Il ballo

Il giorno della celebrazione era finalmente arrivato. Fin dalle prime ore del mattino uno scalmanato esercito di servitori aveva animato le sale della Fortezza Rossa, dando una mano con gli ultimi preparativi e assicurandosi che tutto fosse in ordine. Approdo del Re era stata invasa da una moltitudine di persone e le sue strade in quel momento erano zeppe di vita, colori e musica. Le locande straripavano e le casse dei bordelli era colme.

Centinaia di navi erano attraccate nel porto e altre ancora stavano giungendo, navigando in quel momento nella Baia delle Acque Nere e aggiungendo tocchi di colore all'azzurro dei flutti. Ampie vele verdi, rosse e gialle si ingrossavano di vento. La donna nuda raffigurata sulla vela di una nave lyseniana era resa gravida dalla brezza marina e il Titano di Braavos gonfiava i muscoli all'arrivo dei soffi. I simboli delle Città Libere arrivavano dirompenti ad Approdo del Re, portando con loro le specialità che le loro metropoli avevano da offrire. Il famoso vetro di Myr riluceva di sole nelle mani dei mercanti che lo mostravano ai clienti, gli arazzi di Lys garrivano al vento come bandiere di esotici posti lontani e il rosso vino dolce di Volantis scendeva giù lungo la gola di molti, annacquando i sensi.

Ma non erano solo le merci a comparire nelle vie della Capitale: obesi mercanti con le dita agghindate di anelli esploravano il luogo caricati sulle loro portantine, le tinte e appuntite barbe dei tyroshi li rendevano inconfondibili e il bizzarro abbigliamento degli abitanti delle Isole dell'Estate attirava folle di curiosi. In quel momento il visitatore che più dava nell'occhio sembrava essere un cammello, che era disceso dalla stiva di una nave di Qarth e si stava dirigendo verso la Fortezza Rossa come dono ai sovrani. La sua sella era ornata da rubini, zaffiri e smeraldi e la sua gualdrappa era decorata da sete di cento colori diversi, come d'altronde ogni cosa che proveniva dalla fiorente e ricchissima città di Qarth. Molti abitanti del Continente Occidentale non avevano mai visto un cammello ed era sempre stato considerato alla stregua di una creatura leggendaria, perciò mormorii stupiti accoglievano l'animale ovunque andasse.

Approdo del Re non era però traboccante solo delle meraviglie dell'Oriente, ma anche di quelle dell'Occidente. I maggiori lord di Westeros si erano riuniti nella Capitale e molti avevano preso alloggio nella Fortezza Rossa, dove ora non vi dimoravano soltanto i draghi, ma anche i leoni, i lupi, i cervi e altri. Vessilli continuavano tutt'ora a fare il loro ingresso in città, sorretti da paggi indossanti colorate giubbe e cavalcanti al seguito dei loro signori. 

Daenerys ammirava tutto ciò dal suo balcone, già vestita e preparata per prendere parte ai festeggiamenti. Il lucido cerchio in Acciaio di Valyria le cingeva il capo argentato e i rubini squadrati incastonati in esso bevevano la luce del sole e la rilasciavano sottoforma di rossi raggi ogni volta che Dany muoveva la testa. Una trama di intricate trecce rappresentava la parte superiore della sua acconciatura e da lì una cascata di luna colava a bagnarle la schiena e le spalle. Il suo abito era nero come un'ombra e la sua stessa e vera ombra si confondeva con lo strascico del medesimo colore. Una spilla in argento raffigurante tre draghi con occhi di acquamarina le fermava il mantello rosso che le ricadeva dolcemente lungo le spalle come una colata di lava. Lo strusciare lieve del lungo mantello contro il pavimento la seguiva dovunque andasse.

Non riesco a credere che questo regno sia finalmente in pace al punto tale dal potersi godere feste come questa. Pensò. Lasciò che un filo di vento le accarezzasse il viso e chiuse per un attimo gli occhi, godendosi quella sensazione. La gente finalmente sta bene, non soffre più a causa di guerre e carestie.

Nella sua mente tornarono le parole che Ser Jorah le disse una volta, quando era ancora la Khaleesi sposa di Khal Drogo e faceva trottare la sua puledra argentata fra gli alti steli d'erba del Mare Dothraki: "La gente prega perché venga la pioggia, i figli crescano sani, l'estate non finisca mai. Per la gente non ha nessuna importanza se alti lord giocano al gioco del trono. Basta che la lascino in pace. Solo che non viene mai lasciata in pace."

Dany capì che aveva ragione. Tutte quelle persone che ora riempivano le vie di Approdo del Re urlando felici e benedicendo il nome suo e di Jon avevano visto l'ascesa sul trono di numerosi sovrani nel corso di quei torbidi anni di guerra. Prima dominavano i draghi, poi era arrivato il cervo, dopo di lui due leoncini travestiti da cerbiatti, un'agguerrita leonessa, un corvo che un tempo era un lupo e infine i draghi era ritornati a riprendere ciò che era loro, perché non si può rubare al drago e il drago ricorda. Nessuno di quella schiamazzante massa sembrava aver avuto da ridire, se non quando quei sovrani assisi sulle insanguinate lame del Trono di Spade era andati a disturbare la loro pace privandoli dei viveri. Bastava che stessero bene e sul trono avrebbe potuto sedere anche un asino con le ali. Il popolo ragionava per cibo, acqua e soldi e finché quelli c'erano il mondo era un bel mondo. Se poi c'erano in abbondanza tanto meglio era.

Una voce distolse Dany dai suoi pensieri e la costrinse a riaprire gli occhi. Era la voce del suo Jon Snow, la voce del suo re. 

"Come sto mia regina?"

Dany si girò e incrociò gli occhi grigi di Jon. Lui si esibì in un inchino volutamente sgraziato e buffo e questo la fece ridere. Un farsetto di tenebra copriva il suo petto e due tubi di infuocato rosso Targaryen le sue maniche. Anche i suoi pantaloni e stivali erano neri, mentre una collana argentata gli cingeva il collo e gli reggeva il mantello anch'esso d'argento. Rudimentali e semplici anelli si susseguivano sullo sfondo nero del farsetto legandosi gli uni agli altri. L'unica cosa fuori posto in quel quadro armonioso di Aegon VI era l'inclinazione della corona sul suo capo. Dany gli si avvicinò e gliela rimise a posto, facendo così ritornare le acuminate spadine ferree e bronzee a puntare contro l'alto.

"Ecco fatto." Disse una volta ultimato il lavoro. "Ora sei perfetto."

I riccioli scuri di Jon gli ricadeva ribelli sulle spalle visto che quella volta aveva scelto di lasciarli liberi e di non legarli nel codino. Sul suo volto comparve un sorriso. "Grazie mia regina. Anche tu, anzi, tu di più, tu sei la perfezione fatta persona."

Dany sentì il sangue confluire ad arrossarle le guance e rispose al sorriso di Jon. Le sue mani accarezzarono la barba del suo re. "Stento ancora a credere che stiamo per festeggiare il secondo compleanno di Rhaella e il primo di Aemon, anche se quest'ultimo in anticipo di qualche mese. Mi sembra ieri che venivano posti fra le mia braccia."

"Anche a me, ma il tempo passa in fretta Dany e dobbiamo goderci ogni singolo momento con loro finché possiamo. E poi puoi ancora prenderli fra le tue braccia o sbaglio?"

"Non sbagli, anche se a volte mi sembra di avere tre bambini a cui badare." Dany gli grattò sotto il mento e Jon chiuse gli occhi per crogiolarsi in quella tenera carezza.

"Ma io sono il tuo nipotino zietta! Non ti piace come mi comporto?" Jon si chinò in avanti e appoggiò il mento sulla sua spalla. Dany cominciò a giocherellare con i suoi riccioli.

"La zia ti vuole tanto bene, ma a volte sei un po' monello Aegon..."

"Io monello? Ma quando mai! Io sono un angioletto e ho un viso acqua e sapone!"

Le labbra di Jon le addentarono il collo e la sua lingua comiciò a serpeggiare ansiosa, solleticandole la pelle e facendo sì che tutto il corpo di Dany fosse scosso da un fremito. Lei portò le mani al capo di Jon e lo serrò, deponendovi poi fra quei riccioluti capelli profumati un soffice bacio. Sentì le mani di Jon cingerle i fianchi ma Dany sapeva che lui sarebbe voluto andare oltre quel semplice bacio. Per questo dovette interruppere quello gioioso scontro di carni. "Non è il momento adatto. Questa sera saremo liberi."

Jon rise. "Questa sera sarò esausto dopo tutto quel danzare. Non posso avere un tuo assaggio ora mia regina?"

Dany gli diede un adorabile buffetto sulla guancia prima di avviarsi verso la porta. Il mantello rosso e lo strascico nero sotto di esso strusciavano sul pavimento come la coda di un drago. "No mio re. Stasera ti rilasserò io dopo le tante giravolte. Ma adesso ci attendono e se tu desideri unirti a me..." Gli allungò un braccio.

Jon non si fece pregare ulteriormente e senza aggiungere altro cinse il braccio di Dany e si avviò con lei verso la Sala del Trono.




La Sala del Trono era stata addobbata in un modo molto sobrio, senza fronzoli o orpelli inutili. Uno stendardo rappresentante il rosso drago tricefalo dei Targaryen faceva bella mostra dietro i due troni di legno della pedana rialzata. Questi erano a loro volta posizionati dietro una lunga tavolata coperta da una tovaglia rosso scuro. Altre tavolate si allungavano ai piedi dei gradini e quella sera, una volta che il banchetto sarebbe terminato e gli armoniosi suoni dei musici non sarebbero più stati coperti dall'assordante chiacchiericcio degli ospiti, quelle stesse tavolate sarebbero state disposte agli angoli della Sala e uno sgombro pavimento avrebbe funto da pista da ballo per centinaia di piedi eccitati.

Quando Jon e Dany vi entrarono i loro nomi furono annunciati da un araldo e rimbombarono fra le pareti di quella sala che in passato aveva accolto altri Aegon e altre Daenerys. Una pioggia di applausi scroscianti li accolse e sorrisi di lord, lady e alti funzionari stranieri contornarono quella pioggia come bianche saette. Jon aiutò Dany a sedersi sul proprio trono e quando anche lui fu al suo posto il silenzio scese sulla Sala. Tutti si erano seduti e aspettavano che uno dei sovrani pronunciasse qualcosa.

Fu Jon a farlo: "Vi ringraziamo per la vostra presenza qui oggi, in un giorno che per me e la Regina significa molto. Con voi abbiamo affrontato sfide su sfide e ci rallegra che oggi voi siate qui con noi per celebrare i giorni in cui i nostri gioielli più preziosi vennero alla luce. Perciò vi dico... che la festa inizi!"

Una tempesta di applausi e complimenti si abbattè su Dany e Jon e ben presto anche su Rhaella e Aemon. I principini entrarono trasportati nelle braccia delle loro septe e agitarono le manine a quel mare di sconosciuti. Aemon si dimostrò un po' titubante all'inizio, ma poi, quando vide la sorella maggiore salutare calorosamente tutti quei grandi mai visti prima, il suo braccino si mosse in ampie falcate e la sua manina si chiuse e si riaprì per salutarli.

I bambini erano ancora troppo piccolo per partecipare completamente alla festa, ma almeno per la mattinata vi avrebbero preso parte e furono posti in seggioloni di legno accanto ai loro genitori. Rhaella vicino a Dany e Aemon vicino a Jon. Daenerys sorrise alla vista della sua piccina accanto a lei e si distese bene sul trono. La sua schiena si scontrò con uno schienale di legno e foderato di velluto bianco e le sue mani passarono dai braccioli di quercia finemente lavorati alla morbidezza del suo grembo. 

Come si diceva che il Trono di Spade non lo fosse stato, neanche quel trono era comodo, per quanto sedere su del legno e dei cuscini fosse decisamente più confortevole che sedersi su degli acuminati e distorti rostri di ferro. Nessun monarca deve sedere comodo. Era stato questo che Jon e Dany aveva affermato quando avevano commissionato quei troni alla miglior bottega artigiana di Approdo del Re. Nessuno doveva stare comodo perché quello del sovrano era un lavoro nudo almeno quanto quello di un contadino sotto il sole estivo. Avere il potere di decidere le sorti di migliaia di persone non era qualcosa da prendere alla leggera ma un fardello che si sarebbe dovuto portare fino alla tomba.

La corona poteva essere un cerchio dorato sulla testa ma sul cuore era un macigno pesantissimo.

I musici entrarono e distolsero Dany da quei pensieri. Allegri bardi in calzamaglia e con campanelli tintinnanti sui cappelli a punta fecero il loro ingresso esibendo i loro liuti, flauti e arpe. Ben presto le loro voci risuonarono nella Sala e penetrarono nelle orecchie degli ospiti.

Uno di loro, un giovane dalla carnagione olivastra e i lunghi capelli castani raccolti in una treccia, fece pizzicare alle sue lunghe dita le corde della sua arpa e cantò l'Orso e la Fanciulla bionda.

"Un orso c'era, un orso, un orso!
Tutto marrone e nero, tutto coperto di pelo!
L'orso, Oh vieni! Gli dissero in coro,
Oh, vieni dalla fanciulla dai capelli d'oro!
Com'è bella... Ma sono un orso, rispose la belva.
Tutto marrone e nero, tutto coperto di pelo!..."

Dany non riuscì a non pensare a Ser Jorah, il suo vecchio orso. Si chiese quali sarebbero stati i suoi pensieri vedendola adesso come Regina dei Sette Regni ma anche vedendo cosa anni prima aveva fatto ad Approdo del Re. Molto probabilmente se Ser Jorah fosse stato ancora vivo quella strage non avrebbe mai avuto luogo e quella rabbia non avrebbe preso il sopravvento il lei. Lui avrebbe saputo farla ragionare e calmarla, le avrebbe detto di non comportarsi come suo padre e di stare vicino a Jon in quella fase così difficile per lui e invece... E invece il suo orso era morto nel difenderla nella battaglia di Grande Inverno, dopo aver subito colpo dopo colpo dopo colpo, mentre la sua spada volava nel vento e squarciava i ventri putrefatti dei Non-Morti. Anche lui era morto ma non era tornato indietro e la sua perdita era stato il primo passo per Dany su quel cammino oscuro che l'avrebbe portata a distruggere una città di innocenti.

Un tenero bacio sulla guancia da parte di Jon la riportò al presente e il sorriso del suo re fu il sole che diradò le nubi plumbee di quei tristi pensieri. In quel momento venne in mente a Dany che anche Jon aveva conosciuto un orso. Il Vecchio Orso, Jeor Mormont, il padre di Jorah e che per lui era stato come un maestro. Lui aveva conosciuto il padre e lei il figlio e questo era un altro punto di contatto fra di loro. I pelosi orsi Mormont avevano consigliato entrambi, per non parlare poi della Piccola Orsa, Lyanna Mormont.

"Qualcosa turba la mia regina?" La nebbia dei suoi occhi la avvolse come una morbida coperta.

Dany scosse la testa. "No amore mio, solo pensieri che non sono adatti all'occasione. Per te tutto bene?"

Da sotto il tavolo la mano di Jon strinse la sua e Dany ricambiò la stretta. "Mi sto un po' annoiando con tutta questa musica."

"Tra non molto arriverà un bello spettacolino comico, stai tranquillo."

E di fatto lo spettacolino comico arrivò. Un gruppo di attori irruppe nella Sala e si esibì in una serie di acrobatiche giravolte. Uno di loro, un omuncolo dal cranio lucido, saltò nel bel mezzo di un tavolo e con un soffio fece uscire dalla sua bocca un nugolo di farfalle dai colori sfavillanti. Grida di stupore e applausi si levarono dalle tavolate, poi cominciò la recita. Era uno spettacolo comico, quasi tutto senza senso, ma di cui ogni singola battuta faceva piegare in due dalle risate. Dany era riuscita a capire solo che parlava dei continui tradimenti di una coppia di coniugi.

La scena del ritorno del marito la fece ridere talmente tanto che lo stomaco le fece male. Il marito tornava a casa dopo una giornata passata tra le braccia dell'amante - un sgualdrina di Volantis dal troppo belletto sulle guance e due meloni nel corpetto per aumentare ancora più la scollatura - e un bel paio di corna da caprone facevano bella mostra sul capo dell'uomo. Ben presto quelle corna trovavano il loro perché quando lui beccò la sua consorte impegnata in una bollente discussione corporea con il vicino, un uomo dalla virilità accentuata da una melanzana in mezzo alle gambe. Infuriato del tradimento il cornuto sguainava la spada e castrava con un singolo colpo la violacea forma fallica del vicino. Alla fine, dopo sotterfugi e battibecchi, la coppia si riconciliava e un septon benediva la loro riunione.

Il tempo passò talmente in fretta grazie a quelle risate che si rese conto solo in seguito che era ormai mezzogiorno inoltrato e servi portanti vassoi colmi di pietanze entrarono e cominciarono a servire ai tavoli. Erano piatti semplici e frugali, di cui l'unico che si sarebbe potuto definire ricco era un cappone bagnato nel latte. Anche agli abitanti di Approdo del Re era stato servito del cibo, insieme a vino e birra fresca e soprattutto ai poveri. Gli ospizi e gli orfanotrofi avevano infatti ricevuto maggiori donazioni in quel giorno speciale.

Dany mangiò con piacere una zuppa di ceci e fu proprio mentre assaporava il calore del pasto nel palato che la vide.

Sansa.

Sansa Stark sedeva poco sotto di loro sul tavolo più vicino agli scalini. Era molto bella nel suo abito grigio con elaborati ricami argentei sulle maniche e sul corpetto. Un collo di foglie rosse come quelle di un albero del cuore era l'unico colore in quella tormenta di grigio. Dany riuscì anche a vedere fra i suoi capelli fulvi due spille a testa di lupo in argento brillare alla luce di un raggio di sole che entrava da una delle vetrate. Il volto di Sansa era impassibile e austero, proprio come quelli delle statue delle cripte di Grande Inverno, e gli unici momenti in cui quel freddo volto si scongelava erano quando un lord o una lady le rivolgeva la parola e allora un sorriso bianco come la neve compariva sul volto della Protettrice del Nord.

Sarà ancora pentita di quello che ha fatto? Si domandò. Perché con lei non posso veramente ricominciare da capo? Non voglio avere un rapporto gelido con lei! 

Decise che il giorno seguente, prima che Sansa partisse, le avrebbe parlato e si sarebbero chiarite. Dany l'avrebbe fatto benissimo anche in quel momento ma non era proprio uno dei migliori. Invece domani non sarebbe stata più assediata da ogni lato e avrebbe potuto discutere con Sansa liberamente.

I principini si congedarono poco prima del dolce e salutarono la loro mamma e il loro papà con teneri bacetti. Loro uscirono e un gelato al limone entrò. Dany assaporò con delizia la sostanza gialla e questa le si sciolse rapidamente in bocca, lasciando il suo palato permeato dal fresco profumo del limone.

Quando i piatti furono portati via Jon si abbandonò sbuffando sul trono. "Sono pieno da scoppiare, ma menomale che non erano pietanze strane."

Nel ricadere all'indietro la sua corona era caduta con lui, solo in avanti. Sorridendo, Dany gliela sistemò bene e tirò via anche un ricciolo ribelle dalla fronte. Quando ebbe finito una luce era apparsa a diramare la nebbia degli occhi di Jon e lui, afferrandole con tenerezza la mano, le fece un baciamano.

"Sei pronta a danzare con me mia regina?"

Dany rispose con un minuscolo e veloce bacio sulle labbra. "Certamente mio re. Esiste forse un modo migliore per digerire?"

E entrambi scoppiarono a ridere.




Peccato però che il primo ballo previsto non fosse uno di coppia dama e cavaliere, ma la carola. Un gruppo di graziose donzelle, capeggiate dalla Regina, aprì le danze ballando in cerchio mano nella mano sulle note di liuti, flauti, arpe e mandolini. La ballata di Jenny di Vecchie Pietre guidò i passi suoi e delle altre fanciulle. Le gemme delle loro collane e gli intrecci dei loro abiti rifletterono la luce delle candele e i fiori nei loro capelli svolazzarono nell'aria.

Il banchetto era durato talmente tanto che il tramonto aveva deciso di arrivare senza avvisarla. A Dany era sembrato di aver perso la cognizione del tempo e lo stesso stava accadendo ora. Anche se il suo ballare non era mai stato uno dei migliori, in quel momento i suoi piedi sembravano posseduti da un'entità propria e compivano il loro dovere senza che lei facesse nulla. In quel giro continuo di musica e risate le sembrò di essere incappata in una danza delle fate, di quelle che si diceva avvenissero nel profondo dei boschi quando la luna era piena e l'estate era al suo culmine. E le fate avevano fiori intrecciati nei capelli e abiti di finissima seta ricamati con l'argento dei raggi lunari...

Quando le mani di tutte si raggrupparono in una sola stretta al centro poi la danza giunse al termine e i signori giunsero a stringere le loro damigelle.

Quando la mano di Jon si posò sulla sua schiena Dany non fu capace di trattenere un fremito di emozione. Ma quando l'ossidiana del suo re incrociò la sua ametista, tutto il resto del mondo fu dimenticato. Esistevano solo lei e Jon e danzava su un pavimento d'aria. Solo loro due, un lupo e un drago, il ghiaccio e il fuoco, che fondevano le loro anime in un connubio al quale tutti avrebbe dovuto inchinarsi. Perché il Ghiaccio e il Fuoco erano due elementi potenti, impetuosi, e sprigionavano un'energia senza precedenti.

Ballarono quasi senza essere coscienti di farlo, per tutta la serata, mentre di sottofondo si passava da Jenny, a la Danza dei Draghi, a Alysanne a il coraggioso Danny Flint. Erano persi nel loro mondo, due bruchi avvolti in una crisalide dalla quale non voleva uscire e i loro passi risuonarono sul pavimento con una musicalità velata.

Per Dany fu una delle serate migliori di tutta la sua vita.




E dopo, quando tutto fu terminato si rivelò ancora meglio.

Erano entrambi stanchi morti ma trovarono la forza di fare l'amore. Jon la penetrò con forza nudo contro la parete mentre le loro gambe strusciavano una contro l'altra e Dany lo marchiava con i rossi segni dei succhiotti. Lo sbattè su letto e continuò ad assaggiarlo lenta, focosa e vogliosa, mentre lui stringeva i suoi capezzoli e le artigliava i glutei.

Si addormentarono con lei adagiata sul petto di lui e un suo braccia che la cingeva sulla schiena, mentre fuori le briciole di stelle stavano pian piano sbiadendo per lasciare il posto alla lucente alba.




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