta.
"Non riuscivo a dormire e così ho pensato di fare una passeggiata per il castello."
"Così? Ammalato e senza una scorta? Ma cosa ti è saltato per la testa? Avresti potuto svegliarmi o far venire con te Spettro o, cosa che avrebbe risolto subito la situazione, avresti potuto chiedermi una coppa di dolcesonno in modo da dormire tranquillo."
"Non volevo svegliarti e poi sono stufo di continuare a prendere quella roba, non è una medicina è una schifezza."
Dany sorrise e fece sì che le gambe di Jon si posassero sul suo grembo.
"Ma tutto sommato è stata una bella passeggiata." Continuò lui. "Anche se adesso le mie gambe mi pesano più di un macigno. Roccia del Drago è davvero bella di notte e mi ha aiutato a schiarire molti pensieri."
Dany se lo strinse a sè. La testa si Jon era posata sulla sua spalla ora. "Che genere di pensieri?"
"Pensieri su questo luogo, pensieri su di te. L'immagine di te che mi accoglievi seduta su questo trono è stata una delle più presenti nella mia mente quando ero in prigione. Me lo ricordo come fosse ieri."
"Anche io." Lo baciò sulla fronte. "Specialmente mi ricordo di come Missandei enunciò la mia fila di titoli mentre con te Ser Davos disse soltanto: Lui è Jon Snow e allora tu lo guardasti come a dire ti prego di' qualcos'altro che sto facendo una figuraccia!"
Risero ancora alla memoria dell'accaduto.
"Beh, almeno dopo ha detto che ero il Re del Nord, anche se quella è ufficialmente la scena più imbarazzante di tutta la mia vita." Disse Jon stringendole una mano.
"Io credo che sia diventato leggenda." Rispose Dany.
Posò la sua fronte contro quella di Jon e stettero lì per un po', lui in grembo a lei, nel silenzio di un castello addormentato e scrutati da silenti draghi di pietra che non avrebbero rivelato a nessuno quello che si erano detti.
Anche se qualcuno li aveva sentiti.
"Non dovreste essere entrambi a letto?"
A parlare era stato Ser Davos, che se ne stava sulla porta con un sorriso benevolo in volto. Il suo arrivo improvviso aveva fatto sussultare Jon e Dany che avevano girato le teste verso quell'ospite inatteso.
"È molto tardi e Sua Grazia il re è malato. Posso chiedere perché siete ancora in piedi?" Domandò il vecchio contrabbandiere avvicinandosi.
Fu Dany a rispondere a nome di entrambi: "Pensieri Ser, pensieri che tengono svegli. Ma non dovresti stare dormendo anche te?"
Davos scosse la testa. "Figliola cara, man mano che l'età avanza il sonno non è più uno dei tuoi amici più fidati."
Dany adorava quando Ser Davos si comportava in un modo così paterno. La faceva sentire amata anche da un altro tipo di amore oltre a quello di Jon, un genere di amore che solo Ser Jorah fino a quel momento era stato in grado di darle. Le sembrava di essere una bambina stretta nell'abbraccio caldo di un anziano padre o di un nonno e sapeva che anche per Jon era così.
Ogni volta che il ragazzo compiva una grande e giusta azione gli occhi di Ser Davos scintillavano di orgoglio paterno, quell'orgoglio che non aveva potuto riversare sul figlio naturale morto troppo presto.
Per Dany e Jon era una sorta di privilegio essere considerati come dei figli da parte del buon vecchio.
"È meglio che filate a letto tutti e due." La voce di Davos la riportò alla realtà. "So che tanto qui non avete gravosi impegni regali a disturbarvi, ma non voglio vedervi stanchi domani mattina."
E, avvicinandosi a Dany, le sussurrò: "E poi Jon sembra sul punto di addormentarsi proprio qui."
Non aveva torto. Con la testa adagiata sulla spalla di Dany, Jon Snow ciondolava sull'orlo dell'assopimento e stava disperatamente lottando per tenere gli occhi aperti.
"Torneremo subito a nanna Ser, grazie del consiglio. È soprattutto Jon che ha bisogno di riposo nel suo stato, vero Jon?"
La risposta di Jon non fu il silenzio o un mugugno da mezzo addormentato, ma piuttosto un: "Dany... mi fa male la testa..."
A questa allarmante frase seguì un colpo di tosse, il primo dopo tre giorni, e gocce cremisi si librarono nell'aria, andando a macchiare lievemente la camicia da notte di Daenerys.
Lei e Davos si scambiarono subito uno sguardo preoccupato e immediatamente la mano di Dany corse a tastargli la fronte. Era calda, non bollente come le altre volte ma comunque calda.
"Dobbiamo portarlo subito a letto." Disse Dany a Ser Davos.
"Sì, dammelo." E così Jon Snow fu preso in braccio da Ser Davos Seaworth come un bambino.
Lui non sembrò accorgersene più di tanto, forse perché era già scivolato nel sonno o nel torpore febbrile, e approfittò dell'occasione per lasciare un ricordo di saliva sulla spalla del Cavaliere delle Cipolle.
Dany e Davos si avviarono verso i loro appartamenti, con la candela come loro guida.
"Benedetto ragazzo..." Sentì Dany mormorare a Davos a un certo punto del loro cammino.
Si girò e vide che stava accarezzando il capo riccioluto e spettinato di Jon con affetto. Lei sorrise a quella scena.
"Per te è come un figlio non è vero? Devi essere orgoglioso di lui."
"Aye." Rispose lui. "Orgoglioso di lui e di te al massimo ma di me non molto. Quando andai a trovarlo in prigione mi sentii come se mio figlio fosse morto un'altra volta, ma non per causa di una terrificante onda di Altofuoco no, ma per causa mia. Jon era lì desideroso solamente di lasciarsi morire per raggiungerti, non dormiva più, non mangiava nulla e non si lavava da giorni, lui, che così tanto aveva sacrificato per noi, pure l'amore della sua vita ed io? Io avevo un nuovo e alto posto nel Concilio Ristretto e senza aver fatto nulla. Neanche quel giorno feci nulla, mi limitai a guardarlo mentre si immergeva nel suo dolore, non gli dissi una parola, niente di niente, tranne un: "Devi mangiare." Lui mi rispose che quello che aveva fatto non era per niente giusto e che dovevamo lasciarlo morire lì come il peggiore dei criminali della terra. Dentro di me sentivo di aver perso ancora un figlio, se non due, e io non avevo fatto niente per aiutarli."
Alla bagliore della candela i suoi occhi parvero lucidi per un secondo e strinse ancora di più Jon a sé.
Dany provava un immensa pietà per quell'uomo. Cosa avrebbe potuto saperne lui dei problemi dei loro cuori innamorati? Erano stati loro gli attori principali di quello spettacolo, ma nonostante ciò Ser Davos si malediva comunque.
Che persona buona che era...
"Ora noi siamo qui, siamo vivi e siamo sani, beh almeno sani mentalmente." Rimise a posto un lembo della coperta di Jon che gli era caduto dalla spalla. "Ma siamo ancora giovani e abbiamo bisogno di qualcuno più esperto che ci guidi lungo il percorso, vorreste aiutarci Ser Davos? Malgrado tutto quello che avete visto stando al nostro fianco?"
Un sorriso fece la sua comparsa sulla ragnatela di rughe che era il volto del vecchio contrabbandiere. "Con molto piacere Vostra Grazia, darò ogni mio respiro per servire voi e Sua Grazia Re Aegon."
Dany gli sorrise dolcemente e, rigirandosi, riprese a camminare nelle tenebre.
"Bene. Ora portiamo questo birbantello a letto e chiamiamo un maestro."
Il "birbantello" in questione non aveva avuto una ricaduta, cosa che Dany all'inizio aveva temuto, ma semplicemente una dimostrazione che i suoi polmoni non potevano essere guariti subito in quattro giorni.
Dany emise un sospiro di sollievo al saperlo e si rese conto di quanto fosse stata sciocca al pensare che Jon fosse ritornato subito a stare meglio.
Ci sarebbero voluti di più di quattro giorni perché la tubercolosi gli dicesse addio.
Tuttavia la febbre rimase, non altissima, ma rimase e con essa Jon fu confinato a letto per qualche giorno.
"Ho sognato ancora mia madre..." Disse a Dany un pomeriggio quando si risvegliò dal torpore.
Ogni tanto il sonno della febbre lo chiamava a sé, un sonno irrequieto, fatto di sogni strani e bizzarre visioni.
"Davvero?" Lei fece finta di stupirsi visto che si ricordava benissimo quando lui, nel delirio del punto più drastico della malattia, Jon l'aveva scambiata per Lyanna Stark tornata dal mondo dei morti.
"Oh sì, ed era bellissima. Vestiva tutta di blu e nelle mani aveva tante e profumatissime rose blu dell'Inverno. E il suo sorriso! Oh Dany se solo avresti potuto vederlo..."
Andò avanti a decantare le lodi di Lady Lyanna ancora per un po' e Dany non lo interruppe. Jon aveva tutto il diritto di farlo, di pensare sognante a quell'assente figura essenziale nella sua vita, specialmente nella malattia.
Le aveva raccontato di come Lady Catelyn Stark, la sua matrigna, avesse passato una notte intera al suo capezzale quando da piccolo aveva preso il vaiolo. Aveva pianto per lui e per lui si era disperata, la bella Lady delle Terre dei Fiumi che con lui aveva sempre dimostrato un cuore gelido, l'aveva trattato come un figlio suo, dicendo che avrebbe chiesto a Lord Eddard di legittimarlo una volta che gli Dei gli avrebbero concesso la guarigione.
E gli Dei gliela avevano data la guarigione a Jon Snow, ma con essa tutte le promesse di Catelyn e quella breve illusione di avere per una volta una madre, qualcuno da cui correre per essere rassicurati e per ottenere tenere coccole, erano scomparse come la bruma del mattino.
"Deve essere stata un'esperienza meravigliosa." Dany gli strinse la mano sudata e gli porse un bicchiere d'acqua fresca alle labbra.
Jon bevve avidamente, risucchiando goccia dopo goccia di quel prezioso e refrigerante liquido.
"Già." Rispose. "Un qualcosa di unico e bellissimo, ma..."
"Ma cosa?"
"Ma la cosa più bella e unica della mia vita ce l'ho qui davanti a me e sei tu Daenerys Targaryen."
Con le lacrime agli occhi per la commozione, Dany lo baciò sulla guancia e la fece sfregare amorevolmente contro la sua in un'affettuosa carezza.
"Anche tu sei per me la cosa più bella che mi sia mai capitata Jon Snow, malgrado tutto e tutti, ricordatelo sempre."
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