Il Nord

La famiglia reale giunse a Grande Inverno in un limpido primo pomeriggio. Poco prima una nevicata estiva aveva ricoperto il terreno di una brillante e sottile coperta bianca, quasi che il cielo stesso desiderasse accogliere con grandi onori i legittimi sovrani del paese su cui vegliava. Una brezza fredda, carica del profumo dei pini e degli abeti, viaggiava verso i cancelli di Grande Inverno come un araldo del corteo reale. Gli abitanti di Città dell'Inverno sostavano sull'uscio delle loro case di pietra e di paglia con la curiosità scritta negli occhi. L'ultima volta che la Regina dei Draghi era arrivata nel Nord era stato tre anni prima, quando la gelida minaccia degli Estranei incombeva su di loro. Era venuta con i suoi draghi, la Targaryen, e con i suoi draghi se ne era andata. E in seguito nessuno sapeva di preciso che cosa fosse accaduto al Sud.

Certi dicevano che la folle regina Cersei avesse scatenato l'altofuoco su Approdo del Re, consegnando donne e bambini innocenti nelle mani di un demone verde, e allora la Madre dei Draghi non aveva potuto fare altro che bruciare quella pazza con il fuoco della sua belva. Altri invece affermavano che nella Capitale era avvenuto uno scontro così cruento fra le forze del leone e quelle del drago che nemmeno Daenerys Targaryen era riuscita a uscirvi viva. Ma la storia che piaceva di più era quella del Corvo. 

Il figlio storpio di Lord Eddard, Brandon, era tornato dalle Terre Oltre la Barriera completamente diverso rispetto al bambino vivace che molti avevano conosciuto. Girava anche la voce che quello non fosse nemmeno lui e che il vero Brandon Stark fosse morto da tempo. Fra i servitori di Grande Inverno vi era chi l'aveva visto tirare gli occhi all'indietro fino a che la pupilla non esisteva più e parlare in lingue sconosciute rivolto a chissà chi. I corvi lo seguivano ovunque e tutti erano a conoscenza della sinistra fama di quegli uccelli. Il detto non diceva forse "ali oscure, oscure parole"? Erano esseri malevoli i corvi, lo sapevano anche i poppanti, e quella che Brandon utilizzava era magia. Magia oscura. Quella stessa magia che respiravano gli Estranei nei loro castelli di ghiaccio e radici, mentre giacevano con i giganti e vergini umane. Quella stessa magia che aveva incantato il drago della Regina e l'aveva costretto a volare via mentre Bran il Corvo scendeva verso Sud per usurpare il Trono di Spade.

La ferita delle tragiche fini di Lord Rickard e di suo figlio Brandon continuava a sanguinare nel Nord, eppure che cos'erano esse in confronto alla magia oscura? Perché essa portava solo cattivi presagi e maledizioni degli Dei, morte e pessimi raccolti. Gli Dei stessi non avevano scelto i corvi per comunicare con gli uomini, ma gli alberi del cuore. 

Clop, clop, clop. Dei cavalli si stavano avvicinando e tutte le teste si girarono all'unisono. Eccoli! Lì, in lontananza, che si stagliavano vestiti di bianco e di nero contro l'azzurro accecante del cielo! Jon Snow e Daenerys Targaryen venivano incontro ai nordici in groppa a due purosangue scuri come l'onice e alle loro spalle scorreva un fiume di ruote, zoccoli, abiti, casse e soprattutto draghi. Mani si alzarono nell'aria pungente e grida di giubilo abbandonarono le labbra del popolino. Oh, che per una volta i pregiudizi e il passato andassero a quel paese! Era meglio far pace con l'antico nemico piuttosto che continuare a soffrire per uno stomaco vuoto! 



La stavano benedicendo e stavano lodando il suo nome. Il popolo del Nord stava lodando il suo nome. Dopo tutto quello che era accaduto, stavano sorridendo a una Targaryen. Daenerys dovette fare appello a tutte le sue forze per non scoppiare a piangere lì davanti a tutti. Donne e uomini dai volti duri e butterati circondavano il destriero suo e di Jon, un mare rumoroso e movimentato. Le loro mani intimiste dal freddo si allungavano nel tentativo di toccare un lembo della sua gonna o il suo mantello di pelliccia bianca o il suo stivale. Qualunque cosa. La volevano. La amavano.

Lei e Jon avevano salvato quella folla dal morire di fame, l'avevano salvata da una morte lenta e dolorosa, e ora quella folla li ripagava con affetto. Non le sembrava vero. Un grido fendette l'aria e Drogon e Rhaegal sbucarono dalle nuvole. Si stavano rincorrendo nel cielo come due cuccioli. 

Sorridendo alla vista dei due draghi, Dany ritornò a concentrasi sul torrente d'amore che le si stava riversando addosso. Davanti a lei apparve dopo poco il ponte levatoio di Grande Inverno, le fauci spalancate di un ancestrale lupo di pietra e legno. Lei e Jon si ritrovarono ad essere divorati da questo lupo ma nello stomaco di terra battuta e paglia non erano soli. La corte degli Stark, capeggiata da Sansa, si inchinò non appena le loro figure sbucarono da sotto l'arco di pietra per poi rialzarsi in un simultaneo e rapido gesto. Jon e Dany smontarono da cavallo mentre un araldo annunciava il loro arrivo.

Sansa era agghindata per l'occasione. Sotto un pesante mantello di pelliccia di pelle di foca faceva capolino un abito di satin grigio sul cui corpetto erano stati tracciati sentieri di ricami argentati. Si alzavano e si abbassavano in portentosi ghirigori. Nella chioma fulva una spilla a forma di foglia d'albero del cuore spiccava nel suo intenso rossore. La Lady di Grande Inverno sorrise non appena i due sovrani le vennero incontro ma uno dei due non rispose a questo sorriso: Jon Snow.

"Benvenute a Grande Inverno Maestà." Sansa non fece caso allo sguardo freddo che Jon le rivolse e abbracciò Daenerys. "Spero che il vostro viaggio sin qui sia stato gradevole."

"Molto gradevole." Fu Jon a rispondere, una nuvoletta palpitante sulle labbra. "I lord nordici ci hanno ospitato lungo la strada e lo stesso vale per le osterie. Si sono dimostrati molto cordiali nei nostri confronti, soprattutto con il nostro bambino non ancora nato."

Come Jon ebbe pronunciato questa frase Dany percepì il suo braccio cingerle protettivo la vita. A nessuno era sfuggito il tono acido che il Re aveva messo sulle ultime parole. Avrebbe voluto rimproverarlo, ma quello non era il momento adatto. Si limitò a oltrepassare l'accaduto e a sorridere smagliante a una stupita Sansa. L'aria era fredda ma non soltanto per la temperatura, lei tentò di riportarvi un po' di calore. "Grande Inverno è una vera e propria bellezza come voi oggi Lady Sansa."

"Lo stesso potrei dire di voi Vostra Grazia." Il turbamento parve abbandonare gli azzurri occhi della Stark. Si liberò di una ciocca ribelle portandola dietro l'orecchio. "Voi, i vostri figli e il vostro seguito dovrete essere esausti dopo questo lungo viaggio. Venite, vi mostrerò i vostri alloggi."



Erano alloggi spaziosi e riscaldati, con enormi camini e numerose bifore. Non appena ebbe messo piede nella stanza sua e di Jon, Daenerys chiese immediatamente una tinozza per farsi il bagno. La tinozza arrivò poco dopo, un grande recipiente di legno pieno d'acqua calda fino a strariparne. Dany la fece deporre accanto al camino e lì si lavò, crogiolandosi nel liquido abbraccio bollente che così tanto contrastava con il gelo rigido aldilà di quelle solide mura di pietra. In sottofondo solo il fuoco e i suoi ciocchi animavano l'atmosfera e Dany giaceva con gli occhi chiusi nel suo letto d'acqua. Ogni tanto si accarezzava il grembo e si godeva lo scalciare del suo piccolino.

Il tuo papà ha fatto il monello e ora se la vedrà con me. Momento che non ci mise tanto ad arrivare. La porta di legno alle sue spalle si richiuse con un sonoro cigolio e, aprendo gli occhi, Daenerys vide un affannato Jon Snow togliersi gli stivali e gettarsi sul letto sospirando.

"Lady Karstark non mi lasciava più andare, continuava a decantare i favolosi legami che intercorrono fra le nostre due Case."

Dany si mise a sedere nella vasca e si girò verso il suo amato. I capelli le si appiccicarono alla schiena come un mantello d'argento. "Aegon..." Quando lei utilizzava il vero nome di Jon, lui sapeva di essere nei guai. In guai molto grossi.

Deglutendo timoroso, l'Aegon in questione si alzò dal letto. "Sì?..."

"Perché mai hai dovuto mettere in imbarazzo Sansa davanti a tutti in quel modo? Puoi spiegarlo alla zietta Dany?"

"Perché lei ha tradito la nostra fiducia due volte Dany!" Improvvisamente il suo nipotino parve accendersi d'emozione. Le sue iridi grigie luccicarono alla luce delle fiamme. "Ha cercato di uccidere la nostra bambina e anche te! Nessuno può toccarti e fare del male a te o ai nostri bambini, lo capisci?" 

Le si avvicinò, abbassandosi al suo livello e posando una mano nell'acqua. Il grigio dei suoi occhi era diventato quello del granito, duro e inflessibile. "Ti ho già perso una volta e non lo farò ancora. Proteggerò la nostra famiglia da ogni pericolo che si parerà sulla strada, persino se quel pericolo dovesse rivelarsi mia cugina. E non lo farò in un modo delicato, stanne certa."

Dany sospirò. Lui aveva ragione ma questo non lo giustificava dal trattare male Sansa. Allungò una mano fuori dall'acqua per stringere quella di Jon. "Tempo fa mi promettesti di fare la pace con Sansa e ora ti chiedo di mantenere questa promessa. Mostrarsi freddo con lei non migliorerà i vostri rapporti e tu lo sai."

Jon la baciò sulla guancia. "Qualunque cosa tu chiedi mia regina. Questa sera, al banchetto, mi riconcilierò con lei e ritorneremo a essere i fratelli che eravamo un tempo. Ma ora ti chiedo di uscire da quella vasca, di asciugarti, di vestirti e di montare in groppa con me a Rhaegal. Abbiamo un posto importantissimo da visitare."



Nel profondo del suo cuore, Daenerys aveva saputo fin dall'inizio di che luogo si trattasse: le cascate. 

Non erano cambiate di una virgola. L'acqua ghiacciata, immutabile e ferma nel tempo, continuava a scintillare contro i raggi del sole. Il gorgogliare della fonte risuonava nel luogo, la più naturale e rilassante delle musiche. Come le vide a Dany vennero in mente tanti bei ricordi. Si erano baciati a quelle cascate, lei e Jon, in un breve ritaglio felice in mezzo a una guerra. Era un luogo ben impresso nella sua mente, la sua memoria più felice.

"Mi dicesti che saremmo potuti rimanere qui mille anni." Se fino a poco prima la voce di Jon Snow era stata tremendamente seria, ora aveva su di essa l'ombra di un singhiozzo. "Avrei dovuto ascoltarti."

Lei gli accarezzò la schiena prima di legarsi possessiva al suo braccio. "Dovevamo imparare ancora tanto dalla vita amore mio, dovevamo maturare."

Jon non staccò gli occhi dal punto in cui le cascate incontravano la fonte. Fiori di spuma germogliavano sull'acqua. "Perché prima cosa eravamo? Due ragazzini che puzzavano d'Estate? Perché dovevamo soffrire ancora così tanto?"

Dany aveva tentato di dare una risposta a questa domanda. Molte volte ci aveva tentato, pensandoci nelle notti calde del Sud e nei verdeggianti pomeriggi alla Fortezza Rossa, ma mai una vera risposta le era giunta. Si era chiesta il motivo delle sofferenze sue e di Jon, si era chiesta se mai avessero in qualche modo attirato l'ira degli Dei sopra di loro, ma niente. Il motivo sembrava non esistere, era invisibile come un fantasma.

"Lo so, fa male." Baciò Jon sulla guancia, gustando il sale di una solitaria lacrima che era rimasta impigliata nella barba. Com'era diventato sensibile il suo Re dopo tutto quello che era accaduto... "Ma adesso non possiamo rimanere qui a rimuginare sui dolori del passato. Dobbiamo andare avanti e guardare al futuro, per noi, per i nostri bambini e per il nostro regno."

Jon sospirò pesantemente e poi finalmente incrociò lo sguardo violetto di Daenerys. "Hai ragione, ma dobbiamo trovare comunque il modo di rimanere qui."

Dany non capiva. "Cosa intendi dire?"

Il sorriso di Jon fu così brillante che percepì il suo cuore liquefarsi come oro fuso. Il suo amato indicò una spazio innevato sulle sponde delle cascate. "Immagina qui, in questo punto preciso: una capanna di legno, poche stanze, un caminetto e tanti, tanti bambini urlanti e felici. Il nostro nido d'amore per ogni volta che verremo al Nord. Immaginala Dany."

Dany lo fece. Nella sua mente, la capanna era di legno di pino, con un porticato all'ingresso e un caminetto di pietra di montagna. Una zuppa calda bolliva sul fuoco mentre una culla di legno ondeggiava accanto a lei, dimora di un neonato rubizzo e dormiente. Jon tornava a casa con le pellicce ricoperte di neve e una marea di bambini dai capelli corvini e argentati e con ametista e ossidiana incastonate nei loro visetti puliti lo sommergeva. Fuori i draghi ruggivano contenti e Spettro vegliava sulla loro prole. Era una casa piccola, col tetto di grezze tegole d'ardesia e una porta rossa, ma era accogliente. E semplice, soprattutto semplice, non il castello imponente di due sovrani ma la dimora affettuosa di una coppia qualunque.

"È bellissima." Commentò Dany sul suo pensiero. 

Jon sorrise ancora e si inchinò difronte a lei, nella neve. Le prese la mano e la guardò adorante, anche se secondo Daenerys il suo sguardo andava aldilà della definizione di adorante. "Daenerys Targaryen, ti chiedo perdono se sono un emerito cretino e non so mai nulla, ma ti giuro che ti difenderò a costo della mia stessa vita e la medesima cosa vale per quegli immensi tesori dei nostri figli. Ti chiedo scusa se oggi mi sono comportato male ma ti giuro che la mia lingua non ti attaccherà mai e nemmeno il mio cervello oserà formulare pensieri ignobili su di te. Tu sei la mia regina, la mia ragione d'esistere e ti chiedo, no, ti imploro: vuoi tu avere una casetta qui, vicino a queste cascate, e crescere qui i nostri figli in ogni loro gita al Nord nel modo più semplice possibile? Vuoi tu invecchiare al mio fianco ed essere baciata ogni giorno da me? Mi doni tutto il tuo cuore?"

Dany non riuscì a trattenere le lacrime. Jon Snow era l'uomo migliore del mondo sotto ogni punto di vista. "Sì, lo voglio. Con tutto il mio cuore."

Si baciarono alle cascate e non se ne andarono fino a quando il sole non iniziò a calare oltre le montagne.


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