Acciaio all'ombra del roseto
"Voglio dei fichi, tanti fichi, tutti i fichi che riesci a trovare e... oh! Potresti prendere anche un barattolo di quella deliziosa marmellata alle more che ci hanno servito questa mattina per la colazione con Lord Redwyne?"
Queste erano state le richieste di Daenerys quando aveva svegliato Jon poco prima, scuotendolo energicamente per strapparlo dall'abbraccio del sonno. Lui si era messo subito all'opera per la sua regina, uscendo a rotta di collo dalla loro stanza e cominciando a vagare per i corridoi di Alto Giardino. Peccato che, una volta recuparati i tanto desiderati pasti di Dany, tornare da dove era venuto non si era dimostrato altrettanto facile.
Alto Giardino era un labirinto di pietra bianca e rose rampicanti, sia reali che scolpite. Le spine di marmo spuntavano dalle colonne rilucenti come gocce di latte una volta che venivano illuminate, ma nel buio era tutta un'altra storia. Una volta che le tenebre calavano sembrava davvero di trovarsi un giardino, un giardino di rose di pietra e di legno, di nascosti cortiletti interni e di enormi finestre ad arco che, prive della luce del sole a passare attraverso di loro, ricordavano le fauci spalancate di una belva. La belva in questione era la notte e la sua bava scintillava di stelle.
Jon e Dany erano arrivati al castello la mattina precedente in groppa ai loro draghi e ad accoglierli avevano trovato il fulvo Lord Paxter Redwyne e la Lady sua consorte Mina Tyrell. E, come prova del cambio di signore, nel salone principale dominava dal suo scranno di stoffa il vessillo dei Redwyne: un gigantesco grappolo d'uva color borgogna in campo blu. Coloro che ormai non erano più soltanto i Lord di Arbor ma di tutto l'Altopiano si erano dimostrati ospitali e gentili, soprattutto in tema di vini. Ma del resto i vini dell'isola di Arbor erano rinomati in tutto il Continente Occidentale, in particolare il rosso e il dorato.
Tornando con la mente al presente, Jon gettò uno sguardo al suo prezioso bottino. I polposi fichi gridavano a gran voce tutta l'abbondanza dell'Altopiano e la marmellata di more sembrava accompagnarli. Si ricordò dei mari di grano dorato sui quali aveva volato il giorno prima e non vi erano stati solo loro. Vigne e pascoli, frutteti e orti, verdi foreste e comignoli dai quali saliva un fumo carico di odori deliziosi erano la prova che ormai il regno di Bran, gli attacchi degli uomini di ferro e dei dorniani erano roba del passato.
L'Altopiano, così come tutta Westeros, volgeva i suoi occhi all'Estate che avanzava, gravida di raccolti, di fertilità e di pace.
Anche se adesso l'unica gravidanza che interessava a Jon era quella di Daenerys.
Svoltando l'angolo si ritrovò dinanzi alla porta sorvegliata da un Immacolato e ringraziò mentalmente gli Dei per avergli fatto ritrovare la stanza sua e di Dany. Quando entrò un Dany in piena balia delle voglie gli si fiondò addosso e gli strappò dalle mani il vassoio, rigettandosi sul letto e cominciando a mangiare.
Jon non riuscì a trattenere una risata mentre contro un calcio del piede chiuse la porta alle sue spalle e si diresse verso Dany. "Un piccolo grazie non mi dispiacerebbe mia regina..."
"Scusa..." Con la bocca contornata da ghirlande rossastre per il precedente fico, Daenerys affondò i denti nella polpa di un altro. "Ma era lui che ne aveva una voglia matta!" E così dicendo si portò una mano al ventre.
Era entrata nella terza luna ormai e quando glielo aveva detto il giorno prima Jon non era riuscito a contenere la felicità e l'aveva portata in un angolo remoto del corridoio per divorarla di baci. "Sì certo, sempre colpa sua. Come se la monella che sveglia suo marito nel bel mezzo della notte per farlo girovagare per Alto Giardino e fargli prendere dei fichi fosse innocente... ah sì, non dimentichiamo che il povero marito in questione è costretto a uscire nei suoi abiti notturni..."
Si sedette a gambe incrociate sul materasso e raggiunse Dany, posando il mento sulla sua spalla e sfregando il naso nei suoi capelli argentati. Erano pregni del profumo di gelsomino del bagno di quella sera. Oh il profumo della sua Dany... Jon desiderò averne il cervello annacquato.
Lei cercò di non far schizzare nell'aria il rosso interno del fico e si parò una mano davanti alla bocca per trattenere una risata. "Chiedo venia al mio re per avere interrotto il suo sonno ristoratore, ma spero che mi capisca: questa gravidanza mi sta rendendo una balena."
Jon chiuse gli occhi e sbadigliò, continuando però a immergersi nei fili argentei di Daenerys. "Non è vero, tu rimani sempre bellissima. Hai soltanto delle voglie un po'... particolari."
"E dei piedi gonfi e un record di andate in bagno per pisciare. Non è mai successo così con gli altri tre, e se fossero due?"
Un altro sbadiglio. Il sonno che era stato bruscamente interrotto stava ritornando e richiamando Jon. Molto probabilmente la spalla di Dany sarebbe diventata il suo cuscino. "Allora fai i complimenti al mio pene perché io..." Ennesimo sbadiglio. "... non c'entro niente."
La risata di Dany risuonò aldilà delle sue palpebre calate e una mano morbida giunse ad accarezzargli il mento. Jon si crogiolò in quelle carezze come un gattino nelle fusa e portò le gambe e le braccia in avanti, serrando così Daenerys in un'amorevole stretta. Le sue mani ricaddero sul grembo ancora poco rigonfio e ne percepirono il calore. Era il calore della vita, un camino ribollente all'interno del quale si stava covando un uovo di drago. Ma era un uovo di drago delicato come un petalo di rosa e non pietrificato dalle eoni.
"Quando comincerà a dare..." Ma quanto sbadigliava? Maledetta stanchezza. "... sonori calci? Voglio sentirlo anche io."
"Adesso il nostro sogno d'estate è piccolo come un semino di melograno, dovrai aspettare che cresca un po'."
"Ma Aemon ha iniziato subito!"
"Aemon era la tranquillità fatta feto mio re e credo che i suoi calci siano stati fino ad ora i calci più gradevoli mai sperimentati." Percepì le labbra di Dany posarsi sulla punta del suo naso. "Ma adesso è meglio che dormiamo, domani ci attende un torneo."
Il torneo organizzato da Lord Paxter in loro onore, Jon se lo rimembrò soltanto allora, mentre stava scivolando nel sonno. Sentì Daenerys adagiarlo sul cuscino e donargli un tenero bacio sulla fronte prima che un soffio spegnesse quel tremolio che fino a quel momento aveva arrossato le sue palpebre. Il buio piombò nella stanza insieme a un flebile: "Grazie per tutto quello che fai, sei meraviglioso."
Per la sua regina Jon Snow avrebbe scalato persino la montagna più alta del mondo, ne era certo.
Il giorno dopo la piana dinanzi ad Alto Giardino era un crogiolo di suoni, odori e colori. Vessilli garrivano al vento e le gradinate ospitavano una cascata arcobaleno. I cortigiani, sia quelli della Corona che quelli dell'Altopiano, sembravano aver bandito una gara al miglior vestito. Sete, pellicce e broccati luccicavano alla luce del sole e persino i giullari sembravano vestiti decentemente per una volta.
Il collare di Daenerys emetteva raggi violacei ogni volta che muoveva la testa. Erano ametiste nere di Asshai, un altro sorprendente dono di Jon, ed erano le più rare e le più preziose. Circondate da ghirigori dorati, le ametiste spiccavano minuscole come stelle viola in un cielo d'oro, anche se tutta quella bellezza dopo un po' cominciava a pesare sul povero collo di Dany. Abbinato alle gemme vi era l'abito viola privo di spalle che le scivolava delicato sulle curve. Una banda d'oro con i medesimi ghirigori dorati le reggeva il seno, mentre da due sottili spalline intorno agli avambracci scendevano due strascichi intonati al vestito. I suoi capelli erano lasciati liberi sulle spalle.
L'oro e il viola descrivevano Daenerys Targaryen quel giorno.
Il Lord e la Lady di Alto Giardino sembravano invece aver optato per altri colori. Sul farsetto celeste di Lord Paxter due grappoli d'uva cuciti con filo d'oro si fronteggiavano mentre il suo mantello candido ricadeva sulla sua schiena come neve. Lady Mina assomigliava a un giunco talmente il suo abito metteva in risalto la sua magrezza.
Rhaella era colei che vestiva nel modo più semplice possibile, con un morbido abitino viola in perfetta sintonia con la sua mamma, alla quale sedeva in grembo. Aemon era invece rimasto al castello in quanto ancora troppo piccolo per vedere spettacoli del genere e presto sua sorella l'avrebbe raggiunto. Dany e Jon avevano infatti decise di farle assistere solo le giostre.
Le trombe squillarono, annunciando così l'inizio della giostra. E con esse due cavalieri in armature scintillanti comparvero ai due lati opposti del campo. Uno di loro, rivestito di nero acciaio con un drago di rubini sul petto, fece fremere il cuore a Daenerys. Eccolo lì, il suo Jon Snow, il suo Aegon Targaryen, il degno figlio di Rhaegar ma con l'impetuosità dei lupi nell'anima, che afferrava lo scudo e la lancia che gli venivano dati e si tirava giù la visiera dell'elmo pronto a battere chiunque.
Lo scudo era di spesso legno di quercia dipinto di nero con il rosso drago tricefalo Targaryen e la lancia era lunga e pesante, ma Dany era certa che Jon sarebbe riuscito a far capitombolare nella polvere chiunque. Il suo re era forte.
Il suo avversario era niente di meno che un Oakheart di Vecchia Quercia, una delle più antiche e nobili famiglie dell'Altopiano. La gualdrappa del suo cavallo risaltava nel suo vivace giallo e le foglie di quercia su di essa erano ricamate in filo verde e decorate con smeraldi. Andava nettamente in contrasto con quella del destriero di Jon, così umile e così nera, dove il bordo rosso era l'unico vanto.
La giostra ebbe inizio prima che Dany se ne rendesse conto. Jon diede di speroni e una nube di polvere lo seguì nel galoppo. Alla luce del sole i rubini sul suo petto scintillavano come un piccolo sole terreno, dando quasi l'impressione che quel drago fosse vero. L'armatura dorata del rivale invece accecava, ma quella sgradevole sensazione durò poco. In un attimo la lancia di Jon perforò il suo scudo e lo fece finire in tante schegge giallastre sul terreno. Il cavaliere cadde da cavallo fra i mormorii stupiti del pubblico e la sua lucida corazza divenne di colpo opaca.
Subito una pioggia di applausi scroscianti travolse Aegon VI Targaryen e quello della Regina si fece sentire più di tutti. Daenerys mandò un bacio invisibile con le mano, bacio che Jon notò e al quale rispose, acchiappandolo nell'aria. Rhaella battè le manine eccitata per la vittoria del suo papà e Jon mandò un invisibile bacio anche a lei.
Stava giusto per ritirarsi per lasciare spazio agli altri concorrenti e riprendere in seguito quando il grido assordante di un uomo si levò dalla platea. Apparteneva a un Bronn visibilmente ubriaco che fu subito braccato dalle guardie non appena tentò di avvicinarsi a Jon.
"Tu lurido bastardo!" Il mercenario indicò Jon alzando un mano tremante. "C-Credi di aver vinto eh? Credi d-di essere il più bravo eh? Pezzo di merda! Mi hai portato via il m-m-mio castello e l'hai dato a quel cretino di un vignaiolo! R-Ridammi ciò che era mio bastardo!"
Cercò di divincolarsi dalla stretta e sguainò la spada. Le guardie non ci pensarono due volte e tirarono fuori le loro armi, pronti per difendere la famiglia reale.
"Tu non sei mai stato adatto per fare il Lord, Ser Bronn." Disse Jon alzando la visiera e guardando dritto in faccia il suo interlocutore. "E nemmeno il Maestro del Conio. Il modo in cui hai ridotto alla fame l'Altopiano e le finanze del reame durante il regno di Bran lo Spezzato ne sono la prova."
Parla veramente come un re. Dany era orgogliosa di lui in quel momento mentre invece provava disgusto per quell'individuo sporco e ubriaco con cui il suo consorte stava parlando. Al sentire nominare il nome di Bran molti fischi si levarono dagli spalti. Al popolo non piaceva ricordare quel sovrano che non si era curato di loro e che li aveva condannati a una lenta e dolorosa morte di stenti prima della venuta di Jon e Dany.
Come risposta al suo re Bronn sputò per terra e, aprendosi un varco gettando una guardia sul terreno con un portentoso colpo di piede, si fiondò su Jon. Il cuore di Dany dimenticò un colpo quando lei vide le due lame, quella del mercenario e quella di Lungo Artiglio (che Jon portava quasi sempre con sè) scontrarsi. L'acciaio bevve la luce solare e brillò vivido e accecante per un attimo. Si abbassarono e poi tornarono a scontrarsi in una danza affascinante e al contempo preoccupante.
Jon parò il colpo, ritrovandosi a pochi centimetri di distanza dagli occhi di Bronn. Poteva vedere persino le vene risaltare sul bianco, ribollenti di rabbia e di alcool. In un sibilo Lungo Artiglio si staccò dall'abbracciò della spada del mercenario e tentò un affondo laterale. Pur avendo le mani coperte da guanti di anelli di ferro, Jon sentiva l'impugnatura sull'elsa viscida di sudore. Quell'armatura non era stata progettata per un duello corpo a corpo ma per proteggere un cavaliere in sella a un cavallo dall'urto di una lancia. Se poi l'avversario era veloce come Bronn allora la situazione si complicava. Avrebbe dovuto togliersi i pezzi delle braccia e delle gambe ma adesso non ne aveva il tempo.
Bronn non tentò di parare l'affondo, anzi, lo schivò, e così fece con gli altri colpi che Jon provò a donargli. Si trovava sempre un punto più in là di dove Lungo Artiglio era finita.
All'interno, l'armatura era un vero e proprio forno e Jon vi stava cuocendo dentro. Continuò a donare colpi che mancarono il bersaglio, lo sapeva che non era il modo giusto ma cos'altro poteva fare? Sarebbe bastato un momento di distrazione e Bronn avrebbe potuto colpirlo alle spalle approfittando di un punto scoperto, sotto la gorgiera, sul bacino o sotto l'ascella.
Cerca di rimanere concentrato. Si ripeteva nella mente. Lo so che stai andando arrosto sotto il sole ma cerca di rimanere concentrato.
Peccato che anche per il miglior spadaccino dei Sette Regni fosse difficile in certe condizioni...
Daenerys, dall'alto del palco reale, osservava il duello con il cuore in gola. Dentro di lei il bambino si agitava irrequieto, capiva che la sua mamma era preoccupata. Rhaella era stata immediatamente trasportata dentro non appena Bronn era apparso sulla scena e Dany ringraziò gli Dei che non fosse lì presente ad ammirare quello scontro.
Bronn stava schivando abilmente ogni singolo colpo di Jon, i cui movimenti erano rallentati dalla pesantezza dell'armatura. Il sole picchiava sul nero acciaio rendendolo bollente.
Lo sta stancando. Pensò Dany osservando l'ennesima schivata. Vuole che rimanga senza forze per poi dargli il colpo di grazia.
No, no, no! Le guardie sarebbero dovute intervenire ma come potevano adesso? Bronn avrebbe potuto approfittare dell'occasione per colpire definitamente l'esausto Jon. Ma qualcosa doveva andare a favore di suo marito! Qualunque cosa!
Un tintinnare di acciaio segnò un altro passaggio di Jon. Erano ormai vicini al palo di legno che divideva le due corsie della giostra. E fu lì che accadde. Con un colpo di piede in pieno petto Bronn spinse Jon sul legno e la struttura crollò con lui, sollevando un nugolo di polvere.
"NO!" L'urlo di Dany risuonò nel campo. Jon... cosa gli aveva fatto quel bastardo ingrato?! COSA?!
Jon Snow giaceva sul terreno con l'ermo scaraventato aldilà, i suoi riccioli erano impolverati e del sangue gli gocciolava da una ferita sulla fronte. Daenerys ebbe paura di svenire a quella vista.
"Visto figli di puttana?" Bronn sogghignò al pubblico e in modo particolare a lei. "Il vostro legittimo Lord ha battuto q-q-questa lucertola! E adesso si prenderà la puttana della lucertola!"
Alzò le braccia al cielo trionfante ma, proprio in quel momento, il suo sorriso di vittoria si trasformò in una smorfia di dolore. Una lama gli trapassò lo stomaco e lui cadde sul terreno in una pozza di sangue. La lama era quella di Lungo Artiglio e colui che diede un calcio al suo cadavere fu Jon Snow.
Era vivo. La felicità invase Daenerys. Era invaso dalla polvere in ogni angolo, sanguinante e stanchissimo, ma era vivo.
"Nessuno chiama mia moglie in quel modo!" Disse al cadavere di Ser Bronn delle Acque Nere prima di sputargli addosso.
Lo raggiunse nella tenda del Maestro di Alto Giardino, mentre lo stavano medicando. Jon Snow l'accolse con un bianco sorriso dal lettino dove era adagiato. Una benda sulla fronte indicava dove la spada di Bronn l'aveva colpito e altre bende sulle mani dove la lama era caduta.
Il saluto di Dany fu prima di tutto uno schiaffo per averla fatta preoccupare in un modo simile e a questo da parte di Jon seguì un: "Beh, suppongo di essermelo meritato." Il secondo saluto fu invece un bacio sulle labbra che lo colse di sorpresa e al quale si abbandonò con piacere.
"Non farmi mai più prendere uno spavento del genere, razza di cretino..." Posò la sua fronte contro quella di Jon prima di abbassare lo sguardo sulle sue dita bendate. Non avrebbe potuto muoverle completamente per qualche settimana.
"Dimmi soltanto che i bambini stanno bene, sia quelli fuori che quelli dentro il tuo grembo."
Lei gli sorrise. "Stanno bene, tutti. Delle Sorelle del Silenzio hanno preso il cadavere di quello scemo e hanno cominciato a ripulirlo. Ma non ne voglio più sentire parlare."
"Nemmeno io, voglio solo te e i nostri piccoli..."
Proprio allora si avvicinò un Maestro. Nelle sue rugose mani portava una fiala di un liquido bianco. "Chiedo perdono Maestà ma il Re ha bisogno del latte di papavero per riprendersi e riposare."
Dany ubbidì e si alzò dal lettino, abbandonando la stretta di mano di Jon. "Ora riposa amore mio, hai combattuto troppo oggi."
"Ma..."
"Niente ma. Parleremo dopo che avrai dormito. Fai bei sogni mio piccolo draghetto di neve." Lo baciò sulla fronte e uscì dalla tenda.
E solo allora ringraziò gli Dei per aver creato Jon Snow così coraggioso.
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