Il ruggito del drago e l'ululato del lupo

Sansa la fronteggiava, un sogghigno fastidioso sulle labbra sottili. Come mossa da un istinto, Daenerys si alzò in piedi e si frappose fra lei e l'addormentato Jon, socchiudendo gli occhi con aria di sfida e alzando il mento, pronta per far fronte alla Lady di Grande Inverno. Sansa scivolò nel locale lasciando che il suo strascico di pelliccia nera frusciasse sul pavimento. Osservò Jon e la luce che fino a quel momento aveva infiammato i suoi occhi si spense di colpo.

"Cosa vuoi?" La voce di Dany suonò tagliente. "Jon si è appena addormentato e ha bisogno di pace. Ti prego di ritentare più tardi."

Il guanto di pelle nera di Sansa sfiorò il bordo del letto, soffermandosi in seguito sul suo piede sepolto dalle coperte. Non rispose allo sguardo di Dany. "Ci tenevo solo ad essere informata sulle sue condizioni e anche Arya. È lei che mi ha mandato qui. Nella Sala Grande il banchetto è in corso e la tua presenza sarebbe assai gradita."

"Sappiamo entrambe com'è finita l'ultima volta che io mi sono allontanata dal suo capezzale, perciò mi dispiace risponderti che non verrò. Rinnova i miei auspici ai novelli sposi e divertiti tu per me. Di' pure ad Arya che suo cugino si sta lentamente avviando sulla via della guarigione."

"Lentamente." Ripetè Sansa con le iridi conficcate nel viso pallido del suo illustre parente. "Non appena Jon si sentirà più in forze partirete in direzione del Sud?"

Tu non mi vuoi e nemmeno io, ma non posso ordinare a mio marito di guarire seduta stante. È merito tuo se è in questo stato, ricordatelo. "Ovviamente e la coppia Baratheon si aggiungerà al corteo reale per poi fare rotta verso Capo Tempesta. Jon non potrà tornare a cavalcare Rhaegal per un po', perciò viaggeremo tutti in carrozza."

Dany non capiva se Sansa la stava degnando della sua attenzione oppure no, siccome non distoglieva lo sguardo da Jon. Lui era divenuto pacato, viandante suoi sentieri del sonno ristoratore. Ritmicamente il suo torace si alzava e si abbassava, gonfiando le lenzuola e fuoriuscendo in un lieve russare. La mano di Sansa corse sulla sua fronte, tastandola e liberandola da un ciuffo ribelle. Dany dovette trattenersi dallo strappare bruscamente quella mano dalla pelle del suo Jon.

"Ha la febbre." Constatò Sansa. "Non vorrei che si alzasse ulteriormente. Ti sono state recate nuove pezze e una bacinella d'acqua ghiacciata? Posso farteli recare immediatamente se lo desideri."

Un sospiro e due braccia incrociate contro il petto. Le labbra di Daenerys sputarono schiettezza. "Tu non sei qui solamente per rendere una visita di cortesia a Jon, vero Sansa? Tu sei qui per me."

Le dita di Sansa fremettero come se fossero smaniose di afferrare qualcosa e le sue iridi continuarono nel loro rifiuto di incrociare quelle di Dany. Dalle imposte filtrava un raggio di luce che piombava perpendicolarmente sul pavimento e si allungava fino al letto, tagliando così come una sottilissima lama luminosa il tappeto e le coperte. Sansa Stark oltrepassò quel confine immateriale, lasciando che esso passasse attraverso la sua chioma come un pettine.

Il tono di Dany non mutò, benché fosse ora decisa ad abbattere la muraglia di silenzio di Sansa.

"È il rimorso per le tue azioni, non mentirmi, lo vedo scritto nei tuoi occhi. Esso un tarlo che rosica in continuazione la tua mente, ti corrode e corrode poco a poco fino a che di te non rimane che un involucro vuoto. È una belva ingorda che non conosce requie. Ora sai come ci si sente. Le tue notti sono un tormento di visioni? Le grida disperate di Jon in quella cella e le sue catene sfreganti sul pavimento lurido angustiano il tuo riposo? Ringrazia gli Dei che non sono i pianti di bambini o gli strilli delle madri."

E lei ne sapeva molto di argomenti come questi, le lenzuola della sua camera ad Approdo del Re ne era testimoni. Dany vide Sansa mordersi nervosamente il labbro.

"Come fai a non odiarlo? Jon intendo, lui ti ha ucciso."

"Ucciso o liberato? Fa più male una lama reale conficcata nel cuore o una immaginaria conficcata nell'animo? Brucia di più il tradimento altrui o quello di se stessi? Sarò sincera con te: sebbene nel mare della morte io sia giunta a comprendere i miei sbagli, una volta tornata alla vita non fu immediatamente facile digerire la bile dell'atto di Jon. Mi sentivo divisa: una parte di me era ben conscia che non avrei potuto volgere lo sguardo al futuro senza prima osare guardare in faccia il passato, mentre l'altra mi diceva di covare in me l'odio più puro nei confronti di Jon. Alla fine la prima ebbe la meglio e io volai al Nord con i miei dubbi e i e miei tormenti. E quando vidi in che stato si era ridotto Jon..."

Avrei voluto denudarmi e gettarmi nuda nella neve pur di spegnere quel fuoco di vergogna che mi infiammava i lombi. Avrei voluto stringerlo a me, piangere con lui e mai più lasciarlo andare. Avrei voluto che le montagne accogliessero il mio grido di perdono e che lo riportassero a Jon.

"... quando lo vidi, ogni singola traccia d'odio che provavo ancora nei suoi confronti si squagliò come gelatina al sole. Mi resi conto del drammatico punto a cui ero giunta, dei valori a cui un tempo mi ero votata e che avevo tradito compiendo quella strage. Io ero una Mhysa non una Regina Folle eppure il desiderio per una stupida sedia di ferro mi aveva fatto battere quella strada. Io libero vite, non le trucido, io dono pace, non morte. Non hai idea di quanto la ferita bruciò, di quanto il coltello dei sensi di colpa scavò in profondità nelle mie carni. Ancora oggi quella cicatrice non si è rimarginata del tutto e ogni volta che Jon cade malato essa riprende a sanguinare. Lui mi diede pietà, altrimenti mi avrebbero lapidato nel giro di un giorno per aver ridotto la Capitale a cenere e ossa."

Il sale veniva gettato sulla ferita quando nobili signori o semplici popolani le lanciavano occhiatacce cariche d'odio. Per quanto fosse ormai flebile e l'immagine di una buona sovrana l'avesse cancellata anno dopo anno, l'ombra di suo padre e della sua follia si estendeva alle sue spalle. Allora Dany soffriva, ma Jon, i suoi baci e i suoi bambini provvedevano sempre a riportarle il sorriso.

"Perdonare gli altri è facile, è riuscire perdonare se stessi che è difficile." Negli occhi di Sansa aleggiava un luccichio e per un brevissimo secondo, Dany provò un moto di misericordia per lei. Ma fu solo un secondo appunto, effimero come la fiamma di una candela. "Desidero solo il bene di Jon e il tuo."

Il mio, certo. Tu sai che siamo entrambe sullo stesso piano emotivo e non vuoi rimanere sola, non desideri chiuderti nella tua tristezza. Dany deglutì. "Sono grata di saperlo."

"Mmh... Dany..." Il loro battibeccare aveva disturbato il riposo di Jon. Mugugnando, lui scosse il capo nel cuscino.

Dany si chinò su di lui e gli massaggiò dolcemente i riccioli d'ebano, la sua voce d'improvviso calma. "Ssh... dormi mio piccolo draghetto di neve. Non è nulla, stai tranquillo. Ora dormi..."

Mossa ben riuscita: Jon tornò subito a russare in meno ed annaffiare il cuscino di saliva. Sansa rimase immobile a quel trattamento, scrutandolo silente come una statua di gesso. Inchinandosi rispettosamente, non proferì parola e uscì dalla stanza. Dany si sentì sollevata non appena vide il suo mantello sparire aldilà dell'uscio. A sostituirla giunse la testolina riccioluta di Rhaella.

"Il papà sta facendo la nanna, mamma?" Domandò la piccina stringendo a sé un fagotto bianco.

"Sì amore mio." Le rispose Daenerys rimettendosi a sedere sul bordo del letto. "Era tanto stanco poverino, tutte queste celebrazioni l'hanno esaurito. Che cosa nascondi fra le tue braccia?"

Rhaella sorrise in un modo adorabile e svelò il fagotto. Avvolto in uno straccio bianco, un lupacchiotto di poche ore e dal pelo color ruggine uggiolava ancora cieco alla ricerca del latte. Dany lo fissò a bocca asciutta.

"Mamma... posso farti una domanda?"










"Nostra figlia vuole un metalupo." Confessò a Jon quando lui tornò ad essere sveglio e attivo, benché ancora perseguitato da una febbre non particolarmente amante delle basse temperature e dalla tosse.

Suo marito spalancò gli occhi arrossati e cerchiati di nero. Disteso contro una parete di cuscini di ogni forma e dimensione, Jon quasi spariva nella morbidezza del più grande di tutti, una cosa gigantesca alta almeno due volte la sua testa. Si strinse la coperta contro il petto in cerca di calore.

"Un metalupo? Dove diamine l'ha preso un metalupo? Spettro è l'unico della zona!"

"Il vessillo di Grande Inverno raffigura un metalupo." Gli precisò Daenerys. "Perciò non c'è da meravigliarsi a questa cosa. Nymeria, la metalupa di Arya, è tornata dalle foreste gravida di ben sette cuccioli. Li ha dati alla luce questa mattina, nelle cripte, prima che tu e la tua birichinata aveste luogo. In tutto vi è un cucciolo per ogni bambino qui presente: cinque per i nostri e due per Olek e Robb."

Sebbene ancora intorpidite dal pisolino, le palpebre di Jon scattarono. Le occhiaie sottostanti incorniciavano le iridi di nero, dando solo un assaggio a uno spettatore esterno di quanto la malattia avesse logorato Jon. "I metalupi non sono come i cani da compagnia, essi necessitano di impegno."

"Lo so Jon."

"E di determinazione."

"Lo so."

"E possono diventare selvaggi se mal addestrati."

"Lo so! Non ho bisogno che mi rinfreschi la mente con la tua conoscenza su queste creature, ti chiedo solo se parteggi con me nella scelta di lasciar tenere ai nostri figli questi cuccioli."

Uno sbadiglio, araldo di ulteriore stanchezza. "Nelle vene nei nostri bimbi non scorre solo il sangue di Valyria, per quanto esso possa essere nettamente in maggioranza, ma anche quello dei Primi Uomini che edificarono Casa Stark. È giusto che ricordino le loro radici nordiche attraverso quei cuccioli e che abbiamo la loro prima vera boccata di responsabilità. Mi preoccupa soltanto l'età dei gemellini e di Jaehaerys! Sono ancora così piccoli, pensi che riusciranno ad assumere un simile compito?"

"Piccoli ma con già caratteri determinati." Gli ricordò Dany spostandogli una ciocca riccioluta dietro il lobo dell'orecchio. La febbre si stava alzando, il modo in cui Jon aveva iniziato a strizzare gli occhi ne era la conferma. "Ho fiducia nelle loro capacità e so per certo che, se un piccolo Targaryen riesce a legare con un draghetto appena uscito dall'uovo fin dalla culla, i nostri piccoli Targaryen eccelleranno nell'intrecciare un legame con dei cuccioli di metalupo fin dal seno materno. Jae è un osso duro amore mio e non molla mai, pensavo che ormai l'avessi capito."

"Dopo tutte le alzatacce a cui mi ha costretto eccome se ero giunto a comprenderlo." Un altro sbadiglio. "Sì... oh Dei perché continuo ad essere così stanco?"

Sorridendo, Dany gli rimboccò le coperte e gli stropicciò il cuscino. "Perché il sonno è il miglior guaritore. Che ne dici se ti leggo qualcosa per agevolarti la dormita? Ho preso in prestito qualche libro dalla biblioteca di Grande Inverno e..."

"Libri!" Jon levò gli occhi al cielo e tossì leggermente qualche goccia di rubino, decorando la bacinella di rame. "Vuoi proprio torturami eh mia regina? Sto scherzando... riempi pure questa zucca vuota di tutta la conoscenza che ti pare, ha tanto ancora da imparare su come governare un reame. Con che cosa vuoi dilettarmi?"

Dany gli pizzicò allegra la guancia. "Con una piacevole serie di fiabe del Nord, qualcosa di leggero e di gradevole. Mettiti comodo Eggy perché qui si parte all'avventura."

Incredibilmente, le palpebre appesantite di Jon riuscirono a resistere fino alla fine della terza storia.

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