I primi attimi del giorno
Ancora una volta si ritrovò a sognare. Aldilà della sua cara porta rossa l'aspettava Jon, una lunga treccia d'inchiostro ricadente sulla schiena. Ma ad aguzzare bene la vista, Daenerys si rese conto che quello non era Jon. Era un ragazzo identico a lui, gli stessi occhi grigi, gli stessi riccioli perennemente spettinati, ma non era il suo piccolo draghetto di neve. Qualcosa nel profondo del suo cuore le fece sussurrare il nome di Jaehaerys. Quello era suo figlio e alle sue spalle si estendeva il Mare Dothraki, i fili d'erba fruscianti al vento estivo. Alzò una mano per sfiorarlo e fece un passo avanti, aldilà della porta rossa, ma Jae la raggiunse prima. Le fece una riverenza e il baciamano, esattamente come faceva suo padre. Poi lo Stallone che Monta il Mondo salì in groppa, ma non a un cavallo, a un drago, e volò via sul Grande Mare d'Erba.
"Jaehaerys..."
Il nome di suo figlio fu poco meno di un sussurro sulle labbra di Dany, impercettibile come il battito d'ali di una farfalla. Un fuoco le bruciò nel ventre, costringendola a piegarsi in due e d'un tratto, giusto il tempo di serrare le palpebre per il dolore, il Mare Dothraki e i suoi fili verdi erano scomparsi. Al loro posto era venuta la Sala del Trono di Approdo del Re, il suo pavimento un caleidoscopio di colori discendenti perpendicolarmente dalle vetrate. E lì dove si era trovato Jae ora si trovava un giovane dai capelli biondo-argentei e gli occhi color delle nubi in tempesta. Era bellissimo e solitario ed enigmatico, un luccichio misterioso nelle iridi grigie. Non c'era bisogno di domande, le lacrime scorsero da sole. Il suo principino del silenzio era inconfondibile.
"Aemon..." Le lacrime scorsero calde sulle guance di Daenerys, scavando solchi di sale. "Aem..."
"Madre." Persino il sorriso di suo figlio era un sortilegio. Era lo stesso sorriso di Jon, quello che la catturava ogni volta, quello che per chiunque sarebbe stato una rara visione, ma non per lei. "Oh madre, mamma cara..."
Un turbine di rose blu risucchiò il suo bambino e in un baleno Dany si ritrovò adagiata sull'erbetta fresca della radura dell'albero di limoni, la schiena posata contro il tronco e le piante dei piedi solleticate da quei teneri fiorellini bianchi che puntellavano perennemente il prato come stelle terrene. Sul suo petto una cascata di capelli bianchi ricadeva, ma non proveniva da lei. Quei capelli erano di Alysanne. La sua bimba sostava con la guancia contro la sua spalla e una mano abbandonata sul suo grembo. Osservandola, Dany rimarcò la somiglianza che intercorreva fra loro due, entrambe erano state benedette con i tratti di Valyria, con l'argento e l'ametista. E anche Daeron. Occupando l'altra sua spalla, Dada non osava staccare gli occhi dal libro e non stava prestando la minima attenzione a ciò che avveniva un po' più in là, alla luce del sole.
"Dany!" Questa era la voce di Jon e le risate erano quelle di Rhaella e Aemon, ma ve ne erano anche altre che Dany non conosceva. "Dany arriva l'armata!"
Armata? Quale armata? La risposta non tardò ad arrivare. Un'armata di bambini, di pargoli ridenti dai capelli di luna e di carbone e gli occhi di nebbia e di petali di violetta. Si gettò addosso a lei, l'abbracciò, la baciò e tutti quei bambini le dissero: "Mamma!" Dany spalancò le braccia per accoglierli tutti, per proteggerli tutti, per farli ritornare tutti nel suo ventre di fuoco e di sangue. Fra di loro spiccò Rhaella, la sua primogenita, la sua principessa, la sua bimba del miracolo. Una fanciulla meravigliosa, bellissima, un connubio perfetto fra lei e Jon con gli occhi traboccanti di amore.
"Mamma... vieni con me a fare un volo?"
Prima che potesse risponderle, Dany si svegliò.
Daeron si era posato sul suo grembo, la testolina argentata accanto alla collinetta di Jaehaerys. Era adorabile. Era il suo principino studioso. E stava sbavando, tale padre tale figlio. La sua gemellina era poco lontana e stava dormendo dal lato opposto con il capo indirizzato verso i piedi del letto. Aemon si era preso tutte le lenzuola, stringendosele contro il petto come se fossero un animaletto di pezza. Invece Rhaella doveva aver scambiato Spettro per un cuscino, perché la sua piccina aveva il viso affondato nel pelo candido del metalupo. E Jon... dov'era Jon?
Dany si alzò e si passò una mano sul viso per scacciare gli ultimi rimasugli del sogno. Anche se non avrebbe mai voluto toglierselo dalla mente. Era stato bellissimo, aveva visto i suoi bambini e la casa dalla porta rossa. Aveva sognato Jon. Jon che adesso doveva cercare. Le sue dita scesero al ventre e augurarono il buongiorno a Jae. Il suo piccolo khalakka la salutò con un calcetto ma non fu l'unico ad augurarle il buongiorno. Il cielo aveva preparato per lei uno spettacolo di luci rosa, pesca e vaniglia e aveva chiesto al mare di rifletterlo. Dany si soffermò ad ammirare quell'alba con il fiato mozzato prima di alzarsi definitivamente.
"Mamma!" Forse Rhaella non era totalmente addormentata. Si portò un dito alla bocca, facendole segno di non parlare. Un sorriso monello per poco non le illuminò il viso... che avesse architettato qualcosa?
Jon dormiva con la testa appoggiata contro il poggiapiedi, la bocca spalancata e facendo il sommo piacere di russare. Il suo farsetto era slacciato e la camicia sottostante recava una vistosa macchia di vino. I suoi capelli gli ricadevano sul viso, coprendolo come minuscoli torrenti d'inchiostro. A quella vista, Dany si intenerì, ma non poteva comunque lasciarlo a dormire in quello stato. Si inginocchiò e scosse il suo amato. E fu allora, quando Jon sollevò la testa e mugugnò qualcosa di incomprensibile, che capì lo strano comportamento di Rhaella. Con una piuma d'oca, la sua figlioletta aveva disegnato sul viso di Jon, tracciandogli due lenti intorno agli occhi e un omino con una casetta sulle guance e sulla fronte, senza dimenticare anche di scurirgli le labbra. Prima di tutto Dany scoccò un'occhiata divertita alla bambina, poi rise di gusto.
E le sue risate svegliarono Jon. Due palpebre assonnate si schiusero davanti a lei. "Mmh... buongiorno amore mio... perché sei così felice?"
Non aveva ancora smaltito del tutto la sbornia, Dany lo comprese subito e gli passò una mano fra i capelli, cercando contemporaneamente di contenere la risata. "Perché tu sei ancora ubriaco, non è vero Jon?"
Quale meraviglia era il suo sorriso da mezzo addormentato, anche se nato su un viso pitturato da mano infantile. Lui ricadde in avanti su di lei, posando il mento sulla sua spalla. "Forse... più o meno... possiamo stare qua dentro tutto... tutto il giorno?..."
Dany gli accarezzò i capelli e li baciò, sfregandovi contro il naso. "Ieri è stato faticoso, lo so. Oggi sai cosa faremo? Questo pomeriggio, quando i fumi del vino ti avranno abbandonato, scendiamo giù alla spiaggia. Lì i bambini potranno giocare tranquilli e tu potrai respirare della sana aria marina, che ne pensi?"
"Questi miei polmoni... poveri polmoni malati..." Jon sbadigliò contro la sua spalla. "Va... va bene mia unica regina e Imperatrice... ma stasera io e te ci facciamo un bel bagnetto caldo..."
"Va bene amore mio."
Lo riaccompagnò a letto, non stupendosi quando ricadde addormentato con la faccia sul materasso, la bocca spalancata pronta a irrorarlo di saliva. Dany ripensò alla sera prima, quando lui l'aveva fatta volteggiare sulla pista da ballo e i loro passi erano andati in perfetta sincronia. A Dany era sembrato di essere la regina della fate che danzava con il suo sposo intorno alle fiamme e sotto lo sguardo benevolo della prima luna estiva. Non aveva avuto fiori intrecciati nei capelli, ma si era comunque sentita libera.
Si era sentita amata. Da Jon, dai suoi figli e dal suo popolo. Il suo cuore era traboccante d'amore.
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