Fiamme ed ali
Era l'inferno. Un'unica, immensa e lampeggiante foresta rossa composta da alti alberi di fuoco. Tutta quella luce, anche da lontano, colpiva la povera e ancora febbrile mente di Jon, donandogli terribili emicranie. Non appena ebbe individuato Drogon ordinò a Rhaegal di atterrare. Per il drago si dimostrò facile, per lui non altrettanto. A palazzo l'avevano vestito di fretta, forse per la paura scaturita dalle zanne in bella mostra di Spettro. Alcune guardie l'avevano anche aiutato, con il giusto timore che una creatura del genere poteva creare, a montare in groppa a Rhaegal. Ma adesso, senza un aiuto e con la testa mezza intontita dalla febbre e dal latte di papavero, smontare si sarebbe rivelata un'impresa.
"JON!"
Jon conosceva questa voce. Girando il capo incrociò lo sguardo grigio e penetrante di una preoccupata Arya Stark. Un gioco di luci ed ombre era in corso sulle sue guance. Arya fece per avvicinarsi a lui, ma proprio in quel momento una figura uscì dal bosco infuocato. Era completamente annerita e rassomigliava vagamente un uomo. No, quello era un uomo. Brandelli di tessuto si univano a brandelli di pelle, staccandosi mentre il malcapitato si agitava per placare le fiamme che lo stavano abbracciando. Dopo un ultimo, disperato urlo a squarciagola, l'uomo ricadde sul terreno privo di vita.
Come gli abitanti di Approdo del Re in quel giorno, in quel fatidico giorno. Li rivide lì davanti a lui, spaventati, piangenti e infine morti. Tantissime vite racchiuse in neri scrigni e coperte dalla cenere. Non poteva essere successo ancora, no, Dany non l'avrebbe mai fatto...
"JON!" Arya lo chiamò una seconda volta, agitando le braccia nell'aria in fiamme. Jon decise di raggiungerla e tentò di scendere dall'ala di Rhaegal, ma si rivelò una scelta azzardata. Le sue gambe, ancora troppo deboli, cedettero subito e Jon si ritrovò a scivolare su una verde e dura membrana. Furono le sue natiche ad incontrare il terreno in un modo non molto delicato. Arya lo aiutò ad alzarsi, offrendogli anche la sua spalla come sostegno.
"Cosa ci fai qui?! Non dovresti essere nella Fortezza Rossa a dormire?!"
"Cosa ci fai tu qui piuttosto!" Ribattè Jon. "E Daenerys? Lei dov'è? Cosa sta succedendo qui? Perché vi è quest'incendio?!"
Gli occhi di Arya si rivolsero al fuoco, riflettendolo in colonne nelle sue iridi grigie. "Questo fino a poco fa era l'accampamento degli Umili Fratelli ma Daenerys l'ha bruciato. Lei era lì, credimi l'ho vista Jon, era lì davanti alle fauci di Drogon e si è lasciata avvolgere dal fuoco con una totale calma. Non so cosa..."
È in pericolo, è lì dentro. Jon non le lasciò il tempo di finire la frase. Una vigorosa forza prese possesso delle sue membra e, lasciando Arya a bocca aperta, si staccò da lei e corse, per quanto nelle sue condizioni gli fosse possibile, verso quella devastazione rossa. Quando entrò, il fuoco lo accolse con bollenti vampate.
Stava pregando in un tempio di fuoco dalle colonne di accecante rubino e oscuri erano i suoi sacerdoti. Le preghiere si tramutavano in fiamme, si scrollavano di dosso la cenere terrena e volavano verso il cielo come le fenici. Fenici rosse, fenici di una sfolgorante giallo o di una pallida luce blu. Spire vermiglie avvolgevano i resti delle tende e delle capanne, stritolandoli nel loro abbraccio letale fino a quando di essi non rimanevano che granuli di nera cenere.
Nuove fiamme nascevano dal terreno come germogli, come rose dai bollenti petali. Daenerys le ammirava, le accarezzava e lasciava che loro accarezzassero lei. Erano amici antichi, amanti che avevano riscaldato le sue notti per anni. E il suono dei ciocchi che ricadevano uno sull'altro, frantumandosi poi sul terreno annerito, era stato la sua ninnananna. Altre fiamme davanti a lei danzavano come ballerine orientali, roteando e cantando, i loro ventri coperti da sottili veli arancioni, gialli e scarlatti. L'orlo della sua gonna stava fumando e Dany se lo strappò di dosso. Si ritrovò nuda ad avanzare verso lo stomaco dell'incendio. Rivoli di sudore le scesero lungo le caviglie e gocce di latte fiorirono sui suoi capezzoli, arrossandoli e rendendoli turgidi.
Dany spalancò le braccia al più fedele alleato dei Targaryen, lo accolse dentro di sé, lo sentì scenderle fino a penetrarle nelle ossa, fino a scorrerle nelle vene. Lo percepì ribollire nel ventre, riscaldarlo e prepararlo ad accogliere una nuova vita quando gli Dei avrebbero decretato il momento propizio.
Coloro che fino a poco prima si erano fatti chiamare gli Umili Fratelli adesso erano cadaveri neri e immobili. Alcuni ancora davano segni di vita, dimenando il corpo in fiamme e spalancando la bocca nel vano tentativo di far uscire un suono. Ma nessun suono agitava l'aria immobile, nessuno osava disturbare il meraviglioso operato del fuoco. Il tempo pareva essersi fermato.
Avete osato sferrare un attacco al Drago, avete pensato di poterlo fregare ma avete sbagliato, perché il Drago ricorda. Già, il Drago ricordava e pure lei ricordava. Godette alla vista dei bulbi oculari che si squagliavano per il calore come un dolce sotto il sole estivo e che poi fluivano lungo le guance. Quelli erano gli occhi dei suoi nemici, dei nemici del Drago, e ad essi il Drago poteva rispondere solamente con fuoco e sangue.
"DANY!"
Una voce irruppe e distrusse l'atmosfera, una voce che Dany conosceva alla perfezione. Ma era impossibile, lui...
Due mani sulle spalle e un'affrettata giravolta confermarono invece i suoi timori. Jon Snow era lì dinanzi a lei con i vestiti bruciati, uno sguardo di estrema preoccupazione stampato in viso e il respiro affannato. E illeso dalle fiamme. Come lei, Jon sembrava immune al potere distruttivo che il fuoco mostrava ad altri. Era il suo lato Targaryen che veniva allo scoperto. "Jon? Cosa diamine ci fai tu qui?!"
"Te lo dirò dopo! Adesso dobbiamo uscire!"
Uscire? Adesso? Non aveva ancora capito di essere ignifugo? "Jon, sei un Targaryen! Non c'è alcun bisogno di uscire, basta che ti lasci... basta che ti abbandoni al fuoco!"
Lo afferrò per la mano e con lui iniziò a correre per quel fulgido mondo. Aveva mille domande da fargli ed era arrabbiata nera con lui per non essere rimasto a casa, ma cercò di non darlo a vedere in quel momento. Strappò via di dosso la tunica sbrindellata di Jon e osservò incantata il sudore creare ghirigori sul suo petto. Jon chiuse gli occhi e appoggiò, stanco, la fronte sulla sua spalla.
"Tu li hai bruciati, li hai bruciati tutti..."
"È il Drago amore mio." Dany prese il suo capo fra le mani. "Sono io, sei tu, sono i nostri figli. Questa è la nostra furia, la nostra vendetta, ma è anche la nostra gioia e il nostro grido di battaglia. Fa entrare il fuoco dentro di te, lascia che ti scorra nelle vene come sangue, che ti riempia i polmoni come aria. Lascia che si fonda con la tua anima e che essa sfolgori al di sopra delle altre. Senti il Drago Aegon..."
"Il Drago..." Forse Aegon comprese, perché poco dopo, quando riaprì gli occhi, una luce nuova brillava in quelle pupille e un sorrisetto complice apparve sulle sue labbra. "Hai fatto bene a bruciarli, non poteva esserci scelta migliore. Non si può tradire il Drago, perché il Drago ricorda."
Dany l'aiutò a reggersi in piedi e lo baciò, incurante del sangue che ancora dominava nel suo palato. "Già, il Drago ricorda e calcola. Egli è intelligente e sa quando è il momento giusto per lasciar scendere la sua vendetta sui suoi nemici. Il Drago ricorda, vive, conosce."
Contadini incuriositi si erano avvicinati alla gigantesca pira, fermandosi a debita distanza e rimanendo a bocca aperta. Schegge di luce si erano conficcate nei loro occhi, i quali si erano notevolmente ampliati alla vista dei due enormi draghi. Quelle che fino ad allora erano rimaste creature fiabesche adesso erano di colpo uscite dai libri e si mostravano a loro in tutta la loro terribile fierezza.
Arya vide tutto ciò e anche di più. Dalle fiamme avanzarono due figure in modo lento, solenne, come un re e una regina. Quelli erano un re e una regina. Mano nella mano procedettero verso l'uscita dal tunnel fiammeggiante, le loro figure scure contro il rosso vivo dello sfondo. Erano Jon e Daenerys. Sani, dalle espressioni indecifrabili e completamente nudi. Arya non aveva mai visto un uomo uscire vivo da un incendio, l'aveva sempre considerato il più temibile degli assassini. Eppure, adesso, tutte le sue certezze parvero dissolversi come la cenere tutt'intorno nell'aria. Rimase lì immobile ad osservare suo fratello e sua nuora con il cuore in gola.
I contadini accanto a lei si inchinarono in un reverenziale silenzio mentre i draghi ruggirono e scossero il mondo.
In seguito, Dany non avrebbe saputo spiegarsi con quale forza Jon fosse riuscito a rimanere cosciente per tutto il viaggio di ritorno. Seduto in groppa a Drogon e protetto dal corpo suo e di quello di Arya, Jon aveva continuato disperatamente a lottare pur di tenere gli occhi aperti. Dopo la forza titanica dimostrata al campo devastato degli Umili Fratelli, la stanchezza e la febbre erano ricadute su di lui come un macigno e sia lei che Arya avevano dovuto aiutarlo a montare su Drogon. Di volare da solo su Rhaegal nelle sue condizioni non si era parlato nemmeno.
Ci misero poco ad arrivare alla Fortezza Rossa. Un'alba stupefacente, dalle sfumature rosa, pesca e panna, annunciò il loro ritorno e un ristretto gruppo di consiglieri e guardie, fra cui Tyrion, Davos, Sam, Tormund e Ser Brienne, si era radunato nel cortile interno per aspettarli. Ma Dany non poteva aspettare che lei e Jon si ritrovassero soli.
"Sei stato un incosciente!" Esclamò nel momento stesso in cui Drogon si posò sul suolo. "Un vero e proprio incosciente! Come hai potuto pensare di venirmi incontro nelle tue condizioni!?"
"E tu?" Jon cercò di scacciare la stanchezza. "Avresti potuto ferirti! Farti del male! Qualcuno avrebbe potuto farti del male!"
"C'erano con me Arya e Drogon e stai per caso affermando che non sono capace di difendermi?!"
"No!" Jon sospirò esausto, massaggiandosi le palpebre con le dita. "Dico solo che almeno avresti dovuto avvisarmi. Rimango sempre il tuo Re! Tuo marito!"
"Ma se mio marito sta male non vedo perché io debba farlo preoccupare ancora di più. Sono una regina e sono capace di decidere da sola. E tu, ora, fili dritto a letto. Altrimenti giuro sugli Dei che ti ci lego."
"Non sono un bambino!" Jon si aggrappò ad Arya per scendere. "Ho una mia coscienza e decido io cosa fare."
Dany sospirò. I suoi piedi si posarono sulla familiare ghiaia del cortile. "Anche con una febbre alta? Jon, ti prego, non ho voglia di litigare. Vai a letto e rimanici, per il tuo bene. Ti prego."
Davanti a quelle ametiste spalancate, Jon non resse. Anche dalle sue labbra sfuggì un sospiro. "E va bene, lo faccio per te... ma non farmi più prendere uno spavento del genere, avvisami prima."
Dany si avvicinò e gli accarezzò la guancia. Era calda. "Te lo prometto e non ti chiedo di rimanere fermo a casa mentre qualcosa di importante si sta svolgendo nel nostro regno. Con una testa calda come te ormai è inutile. Solo una cosa Jon Snow..."
Jon sbadigliò e si appoggiò al primo che trovò, in questo caso Tormund, socchiudendo gli occhi. Le sue gambe non avrebbero retto ancora molto a lungo. "Cosa?..."
Dany sorrise. "Quando ti sarai ripreso ti aspetterà un mese di astinenza come punizione."
Anche Jon sorrise divertito e già sulle ali della febbre. "D'accordo..." Crollò fra le braccia di Tormund, il quale lo raccolse di peso e se lo caricò in spalla come un sacco di patate.
"Devo riportare questo Piccolo Corvo al suo nido Daenerys?"
Dany annuì e si avviò con gli altri all'interno della Fortezza Rossa. Non perse mai Jon di vista, continuando a scrutarlo anche quando fu deposto sotto le calde coltri. Era malato e stanco e testardo, terribilmente testardo, ma rimaneva comunque il suo Drago. Il suo solo ed unico Drago.
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