Casa dolce casa

Mezz'ora.

Era una mezz'ora buona che se ne stavano lì, sulla spiaggia di Roccia del Drago, ad attendere la galea che li avrebbe riportati ad Approdo del Re e adesso Daenerys stava per perdere la pazienza. Anche se l'aveva persa prima Rhaella.

"Mamma..." Aggrappandosi alla sua gonna, la sua bambina continuava a chiamarla, stufa di quell'attesa che per lei, anche solo dopo dieci minuti, era troppa. Dany alla fine la prese in braccio e cominciò a cullarla nella speranza che si addormentasse.

L'alba era una sottile striscia luminosa all'orizzonte, una sorta di ricamo creato per unire due stoffe blu: il cielo e il mare. Tutto il resto del mondo dormiva in quel momento, ma non la famiglia reale di Westeros e la sua corte.

Ben presto Rhaella perse la sua partita contro il sonno e, sempre con lei nelle braccia, Dany si sedette accanto a Jon su un baule da viaggio.

"Menomale che si è addormentata." Rise il suo re alla vista della pargoletta fra le sue braccia. "È da mezz'ora che continua a seguirti come un cagnolino."

"E è da mezz'ora che noi siamo qui ad aspettare quella maledetta nave. La distanza fra Approdo del Re e Roccia del Drago non mi è mai sembrata tanta!"

"Oh lo è invece, fra le due c'è un intera baia mia regina." Affettuosamente, Jon le mise dietro l'orecchio una ciocca di capelli, poi si chinò ad osservare Aemon che ronfava alla grossa stretto a lui.

A differenza di sua sorella, che non appena aveva sentito i genitori entrare nella nursery per prenderli e ritornare a casa si era svegliata subito rizzandosi dalla sua culla, Aemon non aveva dato segno di risveglio, neanche quando una septa l'aveva tolto dalle morbide coltri.

Un vero dormiglione proprio come Jon. Pensò divertita Dany. Tale padre tale figlio. 

Non riusciva a credere di quanto fosse cresciuto: non era più una creaturina minuscola, rossa e urlante che le veniva tolta dal grembo ma un bel neonato cresciuto, con più capelli ancora di quando era nato e i primi accenni di voler gattonare. Era precoce così come era stata Rhaella e Dany era certa che, come lei, Aemon avrebbe imparato a camminare e pronunciare qualche parolina prima del compimento del primo anno.

Erano entrambi precoci, sì, ma le loro gestazioni erano state diverse. Quella di Rhaella si era svolta nell'ombra di una guerra, in un periodo di pentimenti e di perdoni ed era stata segnata da nausee forti e inaspettate. Invece Aemon era stato tutta un'altra storia. 

Le aveva dato sì delle nausee, dei dolori alla schiena e dei piedi gonfi, ma in maniera minore rispetto a Rhaella e a volte non li aveva sentiti neppure. Fino a quel momento quella di Aemon era ufficialmente la sua gravidanza più tranquilla.

"Sicuro di non volere prendere del latte di papavero come all'andata Jon?" Gli domandò Dany per cambiare argomento. "Non ti accorgerai neanche del viaggio e arriverai a casa in un battibaleno!"

Le guance di Jon si mossero a formare un sorriso, un solco bianco in quella morbida e calda terra rosa.

"No grazie, preferisco godermi il viaggio lucido. Ne ho abbastanza di medicine per adesso, ne ho prese troppe."

Dany rispose al sorriso e, prendendoli il viso fra le mani, gli scoccò un tenero bacio sulla punta del naso. Stette lì un po' ad accarezzargli le guance e a percepire i pungenti peli della sua barba sotto i palmi. Era un viso sano, quello del suo Jon Snow, sano e finalmente guarito, ora di un bel colore roseo.

"Come vuoi te amore mio."

Lo lasciò andare e riprese a stringere Rhaella a sè, senza però distogliere lo sguardo da lui. Jon si sfregò un occhio con la mano e poco dopo Dany appoggiò il capo contro la sua spalla.

L'attesa stava richiamando verso di loro la sonnolenza. Si erano alzati prestissimo quella mattina, con la convinzione che prima fossero partiti prima sarebbero arrivati nella Capitale. Era stata dura alzarsi a quell'ora dopo giorni di dormite fino a tardi, ma una spruzzata d'acqua gelida in viso, un panino nello stomaco per colazione e una camminata fra i prati bagnati di rugiada li aveva aiutati.

Anche per gli altri pochi membri della corte si stava dimostrando difficile. Dame e cavalieri seduti sui loro bagagli cercavano di combattere la stanchezza del risveglio e la snervante attesa parlando fra di loro. 

Ser Davos scrutava silenzioso l'orizzonte, quella sottile linea luminosa fra il mondo marino e il mondo celeste che da lì a poco si sarebbe espansa, aprendo i cancelli dell'aurora e del giorno. Invece Ser Brienne montava di guardia a poca distanza dai suoi sovrani. 

L'aria era fredda e la rugiada decorava gli steli d'erba rendendoli dei sottilissimi gioielli scintillanti. Una lieve bruma aleggiava su tutto come un mantello umido. Erano gli attimi che precedevano l'alba, attimi sospesi, quasi lontani nel tempo, dove sembrava che il mondo si fosse fermato, congelato, in attesa che la luce del sole arrivasse per riportare calore e vita.

Dany sentiva la pelle d'oca nascerle sulle braccia e Jon dovette averlo visto perché poco dopo Dany sentì una soffice coperta di lana sulle spalle.

"Grazie." Sussurrò a Jon. "Ma ne hai bisogno anche tu: fa freddo."

E così dicendo dispiegò la coperta e nel morbido perimetro entrò anche Jon. Si strinsero vicini, cercando di scaldarsi l'un l'altra, i corpi scomparsi sotto la grigia coltre. 

Dany sbuffò e tornò a poggiare la testa sulla spalla di Jon. Nelle sue braccia Rhaella sembrava godere del calore generato dalla coperta e la sua testolina addormentata si mosse per un breve momento contro il suo petto.

"Quando arriva questa nave..." 

Jon la baciò sul capo. "Non ti preoccupare Dany, presto sarà qui."

"Se non arriva entro un'ora andiamo con Drogon."

Desiderio esaudito per volere di qualche divinità lassù nei cieli. In quel momento la nave si profilò all'orizzonte, un puntino scuro su un nascente sfondo luminoso che presto non fu più solo un puntino. Si avvicinò sempre di più a Roccia del Drago e le vele nere recanti lo stemma Targaryen garrivano alla gelida brezza mattutina, gonfiandosi come le guance di un uomo quando inspira.

Vedere il familiare drago rosso tricefalo riempì Dany di gioia e un sospiro di sollievo fuggì dalle sue labbra.

"Credo che adesso Drogon potrà solo seguirci con Rhaegal, Meghar e gli altri draghi." Scherzò Jon baciandola sul lobo dell'orecchio.

I suoi baci non avevano più il sapore acre del sangue e le sue labbra non erano più ricoperte di una liquida patina rossa. Quella era la prima volta che baciava da Dany da settimane e per lei quel breve, piccolo bacio fu qualcosa di stupendo, qualcosa di agognato.

Come le labbra di un assetato cercano l'acqua nel deserto, le sue avevano cercato disperatamente il palato di Jon, fremendo di desiderio ogni volta che si trovavano vicine a quel tesoro prezioso. Ma non potevano ancora averlo perché era macchiato di sangue. Ora invece era possibile, era possibile tornare assaporare la bocca di Jon Snow come prima e Dany sapeva che l'avrebbe fatto con passione, con fervore, facendone esplorare alla sua lingua ogni singolo angolo.

"Già, ma adesso alziamoci forza. Stanno venendo a prendere i nostri bagagli."

Lasciando la coperta addosso a lei, Jon si alzò con sempre in braccio Aemon e si fece in là perché due lacchè potessero prendere il pesante baule.

"Cominciamo a salire Dany." Le sussurrò all'orecchio avvicinandosi. "E andiamo in camera."

Daenerys conosceva le sue intenzioni. "Maestro Ebrose ha detto che non ti devi stressare."

"Oh andiamo! Da quando in qua giacere con te mi ha stressato? È la cosa più rilassante che conosca. Quindi che dici?"

Dany gli rivolse un sorrisetto birichino, un sorrisetto che Jon conosceva molto bene. "Affidiamo i bambini alle septe e poi ci troviamo in camera. E speriamo che le pareti siano abbastanza spesse."




Effettivamente, le pareti della loro cabina erano in di uno spesso legno di acero.

Non appena i membri della servitù ebbero trasportato dentro i loro bagagli, Dany e Jon vi entrarono e lui si gettò sul letto, rivolgendole poi uno sguardo di intesa. "Volete venire mia regina?"

Sorridendogli, Dany chiuse la porta con il piede. 

Poi lo raggiunse in quel mondo di coperte, cuscini e piume. Tutto era profumato e sapeva di fresco. Le braccia di Jon l'accolsero in caldo abbraccio e in quell'abbraccio Daenerys vi ci si perse. Aveva tanto aspettato quel momento, quando finalmente sarebbe potuta ritornare nella sua stretta, calma e al sicuro come una bambina, come un uccellino nel suo nido.

Sfregò la guancia contro il petto di Jon. Sotto di lei la stoffa del farsetto era morbida, ma Dany sapeva che ancora più morbida era la pelle di Jon.

"Spogliati." Gli ordinò. "Spogliati e ritorna a essere mio."

Jon Snow ubbidì. Si mise a sedere sul letto e poco dopo i suoi vestiti formavano un mucchio poco lontano. Quando ebbe finito si ergeva davanti a lei nudo come il giorno in cui era venuto al mondo, il nordico colorito bianco decorato dai fiori purpurei che erano le sue cicatrici e, per la gioia degli occhi di Dany, la sua virilità bene eretta. Se ne stava alzata come una lancia pronta per perforarla.

E solo gli dei lo sapevano quanto Dany desiderasse essere perforata...

"Bene mio re. Ora ti ordino di spogliare la tua regina."

Gli diede le spalle, aspettando che le sue mani cominciassero ad abbassarle le spalline dell'abito.

Così fu. Lentamente, passionalmente, le dita di Jon si posarono sulle spalle. Al loro tocco Dany rabbrividì, le sembrava passata un'eternità dall'ultima volta che lui le aveva fatto una cosa del genere. La passione in loro non si era spenta durante quei giorni d'infermità, anzi, quei baci non dati e quelle poche carezze non avevano fatto altro che alimentarla sempre di più, fino a quando un incendio era divampato nei loro animi. Un incendio che, entrambi lo sapevano, li avrebbe divorati se non fossero tornati ad assaporarsi presto.

Prendendo delicatamente le spalline fra il pollice e l'indice, Jon le abbassò e poco dopo un bacio si posò sul collo di Dany.

Dalle spalline Jon passò al resto dell'abito e man mano che questo abbandonava il suo corpo, Dany sentiva sempre più baci seguire al primo. La sua schiena ben presto fu costellata da una fila baci lungo la spina dorsale. Le labbra di Jon si univano e si posavano su di lei con solennità, con devozione, quasi stessero andando in contatto con il corpo di una dea.

Ad ogni bacio Dany lasciava uscire mormorii deliziati dalle labbra. La eccitavano e più aumentavano più la voglia cresceva in lei, una voglia impetuosa, tempestosa, una voglia pazzesca. Doveva tornare ad essere il vaso del seme di Jon, doveva tornare a sentirlo contro di sè, a sentire le sue braccia che le cingeva la schiena e le sue caviglia che si legavano alle sue.

Doveva farlo presto o non avrebbe più retto.

Quando lui arrivò ai piedi (Dany era inginocchiata sul materasso) le tolse i sandali con una tale delicatezza che Dany credette di essere stata trasformata in una statua di cristallo, perché la stava trattando esattamente come tale. Le labbra di Jon le solleticarono le piante dei piedi con la loro superficie ruvida e allora Dany non resistette più.

Ormai nuda come lui, con la pelle di alabastro nel mirino delle frecce grigie del suo Jon, girò lievemente il capo e in un flebile sussurro gli disse quello che non aveva osato dire a nessun uomo che aveva accolto nel proprio letto. In tutto l'universo, solo Jon Snow fu il destinatario di quella parola che uscì dalle labbra di Daenerys Targaryen in quel momento:

"Scopami."

Non era un suggerimento o un desiderio, era un ordine. Un ordine da regina. Con Jon, Dany aveva affrontato tanto e aveva capito, alla fine, che al cuore non si comanda. Anche dopo non-morti, draghi, inverni, guerre e primavere, anche dopo incendi e devastazioni e anche dopo pugnali, resurrezioni, pentimenti e perdoni, il suo cuore l'aveva condotta ancora da lui.

Perché l'amore è un dio potente, capriccioso a volte, ma potente e gli uomini non possono che piegarsi al suo volere. Non ci si può ribellare, lui vince sempre.

A quell'ordine della sua regina, Jon Snow ubbidì e afferrandola da dietro la fece stendere sul materasso. Dany lo lasciò fare, si era abbandonata completamente a lui e adesso era creta fra le sue mani. Non aspettava altro che lui la modellasse a suo piacimento.

La lama arrivò subito, appuntita, e la penetrò con una forza tale che lei non riuscì a trattenere un grido eccitato. Si piegò in avanti, artigliando i cuscini con forza. Riusciva a sentire quanto l'uccello di Jon fosse stato ansioso di spiccare il volo, di entrare in lei. L'astinenza per la malattia non aveva fatto altro che accrescere in lui il desiderio.

Un'altra spinta, un altro grido e ben presto le spinte divennero numerose. La mano di Jon si attaccò al suo grembo da sotto e Dany sentiva le sue ginocchia sprofondare nella morbidezza del materasso.

La stava cavalcando come una giumenta costosa, come un drago. Lei era il suo Drago e lui il suo cavaliere. E come tutti i draghi, anche questo ruggiva, anche questo emetteva urla di fuoco. Ma questo fuoco era un fuoco che bruciava le pareti, le dipingeva di passione e si spandeva per la nave.

Forse le pareti non sono così spesse come avevo pensato all'inizio. 

Forse no, ma che le importava? Che tutto il mondo sentisse che il Re e la Regina avevano ripreso i loro doveri coniugali senza perdere tempo, che il drago e il lupo erano tornati a combattere, avvinghiati in una lotta di baci e carezze.

L'ennesima spinta la fece urlare ancora. Tanti piccoli sospiri uscivano dalle loro labbra ad ogni movimento, ad ogni spinta. Ogni volta che le sue ginocchia si piegavano leggermente in avanti un flebile ma passionale "Ah!" sfuggiva dalla bocca di Dany.

I suoi capelli erano stati liberati dalle trecce e adesso ondeggiavano in avanti come delle bianche tende. Li sentiva sfiorare la superficie liscia del cuscino sottostante.

"Il mio lavoro soddisfa la mia regina?" Domandò Jon a un certo punto. La sua voce era composta da respiri affannati e assomigliava a quella di un corridore che si era appena fatto il giro completo di Approdo del Re senza fermarsi. 

"Molto." Rispose Dany preparandosi ad accogliere la prossima spinta. "Non immagini quanto mi sei mancato."

Improvvisamente, Jon smise di cavalcarla e la fece girare, facendola ritrovare sdraiata e con lui a troneggiare sopra di lei.

"No." Avvicinò il viso al suo, le loro labbra erano così vicine da sfiorarsi. "Tu non immagini di quanto mi sei mancata. Ho sognato ogni notte di poter tornare a farti mia Daenerys Targaryen."

Detto questo la baciò. Lo scontro delle loro labbra fu per Dany qualcosa di indescrivibile, le loro lingue tornarono a lottare, i loro sapori a fondersi, le pareti dei loro palati a fare da sfondo a tutto ciò. Era un'esplosione, erano due fiamme gemelle che si erano unite e mai più avrebbero voluto dividersi.

Dany gli cinse il collo con le braccia e alzò il bacino verso di lui, pronta a accoglierlo di nuovo di lei, pronta a mostragli quella vellutata caverna che era il suo grembo. Lì, dove il seme del suo Jon Snow, quel seme di ghiaccio e di fuoco, sarebbe dirompato come una cascata e l'avrebbe resa fertile ancora una volta.

Le labbra di Jon non si staccarono dalle sue ma le sue mani navigarono nei suoi boccoli argentei che adesso erano sparsi intorno a lei come una sorta di aureola, come una chiara luce divina che benediva Daenerys dall'alto del cieli.

Dany sentì le sue ciocche fluire tra le dita di Jon come acqua argentata e quando lui interruppe il bacio per tuffarvici il viso, lei non potè reprimere un sorriso.

Sopra di sé sentiva il suo corpo scontrarsi con il suo ad ogni respiro e sentiva anche i suoi polmoni. Non erano più pieni di sangue, non erano più malati, ma sani, liberi di lasciar entrare e uscire aria fresca. 

Continuarono ancora per un po' i loro amplessi, gustandosi avidamente l'un l'altro come non avevano potuto fare da tempo, poi, dopo un po', Jon si abbandonò esausto al suo fianco e allora dormirono, recuperando così il sonno che quell'alzataccia all'alba aveva tolto loro.

Dormirono fino all'arrivo e quando si svegliarono, presero i bambini e con loro salirono sul ponte ad ammirare la Fortezza Rossa che si stagliava contro il cielo azzurro, quasi a augurare loro un bentornati.

E di fatto era così. Erano ritornati a casa.







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