Il pericolo non è mai così lontano come sembra

"È la tua ultima possibilità ragazzo: dimmi la verità."

Il giovane boccheggiò per riprendere fiato, il viso divorato dal sudore e dalle mosche. I suoi occhi cercarono di sfuggire alla luce che filtrava dalla grata sovrastante, messaggera di un sole cocente. Le stanze di tortura erano delle vere e proprie fornaci e non a caso in esse i prigionieri crollavano con maggiore facilità, stremati dal caldo, dal luridume e da quelli strumenti che infliggevano loro pene devastanti. Il cavalletto era una di queste. Legato mani e piedi, il condannato era costretto a vedersi gli arti tirati fino all'inverosimile mentre il boia aumentava la stretta girando la manovella. Il corpo del reo si deformava e i suoi arti erano dislocati.

Il giovane biascicò qualcosa ma Jon non riuscì a comprenderlo. Osservò il respiro tornare a invadere la cassa toracica del colpevole e la sua carnagione riprendere colore. Si passò una mano sulla fronte per sfidare il sudore. Non era ideale che lui fosse qui, nelle viscere della Fortezza Rossa, a presenziare alla confessione di un avvelenatore, ma per la sicurezza di Dany si sarebbe spinto anche oltre.

Come avevano realizzato che il contenuto del calice non si trattava di vino ma di veleno, avevano senza indugio domandato alle guardie di portare al loro cospetto tutti gli inservienti, dai semplici sguatteri fini ai coppieri, che quotidianamente lavoravano nelle cucine. Subito dopo essere stata bruscamente gettata giù dal letto, quella moltitudine era stata condotta tremante e intimorita nella Sala del Trono. Per agevolare le confessioni di reati il boia reale aveva sostato dinanzi ai suoi sovrani con il suo spadone stretto in pugno e alla sua vista tutti erano scoppiati in lacrime amare, dichiarandosi innocenti e ribadendo la loro fedeltà a Casa Targaryen.

Tutti meno uno.

Un ragazzo, un giovanotto sulla soglia dei vent'anni era stato sorpreso a darsela a gambe verso la spiaggia e, non appena la sua presenza si era fatta viva nella Sala del Trono, un brusio di voci si era levato fino alla volta, recante con sé la notizia che quel ragazzo era l'addetto al lavaggio di piatti e stoviglie nelle cucine. Lui, a differenza di tutti i suoi compagni, non si era gettato in lacrime ai piedi di Jon e Dany, non li aveva supplicati di avere pietà di loro, non aveva rimarcato più volte la sua innocenza o dichiarato quanto profondo fosse il suo legame con i Targaryen.

No. Quel ragazzo aveva sputato ai loro piedi e si era definito entusiasta al sapere di essere quasi riuscito ad uccidere per la seconda volta la folle puttana straniera.

A questa insinuazione Jon non ci aveva più visto e, levandosi dal suo scranno con la rabbia scolpita in volto, si era diretto con il boia e il prigioniero al seguito nelle stanze di tortura. Era diventato sordo al richiamo di Daenerys e aveva continuato il suo cammino, imperterrito e collerico come un vulcano pronto ad eruttare.

Una notte era trascorsa e adesso era ormai mattina inoltrata, ma il ragazzo non aveva mai desistito. Aveva urlato, scalciato, sputato, minacciato di mordere e aveva lasciato che le corde ruvide del cavalletto graffiassero i suoi polsi e le sue caviglie fino a incidere solchi rossi nella carne. Aveva sbeffeggiato più volte Daenerys e Jon, ma mai fino ad ora aveva rivelato il mandante del tentato avvelenamento o il motivo che l'avesse spinto a commettere un gesto simile. Però ora, e Jon ne era certo, la verità sarebbe venuta a galla. Nessun uomo poteva resistere per molto al supplizio del cavalletto.

"B-Bastardo..." Ecco il sussurro del condannato, uscito da labbra tumefatte e secche, bisognose d'acqua. "S-Sei un r-re bastardo..."

Ora basta, questa storia si era protratta per troppo tempo e la pazienza di Jon aveva un limite. Se poi quella pazienza veniva testata su un idiota che aveva osato sferrare un attacco alla persona che amava di più al mondo allora essa si riduceva ulteriormente. Jon gli artigliò il viso, scavando nel mento con le dita.

"Voglio che due cose ti siano chiare. Primo: io non sono mai stato un bastardo ma il più legittimo dei figli di questo reame e secondo: tu hai voluto fare del male alla donna che per me è fondamentale come l'aria che respiro e nessuno osa anche torcerle un capello senza che incorra nella mia ira. Già una volta l'ho persa e allora è stato peggio della morte e per questo ho giurato a me stesso che il prossimo folle che avesse voluto farla soffrire o colpirla alle spalle avrebbe avuto la morte peggiore a memoria d'uomo. Un dolore così infernale che avrebbe implorato alla morte di sopraggiungere prima del calare del sole."

Il pomo d'Adamo del prigioniero galoppò nervosamente nella sua gola ma ciò non contribuì a far schiudere le sue labbra serrate. Il boia aumentò la stretta e così gli arti del ragazzo furono protesi come se fossero stati fatti d'impasto. Il suo grido di dolore rimbombò nelle tenebrose quattro mura di pietra, non scalfendo minimamente l'animo di Jon. Già una volta aveva guardato un giovane morire, Olly era il suo nome e la sua mano aveva sferrato il colpo di grazia per far capitombolare Jon nelle nere e fredde lande della morte. Allora, prima di giustiziare lui e gli altri congiurati, aveva rivolto a tutti loro un ultimo sguardo. Lo sguardo bruciante del tradimento al quale Olly e gli altri avevano risposto con furore e convinzione nella azione da loro compiuta. E con quella convinzione erano morti impiccati.

"Va bene, va bene..." Finalmente un po' di senno veniva sparso su quella zucca vuota. "R-Rivelerò chi è-è stato..."

"Vedo che ora inizi a ragionare. Andiamo, non tralasciare neppure un dettaglio."

"Mi ha mandato F-Fra... Fratello Vem... u-un septon che insegna ai ba-bambini più poveri... Lui è contro i Targ-Targaryen..."

"Dove si trova?" Jon lo trafisse di domande. "Dove abita? Perché ci detesta? Dimmelo e sarai graziato da questo orrore."

Omise volontariamente di aggiungere: con la lama di Lungo Artiglio.








Septon Vem, noto anche come Fratello Vem dagli abitanti della Strada dell'Acciaio, era un uomo di mezz'età, pingue e tozzo, caratterizzato da un'incolta barba grigia e da un paio di guance rubiconde. La sua abitazione subì un'incursione della Guardia Cittadina, i suoi beni furono confiscati e il septon trascinato con forza fino alla Fortezza Rossa. Interrogato, non dovette nemmeno scomodare il boia. Confessò di aver incaricato i bambini e ragazzi da lui istruiti di essere i suoi occhi e le orecchie nella Capitale e di aver affidato a uno di questi il compito di avvelenare la regina.

Eppure tutto questo suonava troppo semplice alle orecchie di Daenerys. Il septon era stato sbattuto nella più buia e insalubre cella delle segrete e prima che il portone rinforzato in ferro lo dividesse per sempre dal mondo esterno aveva degnato di uno sguardo malinconico i suoi monarchi. Inoltre dall'Alto Septon non era giunta una parola, ne' una condanna nei confronti di Vem ne' una richiesta di scarcerazione. Solo un muro di silenzio.

Su questo Dany rifletteva intanto che la delegazione di Qarth sbarcava sul molo di Approdo del Re. Seguì con gli occhi un Superno scendere dalla nave a passi felini scortato da almeno una dozzina di uomini armati. Armati con fascino naturalmente, con l'armatura dorata incrostata di rubini, opali e smeraldi e l'elmo decorato da piume di pavone dai colori sgargianti. Gli anelli al naso del Superno scintillarono sotto il sole pomeridiano unitamente al suo capo glabro.

Accanto a lei Jon soffocò uno sbadiglio nella manica del farsetto. Era in piedi dalla sera precedente e quel clima allarmante non l'aveva mai visto stendersi un attimo. Si era prodigato affinché Dany fosse al sicuro e ogni minaccia alla sicurezza sua e dei suoi figli debellata, sfrecciando per tutta la Fortezza Rossa e le vie della Capitale. Sarà stato pur stanco, ma non era questa l'occasione giusta per darlo a vedere.

Dany gli diede una gomitata. "Oggi vai a letto presto, chiaro?"

Jon annuì e ritornò alla compostezza, i riccioli scuri scompigliati dalla brezza marina e la cappa vermiglia alle sue spalle ondeggiante nel vento. Il sorriso del Superno di Qarth fu tremendamente smagliante, il sorriso di un leccapiedi. Un brivido percorse la schiena di Daenerys.

"Vostre Grazie..." Un inchino. "... quale onore..."

Le lance del suo seguito si piegarono minacciose, aizzandosi contro quelle delle Guardie Reali e costringendo Jon a sguainare Lungo Artiglio. Ecco cosa voleva annunciare quella sensazione. La paura la attanagliò nelle sue grinfie quando il sorriso del Superno si allargò inquietante.

"Siamo arrivati alla fine."

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